Articolo 56 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È dichiarato inammissibile - per carenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dall'art. 37 della legge n. 87 del 1953 - il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso nei confronti del Governo dal CODACONS, dal senatore Bartolomeo Pepe e da Giovanni Pignoloni, nella qualità di cittadino elettore, in relazione alla delibera del Consiglio dei ministri 10 ottobre 2017 e all'atto del Governo, con i quali è stata autorizzata e poi posta, alla Camera dei deputati, la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti né articoli aggiuntivi, degli artt. 1, 2 e 3 del testo unificato delle proposte di legge n. 2352 e abbinate A/R, concernenti l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, per asserita lesione delle prerogative del corpo elettorale (artt. 1, 2, 3, 24, 48, 49, 51, 56, 71, 92, 111, 113, 117, 138 Cost., 13 della CEDU, 3 del Protocollo addizionale alla CEDU) e per violazione del divieto di porre la questione di fiducia su una legge elettorale (artt. 49 e 116, comma 4, del Regolamento della Camera e 72 Cost., in combinato disposto). A prescindere dalla incertezza della prospettazione dei ricorrenti, dovuta al carattere cumulativo e congiunto del ricorso e alla circostanza che le censure sono presentate senza considerazione della diversità delle rispettive qualificazioni, il CODACONS e il cittadino elettore non sono legittimati a sollevare conflitto, in quanto nessuno dei due può qualificarsi potere dello Stato ai sensi dell'art. 134 Cost., ed in quanto - sotto il profilo oggettivo - la posizione della questione di fiducia è inidonea a ledere direttamente la libertà di voto e la sovranità dei cittadini. Neppure il senatore è legittimato, nel caso di specie, a ricorrere per conflitto, posto che pretende inammissibilmente di rappresentare, in un conflitto promosso contro il Governo, l'intero organo cui appartiene, e che, in ogni caso, un membro del Senato non può lamentare la violazione del procedimento parlamentare svoltosi presso la Camera, non riguardando tale procedimento alcuna competenza o prerogativa di un senatore, configurandosi perciò come meramente ipotetica la lamentata lesione e come preventivo il relativo conflitto. Soggetti ed organi diversi dallo Stato-apparato possono essere parti di un conflitto tra poteri, ai sensi dell'art. 134 Cost. e dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953, solo se titolari di una pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita. ( Precedente citato: ordinanza n. 17 del 1978 ). Il CODACONS non è titolare di funzioni costituzionalmente rilevanti, bensì delle sole situazioni soggettive spettanti alle organizzazioni proprie della società civile. ( Precedente citato : ordinanza n. 256 del 2016 ). Il singolo cittadino, seppure vanti la qualità di elettore, non è investito di funzioni [costituzionalmente rilevanti] tali da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione. (Precedenti citati: ordinanze n. 256 del 2016, n. 121 del 2011, n. 85 del 2009, n. 434 del 2008, n. 284 del 2008, n. 189 del 2008 e n. 296 del 2006) . Gli atti che si innestano nel procedimento legislativo sono inidonei a ledere la sfera di soggetti estranei alle Camere. ( Precedenti citati: ordinanze n. 121 del 2011, n. 120 del 2009, n. 172 del 1997, n. 45 del 1983 e, con particolare riferimento alla posizione della questione di fiducia da parte del Governo, n. 44 del 1983 ). La posizione della questione di fiducia è inidonea a ledere direttamente la libertà di voto e la sovranità dei cittadini, potendo semmai, in astratto, incidere sulle attribuzioni costituzionali dei membri del Parlamento, che rappresentano la Nazione senza vincolo di mandato (art. 67 Cost.). Resta impregiudicata la configurabilità di attribuzioni individuali di potere costituzionale per la cui tutela il singolo parlamentare sia legittimato a promuovere un conflitto tra poteri dello Stato. ( Precedenti citati: sentenza n. 225 del 2001; ordinanze n. 149 del 2016, n. 222 del 2009, n. 177 del 1998 ) .
Sono dichiarate inammissibili - per carenza assoluta di motivazione in punto di non manifesta infondatezza - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. f), della legge n. 52 del 2015, e degli artt. 1, comma 2, e 83, commi da 1 a 5, del d.P.R. n. 361 del 1957, come modificati e sostituiti, rispettivamente, dall'art. 2, commi 1 e 25, della legge n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate dal Tribunale di Messina in riferimento agli artt. 1, primo e secondo comma, 3, primo e secondo comma, 49, 51, primo comma, e 56, primo comma, Cost., e all'art. 3 del Protocollo addizionale alla CEDU. Tali parametri sono evocati nel solo dispositivo dell'ordinanza di rimessione, senza alcuna illustrazione delle ragioni di contrasto con le disposizioni censurate. Per costante giurisprudenza costituzionale, sono inammissibili le questioni incidentali prive di alcuna motivazione in punto di non manifesta infondatezza. ( Precedenti citati: sentenze n. 59 del 2016, n. 248 del 2015 e n. 100 del 2015; ordinanze n. 122 del 2016 e n. 33 del 2016 ).
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità - per carenza di autonoma motivazione - delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. a), d) ed e), della legge n. 52 del 2015, nonché degli artt. 83, commi da 1 a 5, e 84, commi 2 e 4, del d.P.R. n. 361 del 1957, come sostituiti, rispettivamente, dall'art. 2, commi 25 e 26, della medesima legge. L'ordinanza di rimessione non è motivata per relationem, poiché chiarisce sinteticamente il senso della censura di violazione dell'art. 56 Cost., rinviando all'atto di parte non per l'individuazione dei termini delle questioni prospettate, ma solo con riferimento all'illustrazione del meccanismo di assegnazione dei seggi che ne consente la traslazione tra circoscrizioni (c.d. slittamento). ( Precedente citato: ordinanza n. 239 del 2012, relativa, invece, a un caso di motivazione per relationem dei dubbi di legittimità costituzionale ).
Sono dichiarate inammissibili - per aberratio ictus - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 84, commi 2 e 4, del d.P.R. n. 361 del 1957, come sostituito dall'art. 2, comma 26, della legge n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), sollevate dal Tribunale di Messina in riferimento all'art. 56, primo e quarto comma, Cost. Le norme censurate consentono che, nel procedimento relativo all'elezione della Camera dei deputati, si verifichino traslazioni di seggi, nella fase di proclamazione degli eletti, da un collegio plurinominale all'altro, e dunque non riguardano la denunciata traslazione di seggi da una circoscrizione all'altra nella fase della loro assegnazione alle liste. La questione sarebbe comunque inammissibile - ma per assoluta carenza di motivazione - qualora fosse invece volta a censurare la traslazione tra collegi prevista dalle norme indicate.
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. a), d) ed e), della legge n. 52 del 2015 e dell'art. 83, comma 1, n. 8), del d.P.R. n. 361 del 1957, come sostituito dall'art. 2, comma 25, della legge n. 52 del 2016 (c.d. Italicum), censurati dal Tribunale di Messina - in riferimento all'art. 56, quarto comma, Cost. - in quanto, nel regolare l'assegnazione dei seggi alle singole liste nelle circoscrizioni per l'elezione della Camera dei deputati, consentono la traslazione dei seggi (c.d. slittamento) da una circoscrizione all'altra. Nel complesso sistema di assegnazione dei seggi previsto dalla legge n. 52 - frutto del bilanciamento tra principi ed esigenze diversi (quali la garanzia di una rappresentanza commisurata alla popolazione di ciascuna porzione del territorio nazionale; la necessità di consentire l'attribuzione dei seggi sulla base della cifra elettorale nazionale conseguita da ciascuna lista; e l'esigenza di tenere conto, nella prospettiva degli elettori, del consenso ottenuto da ciascuna lista nelle singole circoscrizioni) - il censurato effetto di traslazione dei seggi costituisce un'ipotesi residuale, che può verificarsi, per ragioni matematiche e casuali, solo quando non sia stata possibile individuare nessuna circoscrizione in cui siano compresenti una lista eccedentaria e una deficitaria con parti decimali dei quozienti non utilizzati. La compatibilità costituzionale di detta ipotesi emerge vieppiù nitidamente in quanto l'evocato art. 56, quarto comma, Cost. - da interpretare necessariamente non in modo isolato, ma in sistematica lettura con i principi desumibili dagli artt. 48 e 67 Cost. - richiede l'assegnazione dei seggi all'interno delle singole circoscrizioni fin tanto che ciò sia ragionevolmente possibile, senza escludere la legittimità di residuali ed inevitabili ipotesi di traslazione di seggi da una circoscrizione ad un'altra. ( Precedente citato: sentenza n. 271 del 2010, con riferimento alla diversa disciplina dell'elezione dei membri italiani del Parlamento europeo ). L'art. 56, quarto comma, Cost. non si limita a prescrivere che i seggi da assegnare a ciascuna circoscrizione siano ripartiti, in proporzione alla popolazione, prima delle elezioni, ma intende anche impedire che tale ripartizione possa successivamente essere derogata al momento della assegnazione dei seggi alle singole liste nelle circoscrizioni, sulla base dei voti conseguiti da ciascuna di esse. Detto parametro non può, tuttavia, essere inteso nel senso di richiedere, quale soluzione costituzionalmente obbligata, un'assegnazione di seggi interamente conchiusa all'interno delle singole circoscrizioni, senza tener conto dei voti che le liste ottengono a livello nazionale, poiché non è preordinato a garantire la rappresentanza dei territori in sé considerati, ma tutela la distinta esigenza di una distribuzione dei seggi in proporzione alla popolazione delle diverse parti del territorio nazionale: la Camera dei deputati resta, infatti, sede della rappresentanza politica nazionale (art. 67 Cost.), e la ripartizione in circoscrizioni non fa venir meno l'unità del corpo elettorale nazionale, del quale le singole circoscrizioni sono altrettante articolazioni nelle varie parti del territorio. ( Precedente citato: sentenza n. 271 del 2010 ).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. a), d) ed e), della legge n. 52 del 2015 (c.d. Italicum) e dell'art. 83, comma 1, n. 8), del d.P.R. n. 361 del 1957, come sostituito dall'art. 2, comma 25, della legge n. 52 del 2015, censurati dal Tribunale di Messina - in riferimento all'art. 56, primo comma, Cost. - in quanto, nel regolare l'assegnazione dei seggi della Camera dei deputati tra le diverse circoscrizioni, consentono la traslazione dei seggi (c.d. slittamento) da una circoscrizione all'altra. Il principio del voto diretto contenuto nel parametro evocato, esigendo che l'elezione dei deputati avvenga direttamente ad opera degli elettori senza intermediazione alcuna, non viene in considerazione in relazione alle disposizioni censurate.
Sono ritenute inammissibili - per carenza di motivazione - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. g), della legge n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), e degli artt. 18-bis, comma 3, primo periodo, 19, comma 1, primo periodo, e 84, comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957, come modificati o sostituiti rispettivamente dall'art. 2, commi 10, lett. c), 11 e 26, della medesima legge, sollevate dal Tribunale di Messina in riferimento agli artt. 1, primo e secondo comma, 2, 48, secondo comma, 51, primo comma, e 56, primo e quarto comma, Cost. Detti parametri non sono neppure evocati nella parte motiva, ma solo nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione. ( Precedenti citati: sentenze n. 59 del 2016, n. 248 del 2015 e n. 100 del 2015; ordinanze n. 122 del 2016 e n. 33 del 2016 ).
Sono dichiarate inammissibili - per motivazione apodittica e carenza di distinta motivazione sui parametri evocati - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 35, della legge n. 52 del 2015 (c.d. Italicum), censurato dal Tribunale di Messina, in riferimento agli artt. 1, 3, 48, primo comma, 49, 51, primo comma, e 56, primo comma, Cost., in quanto, prevedendo che le modifiche al d.P.R. n. 361 del 1957, apportate dallo stesso art. 2 per ridisegnare il sistema di elezione della Camera dei deputati, si applicano dal 1° luglio 2016, consentono (nelle more del procedimento di revisione costituzionale finalizzato, tra l'altro, alla trasformazione del Senato della Repubblica e al superamento dell'assetto bicamerale paritario) il rinnovo dei due rami del Parlamento con sistemi elettorali differenti. La mera affermazione di disomogeneità dei due sistemi elettorali, senza l'indicazione di quali caratteri differenziati determinerebbero l'asserita situazione di "palese ingovernabilità, per la coesistenza di due diverse maggioranze", non basta a consentire l'accesso della censura allo scrutinio di merito e alla identificazione di un petitum accoglibile. Inoltre, i parametri costituzionali sono evocati solo numericamente, senza una distinta motivazione della loro ipotizzata violazione, né tra essi figurano gli artt. 94, primo comma, e 70 Cost., che dovrebbero necessariamente venire in considerazione ove si intenda sostenere che due leggi elettorali "diverse" compromettano sia il funzionamento della forma di governo parlamentare, sia l'esercizio collettivo della funzione legislativa.
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, 59, comma 1, 83, commi 1, numero 5), e 2, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (nel testo risultante dalla legge n. 270 del 2005) e degli artt. 14, comma 1, e 17, commi 2 e 4, del d.lgs. 20 dicembre 1993, n. 533 (nel testo risultante dalla citata legge del 2005), impugnati, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, 49, 56, primo comma, 58, primo comma, e 67 Cost. nonché all'art. 3 del Protocollo addizionale alla CEDU, in quanto contengono norme per l'elezione dei componenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica che non permettono al cittadino di esprimere la preferenza per i singoli candidati, ma lasciano allo stesso la sola possibilità di ratificare la scelta dei candidati già decisa dai partiti, attraverso un gioco di procedure nella formazione delle liste elettorali, determinando, in tal modo, unilateralmente la scelta dei candidati, i quali, pertanto, vengono ad assumere la qualifica e il ruolo di nominati e non già di eletti. Successivamente alle ordinanze di rimessione, tutte le impugnate disposizioni dei testi unici delle leggi elettorali di Camera e Senato sono state dichiarate incostituzionali con la sentenza n. 1 del 2014, sicché è venuto meno l'oggetto delle questioni, perché a seguito di tale decisione, le predette norme sono state già rimosse dall'ordinamento con efficacia ex tunc . Inoltre, dalla stessa prospettazione emerge chiaramente che, per la definizione dei giudizi principali, il rimettente non è in alcun modo chiamato ad applicare le censurate norme elettorali, dovendo egli esclusivamente accertare la penale responsabilità di due cittadini extracomunitari, per i reati loro rispettivamente ascritti di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato e di violazione dell'ordine di lasciare il territorio medesimo. Nella specie, l'impugnazione delle menzionate norme elettorali si configura quale tentativo da parte del rimettente di proporre in via diretta un controllo di costituzionalità, che risulta surrettiziamente attivato, al di fuori dei limiti sanciti dagli artt. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e 23, secondo comma, della legge n. 87 del 1953, essendo del tutto carente il nesso di indispensabile pregiudizialità dello specifico scrutinio richiesto alla Corte rispetto agli esiti della decisione del giudizio principale. D'altra parte, la radicale mancanza d'incidentalità del richiesto vaglio delle norme neppure può dirsi colmata dalla affermazione - peraltro formulata in maniera del tutto apodittica - di una conseguente "non prescrittività" delle leggi approvate dai Parlamenti succedutisi dopo il dicembre del 2005 (e costituiti sulla base di norme elettorali incostituzionali) e quindi anche di quelle penali applicabili nei processi a quibus . - Per la declaratoria di illegittimità costituzionale delle impugnate disposizioni dei testi unici delle leggi elettorali di Camera e Senato, v. la citata sentenza n. 1/2014. - Sulla manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale riguardanti norme già dichiarate costituzionalmente illegittime, v., ex plurimis , le citate ordinanze nn. 321/2013, 294/2013, 280/2013 e 257/2013. - Sull'indispensabile requisito della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale, v., ex plurimis , le citate ordinanze nn. 306/2013, 196/2013, 176/2013 e 81/2013.
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 10- bis (così come inserito dall'art. 1, comma 16, lett. a , della legge n. 94 del 2009) e 14, commi 5- quater e 5- bis (già inseriti dall'art. 13, comma 1, lett. b , della legge n. 189 del 2002 e sostituiti rispettivamente dai numeri 6 e 4 della lett. d del comma 1 dell'art. 3 del d.l. n. 89 del 2011), del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, impugnati, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, 49, 56, primo comma, 58, primo comma, e 67 Cost. nonché all'art. 3 del Protocollo addizionale alla CEDU, in quanto contengono le norme incriminatrici dei reati di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato e di violazione dell'ordine di lasciare il territorio medesimo, oggetto della cognizione nei giudizi a quibus , approvate da un Parlamento di cui risulta dubbia la legalità ovvero la legittimità costituzionale della sua investitura. Infatti, il remittente si è esclusivamente limitato, in termini puramente assiomatici, a far cenno alla circostanza che, nei giudizi principali, si procede a carico di due cittadini extracomunitari per i predetti reati e ad asserire che le questioni sarebbero «rilevanti perché, se accolte, comporterebbero l'assoluzione del prevenuto». Pertanto, nell'ordinanza di rimessione manca ogni specifico riferimento - atto a permettere la necessaria verifica dell'asserita rilevanza delle questioni, sia nel loro complesso sia in rapporto alle singole censure - alle vicende concrete che hanno dato origine alle imputazioni ed alla loro effettiva riconducibilità ai paradigmi punitivi considerati. - Sul requisito della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in via incidentale, v. le citate ordinanze nn. 175/2013, 84/2013 e 65/2013.