Pronuncia 197/2023

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 577, terzo comma, del codice penale, inserito dall'art. 11, comma 1, lettera c), della legge 19 luglio 2019, n. 69 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere), promossi dalla Corte d'assise di Cagliari con ordinanza del 16 novembre 2022 e dalla Corte d'assise d'appello di Torino, sezione prima, con ordinanze del 4 e del 10 maggio 2023, iscritte, rispettivamente, al n. 151 del registro ordinanze 2022 e ai numeri 87 e 88 del registro ordinanze 2023 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell'anno 2022 e n. 27, prima serie speciale, dell'anno 2023. Visti gli atti di costituzione di P. R. e di M. P., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 10 ottobre 2023 il Giudice relatore Francesco Viganò; uditi gli avvocati Luca Salvatore Pennisi per P. R. e Federico Squartecchia per M. P., e l'avvocato dello Stato Salvatore Faraci per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 10 ottobre 2023.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 577, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui vieta al giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti di cui agli artt. 62, primo comma, numero 2), e 62-bis cod. pen. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 ottobre 2023. F.to: Silvana SCIARRA, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Igor DI BERNARDINI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 30 ottobre 2023 Il Cancelliere F.to: Igor DI BERNARDINI

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito: Mon Oct 30 2023 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: SCIARRA

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Massime

Reati e pene - In genere - Principio di proporzionalità della pena - Necessaria proporzione della sanzione al disvalore oggettivo e soggettivo del reato. (Classif. 210001).

Il principio di proporzionalità della pena, desunto dagli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. esige che la pena sia adeguatamente calibrata non solo al concreto contenuto di offensività del fatto di reato per gli interessi protetti, ma anche al disvalore soggettivo espresso dal fatto medesimo, il quale a sua volta dipende in maniera determinante non solo dal contenuto della volontà criminosa (dolosa o colposa) e dal grado del dolo o della colpa, ma anche dalla eventuale presenza di fattori che hanno influito sul processo motivazionale dell’autore, rendendolo più o meno rimproverabile. (Precedenti: S. 73/2020 - mass. 43274; S. 94/2023 - mass. 45533; S. 55/2021 - mass. 43738).

Reati e pene - In genere - Principio della "personalità" della responsabilità penale - Effetti sulla commisurazione della pena - Necessaria individualizzazione. (Classif. 210001).

Il principio della “personalità” della responsabilità penale, sancito dal primo comma dell’art. 27 Cost., richiede che la pena applicata a ciascun autore di reato costituisca una risposta – oltre che non sproporzionata – il più possibile “individualizzata”, e dunque calibrata sulla situazione del singolo condannato. (Precedente: S. 222/2018 - mass. 40938).In materia di commisurazione della pena, il divieto di irragionevoli equiparazioni di trattamento tra situazioni tra loro dissimili derivante dall’art. 3 Cost. deve essere letto alla luce del principio di “personalità” della responsabilità penale sancito dall’art. 27, primo comma, Cost., il quale esige che la pena costituisca una risposta il più possibile “individualizzata” rispetto alla situazione del singolo condannato. (Precedente: S. 26/1979 – mass. 13292).

Reati e pene - Concorso di circostanze - Bilanciamento - Deroghe - Espressione della discrezionalità del legislatore - Limiti - Necessario rispetto dei principi costituzionali, in particolare del principio di proporzionalità della pena. (Classif. 210012).

Non può ritenersi precluso al legislatore, nell’esercizio della propria discrezionalità, introdurre deroghe al regime del bilanciamento delle circostanze di cui all’art. 69 cod. pen., sempre che non risultino in contrasto con i principi costituzionali. (Precedenti: S. 143/2021 - mass. 44024; S. 205/2017 - mass. 39668).Il principio di proporzionalità delle pene è violato laddove il divieto legislativo di bilanciamento tra circostanze impedisca al giudice di attribuire adeguato rilievo, sul piano della commisurazione della sanzione, a circostanze attenuanti espressive, oltre che di una minore offensività, di una minore colpevolezza dell’autore, che è componente essenziale per la determinazione del disvalore complessivo del fatto di reato. (Precedenti: S. 73/2020 - mass. 43274; S. 55/2021- mass. 43738).

Reati e pene - Concorso di circostanze - Reato di omicidio - Circostanza attenuante della provocazione (art. 62, primo comma, n. 2, cod. pen.) e circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis cod. pen.) - Divieto di prevalenza sulla circostanza aggravante dell'avere commesso il fatto in contesti familiari o nell'ambito di relazioni affettive (nei casi di specie: a danno di coniuge e di genitore) - Violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza, proporzionalità e individualizzazione della pena - Illegittimità costituzionale in parte qua. (Classif. 210012).

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., l’art. 577, terzo comma, cod. pen., nella parte in cui vieta al giudice di ritenere prevalenti le circostanze attenuanti generiche e quella della provocazione (artt. 62, primo comma, n. 2, e 62-bis cod. pen.). Le attenuanti indicate svolgono un ruolo essenziale per assicurare che la pena per l’omicidio volontario (compresa nella forma base in un compasso edittale particolarmente angusto che va dai ventuno ai ventiquattro anni di reclusione) possa essere ridotta rispetto al minimo in casi caratterizzati da una minore offensività del fatto o minore colpevolezza dell’autore, ovvero dalla presenza di ragioni significative che comunque rivelano un minor bisogno di pena. Imponendo al giudice, in assenza di altre attenuanti, di applicare una pena non inferiore a ventuno anni per tutti i fatti di omicidio commessi in contesti familiari e affettivi, indipendentemente dal grado di colpevolezza e di pericolosità degli autori, la disposizione censurata dalla Corte d’assise di Cagliari e dalla Corte d’assise d’appello di Torino, sez. prima – pur sostenuta dalla legittima finalità di rafforzare la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere perseguita con il “Codice Rosso” (legge n. 69 del 2019) – determina una risposta sanzionatoria manifestamente sproporzionata e incoerente rispetto al suo stesso scopo in casi, come quelli oggetto dei giudizi a quibus, del tutto eterogenei rispetto alle situazioni avute di mira dal legislatore e in cui è proprio la persona vulnerabile, vittima di reiterati comportamenti aggressivi all’interno del proprio contesto familiare, a compiere l’atto omicida, sospinta dall’esasperazione per una situazione percepita come non più tollerabile. In queste ipotesi, caratterizzate da significativi elementi che diminuiscono la colpevolezza degli imputati, al giudice è infatti impedito di adeguare la sanzione al ridotto disvalore soggettivo del fatto e agli imputati di beneficiare di una sensibile attenuazione di pena rispetto al minimo edittale. È inoltre violato il principio di uguaglianza anche sotto il profilo della irragionevole disparità di trattamento rispetto alla generalità degli omicidi volontari, ai quali il divieto in esame non è applicabile, senza che sussista alcuna ragione plausibile per considerare sempre e necessariamente più grave un fatto riconducibile alla tipologia di omicidi “familiari”. Per effetto della dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale si riespandono i poteri discrezionali di cui dispongono le corti d’assise in forza della previsione generale dell’art. 69 cod. pen. (Precedenti: S. 141/2023 - mass. 45820; S. 188/2023 - mass. 45839, 45840, 45841; S. 207/2022 - mass. 45068; O. 214/2021 - mass. 44330; S. 260/2020 - mass. 43108, 43109; S. 186/2020 - mass. 43203; S. 102/2020 - mass. 43101; S. 20/2019 - mass. 42499; S. 166/2018 - mass. 40102; S. 184/2013; S. 68/2012 - mass. 36174; S. 183/2011 - mass. 35683).