Articolo 48 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 182/2022Depositata il 21/07/2022
In un contesto connotato dall'evocazione di parametri eterogenei, quando essi vengono richiamati in una generica deduzione d'insieme senza venire adeguatamente esaminati, il giudice a quo non assolve l'onere di motivazione su di esso incombente in ordine alla non manifesta infondatezza del dubbio di incostituzionalità prospettato in riferimento ai suddetti parametri, in quanto non basta l'indicazione delle norme da raffrontare per valutare la compatibilità dell'una rispetto al contenuto precettivo dell'altra, ma è necessario motivare il giudizio negativo in tal senso e, se del caso, illustrare i passaggi interpretativi operati al fine di enucleare i rispettivi contenuti di normazione. ( Precedenti: S. 115/2020 - mass. 43525; S. 212/2018 - mass. 40843 ). Il riferimento alla retroattività per una normativa destinata a operare solo per il futuro non rende incerta la motivazione, quando essa è calibrata sulla modifica peggiorativa del rapporto, secondo il meccanismo della c.d. retroattività impropria. ( Precedente: S. 234/2020 - mass . 43227 ). L'incompleta ricostruzione della cornice normativa è fonte di inammissibilità ove comprometta irrimediabilmente le valutazioni del rimettente sulla rilevanza o sulla non manifesta infondatezza, cosa che però non si verifica quando, ad esempio, la motivazione non è incentrata specificamente su uno dei profili meno argomentato. ( Precedenti: n. 136/2022 - mass. 44792; S. 151/2021 - mass . 44080; S. 61/2021 - mass. 43764; S. 264/2020 - mass. 43268; O. 147/2020 - mass. 43522 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili, per carenza di argomentazioni, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 2 del 2015, sollevate dal Tribunale di Trieste in riferimento agli artt. 2, 10, 11, 23, 42, 48, 51, 67 - questi ultimi tre parametri evocati a fondamento del principio di tutela del legittimo affidamento - 97 e 117, primo comma, Cost. - quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU; agli artt. 21 e 25 CDFUE; agli artt. 10, 20 e 157 TFUE, nonché all'art. 2015 del Pilastro europeo dei diritti sociali. Gli indicati parametri vengono meramente enunciati senza specificazione delle ragioni per le quali la normativa denunciata li violerebbe. In particolare, quanto alla dedotta violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, il giudice a quo evoca, oltre a esso, un'ampia pluralità di parametri - artt. 2, 23, 42, 48, 51, 67 e 97 Cost. -, senza che a ciò si accompagni la spiegazione circa la riconducibilità agli stessi di tale principio e quindi sia motivato il vulnus che l'asserito pregiudizio all'affidamento ne determini; quanto alla lamentata violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 6 CEDU, manca una puntuale considerazione sulle specifiche ragioni di contrasto da parte del rimettente, il quale non espone i motivi di violazione né dà contezza alcuna dell'esistenza di specifiche interpretazioni nel senso auspicato da parte della Corte di Strasburgo dell'evocato principio della CEDU; quanto, infine, al le questioni sollevate in riferimento agli artt. 10 e 11 Cost., i parametri sono indicati nel corpo dell'ordinanza, senza che la loro dedotta violazione goda di alcun conforto motivazionale).
Norme citate
- legge Regione autonoma Friuli Venezia Giulia-Art. 3
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 10
- Costituzione-Art. 11
- Costituzione-Art. 23
- Costituzione-Art. 42
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 51
- Costituzione-Art. 67
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 6
- carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea di Nizza-Art. 21
- carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea di Nizza-Art. 25
- Trattato sul funzionamento dell'Unione europea-Art. 10
- Trattato sul funzionamento dell'Unione europea-Art. 20
- Trattato sul funzionamento dell'Unione europea-Art. 157
- -Art. 2015
Pronuncia 182/2022Depositata il 21/07/2022
Con riferimento ai rapporti di durata, e alle modificazioni peggiorative che su di essi incidono secondo il meccanismo della c.d. retroattività impropria, il legislatore dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorché l'oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti; ciò a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non trasmodi in un regolamento irrazionalmente lesivo del legittimo affidamento dei cittadini. Onde valutare il requisito della "giustificazione sul piano della ragionevolezza" occorre prendere le mosse dalle ragioni che hanno condotto il legislatore regionale all'adozione delle disposizioni censurate. ( Precedenti: S. 136/2022 - mass. 44799; S. 234/2020 - mass. 43234; S. 236/2017 - mass. 42146 ). Anche il legittimo affidamento è soggetto al normale bilanciamento proprio di tutti i principi e diritti costituzionali. ( Precedenti: S. 136/2022 - mass. 44799; S. 241/2019 - mass. 41717 ). L'esigenza di ripristinare criteri di equità e di ragionevolezza e di rimuovere le sperequazioni e le incongruenze, insite in un trattamento di favore, è da ritenersi preponderante rispetto alla tutela dell'affidamento. ( Precedente: S. 136/2022 - mass. 44799 ). Ogni intervento del legislatore deve essere scrutinato nella sua singolarità e in relazione al quadro storico in cui si inserisce. ( Precedente: S. 234/2020 - mass. 43231 ). L'effettività delle condizioni di crisi di un sistema previdenziale consente di salvaguardare anche il principio dell'affidamento, nella misura in cui il prelievo non risulti sganciato dalla realtà economico-sociale, di cui i pensionati stessi sono partecipi e consapevoli. ( Precedente: S. 173/2016 - mass . 38978 ). In tema di trattamenti vitalizi dei consiglieri regionali, va considerato idoneo, sul piano della ragionevole giustificazione, l'intento di contenimento della spesa e quello di sostenibilità del regime dei predetti trattamenti, che risponde a esigenze di sobrietà da assecondare attraverso il ridimensionamento di trattamenti retti da un regime connotato da indici di particolare favore quanto: a età e contribuzione minima necessaria per maturare il diritto all'assegno; ad ammontare della contribuzione gravante sul consigliere in rapporto alla sua misura; alla possibilità di cumularlo con altro trattamento vitalizio (in tutto o in parte) e di quiescenza altrimenti maturato, in passato anche in virtù di contribuzioni figurative. ( Precedente: S. 136/2022 - mass. 44799 ). La corresponsione di una indennità per i consiglieri regionali si giustifica perché - in un regime democratico a larga base popolare e nell'ambito del quale il potere non è riservato ai ceti che si trovino in condizioni economiche di vantaggio - il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha l'obbligo di porre in essere tutte quelle condizioni che appaiono indispensabili per consentire anche ai non abbienti l'accesso alle cariche pubbliche e l'esercizio delle funzioni a queste connesse, in attuazione dei principi ricavabili dagli artt. 3, secondo comma, e 69 Cost. ( Precedenti: S. 454/1997 - mass. 23705; S. 24/1968 - mass. 2783 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 2 del 2015, sollevate dal Tribunale di Trieste, in riferimento agli artt. 3, 48, 51, 53, 64, 66, 67, 68 e 69 Cost., che prevedono la riduzione dell'assegno vitalizio e la sua quota di reversibilità secondo le percentuali progressive dalle allegate Tabelle A e B, stabilendo comunque che l'importo non possa essere comunque inferiore a 1.500 euro mensili lordi. L'iniziativa legislativa censurata è motivata da finalità di contenimento dei costi, a sua volta supportata da esigenze di sostenibilità del sistema dei vitalizi e di coordinamento interregionale, nonché da ragioni di equità a fronte di un trattamento normativo vantaggioso. Né essa trasmoda in una disciplina lesiva del legittimo affidamento. Né, nel caso in esame, si rinvengono i tratti distintivi della fattispecie tributaria. La scelta legislativa di incidere pro futuro sull'ammontare dell'assegno vitalizio corrisposto agli ex consiglieri regionali e ai loro superstiti, infatti, non si atteggia come prelievo a loro carico, in ragione dell'indice di capacità contributiva espresso da tale trattamento, bensì quale misura di razionalizzazione della spesa previdenziale e di complessivo riequilibrio del sistema, così da sottrarla alla logica che permea l'imposizione tributaria, la quale postula il ricorrere di una disciplina legale finalizzata in via prevalente a provocare una decurtazione patrimoniale del soggetto passivo svincolata da ogni modificazione del rapporto sinallagmatico. Quanto all'asserito pregiudizio dell'accesso alle cariche di rappresentanza democratica e di garanzia d'indipendenza, a presidio dei principi di libertà di scelta dei propri rappresentanti da parte degli elettori, di accesso alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, di libero esercizio delle funzioni di consigliere regionale, va ribadita la posizione peculiare del Parlamento nazionale sui Consigli regionali. Né, infine, si può ritenere che, nella fattispecie, la discrezionalità del legislatore, anche regionale, circa la compiuta disciplina delle implicazioni d'ordine economico connesse all'attività pubblica svolta sia stata esercitata in maniera manifestamente irragionevole o arbitraria. ( Precedenti: S. 263/2020 - mass. 43283; S. 240/2019 - mass. 41641; S. 289/1994 - mass. 20939 ).
Norme citate
- legge Regione autonoma Friuli Venezia Giulia-Art. 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 56/2022Depositata il 08/03/2022
Le misure previste nel d.lgs. n. 235 del 2012 (c.d. "Legge Severino"), in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, così come quelle antecedentemente già previste dalla legge n. 55 del 1990 e dalla legge n. 16 del 1992, non costituiscono sanzioni o effetti penali della condanna, ma sono piuttosto da ricollegare al venir meno di un requisito soggettivo per l'accesso alle cariche in questione o per il loro mantenimento. Ciò a tutela degli interessi costituzionali protetti dagli artt. 54, secondo comma, e 97, secondo comma, Cost., da bilanciare con quelli sottesi agli artt. 48 e 51 Cost. ( Precedenti: S. 230/2021 - mass. 44404; S. 35/2021- mass. 43709; S. 36/2019 - mass. 41664; S. 214/2017 - mass. 39492; S. 276/2016 - mass. 39476; S. 236/2015 - mass. 38615; S. 25/2002 - mass. 26763; S. 132/2001 - mass. 26201; S. 206/1999; S. 141/1996 - mass. 22377; S. 295/1994 - mass. 20718; S. 184/1994 - mass. 20662; S. 118/1994 - mass. 20510; S. 407/1992 - mass. 18908; O. 46/2020 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 51
Pronuncia 240/2021Depositata il 07/12/2021
Sono dichiarate inammissibili, per incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento e richiesta di pronuncia manipolativa implicante scelte discrezionali riservate al legislatore, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di Catania in riferimento, complessivamente, agli artt. 1, 2, 3 e 48, 5, 97 e 114 Cost. - degli artt. 13, comma 1, e 14 della legge reg. Siciliana n. 15 del 2015, come rispettivamente sostituiti dall'art. 4, commi 1 e 2, della legge reg. Siciliana n. 23 del 2018, e dell'art. 1, comma 19, della legge n. 56 del 2014 che prevedono un meccanismo di identificazione ratione officii tra il sindaco del Comune capoluogo e il sindaco della Città metropolitana. Gli esiti auspicati dall'ordinanza di rimessione - l'elezione diretta del sindaco metropolitano ad opera di tutti i cittadini residenti nel territorio della Città metropolitana e l'estensione alle Città metropolitane del sistema di elezione indiretta del presidente della Provincia - richiedono un intervento manipolativo precluso alla Corte costituzionale, conseguibile solo per effetto di una riforma di sistema rimessa alla discrezionalità del legislatore. Va tuttavia sollecitato un intervento legislativo in grado di scongiurare che il funzionamento dell'ente metropolitano si svolga ancora a lungo in una condizione di non conformità ai canoni costituzionali di esercizio dell'attività politico-amministrativa. ( Precedenti: S. 146/2021 - mass. 44059; S. 103/2021 - mass. 43908; S. 250/2018 - mass. 40627; S. 168/2018; S. 193/2015; S. 257/2010 - mass. 34853; S. 107/1996 ).
Norme citate
- legge della Regione siciliana-Art. 13, comma 1
- legge della Regione siciliana-Art. 4, comma 1
- legge della Regione siciliana-Art. 14
- legge della Regione siciliana-Art. 4, comma 2
- legge-Art. 1, comma 19
Parametri costituzionali
Pronuncia 230/2021Depositata il 02/12/2021
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Genova, in riferimento agli artt. 24 e 113 Cost., e dal Tribunale di Catania, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 27, secondo comma, 48, primo e secondo comma, 51, primo comma, e 97, secondo comma, Cost., dell'art. 11, commi 1, lett. a) , e 4, del d.lgs. n. 235 del 2012, che prevede la sospensione di diritto, nella misura fissa di 18 mesi, dalle cariche elettive presso gli enti locali per coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per taluni delitti. L'automatica sospensione dalle cariche elettive in caso di condanna non definitiva per determinati reati - che non ha natura sanzionatoria, essendo priva dei tratti funzionali tipici della pena - non preclude la possibilità di far valere in giudizio il diritto di difesa entro i limiti del diritto sostanziale. Né si può negare al legislatore, nell'esercizio di una non irragionevole discrezionalità, la facoltà di effettuare il necessario bilanciamento degli interessi coinvolti, identificando ipotesi circoscritte nelle quali sono apprezzati in via generale ed astratta l'esigenza cautelare su cui si basa la sospensione nonché l'ambito di applicazione della misura cautelare, in relazione ai soggetti e al nesso tra la citata condanna e le funzioni elettive svolte. ( Precedenti: S. 36/2019 - mass. 41664; S. 133/2019 - mass. 42494; S. 98/2019 - mass. 42561; S. 276/2016 - mass. 39482; S. 121/2016 - mass. 38884; S. 236/2015 - mass. 38615; S. 25/2002 - mass. 26763; S. 206/1999 - mass. 24923; S. 420/1998 - mass. 24301; S. 178/1975 - mass. 7944; O. 141/1990 - mass. 15203 ).
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 11, comma 1
- decreto legislativo-Art. 11, comma 4
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 51
- Costituzione-Art. 113
- Costituzione-Art. 97
Pronuncia 48/2021Depositata il 26/03/2021
Sono dichiarate inammissibili, per carente motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, 51, primo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 3 Prot. add. CEDU dell'art. 18- bis , comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957, che stabilisce i soggetti esonerati dall'onere di raccogliere il numero minimo di sottoscrizioni da raccogliere per presentarsi alle elezioni per la Camera dei deputati, includendovi i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere, anziché i partiti o i gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere all'inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi elettorali. Nel caso di specie, i ricorrenti nel giudizio principale, nel momento in cui le censure vengono sollevate, sono direttamente soggetti al comma 1 del citato art. 18- bis (che stabilisce il numero delle sottoscrizioni da raccogliere), mentre non sono annoverabili - se non indirettamente - fra i destinatari del successivo comma 2. Il rimettente, inoltre, se non spiega le ragioni per cui - in "entrata", cioè al momento in cui le questioni vengono sollevate - la disposizione ora in esame sia applicabile ai ricorrenti, nulla dice nemmeno sulle ragioni per cui l'intervento sostitutivo richiesto garantirebbe ai ricorrenti - in "uscita", cioè dopo l'eventuale pronuncia di accoglimento - la ricercata "pienezza" del diritto di elettorato passivo: ciò che risulta anche contraddittorio rispetto alla natura stessa del giudizio da questi promosso, con conseguente e ulteriore insufficiente motivazione sull'interesse ad agire nel giudizio principale. Secondo la giurisprudenza costituzionale, il presupposto della rilevanza non si identifica necessariamente con l'utilità concreta di cui le parti in causa potrebbero beneficiare a seguito della decisione di accoglimento. ( Precedenti citati: sentenze n. 254 del 2020, n. 253 del 2019, n. 174 del 2019 e n. 20 del 2018 ). Non appartiene alla logica del giudizio incidentale di legittimità costituzionale la possibilità di sottoporre a censura disposizioni che compongono il contesto normativo in cui è collocata quella direttamente applicabile alla controversia.
Norme citate
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 18 BIS, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 51
- Costituzione-Art. 117
- Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3
- Costituzione-Art. 1
Pronuncia 48/2021Depositata il 26/03/2021
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 18- bis , comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957, sollevate dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, 51, primo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 3 Prot. addiz. CEDU, nella parte in cui prevede, per la dichiarazione di presentazione delle liste di candidati per l'attribuzione dei seggi nel collegio plurinominale, la sottoscrizione di almeno 1.500 elettori (la metà in caso di scioglimento anticipato superiore ai centoventi giorni rispetto alla scadenza naturale delle Camere), anziché di tali numeri ridotti a un quarto. La pur analitica indagine comparativa del rimettente tra le varie normative succedutisi in materia non consente di dimostrare che la disciplina vigente sia la più restrittiva per i soggetti non esonerati dall'obbligo di raccolta delle sottoscrizioni, giungendo oltretutto a superare la soglia della irragionevolezza manifesta, considerando anche le numerose variabili da considerare, ciò che rende non solo incerto, ma anche fallace il confronto fra discipline lontane nel tempo e nell'ispirazione; nonché tenendo conto dell'ampia discrezionalità attribuita al legislatore in materia elettorale, in considerazione dell'interesse costituzionale al regolare svolgimento delle competizioni elettorali assicurato dalla disciplina in esame. Caduta questa censura, seguono la medesima sorte quelle proposte per asserita lesione del libero esercizio del diritto di voto e del principio democratico di rappresentatività popolare, tutte dipendenti dalla prima. Infine, non sussiste nemmeno la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 3 Prot. addiz. CEDU, poiché la Corte EDU muove dal dichiarato presupposto che al legislatore nazionale deve essere riconosciuto il potere di disciplinare il diritto di presentarsi alle elezioni, circondandolo di cautele rigorose, anche più stringenti di quelle predisposte per il diritto di elettorato attivo, purché tali restrizioni perseguano un fine legittimo, compatibile con il principio del primato della legge e con gli obbiettivi generali della Convenzione. ( Precedente citato: sentenza n. 35 del 2021 ). L'onere della raccolta di un numero minimo di sottoscrizioni per la presentazione delle liste di candidati è finalizzato alla genuinità della competizione elettorale e alla serietà delle candidature, il cui bene finale tutelato è intimamente connesso al principio democratico della rappresentatività popolare: trattandosi di assicurare il regolare svolgimento delle operazioni elettorali ed il libero ed efficace esercizio del diritto di voto. ( Precedenti citati: sentenze n. 394 del 2006, n. 84 del 1997, n. 83 del 1992 e n. 45 del 1967 ).
Norme citate
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 18 BIS, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 1
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 51
- Costituzione-Art. 117
- Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3
Pronuncia 198/2020Depositata il 13/08/2020
È manifestamente inammissibile, per difetto di piena corrispondenza con la delibera di autorizzazione a proporre ricorso della Giunta regionale, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Regione Basilicata a seguito dell'approvazione, con delibera legislativa dell'8 ottobre 2019, della legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari, dell'inserimento dell'art. 1- bis , comma 3, nel testo del d.l. n. 26 del 2020 (che prevede la fissazione della data per la celebrazione del relativo referendum confermativo contestualmente a quella per le elezioni in alcune Regioni e per elezioni amministrative, nel c.d. election day ), nonché dell'emanazione del d.P.R. 17 luglio 2020 (di indizione del citato referendum ), con riferimento a tale decreto presidenziale e alle connesse censure relative alla fissazione della data per la celebrazione del referendum contestualmente a quella per le indicate elezioni. La delibera della Giunta regionale è, infatti, testualmente e inequivocabilmente limitata solo alla impugnativa della delibera legislativa dell'8 ottobre 2019.
Parametri costituzionali
Pronuncia 198/2020Depositata il 13/08/2020
È dichiarato inammissibile, per carenza del requisito soggettivo previsto dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Regione Basilicata, per violazione degli artt. 3, 6, 48, 51, 57, commi primo e terzo, 131 e 114, Cost. e la «compressione e invasione dei poteri di rappresentatività parlamentare attribuiti dalla Costituzione alla Regione Basilicata», nonché la violazione degli artt. 72, commi primo e quarto, 77, secondo comma, 138 e 139, Cost., nei confronti del Consiglio dei ministri, del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Ministri dell'interno e della giustizia, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, nonché della Regione autonoma Trentino Alto-Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in seguito all'approvazione in data 8 ottobre 2019 da parte del Parlamento della legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari. Né la Regione né singoli organi di essa possono essere considerati "poteri dello Stato" ai quali sia riconoscibile la legittimazione passiva: anche quando esercita poteri rientranti nello svolgimento di attribuzioni determinanti la propria sfera di autonomia costituzionale o di funzioni ad essa delegate, la Regione, infatti, non agisce come soggetto appartenente al complesso di autorità costituenti lo Stato, nell'accezione propria dell'art. 134 Cost. Né il ricorso per conflitto tra poteri dello Stato potrebbe convertirsi in ricorso per conflitto di attribuzione tra la Regione e lo Stato, perché palese, al di là di ogni altro profilo, l'intervenuto decorso del prescritto termine di decadenza di sessanta giorni. ( Precedenti citati: ordinanze n. 479 del 2005, n. 82 del 1978, n. 10 del 1967 nonché ordinanza 24 maggio 1990, senza numero ). La Corte costituzionale è chiamata, nella fase del giudizio sull'ammissibilità di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, a stabilire in camera di consiglio, senza contraddittorio, se concorrano i requisiti di ordine soggettivo e oggettivo prescritti dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, e cioè se il conflitto risulti essere insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere a cui appartengono e sia diretto a delimitare la sfera di attribuzioni dei poteri interessati, determinata da norme costituzionali. ( Precedente citato: ordinanza n. 256 del 2016 ). Sotto il profilo soggettivo, la nozione di "potere dello Stato", ai fini della legittimazione a sollevare conflitto di attribuzione ( ex art. 37 della legge n. 87 del 1953), abbraccia tutti gli organi ai quali sia riconosciuta e garantita dalla Costituzione una quota di attribuzioni costituzionali o sia affidata una pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita. ( Precedenti citati: ordinanze n. 17 del 2019, n. 88 del 2012, n. 87 del 2012 e n. 17 del 1978 ). Secondo la Corte costituzionale, deve negarsi in radice che gli enti territoriali possano qualificarsi come "potere dello Stato" nell'accezione propria dell'art. 134 Cost., essendo essi distinti dallo Stato, pur concorrendo tutti a formare la Repubblica nella declinazione risultante dall'art. 114, primo comma, Cost. ( Precedenti citati: ordinanze n. 11 del 2011, n. 264 del 2010, n. 84 del 2009 e n. 479 del 2005 ).
Pronuncia 196/2020Depositata il 13/08/2020
È dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso, in riferimento agli artt. 3, 48 e 49 Cost. e in relazione all'art. 3 Prot. addiz. CEDU, dall'Associazione "+Europa" nei confronti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, in relazione all'art. 1- bis , comma 5, del d.l. n. 26 del 2020, conv., con modif., nella legge n. 59 del 2020, che, in considerazione della situazione epidemiologica derivante dalla diffusione del COVID-19, riduce ad un terzo il numero minimo di sottoscrizioni richiesto per la presentazione delle liste e delle candidature alle elezioni delle Regioni a statuto ordinario dell'anno 2020. Il ricorrente è privo di legittimazione soggettiva, poiché ai partiti politici va negata la natura di potere dello Stato ai fini dell'art. 134 Cost. Secondo la giurisprudenza costituzionale, i partiti politici vanno considerati come organizzazioni proprie della società civile, alle quali sono attribuite dalle leggi ordinarie talune funzioni pubbliche, e non come poteri dello Stato ai fini dell'art. 134 Cost. Pertanto, ai partiti politici non è possibile riconoscere la natura di organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà di un potere dello Stato per la delimitazione di una sfera di attribuzioni determinata da norme costituzionali. Né l'indubbia funzione di rappresentanza di interessi politicamente organizzati, svolta dai partiti politici, consente di riconoscere la legittimazione di questi ultimi quali poteri dello Stato. ( Precedenti citati: sentenza n. 1 del 2014; ordinanze n. 120 del 2009 e n. 79 del 2006 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 49
- Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.