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Pronuncia 87/2012

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto in seguito alla apertura delle indagini ed alla successiva richiesta di giudizio immediato del 9 febbraio 2011 da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano ed al decreto di giudizio immediato del 15 febbraio 2011 emesso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale ordinario di Milano, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, promosso dalla Camera dei deputati, con ricorso notificato il 1° agosto 2011, depositato in cancelleria il 2 agosto 2011, ed iscritto al n. 7 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2011, fase di merito. Visti l'atto di costituzione della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano, nonchè l'atto di intervento del Senato della Repubblica; udito nell'udienza pubblica del 14 febbraio 2012 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro; uditi gli avvocati Roberto Nania per la Camera dei deputati, Giuseppe De Vergottini per il Senato della Repubblica e Federico Sorrentino per la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara: 1) che spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano avviare, esperire indagini e procedere alla richiesta di giudizio immediato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica per un'ipotesi di reato ritenuto non commesso nell'esercizio delle funzioni, omettendo di trasmettere gli atti ai sensi dell'art. 6 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all'articolo 96 della Costituzione), perché ne fosse investito il Collegio previsto dall'art. 7 di detta legge; 2) che spettava al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano proseguire nelle forme comuni ed emettere il decreto di giudizio immediato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, per un'ipotesi di reato ritenuto non commesso nell'esercizio delle funzioni, omettendo di trasmettere gli atti ai sensi dell'art. 6 della legge costituzionale n. 1 del 1989, perché ne fosse investito il Collegio previsto dall'art. 7 di detta legge; 3) che spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano ed al Giudice per le indagini preliminari di detto Tribunale esercitare le proprie attribuzioni, omettendo di informare la Camera dei deputati della pendenza del procedimento penale nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 febbraio 2012. F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente Giuseppe TESAURO, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2012. Il Direttore della Cancelleria F.to: MELATTI

Relatore: Giuseppe Tesauro

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: QUARANTA

Massime

Reati ministeriali - Delitto di concussione contestato al Presidente del Consiglio dei ministri in carica, membro della Camera dei deputati - Indagini poste in essere dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e richiesta di giudizio immediato del GIP presso il medesimo Tribunale - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla Camera dei deputati - Intervento del Senato della Repubblica - Eccezione di inammissibilità proposta dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano, fondata sulla mancata illustrazione delle conclusioni nell'atto di costituzione - Reiezione.

Nel giudizio per conflitto di attribuzioni sollevato dalla Camera dei deputati nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano e del Giudice per le indagini preliminari di quest'ultimo Tribunale, in relazione alle indagini poste in essere dal PM (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. n. 55781/2010) nei confronti dell'on. Silvio Berlusconi, membro della Camera dei deputati, Presidente del Consiglio dei ministri in carica, ed alla richiesta ed emissione di decreto di giudizio immediato, non può essere accolta, in quanto infondata, l'eccezione, formulata dalla difesa del Procuratore della Repubblica di Milano, di inammissibilità dell'intervento del Senato della Repubblica in ragione della mancata illustrazione delle conclusioni nel relativo atto di costituzione. L' art. 37, quinto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87» (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) stabilisce che al giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato è applicabile l'art. 25 di detta legge, che disciplina la costituzione in giudizio delle parti; l'art. 24 delle citate norme integrative, concernente la disciplina di detto giudizio, al comma 4, rende, inoltre, applicabile al medesimo, tra gli altri, l'art. 3 di tali norme. Stabilendo che la costituzione delle parti avviene «mediante deposito in cancelleria della procura speciale, con la elezione del domicilio, e delle deduzioni comprensive delle conclusioni», quest'ultima disposizione (analogamente a quella sottesa all'art. 19, comma 3, delle norme integrative) non subordina l'ammissibilità o validità della costituzione in giudizio all'adempimento ivi previsto, poiché, come già chiarito con altra pronuncia sullo specifico punto (sentenza n. 168 del 2010), «la corretta instaurazione del contraddittorio, in nome di un principio generale di diritto processuale, è subordinata al rispetto dei previsti termini perentori, mentre la disposizione secondo cui l'atto di costituzione della parte resistente deve contenere anche l'illustrazione delle conclusioni mira a sollecitare una adeguata prospettazione delle rispettive posizioni sin dall'ingresso delle parti nel giudizio, ai fini di un arricchimento della dialettica processuale». Il thema decidendum è, inoltre, circoscritto dal ricorso e le argomentazioni sviluppate nell'atto di costituzione «sono dirette a fornire elementi idonei a influenzare, sotto forma di fattori di conoscenza e di deduzioni logiche, il convincimento dell'organo giudicante intorno alle specifiche questioni» dibattute, mentre la mancata costituzione in giudizio della parte resistente o l'allegazione di rilievi insufficienti neppure conducono necessariamente all'accoglimento della questione sollevata con il ricorso, sicché è interesse della parte far valere le proprie ragioni in giudizio, adempiendo l'onere di prospettare argomenti difensivi. La disposizione mira, quindi, a stimolare l'apporto argomentativo delle parti, senza che siano prefigurabili conseguenze sanzionatorie nel caso di mancata illustrazione delle conclusioni formulate nell'atto di costituzione della parte convenuta o dell'interveniente, con conseguente non fondatezza dell'eccezione.

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 96
  • legge-Art. 24
  • legge-Art. 25
  • legge-Art. 37
  • norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (7/10/2008)-Art. 3
  • norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (7/10/2008)-Art. 24

Reati ministeriali - Delitto di concussione contestato al Presidente del Consiglio dei ministri in carica, membro della Camera dei deputati - Indagini poste in essere dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e richiesta di giudizio immediato del GIP presso il medesimo Tribunale - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla Camera dei deputati - Fase di merito - Conferma dell'ammissibilità del conflitto, già ritenuta con l'ordinanza n. 241 del 2011.

Va affermata definitivamente l'ammissibilità del conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera del Deputati nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano e del Giudice per le indagini preliminari di quest'ultimo Tribunale, in relazione alle indagini poste in essere dal PM (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. n. 55781/2010) nei confronti dell'on. Silvio Berlusconi, membro della Camera dei deputati, Presidente del Consiglio dei ministri in carica, ed alla richiesta di giudizio immediato formulata in data 9 febbraio 2011 (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. n. 5657/11), relativamente al contestato delitto di concussione, nonché - sempre in riferimento solo a tale ultimo reato - al decreto di giudizio immediato, in data 15 febbraio 2011, del GIP (nell'ambito del procedimento R.G.G.I.P. n. 1297/11). Non è dubbia, infatti, la legittimazione a sollevare conflitto da parte della Camera dei deputati, al fine di difendere le attribuzioni alla stessa spettanti ai sensi dell'art. 96 Cost. Parimenti pacifica deve ritenersi la legittimazione a resistere del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano e del Giudice per le indagini preliminari di detto Tribunale, in quanto investiti, con riferimento alla vicenda oggetto di conflitto, il primo della quota di potere costituzionale preposta all'esercizio dell'azione penale e allo svolgimento delle indagini ad esso finalizzate, il secondo dell'esercizio di funzioni giurisdizionali svolte in posizione di piena indipendenza. Né la circostanza che il ricorso abbia ad oggetto atti tipici propri del potere giudiziario ne compromette, nel caso di specie, l'ammissibilità. Se è vero, infatti, che il conflitto di attribuzione non può degenerare, a pena di inammissibilità, in strumento atipico di impugnazione diretto contro atti giurisdizionali, è altrettanto indubbio che tale principio non è invocabile, tuttavia, nelle ipotesi in cui venga posta in discussione non già la fedele applicazione della legge da parte dell'autorità giudiziaria, ma l'assunzione da parte di quest'ultima di una decisione estranea all'ambito oggettivo della giurisdizione di cui il magistrato è titolare, comunque idonea a menomare l'altrui attribuzione costituzionale: e, secondo la prospettazione della Camera dei deputati, coltivando l'azione penale nelle forme ordinarie, PM e GIP, avrebbero esercitato una funzione, rispettivamente di indagine e di giudizio, che non sarebbe loro spettata. La Camera dei deputati non ha posto, con l'odierno ricorso, un mero problema di regolamento di confini tra competenza dell'autorità giudiziaria comune e tribunale dei ministri, al quale sarebbe infatti stata estranea: piuttosto, l'investitura del tribunale dei ministri, secondo la ricorrente, sarebbe prodromica al coinvolgimento della Camera competente nella valutazione concernente la ministerialità del reato. L'adempimento previsto dall'art. 6 della legge cost. n. 1 del 1989 viene perciò ricostruito come finalizzato non soltanto ad attivare l'organo giurisdizionale competente, ma anche a soddisfare una prerogativa costituzionale direttamente e senza mediazioni intestata alla Camera dei deputati, ai sensi dell'art. 96 Cost. Ciò che viene in rilievo, pertanto, non è la questione di competenza in sé, ma il fatto che, omettendo di trasmettere gli atti al tribunale dei ministri, l'autorità giudiziaria avrebbe menomato l'attribuzione costituzionale propria della Camera dei deputati, per l'esercizio della quale detto tribunale agirebbe da indefettibile cerniera di collegamento.

Parametri costituzionali

Reati ministeriali - Delitto di concussione contestato al Presidente del Consiglio dei ministri in carica, membro della Camera dei deputati - Indagini poste in essere dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e richiesta di giudizio immediato del GIP presso il medesimo Tribunale - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla Camera dei deputati - Omessa trasmissione degli atti al Collegio per i reati ministeriali (tribunale dei ministri), prodromica al coinvolgimento della Camera nella valutazione circa la ministerialità del reato - Ritenuta lesione delle attribuzioni costituzionali della Camera dei deputati - Insussistenza - Attribuzione esclusiva dell'autorità giudiziaria in ordine alle valutazioni sulla natura del reato e sulla sussistenza delle eventuali esimenti - Dichiarazione che spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano avviare, esperire indagini e procedere alla richiesta di giudizio immediato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica per un'ipotesi di reato ritenuto non commesso nell'esercizio delle funzioni, omettendo di trasmettere gli atti ai sensi dell'art. 6 della legge costituzionale n. 1, del 1989, perché ne fosse investito il Collegio previsto dall'art. 7 di detta legge - Dichiarazione che spettava al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Milano proseguire nelle forme comuni ed emettere il decreto di giudizio immediato nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, per un'ipotesi di reato ritenuto non commesso nell'esercizio delle funzioni, omettendo di trasmettere gli atti ai sensi dell'art. 6 della legge costituzionale n. 1 del 1989, perché ne fosse investito il Collegio previsto dall'art. 7 di detta legge.

In merito al conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera del Deputati nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano e del Giudice per le indagini preliminari di quest'ultimo Tribunale - in relazione alle indagini poste in essere dal PM (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. n. 55781/2010) nei confronti dell'on. Silvio Berlusconi, membro della Camera dei deputati, Presidente del Consiglio dei ministri in carica, ed alla richiesta di giudizio immediato formulata in data 9 febbraio 2011 (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. n. 5657/11), relativamente al contestato delitto di concussione, nonché, sempre in riferimento solo a tale ultimo reato, al decreto di giudizio immediato, in data 15 febbraio 2011, del GIP (nell'ambito del procedimento R.G.G.I.P. n. 1297/11) - va affermato che spettava al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano avviare, esperire indagini e procedere alla richiesta di giudizio immediato in relazione al contestato delitto di concussione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in carica all'epoca dei fatti, e del pari spettava al Giudice per le indagini preliminari di quest'ultimo Tribunale procedere, a propria volta, nelle forme comuni ed emettere il decreto di giudizio immediato, una volta ritenuto detto reato non commesso nell'esercizio delle funzioni, omettendo di trasmettere gli atti al Collegio previsto dall'art. 7 della legge cost. n. 1 del 1989. Secondo la tesi della ricorrente, l'art. 6 della legge cost. n. 1 del 1989 obbligherebbe il pubblico ministero che abbia acquisito una notizia di reato a carico del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero di un ministro, ad attivarsi, perché il procedimento sia assegnato al collegio di cui al successivo art. 7, in modo che, tramite quest'ultimo, il competente ramo del Parlamento possa interloquire nella fattispecie, difendendo le proprie attribuzioni. Secondo tale prospettazione, in definitiva, sarebbe sufficiente la sola qualità soggettiva dell'autore del fatto a incardinare la competenza riservata del tribunale dei ministri, ferma la possibilità che, all'esito delle indagini, tale organo disponga la c.d. archiviazione asistematica. Tale tesi è in evidente contrasto con la formulazione della norma, giacché è proprio l'art. 6 della legge cost. n. 1 del 1989 a prevedere, in modo puntuale, che siano destinati al tribunale dei ministri i rapporti, i referti e le denunzie concernenti «i reati indicati dall'articolo 96 della Costituzione», ovvero commessi nell'esercizio delle funzioni. Solo ammettendo, in contrasto palese con l'art. 96 Cost., che un illecito penale acquisisca carattere ministeriale in ragione della sola qualifica rivestita dall'autore di esso sarebbe sostenibile che la lettera della legge costituzionale autorizzi a trarre le conclusioni suggerite dalla ricorrente. Per contro, nel vigente ordine costituzionale, il principio di generale attribuzione all'autorità giudiziaria ordinaria dell'esercizio della giurisdizione penale, salvo le eccezionali e restrittive deroghe stabilite espressamente dalla fonte superprimaria, non incontra alcun limite ulteriore, e torna così in modo del tutto naturale ed automatico a governare la fattispecie della responsabilità penale del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero di un ministro, in accordo con i principi di uguaglianza, legalità e giustiziabilità dei diritti, ribaditi, quanto ai pubblici funzionari, dall'art. 28 Cost. A tale proposito, la giurisprudenza costituzionale ha già affermato che sussiste nel nostro ordinamento una «generale competenza delle autorità giudiziarie all'accertamento dei presupposti della responsabilità», la quale si segnala per costituire la parola ultima, e di regola definitiva, che l'ordinamento giuridico pronuncia a livello nazionale. La competenza in questione non può che implicare la preliminare attività di qualificazione del reato, o per meglio dire il giudizio con cui un accadimento materiale viene ricondotto alla previsione generale di una o più disposizioni di legge, che lo sottraggono all'area di ciò che è giuridicamente indistinto per conferirgli una identità normativa, alla quale conseguono i tipici effetti processuali e sostanziali stabiliti dalla legge. Nel caso di specie, componente costitutiva di un tale giudizio è la stessa natura, ministeriale o comune, del reato, dalla quale deriva nel primo caso l'investitura del tribunale dei ministri, e successivamente del ramo competente del Parlamento, ovvero, nel secondo caso, l'osservanza delle ordinarie regole sull'accertamento della responsabilità penale. In difetto di esplicite deroghe costituzionali, agli altri poteri dello Stato, e tra questi alla Camera competente ai sensi dell'art. 96 Cost., non spetta alcuna attribuzione in merito, con la conseguenza che non ha fondamento la pretesa di interloquire con l'autorità giudiziaria, secondo un canale istituzionale indefettibilmente offerto dal tribunale dei ministri, nelle ipotesi in cui quest'ultima, esercitando le proprie esclusive prerogative, abbia stimato il reato privo del carattere della ministerialità e, nell'esercizio delle stesse, abbia approfondito detto profilo, esplicitando le ragioni a conforto di tale qualificazione.La vicenda che costituisce oggetto del ricorso concerne, infatti, un reato (il reato di concussione, l'unico in relazione al quale è stato sollevato il conflitto) che l'autorità giudiziaria ha ritenuto immediatamente privo di carattere funzionale e la cui natura ministeriale non è stata posta a fondamento del conflitto. In tali circostanze, non solo il potere giudiziario, ritenendo il reato di natura comune, poteva omettere di investire il tribunale dei ministri della notizia di reato, ma ne era costituzionalmente obbligato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 96 Cost. e 6 della legge cost. n. 1 del 1989, non essendogli possibile sottrarsi all'accertamento della penale responsabilità nelle forme proprie della giurisdizione ordinaria penale (art. 112 Cost.), se non in presenza delle deroghe tassative prescrivibili dalla sola Costituzione, e che neppure il legislatore ordinario potrebbe ampliare - Sul principio di generale attribuzione all'autorità giudiziaria ordinaria dell'esercizio della giurisdizione penale, che, salvo le eccezionali e restrittive deroghe stabilite espressamente dalla fonte superprimaria, non incontra alcun limite ulteriore, v. la richiamata sentenza n. 154 del 2004. - Sull'affermazione secondo cui le immunità riconosciute ai pubblici poteri, introducendo una deroga eccezionale al generale principio di uguaglianza, non possono che originarsi dalla Costituzione, v. la richiamata sentenza n. 262 del 2009. - Sulla costante giurisprudenza costituzionale che esclude che le immunità costituzionali possano trasmodare in privilegi, come accadrebbe se una deroga al principio di uguaglianza innanzi alla legge potesse venire indotta direttamente dalla carica ricoperta, anziché dalle funzioni inerenti alla stessa, v., in relazione alle guarentigie dei membri del Parlamento, le sentenze n. 10 e n. 11 del 2000; in relazione a quelle relative ai membri del Consiglio regionale, la sentenza n. 289 del 1997; con riferimento alla responsabilità penale del Capo dello Stato, la sentenza n. 154 del 2004; con riferimento all'immunità sostanziale dei componenti del Consiglio superiore della magistratura per le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni, la sentenza n. 148 del 1983; con riferimento alla responsabilità per reato ministeriale, la sentenza n. 6 del 1970, tutte richiamate in sentenza.

Parametri costituzionali

Reati ministeriali - Delitto di concussione contestato al Presidente del Consiglio dei ministri in carica, membro della Camera dei deputati - Indagini poste in essere dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano e richiesta di giudizio immediato del GIP presso il medesimo Tribunale - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dalla Camera dei deputati - Omessa comunicazione al Presidente della Camera, prodromica al coinvolgimento della Camera nella valutazione circa la ministerialità del reato - Ritenuta lesione del principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato - Insussistenza - Dichiarazione che spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano ed al Giudice per le indagini preliminari di detto Tribunale esercitare le proprie attribuzioni, omettendo di informare la Camera dei deputati della pendenza del procedimento penale nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica - Assorbimento di ulteriore questione.

In merito al conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera del Deputati nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano e del Giudice per le indagini preliminari di quest'ultimo Tribunale - in relazione alle indagini poste in essere dal PM (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. n. 55781/2010) nei confronti dell'on. Silvio Berlusconi, membro della Camera dei deputati, Presidente del Consiglio dei ministri in carica, ed alla richiesta di giudizio immediato formulata in data 9 febbraio 2011 (nell'ambito del procedimento penale R.G.N.R. n. 5657/11), relativamente al contestato delitto di concussione, nonché, sempre in riferimento solo a tale ultimo reato, al decreto di giudizio immediato, in data 15 febbraio 2011, del GIP (nell'ambito del procedimento R.G.G.I.P. n. 1297/11) - va affermato che spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano ed al Giudice per le indagini preliminari di detto Tribunale esercitare le proprie attribuzioni, omettendo di informare la Camera dei deputati della pendenza del procedimento penale nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in carica. Va infatti escluso che le fonti normative, costituzionali e primarie, abbiano introdotto l'obbligo dell'autorità giudiziaria di informare la Camera competente della pendenza del procedimento comune per reato attribuibile al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero ad un ministro, e nell'impossibilità di ricavare simile precetto dal principio di leale collaborazione, viene meno ogni fondamento giuridico su cui poggiare la pretesa della ricorrente di essere resa edotta dei fatti, dato che esso neppure è rinvenibile - come ha, invece, sostenuto la Camera dei deputati - nei «basilari canoni di ragionevolezza ed idoneità allo scopo che a mente dell'art. 3 Cost. presiedono all'interpretazione della legge».Tale canone non è, infatti, vulnerato da un'esegesi che, nel quadro di un ordinamento nel quale le immunità non possono che originarsi dalla Costituzione e sono soggette a stretta interpretazione, prevede l'intervento del tribunale dei ministri nelle sole ipotesi di illecito commesso nell'esercizio delle funzioni, collocandolo armonicamente nella regolamentazione di sistema, caratterizzata da un corretto bilanciamento dei principi di generale attribuzione all'autorità giudiziaria ordinaria della giurisdizione penale e di tutela delle attribuzioni costituzionali del Parlamento ex art. 96 Cost., dato che a quest'ultimo spetta l'accesso a questa Corte, per porre in discussione un eventuale erroneo esercizio delle proprie attribuzioni da parte del potere giudiziario che, eventualmente, abbia impedito alla Camera competente ai sensi di tale ultima norma della Costituzione di deliberare sull'autorizzazione a procedere, sollevando un conflitto avente contenuto diverso da quello proposto con il presente giudizio. La negazione dell'obbligo di informare la Camera competente comporta l'assorbimento dell'ulteriore questione, logicamente e giuridicamente subordinata, avente ad oggetto l'accertamento dell'idoneità dell'informazione fornita in occasione della più volte richiamata richiesta del PM di autorizzazione ad eseguire perquisizioni di alcuni locali nella disponibilità del Presidente del Consiglio dei ministri in carica a farlo ritenere adempiuto

Parametri costituzionali