Articolo 31 - COSTITUZIONE

La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternita', l'infanzia e la gioventu', favorendo gli istituti necessari a tale scopo.
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Massime della Corte Costituzionale

Trovate 10 massime

Pronuncia 209/2022Depositata il 13/10/2022

Famiglia - In genere - Necessità di trattamenti, anche fiscali, compatibili con il principio costituzionale di agevolazione della formazione della famiglia - Divieto di trattamenti che si risolvano in una sua penalizzazione. (Classif. 103001).

L'art. 31 Cost. - nello statuire che la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose - da un lato suggerisce (ma non impone) trattamenti, anche fiscali, a favore della famiglia, giustificandoli, pertanto, ove introdotti dal legislatore; dall'altro si oppone, in ogni caso, a quelli che si risolvono in una sua penalizzazione.

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 31

Pronuncia 209/2022Depositata il 13/10/2022

Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Esenzione per l'abitazione principale - Definizione di "abitazione principale", ai fini dell'agevolazione - Possibilità di considerare tale, come avviene per le c.d. coppie di fatto, anche l'abitazione in cui dimori abitualmente e risieda anagraficamente il solo possessore, mentre il resto del nucleo familiare risieda e dimori in altra abitazione, anche sita in un diverso comune - Esclusione - Violazione dei principi di uguaglianza, di sostegno alla famiglia e di capacità contributiva - Illegittimità costituzionale in parte qua. (Classif. 255017).

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 31 e 53 Cost., l'art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b ), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui stabilisce: «[p]er abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[p]er abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente». La norma, censurata dalla Corte costituzionale con ordinanza di autorimessione, contrasta con il principio di eguaglianza, nella parte in cui - nel definire l'abitazione principale ai fini dell'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) - introduce il riferimento al nucleo familiare, determinando così una irragionevole discriminazione tra le persone unite in matrimonio o unione civile e i singoli o conviventi: sino a che non avviene la costituzione del detto nucleo, infatti, ciascun possessore di immobile che vi risieda anagraficamente e dimori abitualmente può fruire della detta esenzione - anche se unito in una convivenza di fatto, e avendo i partner il diritto a una doppia esenzione - mentre il matrimonio o l'unione civile determinano l'effetto di precludere tale ultima possibilità, nonché, secondo il diritto vivente, ogni esenzione per i coniugi che abbiano stabilito la residenza anagrafica in abitazioni site in comuni diversi. Né può rilevare una giustificazione in termini antielusivi della norma, in ragione del rischio che le «seconde case» vengano iscritte come abitazioni principali, disponendo i comuni di efficaci strumenti per controllare la veridicità delle dichiarazioni sull'esistenza della dimora abituale. Il previsto collegamento tra abitazione principale e nucleo familiare - che ha condotto il diritto vivente a riconoscere il diritto all'esenzione in esame soltanto nel caso di disgregazione di tale nucleo, ossia di frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi - contrasta anche con l'art. 31 Cost. Risulta violato, infine, anche l'art. 53 Cost., dal momento che la rilevanza, nell'articolazione normativa dell'IMU, di elementi come le relazioni del soggetto con il nucleo familiare e, dunque, dello status personale del contribuente, non appare coerente con la sua natura di imposta reale, salva in via di eccezione, una ragionevole giustificazione, che nel caso non sussiste. ( Precedente: O. 94/22 - mass. 44706 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 13, comma 2
  • legge-Art.
  • legge-Art. 1, comma 707

Parametri costituzionali

Pronuncia 209/2022Depositata il 13/10/2022

Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Esenzione per l'abitazione principale - Abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune - Esclusione dall'esenzione - Denunciata irragionevole disparità di trattamento, nonché violazione della parità dei diritti dei lavoratori e dei contribuenti nonché dei principi di capacità contributiva, di tutela della famiglia e del risparmio - Intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua della norma censurata - Conseguente sopravvenuta carenza di oggetto - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 255017).

Sono dichiarate inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla CTP di Napoli in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost. - dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b ), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) per l'abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune. Dichiarata l'illegittimità costituzionale del quarto periodo del medesimo art. 13, comma 2 - anche il quinto periodo censurato è stato dichiarato, con la medesima sentenza, costituzionalmente illegittimo in via consequenziale. ( Precedenti: O. 102/2022 - mass. 44906; O. 206/2021 - mass. 44207; O. 93/2021 - mass. 43872; O. 125/2020 - mass. 42579; O. 105/2020 - mass. 43436; O. 71/2017 - mass. 39403 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 13, comma 2
  • legge-Art.
  • legge-Art. 1, comma 707

Pronuncia 94/2022Depositata il 12/04/2022

Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Esenzione per l'abitazione principale - Applicazione dell'esenzione all'immobile in cui dimori e risieda anagraficamente uno dei componenti del nucleo familiare, ubicato fuori dal Comune in cui si trova quello fissato dagli altri componenti come dimora abituale - Omessa previsione, in base all'interpretazione del diritto vivente - Questione strettamente connessa ad altra logicamente pregiudiziale, relativa alla definizione di abitazione principale, ai fini della relativa agevolazione, come quella in cui sussiste il contestuale duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale dell'intero nucleo familiare - Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento nonché violazione dei principi della tutela della famiglia e della capacità contributiva - Autorimessione alla Corte costituzionale della questione pregiudiziale - Sospensione del giudizio principale - Notifiche conseguenti. (Classif. 255017).

Sono sollevate dalla Corte costituzionale - che pertanto ne dispone la trattazione innanzi a sé, sospendendo il giudizio e disponendo le notifiche conseguenti -, in riferimento agli artt. 3, 31 e 53, primo comma, Cost., le questioni di legittimità costituzionale del quarto periodo dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, nella parte in cui, ai fini del riconoscimento della relativa agevolazione, definisce quale abitazione principale quella in cui si realizza la contestuale sussistenza del duplice requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del possessore, ma anche del suo nucleo familiare. Le questioni sollevate dalla CTP di Napoli - relative alla disciplina dell'esenzione dall'imposta municipale unica (IMU) per l'abitazione principale, promosse nella parte in cui non è prevista l'esenzione qualora uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un'immobile ubicato in altro Comune e in rapporto di presupposizione con quelle sollevate in via di autorimessione - sono strettamente connesse alla più ampia e pregiudiziale questione derivante dalla regola generale stabilita dal quarto periodo del medesimo art. 13, comma 2. La necessità, ai fini dell'agevolazione suddetta, della contestuale sussistenza del duplice requisito indicato non era infatti presente nella originaria disciplina dell'IMU e nemmeno nella successiva formulazione. In forza della previsione sottoposta ad autorimessione, la possibilità di accesso all'agevolazione per ciascun possessore dell'immobile adibito ad abitazione principale viene meno al verificarsi della mera costituzione del nucleo familiare, nonostante effettive esigenze possano condurre i suoi componenti a stabilire residenze e dimore abituali differenti, determinando in tal modo un trattamento diverso del nucleo familiare rispetto non solo alle persone singole ma anche alle coppie di mero fatto, in cui a ciascuno dei partner è consentito di accedere all'esenzione della loro, rispettiva, abitazione principale. ( Precedente: O. 18/2021 - mass. 43561 ).

Norme citate

  • decreto legge-Art. 13, comma 2
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Pronuncia 79/2022Depositata il 28/03/2022

Minori - In genere - Necessità della tutela del loro primario interesse - Fondamento rinvenibile, oltre che nell'ordinamento interno, anche sul piano convenzionale internazionale. (Classif. 155001).

Il primario interesse del minore è principio riconducibile agli artt. 2, 30 e 31 Cost., e viene proclamato anche da molteplici fonti internazionali, indirettamente o direttamente vincolanti il nostro ordinamento (quali la Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989; la Dichiarazione sui principi sociali e legali riguardo alla protezione e sicurezza sociale dei bambini del 1986; il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1966; la Convenzione di Strasburgo in materia di adozione del 1968); nonché da fonti europee (artt. 24, comma 2, CDFUE, e 8 e 14 CEDU), come rispettivamente interpretate dalla Corte GUE e dalla Corte EDU. ( Precedenti: S. 102/2020 - mass. 43100; S. 272/2017 - mass. 41151; S. 76/2017 - mass. 39544; S. 17/2017 - mass. 39537; S. 205/2015 - mass. 38568; S. 239/2014 - mass. 38138; S.11/1981 - mass. 10022 ).

Parametri costituzionali

Pronuncia 79/2022Depositata il 28/03/2022

Adozione e affidamento - In genere - Adozione di minori in casi particolari - Istituto a tutela di un interesse primario tutelato sul piano costituzionale, convenzionale e internazionale - Conseguente modifica della concezione dello status di figlio - Necessità, in omaggio ai principi di eguaglianza e di parità di trattamento tra tutti i figli, nati all'interno o fuori dal matrimonio e adottivi, di riconoscere i rapporti civili del minore con i parenti dell'adottante (nel caso di specie: illegittimità costituzionale in parte qua della normativa che esclude tale riconoscimento). (Classif. 006001).

La rete dei legami parentali incarna uno dei possibili istituti che la Repubblica è chiamata a favorire al fine di proteggere, con una proiezione orizzontale dell'obiettivo costituzionale, l'interesse del minore. L'adozione in casi particolari di cui all'art. 44 della legge n. 184 del 1983 - visto il combinarsi delle due finalità sottese all'istituto: quella vòlta a tutelare l'interesse del minore a preservare rapporti già instaurati e quella diretta a risolvere situazioni di giuridica impossibilità ad accedere all'adozione piena - si fonda sull'accertamento giudiziale che essa realizzi il preminente interesse del minore; essa consente un'adozione aperta o mite, perché offre al minore la possibilità di rimanere nell'ambito della nuova famiglia che l'ha accolto, formalizzando il rapporto affettivo instauratosi con determinati soggetti che si stanno effettivamente occupando di lui, senza recidere i legami con la famiglia d'origine, e pertanto senza forzare il ricorso all'adozione piena. ( Precedenti: S. 33/2021 - mass. 43636; S. 32/2021 - mass. 43583; n. 221/2019 - mass. 41563; n. 272/2017 - mass. 41151; S. 383/1999 - mass. 24916 ; n. 183/1994 - mass. 20695 ). La spinta del principio di eguaglianza, alla luce dell'evoluzione della coscienza sociale, ha inciso sulla concezione stessa dello status di figlio, che in sé attrae l'appartenenza a una comunità familiare, secondo una logica fondata sulle responsabilità che discendono dalla filiazione e sull'esigenza di perseguire il miglior interesse del minore. ( Precedente: S. 17/2017 - mass. 39539 ). Se è vero che lo status è appartenenza a una comunità, l'adozione di un minore non può prescindere dal suo inserimento in un contesto familiare. Nel decidere sull'adozione in casi particolari, il giudice deve verificare non soltanto l'idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il minore dell'adottante, ma anche valutare l'ambiente familiare degli adottanti. (Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 31 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, l'art. 55 della legge n. 184 del 1983, nella parte in cui, mediante rinvio all'art. 300, secondo comma, cod. civ., prevede che l'adozione in casi particolari non induce alcun rapporto civile tra l'adottato e i parenti dell'adottante. La disposizione censurata dal Tribunale ordinario per i minorenni dell'Emilia Romagna, sede di Bologna, mostra come l'adozione in casi particolari, se offre una forma di tutela degli interessi del minore certo significativa, non appare ancora del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali. Il diniego di relazioni familiari tra l'adottato e i parenti dell'adottante determina infatti un trattamento discriminatorio del minore adottato rispetto all'unicità dello status di figlio e alla condizione giuridica del minore, avendo riguardo alla ratio della normativa che associa a tale status il sorgere dei rapporti parentali. Ne consegue che al solo minore adottato in casi particolari vengono irragionevolmente negati i legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, privandolo della rete di tutele personali e patrimoniali scaturenti dal riconoscimento giuridico dei legami parentali, che il legislatore della riforma della filiazione ha voluto garantire a tutti i figli a parità di condizioni. Al contempo, la disciplina censurata - in contrasto anche con l'art. 8 CEDU e gli obblighi internazionali di cui all'art. 117, primo comma, Cost. - lede il minore nell'identità che gli deriva dall'inserimento nell'ambiente familiare del genitore adottivo e, dunque, dall'appartenenza a quella nuova rete di relazioni, che di fatto vanno a costruire stabilmente la sua identità, a partire da quelle più vicini, con i fratelli e con i nonni. La connotazione discriminatoria della norma censurata non può, d'altro canto, reputarsi superata adducendo la circostanza che tale adozione non recide i legami con la famiglia d'origine. In realtà, l'aggiunta dei legami familiari dello stipite da cui discende ciascuno dei suoi genitori - sia quello adottivo che il genitore biologico - non è che la naturale conseguenza di un tipo di adozione che può pronunciarsi anche in presenza dei genitori biologici e che vede, dunque, il genitore adottivo, che esercita la responsabilità genitoriale, affiancarsi a quello biologico).

Norme citate

  • legge-Art. 55

Parametri costituzionali

Pronuncia 54/2022Depositata il 04/03/2022

Straniero - Politiche sociali - Assegno di natalità (c.d. "Bonus bebè") e assegno di maternità - Beneficiari - Soggetti ammessi nello Stato a fini lavorativi o a fini diversi dall'attività lavorativa, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno - Esclusione - Irragionevolezza e disparità di trattamento, violazione dei principi, anche europei, a tutela della maternità e dell'infanzia - Illegittimità costituzionale in parte qua. (Classif. 245005)

Sono dichiarati costituzionalmente illegittimi - per violazione degli artt. 3, 31 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 34 CDFUE - l'art. 1, comma 125, della legge n. 190 del 2014, nella formulazione antecedente alle modificazioni introdotte dall'art. 3, comma 4, della legge n. 238 del 2021, e l'art. 74 del d.lgs. n. 151 del 2001, nel testo antecedente all'entrata in vigore dell'art. 3, comma 3, lett. a ), della legge n. 238 del 2021, nella parte in cui escludono dalla concessione - rispettivamente - dell'assegno di natalità (c.d. "Bonus bebè") e dell'assegno di maternità i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto dell'Unione o nazionale e i cittadini di Paesi terzi che sono stati ammessi a fini diversi dall'attività lavorativa a norma del diritto dell'Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002, il quale istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi terzi. Le disposizioni censurate dalla Corte di cassazione, sez. lavoro, ledono il diritto alla parità di trattamento nell'accesso alle prestazioni di sicurezza sociale, tutelato dall'art. 34 CDFUE in connessione con l'art. 12 della direttiva 2011/98 UE, che ha riconosciuto un insieme di diritti ai cittadini di Paesi terzi ammessi nello Stato per finalità lavorative o per finalità diverse, ai quali è consentito lavorare. Esse infatti, nell'introdurre presupposti reddituali stringenti per il riconoscimento di misure di sostegno alle famiglie più bisognose, istituiscono, per i soli cittadini di Paesi terzi, un sistema irragionevolmente più gravoso, che travalica la pur legittima finalità di accordare i benefici dello stato sociale a coloro che vantino un soggiorno regolare e non episodico sul territorio della nazione. Tale criterio selettivo nega adeguata tutela a coloro che siano legittimamente presenti sul territorio nazionale e siano tuttavia sprovvisti dei requisiti di reddito prescritti per il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, così pregiudicando proprio i lavoratori che versano in condizioni di bisogno più pressante. ( Precedente: O. 182/2020 ).

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 125
  • decreto legislativo-Art. 74

Parametri costituzionali

Pronuncia 34/2022Depositata il 17/02/2022

Giudizio costituzionale in via incidentale - Prospettazione della questione -- Necessità di motivare la violazione del parametro evocato - Insufficienza della sua semplice menzione - Manifesta inammissibilità della questione priva di adeguata argomentazione. (Classif. 112003)

Il parametro meramente menzionato dal rimettente, che si limiti a sintetizzarne il contenuto, senza spendere argomenti per illustrare la sua violazione da parte della norma censurata, rende la questione inammissibile. (Nel caso di specie, avente ad oggetto l'art. 3, comma 1, lett. a , n. 1, del d.lgs. n. 147 del 2017, è dichiarata manifestamente inammissibile, per insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale sollevata in riferimento all'art. 31 Cost.).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 3, comma 1

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 31

Pronuncia 30/2022Depositata il 03/02/2022

Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari - Detenzione domiciliare speciale - Applicazione provvisoria della misura in caso di grave pregiudizio per il minore, come previsto per la detenzione domiciliare ordinaria - Omessa previsione - Violazione dell'interesse del bambino alla cura genitoriale - Illegittimità costituzionale in parte qua. (Classif. 167002).

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 31 Cost., l'art. 47- quinquies , commi 1, 3 e 7, della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui non prevede che, ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l'istanza di detenzione domiciliare può essere proposta al magistrato di sorveglianza, che può disporre l'applicazione provvisoria della misura, nel qual caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 47, comma 4, della medesima legge. La detenzione domiciliare speciale - disciplinata dalla norma censurata dal Magistrato di sorveglianza di Siena - di natura "sussidiaria" e "complementare" rispetto alla detenzione domiciliare ordinaria, di cui all'art. 47- ter , comma 1, lett. a ) e b ), ordin. penit., nonostante la diversità delle fattispecie regolate persegue la stessa finalità, quella di evitare, fin dove possibile, che l'interesse del bambino sia compromesso dalla perdita delle cure parentali, determinata dalla permanenza in carcere del genitore. La mancata previsione di una delibazione urgente nell'interesse del minore, ai fini dell'anticipazione cautelare della detenzione domiciliare speciale, impedisce invece il vaglio di quell'interesse in comparazione con le esigenze di difesa sociale, ed è suscettibile di determinare l'ingresso del bambino in istituti per minori nella non breve attesa della decisione collegiale. Tale esito viceversa può essere evitato quando lo consenta una prognosi favorevole riveniente dal buon pregresso carcerario del genitore, considerato che la quota di espiazione preliminare intramuraria rappresenta l'essenziale aspetto distintivo tra le due specie di detenzione domiciliare e che, dunque, la fisiologica sommarietà della valutazione è bilanciata dai dati oggettivi di un periodo di espiazione "osservata". ( Precedenti: S. 187/2019 - mass. 41428; S. 76/2017 - mass. 39545; S. 239/2014 - mass. 38138 ).

Norme citate

  • legge-Art. 47 QUINQUIES, comma 1
  • legge-Art. 47 QUINQUIES, comma 3
  • legge-Art. 47 QUINQUIES, comma 7

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 31

Pronuncia 231/2021Depositata il 02/12/2021

Ordinamento penitenziario - In genere - Misure penali di comunità per i condannati minorenni - Limiti massimi di pena per l'accesso all'affidamento in prova al servizio sociale e alla detenzione domiciliare, non superiori rispettivamente a quattro e a tre anni - Denunciata irragionevolezza, violazione dei criteri di delega, della funzione rieducativa della pena, del principio dell'individuazione del trattamento e della tutela dell'infanzia e della gioventù - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni - Auspicabilità di un intervento legislativo volto a rendere più flessibile la valutazione giudiziale. (Classif. 167001).

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale per i minorenni di Brescia, in funzione di tribunale di sorveglianza, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, 31, secondo comma, e 76 Cost. - degli artt. 4, comma 1, e 6, comma 1, del d.lgs. n. 121 del 2018, che per la concessione ai minorenni dell'affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare prevedono la pena massima non superiore rispettivamente a quattro e a tre anni. La disciplina censurata non viola il criterio direttivo posto dall'art. 1, comma 85, lett. p ), n. 5), della legge delega n. 103 del 2017, a cui ha dato invece specifica attuazione, innalzando i limiti di pena per i quali è possibile l'applicazione delle misure in esame e ampliando così per i minorenni le possibilità di accesso all'esecuzione extramuraria; né realizza un "automatismo" in contrasto con il criterio posto dal successivo n. 6), dal momento che i limiti massimi sono correlati alla durata della pena residua ancora da espiare e non sono disgiunti da una valutazione giudiziale del percorso rieducativo compiuto dal minore. Inoltre, la scelta di inibire (temporaneamente) la concessione delle due misure penali di comunità per coloro che devono espiare pene particolarmente elevate è frutto di una ponderazione non irragionevole degli interessi coinvolti, che non contrasta con le esigenze di individualizzazione del trattamento minorile, derivanti dai principi costituzionali di protezione dell'infanzia e della gioventù. Nondimeno, ai medesimi fini, assetti più flessibili e attributivi di maggiori spazi per una valutazione giudiziale risulterebbero particolarmente appropriati e auspicabili.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 4, comma 1
  • decreto legislativo-Art. 6, comma 1

Parametri costituzionali

Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.