Pronuncia 21/2017

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 197-bis, commi 3 e 6, e 192, comma 3, del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Macerata, in composizione monocratica, nel procedimento penale a carico di M.M. e H.M., con ordinanza del 22 maggio 2015, iscritta al n. 232 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2015. Udito nella camera di consiglio del 7 dicembre 2016 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 197-bis, comma 6, del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede l'applicazione della disposizione di cui all'art. 192, comma 3, del medesimo codice di rito anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate al comma 1 dell'art. 197-bis cod. proc. pen., nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione "perché il fatto non sussiste" divenuta irrevocabile; 2) dichiara, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimità costituzionale dell'art. 197-bis, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede l'assistenza di un difensore anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate al comma 1 del medesimo art. 197-bis, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione "perché il fatto non sussiste" divenuta irrevocabile. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 dicembre 2016. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Giorgio LATTANZI, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 26 gennaio 2017. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Giorgio Lattanzi

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: GROSSI

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Massime

Thema decidendum - Ricognizione dell'oggetto del giudizio incidentale - Restrizione da parte della Corte alla sola disposizione attinta dalle censure.

L'oggetto della questione di legittimità costituzionale degli artt. 197-bis, commi 3 e 6, e 192, comma 3, cod. proc. pen., sollevata dal Tribunale di Macerata in riferimento all'art. 3 Cost., deve essere limitato ai soli citati commi dell'art. 197-bis, e in particolare al comma 6, poiché le censure del rimettente non investono la regola di giudizio contenuta nell'art. 192, comma 3, sulla valutazione delle dichiarazioni delle persone imputate in un procedimento connesso, ma esclusivamente l'applicabilità di tale regola alle dichiarazioni dei testimoni assistiti per effetto del rinvio operato dall'art. 197-bis, comma 6.

Parametri costituzionali

Processo penale - Prova testimoniale - Dichiarazioni dell'imputato in procedimento connesso o di reato collegato, assolto "perché il fatto non sussiste" - Obbligo di assistenza difensiva - Denunciata irragionevolezza e violazione del principio di uguaglianza - Avvenuta applicazione nel giudizio a quo della norma censurata - Difetto di rilevanza - Inammissibilità della questione.

È inammissibile - per difetto di rilevanza - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 197-bis, comma 3, cod. proc. pen., censurato dal Tribunale di Macerata, in riferimento all'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede l'assistenza di un difensore anche per le dichiarazioni di imputati in un procedimento connesso o di un reato collegato, assolti in via definitiva perché il fatto non sussiste. Nel processo a quo non occorre più fare applicazione della disposizione censurata, in quanto il testimone, imputato di reato collegato e assolto perché il fatto non sussiste, è stato già sentito alla presenza del difensore.

Parametri costituzionali

Processo penale - Prova testimoniale - Dichiarazioni dell'imputato in procedimento connesso o di reato collegato, assolto "perché il fatto non sussiste" - Limitazione del loro valore probatorio secondo la regola (c.d. corroboration) di cui all'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. - Irragionevolezza e ingiustificata disparità di trattamento rispetto alle dichiarazioni rese dal teste ordinario e dall'imputato in procedimento connesso o di reato collegato assolto "per non aver commesso il fatto" - Illegittimità costituzionale parziale.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione dell'art. 3 Cost. - l'art. 197-bis, comma 6, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede l'applicazione della disposizione di cui all'art. 192, comma 3, del medesimo codice di rito anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate al comma 1 dell'art. 197-bis cod. proc. pen., nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione "perché il fatto non sussiste" divenuta irrevocabile. La disposizione censurata dal Tribunale di Macerata - che limita il valore probatorio delle dichiarazioni rese, come testimoni assistiti, da persone imputate in procedimento connesso o per reato collegato - è già stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza n. 381 del 2006 limitatamente al caso del dichiarante assolto "per non aver commesso il fatto", ma risulta parimenti priva di razionale giustificazione e lesiva del principio di eguaglianza anche nel caso di assoluzione "perché il fatto non sussiste", che costituisce una formula liberatoria nel merito di uguale ampiezza. In entrambi i casi, l'efficacia di un giudicato di assoluzione - che pure esclude, per il dichiarante, qualsiasi responsabilità rispetto ai fatti oggetto del giudizio - risulta sostanzialmente svilita dalla presunzione di minore attendibilità delle sue dichiarazioni, scaturente dall'applicazione ad esse della regola legale di valutazione enunciata nell'art. 192, comma 3, cod. proc. pen. Detta presunzione risulta, inoltre, irragionevolmente discordante rispetto alle regulae iuris che presiedono alla valutazione giudiziale delle dichiarazioni rese dal teste ordinario, nonostante la comune condizione di assoluta indifferenza rispetto alla vicenda oggetto di giudizio, che connota le tipologie di dichiaranti in comparazione. A una ulteriore ingiustificata disparità di trattamento ha dato luogo la citata sentenza n. 381 del 2006, differenziando il regime e il valore probatorio delle dichiarazioni dell'imputato in un procedimento connesso o di un reato collegato, a seconda che l'assoluzione sia stata pronunciata per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste. ( Precedenti citati: sentenza n. 381 del 2006; ordinanza n. 265 del 2004 , concernente le dichiarazioni rese da un coimputato nel medesimo reato, già giudicato con sentenza irrevocabile di patteggiamento ).

Parametri costituzionali

Processo penale - Prova testimoniale - Dichiarazioni dell'imputato in procedimento connesso o di reato collegato, assolto "perché il fatto non sussiste" - Obbligo di assistenza difensiva - Stretta correlazione con la caducata limitazione del valore probatorio di tali dichiarazioni - Illegittimità costituzionale consequenziale parziale.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo - in applicazione dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953 - l'art. 197-bis, comma 3, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede l'assistenza di un difensore anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate al comma 1 del medesimo art. 197-bis, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione "perché il fatto non sussiste" divenuta irrevocabile. Tale dichiarazione di parziale incostituzionalità - consequenziale a quella del comma 6 dello stesso art. 197-bis - si impone per evitare che la testimonianza del dichiarante, imputato in un procedimento connesso o di un reato collegato poi assolto "perché il fatto non sussiste", resti soggetta a una modalità di assunzione della prova che è strettamente correlata, in un regime di testimonianza assistita, alla caducata limitazione del valore probatorio delle sue dichiarazioni, e per non lasciare parzialmente in vita l'ingiustificata disparità di trattamento (rispetto alle dichiarazioni dell'imputato assolto "per non aver commesso il fatto"), alla quale tale caducazione ha posto riparo.

Parametri costituzionali

  • legge-Art. 27