Articolo 53 - COSTITUZIONE

Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva. Il sistema tributario e' informato a criteri di progressivita'.
Caricamento annuncio...

Massime della Corte Costituzionale

Trovate 10 massime

Pronuncia 257/2022Depositata il 20/12/2022

Giudizio costituzionale in via incidentale - Prospettazione della questione - Incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento - Riverbero sul profilo della rilevanza e su quello della non manifesta infondatezza - Inammissibilità delle questioni (nel caso di specie: inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale della norma che, con riguardo al trattamento fiscale delle prestazioni pensionistiche complementari corrisposte ai dipendenti pubblici, non prevede l'applicazione della stessa tassazione agevolata prevista per quelli privati). (Classif. 112003).

L'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento può compromettere irrimediabilmente l'iter logico argomentativo posto a fondamento delle valutazioni del rimettente sia sul profilo della rilevanza, sia su quello della non manifesta infondatezza, con conseguente inammissibilità delle questioni sollevate. ( Precedenti: S. 61/2021 - mass. 43765; S. 15/2021- mass. 43572; S. 264/2020 - mass. 43269; S. 150/2019 - mass. 41415; O. 147/2020 - mass. 43522; O. 108/2020 - mass. 43446 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili - per incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento - le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla CTP di Latina in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., dell'art. 23, comma 6, d.lgs. n. 252 del 2005, nella parte in cui, con riguardo al trattamento fiscale delle prestazioni pensionistiche complementari corrisposte ai dipendenti pubblici, non prevede l'applicazione della stessa tassazione agevolata prevista per quelli privati. Il fondo di previdenza al quale il ricorrente nel giudizio a quo ha aderito è preesistente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993 - che ha introdotto una disciplina organica del sistema della previdenza complementare - e, pertanto, la vicenda all'esame del rimettente rientra nella portata applicativa dell'art. 23, comma 7, lett. b ), del d.lgs. n. 252 del 2005, che stabilisce uno speciale regime fiscale transitorio per la categoria dei lavoratori c.d. "vecchi iscritti" ai "vecchi fondi". Il giudice a quo , invece, ha incentrato la sua attenzione sulla previsione di carattere generale di cui all'art. 23, comma 6, del d.lgs. n. 252 del 2005 che, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, prevede l'ultrattività della normativa previgente, precludendo l'applicazione del regime agevolato di tassazione delle prestazioni introdotto dall'art. 11, comma 6, dello stesso decreto per i lavoratori privati).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 23, comma 6

Parametri costituzionali

Pronuncia 237/2022Depositata il 28/11/2022

Pensioni - In genere - Assegni vitalizi - Assegni vitalizi (ora pensioni) degli ex parlamentari - Soppressione dei regimi fiscali particolari - Espressa indicazione che ad essi si applichino i principi generali in materia previdenziale - Omessa previsione - Denunciata disparità di trattamento, violazione del legittimo affidamento e del principio, anche convenzionale, della riserva di legge, e di quelli di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza della retribuzione, della capacità contributiva, nonché della garanzia previdenziale - Difetto di rilevanza - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 176001).

Sono dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di garanzia del Senato della Repubblica in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 38, 53, 67, 69 e 117, primo comma, Cost., dell'art. 26, comma 1, lett. b ), della legge n. 724 del 1994, nella parte in cui, nel sopprimere qualsiasi regime fiscale particolare per gli assegni vitalizi (ora pensioni) degli ex parlamentari, non prevede altresì che queste prestazioni vanno disciplinate nel rispetto dei principi generali in materia previdenziale. Il rimettente non esplicita adeguatamente le ragioni della rilevanza della censurata disposizione ai fini della decisione della controversia al suo esame. Egli infatti si limita alla tautologica affermazione secondo la quale l'omessa previsione, nella disposizione in scrutinio, della soggezione della disciplina dei vitalizi ai principi generali dell'ordinamento previdenziale assumerebbe rilevanza ai fini dell'esame di un punto controverso e fondamentale del giudizio. Non vengono, tuttavia, chiarite le ragioni per le quali la omissione riscontrata nella legge n. 724 del 1994 costituirebbe un ostacolo alla decisione della controversia all'esame, che investe una disposizione che concerne il solo trattamento fiscale dell'istituto in scrutinio. La individuazione di tale disciplina quale sedes materiae nella quale innestare l'auspicata pronuncia additiva avrebbe richiesto un supporto argomentativo idoneo ad esplicitare le ragioni per le quali l'addizione invocata sarebbe da collocarsi proprio in siffatto settoriale contesto normativo. Un ulteriore profilo di inammissibilità della questione attiene alla contraddittorietà logico-argomentativa in cui incorre il giudice a quo , posto che, dopo aver ritenuto detti principi immanenti nel sistema e vincolanti, al punto di utilizzarli quali parametro per l'annullamento di una parte della delibera, ne rileva il mancato richiamo in una disposizione legislativa che ha ad oggetto non già la disciplina generale dell'istituto di cui si tratta, ma solo la regolazione di un aspetto del tutto particolare. ( Precedenti: S. 109/2022 - mass. 44930; S. 52/2022 - mass. 44536; S. 289/1994 - mass. 20940 ).

Norme citate

  • legge-Art. 26, comma 1

Pronuncia 237/2022Depositata il 28/11/2022

Pensioni - In genere - Assegni vitalizi - Assegni vitalizi (ora pensioni) degli ex parlamentari - Soppressione dei regimi fiscali particolari - Rideterminazione mediante calcolo contributivo con deliberazione di organo interno del Senato - Denunciata disparità di trattamento, violazione del legittimo affidamento e del principio, anche convenzionale, della riserva di legge, e di quelli di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza della retribuzione, della capacità contributiva, nonché della garanzia previdenziale - Insindacabilità dei regolamenti c.d. minori - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 176001).

Sono dichiarate inammissibili - in quanto le relative censure investono un atto normativo che non è compreso tra le fonti soggette al giudizio di legittimità costituzionale - le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di garanzia del Senato in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 38, 53, 67, 69 e 117, primo comma, Cost., dell'art. 1, comma 1, della delib. del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica n. 6 del 2018, che disciplina i vitalizi riconosciuti agli ex parlamentari. Tale normativa - omologa a quella introdotta dall'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati con delib. n. 14 del 2018 - ha significativamente innovato la disciplina dell'assegno vitalizio, delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata , nonché dei trattamenti di reversibilità, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011, uniformandola al regime previdenziale, basato sul metodo contributivo, vigente nell'ordinamento generale, al termine di una evoluzione normativa che - fatta eccezione per la disciplina fiscale, di rango legislativo - ha sempre trovato il suo assetto in regolamenti degli organi di vertice amministrativo delle Camere. In particolare, la determinazione in scrutinio, adottata dall'organo di vertice dell'amministrazione del Senato, si inscrive nel novero dei regolamenti parlamentari c.d. "minori" o "derivati", che rinvengono il proprio fondamento e la propria fonte di legittimazione in quelli c.d. "maggiori" o "generali". Sebbene l'opzione per la fonte legislativa - espressamente operata, con riguardo alla indennità, dall'art. 69 Cost. - garantirebbe in più la scrutinabilità dell'atto normativo davanti alla Corte costituzionale e assicurerebbe un'auspicabile omogeneità della disciplina concernente lo status di parlamentare - in quanto la disciplina del vitalizio, investendo una componente essenziale del trattamento economico del parlamentare, contribuisce ad assicurare a tutti i cittadini uguale diritto di accesso alla relativa funzione, scongiurando il rischio che lo svolgimento del munus parlamentare possa rimanere sprovvisto di adeguata protezione previdenziale -, anche i regolamenti parlamentari minori costituiscono una manifestazione della potestà normativa che la Costituzione riconosce alle Camere a presidio della loro indipendenza e, perciò, per il libero ed efficiente svolgimento delle proprie funzioni. Essi contribuiscono, come tali, a delineare lo statuto di garanzia delle Assemblee parlamentari, quale definito e delimitato dagli artt. 64 e 72 Cost., ossia dalle norme che segnano l'ambito di competenza riservato avente ad oggetto l'organizzazione interna e, rispettivamente, la disciplina del procedimento legislativo per la parte non direttamente regolata dalla Costituzione. Spetta, pertanto, agli organi dell'autodichia il giudizio - che si svolge secondo moduli procedimentali di natura sostanzialmente giurisdizionale, idonei a garantire il diritto di difesa e un effettivo contraddittorio - sulla legittimità della deliberazione censurata. ( Precedenti: S. 262/2017 - mass. 40991; S. 120/2014 - mass. 37920; S. 379/1996 - mass. 22938; S. 154/1985 - mass. 10917 ).

Norme citate

  • deliberazione del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica-Art. 1, comma 1

Pronuncia 209/2022Depositata il 13/10/2022

Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Esenzione per l'abitazione principale - Definizione di "abitazione principale", ai fini dell'agevolazione - Possibilità di considerare tale, come avviene per le c.d. coppie di fatto, anche l'abitazione in cui dimori abitualmente e risieda anagraficamente il solo possessore, mentre il resto del nucleo familiare risieda e dimori in altra abitazione, anche sita in un diverso comune - Esclusione - Violazione dei principi di uguaglianza, di sostegno alla famiglia e di capacità contributiva - Illegittimità costituzionale in parte qua. (Classif. 255017).

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 31 e 53 Cost., l'art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b ), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui stabilisce: «[p]er abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», anziché disporre: «[p]er abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente». La norma, censurata dalla Corte costituzionale con ordinanza di autorimessione, contrasta con il principio di eguaglianza, nella parte in cui - nel definire l'abitazione principale ai fini dell'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) - introduce il riferimento al nucleo familiare, determinando così una irragionevole discriminazione tra le persone unite in matrimonio o unione civile e i singoli o conviventi: sino a che non avviene la costituzione del detto nucleo, infatti, ciascun possessore di immobile che vi risieda anagraficamente e dimori abitualmente può fruire della detta esenzione - anche se unito in una convivenza di fatto, e avendo i partner il diritto a una doppia esenzione - mentre il matrimonio o l'unione civile determinano l'effetto di precludere tale ultima possibilità, nonché, secondo il diritto vivente, ogni esenzione per i coniugi che abbiano stabilito la residenza anagrafica in abitazioni site in comuni diversi. Né può rilevare una giustificazione in termini antielusivi della norma, in ragione del rischio che le «seconde case» vengano iscritte come abitazioni principali, disponendo i comuni di efficaci strumenti per controllare la veridicità delle dichiarazioni sull'esistenza della dimora abituale. Il previsto collegamento tra abitazione principale e nucleo familiare - che ha condotto il diritto vivente a riconoscere il diritto all'esenzione in esame soltanto nel caso di disgregazione di tale nucleo, ossia di frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi - contrasta anche con l'art. 31 Cost. Risulta violato, infine, anche l'art. 53 Cost., dal momento che la rilevanza, nell'articolazione normativa dell'IMU, di elementi come le relazioni del soggetto con il nucleo familiare e, dunque, dello status personale del contribuente, non appare coerente con la sua natura di imposta reale, salva in via di eccezione, una ragionevole giustificazione, che nel caso non sussiste. ( Precedente: O. 94/22 - mass. 44706 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 13, comma 2
  • legge-Art.
  • legge-Art. 1, comma 707

Parametri costituzionali

Pronuncia 209/2022Depositata il 13/10/2022

Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Esenzione per l'abitazione principale - Abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune - Esclusione dall'esenzione - Denunciata irragionevole disparità di trattamento, nonché violazione della parità dei diritti dei lavoratori e dei contribuenti nonché dei principi di capacità contributiva, di tutela della famiglia e del risparmio - Intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua della norma censurata - Conseguente sopravvenuta carenza di oggetto - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 255017).

Sono dichiarate inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla CTP di Napoli in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost. - dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b ), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) per l'abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune. Dichiarata l'illegittimità costituzionale del quarto periodo del medesimo art. 13, comma 2 - anche il quinto periodo censurato è stato dichiarato, con la medesima sentenza, costituzionalmente illegittimo in via consequenziale. ( Precedenti: O. 102/2022 - mass. 44906; O. 206/2021 - mass. 44207; O. 93/2021 - mass. 43872; O. 125/2020 - mass. 42579; O. 105/2020 - mass. 43436; O. 71/2017 - mass. 39403 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 13, comma 2
  • legge-Art.
  • legge-Art. 1, comma 707

Pronuncia 196/2022Depositata il 26/07/2022

Tributi - Imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) - Redditi fondiari - Contratti di locazione di immobili ad uso abitativo - Canoni non percepiti - Concorso alla formazione del reddito complessivo - Casi di deroga - Estensione a quelli in cui il contribuente non riscuota il canone/reddito e ve ne sia dimostrazione in sede giudiziaria - Omessa previsione - Denunciata disparità di trattamento e violazione del principio di capacità contributiva - Difetto di motivazione sulla rilevanza - Inammissibilità della questione. (Classif. 255023).

È dichiarata inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dalla CTR Toscana in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, Cost. - dell'art. 26, comma 1, seconda parte, del d.P.R. n. 917 del 1986, nella formulazione introdotta dall'art. 8, comma 5, della legge n. 431 del 1998, nella parte in cui consente - per i contratti di locazione ad uso abitativo - che i canoni non percepiti non concorrano alla formazione del reddito complessivo solo in caso di conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore, e non anche nelle altre ipotesi in cui il contribuente non riscuota il canone/reddito e ve ne sia dimostrazione in sede giudiziaria. Il rimettente - pur ambendo all'estensione del detto regime, che deroga al principio per cui i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo indipendentemente dalla loro percezione - non offre elementi sufficienti sulla fattispecie sottoposta al suo esame né risulta pacifico che nel giudizio a quo si tratti di una locazione ad uso diverso dall'abitativo; lo stesso omette, inoltre, di confrontarsi con la limitazione della deroga in parola ai soli contratti di locazione ad uso abitativo, senza considerare l'asimmetria rispetto alla locazione ad uso diverso, che ha caratterizzato lo sviluppo dell'ordinamento.

Norme citate

  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 26, comma 1

Parametri costituzionali

Pronuncia 182/2022Depositata il 21/07/2022

Affidamento nella sicurezza giuridica - In genere - Rapporti di durata (nel caso di specie: assegni vitalizi percepiti dagli ex consiglieri regionali) - Novella legislativa dagli effetti peggiorativi (c.d. retroattività impropria) - Limiti - Necessità di realizzare interventi ragionevoli e non irrazionali - Conseguente legittimità dell'intervento riformatore (nel caso di specie: non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia che riduce gli assegni vitalizi degli ex consiglieri regionali). (Classif. 007001).

Con riferimento ai rapporti di durata, e alle modificazioni peggiorative che su di essi incidono secondo il meccanismo della c.d. retroattività impropria, il legislatore dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorché l'oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti; ciò a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non trasmodi in un regolamento irrazionalmente lesivo del legittimo affidamento dei cittadini. Onde valutare il requisito della "giustificazione sul piano della ragionevolezza" occorre prendere le mosse dalle ragioni che hanno condotto il legislatore regionale all'adozione delle disposizioni censurate. ( Precedenti: S. 136/2022 - mass. 44799; S. 234/2020 - mass. 43234; S. 236/2017 - mass. 42146 ). Anche il legittimo affidamento è soggetto al normale bilanciamento proprio di tutti i principi e diritti costituzionali. ( Precedenti: S. 136/2022 - mass. 44799; S. 241/2019 - mass. 41717 ). L'esigenza di ripristinare criteri di equità e di ragionevolezza e di rimuovere le sperequazioni e le incongruenze, insite in un trattamento di favore, è da ritenersi preponderante rispetto alla tutela dell'affidamento. ( Precedente: S. 136/2022 - mass. 44799 ). Ogni intervento del legislatore deve essere scrutinato nella sua singolarità e in relazione al quadro storico in cui si inserisce. ( Precedente: S. 234/2020 - mass. 43231 ). L'effettività delle condizioni di crisi di un sistema previdenziale consente di salvaguardare anche il principio dell'affidamento, nella misura in cui il prelievo non risulti sganciato dalla realtà economico-sociale, di cui i pensionati stessi sono partecipi e consapevoli. ( Precedente: S. 173/2016 - mass . 38978 ). In tema di trattamenti vitalizi dei consiglieri regionali, va considerato idoneo, sul piano della ragionevole giustificazione, l'intento di contenimento della spesa e quello di sostenibilità del regime dei predetti trattamenti, che risponde a esigenze di sobrietà da assecondare attraverso il ridimensionamento di trattamenti retti da un regime connotato da indici di particolare favore quanto: a età e contribuzione minima necessaria per maturare il diritto all'assegno; ad ammontare della contribuzione gravante sul consigliere in rapporto alla sua misura; alla possibilità di cumularlo con altro trattamento vitalizio (in tutto o in parte) e di quiescenza altrimenti maturato, in passato anche in virtù di contribuzioni figurative. ( Precedente: S. 136/2022 - mass. 44799 ). La corresponsione di una indennità per i consiglieri regionali si giustifica perché - in un regime democratico a larga base popolare e nell'ambito del quale il potere non è riservato ai ceti che si trovino in condizioni economiche di vantaggio - il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha l'obbligo di porre in essere tutte quelle condizioni che appaiono indispensabili per consentire anche ai non abbienti l'accesso alle cariche pubbliche e l'esercizio delle funzioni a queste connesse, in attuazione dei principi ricavabili dagli artt. 3, secondo comma, e 69 Cost. ( Precedenti: S. 454/1997 - mass. 23705; S. 24/1968 - mass. 2783 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 2 del 2015, sollevate dal Tribunale di Trieste, in riferimento agli artt. 3, 48, 51, 53, 64, 66, 67, 68 e 69 Cost., che prevedono la riduzione dell'assegno vitalizio e la sua quota di reversibilità secondo le percentuali progressive dalle allegate Tabelle A e B, stabilendo comunque che l'importo non possa essere comunque inferiore a 1.500 euro mensili lordi. L'iniziativa legislativa censurata è motivata da finalità di contenimento dei costi, a sua volta supportata da esigenze di sostenibilità del sistema dei vitalizi e di coordinamento interregionale, nonché da ragioni di equità a fronte di un trattamento normativo vantaggioso. Né essa trasmoda in una disciplina lesiva del legittimo affidamento. Né, nel caso in esame, si rinvengono i tratti distintivi della fattispecie tributaria. La scelta legislativa di incidere pro futuro sull'ammontare dell'assegno vitalizio corrisposto agli ex consiglieri regionali e ai loro superstiti, infatti, non si atteggia come prelievo a loro carico, in ragione dell'indice di capacità contributiva espresso da tale trattamento, bensì quale misura di razionalizzazione della spesa previdenziale e di complessivo riequilibrio del sistema, così da sottrarla alla logica che permea l'imposizione tributaria, la quale postula il ricorrere di una disciplina legale finalizzata in via prevalente a provocare una decurtazione patrimoniale del soggetto passivo svincolata da ogni modificazione del rapporto sinallagmatico. Quanto all'asserito pregiudizio dell'accesso alle cariche di rappresentanza democratica e di garanzia d'indipendenza, a presidio dei principi di libertà di scelta dei propri rappresentanti da parte degli elettori, di accesso alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, di libero esercizio delle funzioni di consigliere regionale, va ribadita la posizione peculiare del Parlamento nazionale sui Consigli regionali. Né, infine, si può ritenere che, nella fattispecie, la discrezionalità del legislatore, anche regionale, circa la compiuta disciplina delle implicazioni d'ordine economico connesse all'attività pubblica svolta sia stata esercitata in maniera manifestamente irragionevole o arbitraria. ( Precedenti: S. 263/2020 - mass. 43283; S. 240/2019 - mass. 41641; S. 289/1994 - mass. 20939 ).

Norme citate

  • legge Regione autonoma Friuli Venezia Giulia-Art. 3

Pronuncia 172/2022Depositata il 11/07/2022

Previdenza - In genere - Trattamenti pensionistici i cui importi complessivamente considerati superano 100.000 euro lordi annui - Decurtazione percentuale progressiva, per la durata di cinque anni, anziché per tre anni, dell'ammontare lordo annuo - Condizioni - Denunciata irragionevolezza, violazione di principi di affidamento, uguaglianza e adeguatezza del trattamento previdenziale, nonché di capacità contributiva - Intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua della norma censurata - Conseguente sopravvenuta carenza dell'oggetto della censura - Manifesta inammissibilità delle questioni. (Classif. 190001).

Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per sopravvenuta carenza dell'oggetto della censura, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte dei conti, sez. giur. reg. per il Lazio, in riferimento agli artt. 3, 23, 36, 38 e 53 Cost. - dell'art. 1, commi da 261 a 268, della legge n. 145 del 2018, nella parte in cui stabilisce la decurtazione percentuale crescente dei trattamenti pensionistici diretti di importo complessivo superiore a 100.000 euro lordi annui «per la durata di cinque anni», anziché «per la durata di tre anni». La sentenza n. 234 del 2020 ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata in senso conforme al petitum del rimettente. ( Precedenti: S. 234/2020 - mass. 43238; O. 102/2022 - mass. 44906; O. 206/2021 - mass. 44207; O. 93/2021 - mass. 43872; O. 125/2020 - mass. 42579; O. 105/2020 - mass. 43436; O. 71/2017 - mass. 39403 ).

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 261
  • legge-Art. 1, comma 262
  • legge-Art. 1, comma 263
  • legge-Art. 1, comma 264
  • legge-Art. 1, comma 265
  • legge-Art. 1, comma 266
  • legge-Art. 1, comma 267
  • legge-Art. 1, comma 268

Pronuncia 172/2022Depositata il 11/07/2022

Previdenza - In genere - Trattamenti pensionistici i cui importi complessivamente considerati superano 100.000 euro lordi annui - Decurtazione percentuale progressiva, per la durata, a seguito di pronuncia costituzionale, di tre anni, dell'ammontare lordo annuo - Condizioni - Denunciata irragionevolezza, violazione di principi di affidamento, uguaglianza e adeguatezza del trattamento previdenziale, nonché di capacità contributiva - Questioni analoghe ad altre già dichiarate non fondate - Assenza di argomenti nuovi - Manifesta infondatezza delle questioni. (Classif. 190001).

Sono dichiarate manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte dei conti, sez. giur. reg. per il Lazio, in riferimento agli artt. 3, 23, 36, 38 e 53 Cost. - dell'art. 1, commi da 261 a 268, della legge n. 145 del 2018, nella parte in cui stabilisce la riduzione dei trattamenti pensionistici diretti di importo complessivo superiore a 100.000 euro lordi annui «per la durata di tre anni». Il rimettente non porta argomenti nuovi rispetto a quelli giudicati non fondati dalla sentenza n. 234 del 2020. ( Precedenti: S. 234/2020 - mass. 43238; O. 82/2022 - mass. 44660; O. 224/2021 - mass. 44398; O. 214/2021 - mass. 44330; O. 165/2021 - mass. 44119; O. 111/2021 - mass. 43877; O. 204/2020 - mass. 42950; O. 93/2020 - mass. 43421; O. 81/2020 - mass. 42576 ).

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 261
  • legge-Art. 1, comma 262
  • legge-Art. 1, comma 263
  • legge-Art. 1, comma 264
  • legge-Art. 1, comma 265
  • legge-Art. 1, comma 266
  • legge-Art. 1, comma 267
  • legge-Art. 1, comma 268

Pronuncia 156/2022Depositata il 20/06/2022

Giudizio costituzionale in via incidentale - Rilevanza della questione - Requisiti - Necessità di illustrare le ragioni che giustificano l'applicazione della disposizione censurata nel giudizio principale, tale da renderla pregiudiziale per la definizione del medesimo (nel caso di specie: manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale di norma statale che prevede la deducibilità parziale al venti per cento dell'imposta municipale propria-IMU relativa agli immobili strumentali dalla base imponibile dell'imposta sul reddito delle società-IRES). (Classif. 112005).

La motivazione sulla rilevanza è da intendersi correttamente formulata quando illustra le ragioni che giustificano l'applicazione della disposizione censurata e determinano la pregiudizialità della questione sollevata rispetto alla definizione del processo principale. ( Precedenti: S. 160/2019 - mass. 42423; S. 105/2018 - mass. 40768 ). Le carenze in punto di motivazione sulla rilevanza determinano la manifesta inammissibilità delle questioni. ( Precedente: O. 76/2022 - mass. 44691 ). (Nel caso di specie, è dichiarata manifestamente inammissibile, per insufficiente motivazione sulla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dalla CTP di Parma in riferimento all'art. 53 Cost. - dell'art. 14, comma 1, primo periodo, del d.lgs. n. 23 del 2011, come sostituito, dall'art. 1, comma 715, della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui prevede la deducibilità parziale al venti per cento dell'IMU relativa agli immobili strumentali dalla base imponibile dell'IRES. Il giudice a quo ha omesso un qualsiasi vaglio del rapporto tra l'oggetto sociale della ricorrente e l'effettiva strumentalità degli immobili all'attività dalla stessa esercitata).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 14, comma 1
  • legge-Art. 1, comma 715

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 53

Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.