Pronuncia 1073/1988

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 379, secondo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1987 dal Tribunale di Lecce sul ricorso proposto da Cimadono Maria Evelina, iscritta al n. 17 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 26 ottobre 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Ritenuto che il Tribunale di Lecce, con ordinanza del 9 novembre 1987, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 379, secondo comma, cod. civ., "nella parte in cui non prevede a favore del tutore, che presta al suo pupillo assistenza personale particolarmente gravosa, l'indennità che la detta norma prevede invece a favore del tutore in considerazione delle difficoltà dell'amministrazione del patrimonio"; che, ad avviso del giudice remittente, tale disparità di trattamento è irrazionale, non apparendo giustificata la deroga al principio di gratuità della tutela soltanto in considerazione dell'entità del patrimonio del pupillo e delle difficoltà dell'amministrazione, e non anche in considerazione delle particolari condizioni personali dell'interdetto e della gravosità dell'impegno che esse richiedono al tutore, cioè una deroga finalizzata piuttosto a garantire la conservazione del patrimonio mediante una buona amministrazione che ad assicurare all'incapace una adeguata assistenza personale e morale; che nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o, in subordine, l'infondatezza della questione; che l'inammissibilità è prospettata sul riflesso che, essendo la norma denunciata applicabile alla tutela sia dei minori sia degli interdetti, la modificazione additiva auspicata dal giudice a quo verrebbe a "travolgere uno dei principi di politica legislativa sui quali tutta la disciplina della materia si fonda: quello della gratuità dell'ufficio tutelare"; che, quanto all'infondatezza, l'Avvocatura rileva che l'ordinanza di rimessione mette a raffronto due situazioni non assimilabili, stante la precisa differenza tra le due funzioni che l'art. 357 cod. civ. affida al tutore, quella della cura della persona e quella dell'amministrazione, con rappresentanza, del patrimonio: la seconda funzione richiede una speciale disciplina che compensi in qualche misura le deficienze che, dal punto di vista della gestione patrimoniale, può comportare la scelta del tutore nella cerchia delle persone legate all'incapace da vincoli di affetto e di solidarietà familiare, secondo un criterio di prevalenza dell'interesse di cura della persona; Considerato che l'"equa indennità", che a norma dell'art. 379, secondo comma, il giudice tutelare può assegnare al tutore, "considerando l'entità del patrimonio e le difficoltà dell'amministrazione", non ha natura retributiva, ma serve a compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato il tutore a cagione dell'attività di amministrazione del patrimonio del pupillo, alla quale l'ufficio tutelare lo obbliga personalmente senza possibilità di nominare sostituti, i "coadiuvanti" previsti nell'ultima parte della norma in esame non essendo sostituti nel senso dell'art. 1717, secondo comma, cod. civ., bensì semplici ausiliari dell'obbligato nel senso dell'art. 1228; che, invece, l'obbligo di cura della persona non comporta oneri e spese quantificabili, sia pure forfettariamente, in denaro, e d'altra parte il contenuto di tale obbligo non implica la prestazione personale di servizi propri di un lavoratore domestico o di un infermiere, ben potendo il tutore, se il patrimonio lo consente, farsi autorizzare dal giudice ad assumere una o più persone di servizio oppure a collocare l'incapace in un istituto idoneo ad assisterlo, o altrimenti a chiedere il soccorso delle istituzioni pubbliche di assistenza; che, trattandosi, come nella specie, di tutela di un interdetto affidata a un parente diverso da quelli indicati nell'art. 426, il tutore può chiedere, dopo dieci anni, di essere esonerato dall'ufficio; che pertanto la gravosità dell'attività di cura dell'incapace, derivante dall'avere il tutore prestato un'assistenza personale eccedente i doveri di ufficio non può essere paragonata alla gravosità, derivante dall'entità del patrimonio, dell'attività di amministrazione cui il tutore è personalmente obbligato, al fine di qualificare anche la prima, alla stregua dell'art. 3 Cost., come titolo per pretendere una indennità, la quale in realtà non avrebbe carattere di indennizzo, bensì di compenso per l'opera prestata, in contrasto col principio dell'art. 379, primo comma; Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi derivanti alla Corte costituzionale.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 379, secondo comma, cod. civ., sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., dal Tribunale di Lecce con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: MENGONI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Luigi Mengoni

Data deposito: Tue Dec 06 1988 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: O

Presidente: SAJA

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Massime

ORD. 1073/88. TUTELA - MANCATA PREVISIONE PER L'ASSISTENZA PERSONALE PARTICOLARMENTE GRAVOSA PRESTATA DAL TUTORE DELL'INDENNITA' PREVISTA PER L'AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO DAL COMMA II DELL'ART. 379 C.C. - PRETESA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA - MANIFESTA INFONDATEZZA - - ART. 379, II CO., C.C. - ART. 3 COST.

E' manifestamente infondata la questione di l.c. dell'art.379, II co., C.C., nella parte in cui non prevede a favore del tutore, che presta al suo pupillo assistenza personale particolarmente gravosa, "l'equa indennita'" che la norma stessa prevede invece a favore del tutore in considerazione delle difficolta' di amministrazione del patrimonio, sollevata in riferimento all'art.3 Cost. L'"equa indennita'" che, a norma dell'art.379, II co., C.C. il giudice tutelare puo' assegnare al tutore non ha natura retributiva, ma serve a compensare gli oneri e le spese, non facilmente documentabili, da cui il tutore e' gravato a cagione dell'attivita' di amministrazione del patrimonio del pupillo, cui l'ufficio tutelare lo obbliga personalmente senza possibilita' di nominare sostituti. L'obbligo di cura e di assistenza della persona invece non comporta oneri e spese quan- tificabili, sia pure forfettariamente in denaro e d'altronde il contenuto di tale obbligo non implica la prestazione personale di servizi, ben potendo il tutore farsi autorizzare dal giudice ad assumere persone di servizio o a collocare l'incapace in un istituto o a chiedere il soccorso delle istituzioni pubbliche. Non puo' pertanto paragonarsi la gravosita' dell'attivita' di cura dell'incapace, derivante dall'avere il tutore prestato un'assistenza personale eccedente i doveri d'ufficio, alla gravosita', derivante dall'entita' del patrimonio, dell'attivita' di amministrazione cui il tutore e' personalmente obbligato, al fine di qualificare, alla stregua dell'art.3 Cost., anche la prima come titolo per pretendere una indennita', la quale non avrebbe carattere di indennizzo, ma di compenso per l'opera prestata, compenso che contrasterebbe con il principio dell'art.379, I co., C.C. (Manifesta infondatezza della questione di l.c. Cost.)

Parametri costituzionali