Pronuncia 1122/1988

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Francesco SAJA; Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL'ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 649 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1988 dal Pretore di Bologna nel procedimento penale a carico di Mangherini Gilberto, iscritta al n. 322 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima Serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 30 novembre 1988 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola; Ritenuto che nel corso di procedimento penale a carico di soggetto imputato del delitto previsto e punito dagli artt. 624 - 61, n. 11, del codice penale, per aver sottratto assegno bancario alla propria convivente, il Pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 23 febbraio 1988, ha sollevato, in relazione agli artt. 3 e 31 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 649 del codice penale; che il giudice a quo dubita della legittimità della norma citata laddove esclude dai soggetti che possono beneficiare della non punibilità il convivente more uxorio, in quanto la tutela della famiglia di fatto trarrebbe il suo presupposto dall'art. 31 della Costituzione, e per altre ipotesi (cfr. art. 572 c.p.) la rilevanza di legame familiare di fatto è stata variamente considerata dalla giurisprudenza; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per la declaratoria d'infondatezza, richiamando in particolare la sentenza di questa Corte n. 237 del 13 novembre 1986; Considerato che questa Corte, con la sentenza n. 423 del 24 marzo 1988, ha già dichiarato la non fondatezza di analoga questione, osservando, in particolare, come la convivenza more uxorio sia per sua natura fondata sulla affectio quotidiana - liberamente ed in ogni istante revocabile - di ciascuna delle parti; che il richiamo, operato dal giudice a quo, all'art. 31 della Costituzione, non concreta un argomento nuovo rispetto a quelli a suo tempo esaminati onde vale, a riguardo, il medesimo ordine di considerazioni circa l'intrinseca aleatorietà di tale rapporto e la conseguente razionalità del collegamento operato dall'art. 649, primo comma, del codice penale tra l'esclusione della punibilità e i dati incontrovertibili ed agevolmente riscontrabili, quali i vincoli di parentela, affinità, adozione ed, appunto, coniugio; che del pari non appropriato è il riferimento all'art. 572 del codice penale, posto che l'estensione del concetto di famiglia operata dalla giurisprudenza da un lato e dall'altro l'esclusione della necessità della coabitazione si collegano necessariamente all'esigenza di tutelare un soggetto passivo in posizione di intrinseca, peculiare debolezza a fronte dell'ampia accezione dell'elemento materiale proprio di una fattispecie criminosa la quale, anche per la particolarità della sua struttura (reato abituale e condotta plurima), non può sicuramente proporsi quale tertium comparationis; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 649 del codice penale, sollevata, in relazione agli artt. 3 e 31 della Costituzione, dal Pretore di Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1988. Il Presidente: SAJA Il redattore: CASAVOLA Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1988. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Francesco Paolo Casavola

Data deposito: Tue Dec 20 1988 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: O

Presidente: SAJA

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Massime

ORD. 1122/88. CAUSE DI NON PUNIBILITA' - REATI A DANNO DI CONGIUNTI PUNIBILI A QUERELA DELL'OFFESO - COMMISSIONE DA PARTE DEL CONVIVENTE 'MORE UXORIO' - APPLICABILITA' A TALE SOGGETTO DEL BENEFICIO - ESCLUSIONE - MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

L'art. 649, primo comma, cod. pen., riguardo ai reati contro il patrimonio, razionalmente collega l'esclusione della punibilita' a dati incontrovertibili ed agevolmente riscontrabili (vincoli di parentela, affinita', adozione e coniugio) che non sono presenti nella convivenza 'more uxorio', rapporto per sua natura intrinsecamente aleatorio in quanto fondato sulla 'affectio' quotidiana di ciascuna delle parti liberamente ed in ogni istante revocabile. Peraltro, ai fini del riconoscimento di tale causa di non punibilita', l'art. 572 cod. pen. - concernente il reato di maltrattamenti in famiglia o verso congiunti - non puo' sicuramente proporsi come 'tertium comparationis', trattandosi di reato abituale a condotta plurima, in ordine al quale la rilevanza del legame familiare di fatto, operata dalla giurisprudenza, si giustifica necessariamente per l'esigenza di tutelare un soggetto passivo in posizione di particolare debolezza. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 649 cod. pen. sollevata in relazione agli artt. 3 e 31 Cost.). - S. n. 423/1988.