Articolo 117 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Sono dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Lucca, in composizione collegiale, in riferimento agli artt. 2, 3, primo comma, 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, del combinato disposto degli artt. 1, comma 26, della legge n. 76 del 2016, 31, commi 3 e 4- bis , del d.lgs. n. 150 del 2011, e 70- octies , comma 5, del d.P.R. n. 396 del 2000, il quale, trattato dal rimettente come una sorta di statuto unico, non attribuisce alla coppia omoaffettiva - che, unita civilmente, abbia conosciuto la rettifica anagrafica del sesso di uno dei suoi componenti - il diritto, nell'acquisita eterosessualità, di transitare verso il matrimonio, senza interruzione del pregresso vincolo, così conservando diritti ed obblighi in precedenza maturati. Da un lato il rimettente non ha effettuato alcuna indagine sulla sussistenza delle condizioni richieste perché l'attore potesse essere autorizzato ad acquisire una nuova identità di genere, avendo del tutto obliterato l'esame della domanda dell'attore, senza farsi carico della esigenza di svolgere un approfondimento in ordine alla effettiva necessità di un siffatto trattamento, quindi procedendo alla illustrazione dei propri dubbi di illegittimità costituzionale in via del tutto ipotetica; dall'altro, non risulta alcuna manifestazione della volontà del partner dell'attore nel giudizio principale di convertire l'unione civile in matrimonio, quando invece sarebbe stata necessaria la dichiarazione congiunta dei contraenti dell'unione civile in tal senso. Né l'acquisizione di tale manifestazione di volontà, infine, sarebbe stata ostacolata dalla mancata previsione della partecipazione al giudizio del partner dell'attore, perché questi avrebbe potuto esservi convenuto, su iniziativa dell'attore o iussu iudicis , secondo le regole generali del processo civile. ( Precedenti: S. 170/2014 - mass. 38016; S. 138/2010 - mass. 34577 ).
Quando il rendiconto di un determinato esercizio sia stato tardivamente approvato, il disavanzo di amministrazione non ripianato in corso di esercizio, nonché l'eventuale ulteriore disavanzo emerso, devono essere ripianati applicandoli per l'intero importo all'esercizio in corso di gestione, rimanendo preclusa la possibilità di considerarlo un "nuovo" disavanzo, cui applicare il ripiano triennale. Ciò nel rispetto di quanto prescrive il combinato dei principi contabili applicati di cui al d.lgs. n. 118 del 2011, espressione della esigenza di armonizzare i bilanci pubblici quanto allo specifico profilo della disciplina del disavanzo di amministrazione e della uniformità dei tempi del suo ripiano. ( Precedenti: S. 246/2021 - mass. 44426; S. 235/2021 - mass. 44218 ). La valutazione sulla copertura, ai fini della cessazione della materia del contendere, deve essere condotta scrupolosamente, in termini di attendibilità. ( Precedente: S. 106/2021 ). (Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. e , Cost., l'art. 12, comma 1, lett. dd , della legge reg. Molise n. 17 del 2020 e il relativo Allegato 30, nella parte in cui dispongono le modalità di copertura del disavanzo di amministrazione derivante dalla gestione dell'esercizio 2019. La norma regionale impugnata dal Governo vìola la competenza esclusiva statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici in quanto l'approvazione del rendiconto 2019 e del relativo disavanzo - avvenuta soltanto a esercizio concluso, ossia il 30 dicembre 2020 - è stata tardiva. Pertanto, in base ai principi contabili applicati contenuti nei paragrafi 9.2.26 e 9.2.28 dell'Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118 del 2011, il disavanzo non ripianato, nonché l'ulteriore disavanzo emerso, avrebbero dovuto essere oggetto di recupero per l'intero importo nell'esercizio in corso di gestione, ossia l'esercizio 2021).
Il principio dell'equilibrio tendenziale del bilancio è un precetto dinamico della gestione finanziaria, il quale consiste nella continua ricerca di un armonico e simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità pubbliche. È pertanto doverosa l'adozione di appropriate variazioni del bilancio di previsione, in ordine alla cui concreta configurazione permane la discrezionalità dell'amministrazione nel rispetto del principio di priorità dell'impiego delle risorse disponibili per le spese obbligatorie e, comunque, per le obbligazioni perfezionate, in scadenza o scadute. ( Precedenti: S. 266/2013 - mass. 37437; S. 250/2013 - mass. 37400 ). Il principio di continuità tra gli esercizi finanziari richiede il collegamento genetico tra i bilanci secondo la loro sequenza temporale. ( Precedente: S. 274/2017 - mass. 41122 ). (Nel caso di specie, è dichiarata costituzionalmente illegittima, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. e , Cost., la legge reg. Molise n. 3 del 2021, che individua le modalità di copertura del disavanzo di amministrazione non recuperato ed emerso nel corso del 2019. La legge regionale impugnata dal Governo vìola la competenza esclusiva statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici poiché l'intero bilancio di previsione 2021 risulta sottostimato quanto all'importo del disavanzo da recuperare. Ai sensi dei principi contabili di cui all'art. 42, commi 12 e 14, nonché dei principi contabili applicati contenuti nei paragrafi 9.2.26 e 9.2.28 dell'Allegato 4/2 al d.lgs. n. 118 del 2011, l'ammontare di disavanzo da ripianare nel 2021 avrebbe infatti dovuto includere, oltre alla quota da recuperare in quell'esercizio, in attuazione delle previsioni dei precedenti piani di rientro, anche l'intero disavanzo non ripianato nel 2019. La modifica delle modalità di ripiano, intervenuta ad esercizio quasi ultimato, è sintomatica di una condotta contraria ai principi in tema di sana gestione finanziaria, necessariamente tendente all'equilibrio del bilancio. L'illegittima applicazione dei principi contabili sul ripiano del disavanzo accumulato nell'esercizio 2019 pregiudica infatti la correttezza e l'attendibilità dei valori contabili presi a riferimento per la costruzione degli equilibri degli esercizi successivi, ponendosi conseguentemente in insanabile contrasto rispetto all'inderogabile principio di continuità tra gli esercizi finanziari).
Gli interventi legislativi che incidono sui rapporti lavorativi in essere sono ascrivibili alla materia dell'ordinamento civile, mentre quelli che intervengono "a monte", in una fase antecedente all'instaurazione del rapporto, e riguardano profili pubblicistico-organizzativi dell'impiego pubblico regionale, sono da ricondurre alla materia residuale dell'organizzazione amministrativa regionale. Pertanto, le disposizioni regionali che disciplinano i termini di utilizzabilità delle graduatorie concorsuali - le quali rappresentano il provvedimento conclusivo delle procedure selettive -, intervenendo in materia di accesso al pubblico impiego regionale, rientrano nella competenza legislativa residuale regionale relativa all'organizzazione amministrativa del personale. ( Precedenti: S. 84/2022 - mass. 44761; S. 58/2021 - mass. 43759; S. 42/2021 - mass. 43705; S. 273/2020 - mass. 43075; S. 126/2020 - mass. 43224; S. 5/2020 - 42245 S. 241/2018 - mass. 40601 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - promosse dal Governo in riferimento agli artt. 97, secondo comma, e 117, secondo comma, lett. l , Cost., nonché all'art. 2, lett. a e b , dello statuto speciale per la Valle d'Aosta - dell'art. 5, commi 9 e 10, della legge reg. Valle d'Aosta n. 35 del 2021 che prorogano al 31 dicembre 2022 la validità della graduatorie, rispettivamente, per l'assunzione di centralinisti dell'emergenza e per l'ammissione nell'organico del Corpo dei vigili del fuoco valdostano, mediante scorrimento delle graduatorie. Le norme regionali impugnate, avendo ad oggetto graduatorie concorsuali ed essendo funzionali a consentirne l'utilizzazione ai fini dell'accesso all'impiego, non invadono la competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile», in quanto attengono, sotto il profilo sia contenutistico che teleologico, ad aspetti pubblicistico-organizzativi dell'impiego pubblico regionale. Esse inoltre, in virtù della c.d. clausola di maggior favore di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, non violano lo statuto speciale né il principio del buon andamento della pubblica amministrazione. La durata complessiva assunta dalla prima graduatoria, di cinque anni, non è infatti tale, nella specifica fattispecie, da pregiudicare la professionalità dei candidati giudicati idonei; quanto alla seconda graduatoria, sebbene l'arco temporale sia di nove anni, va considerata la specificità della situazione di fatto e normativa che, anche in ragione della pandemia da COVID-19, ha imposto l'ulteriore proroga di un anno, comunque bilanciata da prescrizioni idonee ad assicurare una efficace valutazione delle perduranti capacità professionali del personale interessato).
In virtù della c.d. clausola di maggior favore di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, la Regione autonoma Valle d'Aosta, per effetto dell'applicazione dell'art. 117, quarto comma, Cost., è titolare della competenza legislativa residuale in materia di organizzazione amministrativa del personale, che rappresenta, in questo specifico contesto, una forma di autonomia più ampia di quella primaria già attribuitale dall'art. 2 dello statuto speciale e incontra il limite delle «norme fondamentali di riforma economico-sociale». ( Precedenti: S. 58/2021 - mass. 43759; S. 77/2020 - mass. 42525; S. 119/2019 - mass. 42772; S. 241/2018 - mass. 40601 ).
L'esigenza di un'adeguata motivazione a fondamento della richiesta declaratoria d'illegittimità costituzionale si impone, nei giudizi proposti in via principale, in termini più pregnanti rispetto ai giudizi instaurati in via incidentale. ( Precedenti: S. 119/2022 - mass. 44774; S. 262/2021 - mass. 44444; S. 219/2021; S. 171/2021 - mass. 44135; S. 109/2018 -mass. 41118 ). La contraddittorietà nella prospettazione di una questione di legittimità costituzionale non manca di avere riverberi sul tono perplesso dell'intero ricorso. ( Precedenti: S. 248/2022 - mass. 45204 ; S. 176/2021 - mass. 44087 ). Il ricorso in via principale non può limitarsi a indicare le norme costituzionali e ordinarie, la definizione del cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l'oggetto della questione di costituzionalità, ma deve contenere anche una argomentazione di merito, sia pure sintetica, a sostegno della richiesta declaratoria di incostituzionalità, posto che l'impugnativa deve fondarsi su una motivazione adeguata e non meramente assertiva. ( Precedenti: S. 200/2022; S. 279/2020 - mass. 43135, S. 152/2018 - mass. 40007; S. 261/2017 - mass. 42026; S. 107/2017 - mass. 41206; S. 251/2015 - mass. 38648; S. 153/2015 - mass. 38488; S. 142/2015 - mass. 38474; S. 82/2015 - mass. 38363; S. 13/2015 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili, per carente ricostruzione del quadro normativo e genericità delle censure, le questioni di legittimità costituzionale - promosse dal Governo in riferimento all'art. 117, commi primo, in relazione agli artt. 49 e 57 TFUE e 12, parag.1, della direttiva 2006/123/CE, secondo, lett. e , e terzo, Cost. - dell'art. 4, commi da 16 a 23, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 13 del 2021, che interviene sulle concessioni di piccole derivazioni d'acqua a uso idroelettrico, disponendo il rinnovo, a determinate condizioni, in favore del concessionario uscente fino al 2031, e fino al 2036 per alcune concessioni, nonché l'esclusione del rinnovo trentennale per le derivazioni d'acqua a uso idroelettrico «non grandi». Il ricorrente non ricostruisce il quadro normativo statale in materia di concessioni di piccole derivazioni d'acqua a uso idroelettrico, che - risalendo al r.d. n. 1775 del 1933 - non è ispirato a esigenze concorrenziali, né chiarisce se e come la disciplina regionale possa conformare il proprio assetto normativo a tali esigenze in mancanza di un quadro di principi statali con esse coerente. Inoltre, pur presupponendo la non applicazione di tale disciplina, per contrasto con la direttiva servizi, non argomenta adeguatamente in merito all'idoneità di quest'ultima a disciplinare la fattispecie in esame. Dal quadro normativo emergono anche tratti di contraddittorietà del ricorso in quanto, ove accolta, l'impugnazione del comma 23 renderebbe applicabile la precedente disciplina del rinnovo trentennale, meno concorrenziale di quella impugnata. Il ricorso non si sofferma, infine, né sulla specificità delle concessioni per cui è previsto il rinnovo al 2036 né sulle norme relative ai profili procedurali. Il carattere generico delle censure rende inammissibili anche le questioni concernenti la libertà di stabilimento e la presunta violazione della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»).
La Corte costituzionale giudica su norme, ma pronuncia su disposizioni; le sentenze che dichiarano l'illegittimità costituzionale di una o più norme non si estendono pertanto a quelle che non siano in esse esplicitamente menzionate, il che per argumentum si desume anche dall'art. 27 della legge n. 87 del 1953. Ne discende che, se su una data disposizione la Corte non si pronuncia, non solo la disposizione, ma anche la norma da essa espressa o da essa ricavabile continuerà a vivere nell'ordinamento, potendo peraltro quest'ultima divenire oggetto, per il tramite della relativa disposizione, d'una diversa questione di legittimità costituzionale. Deve per converso affermarsi che il contenuto normativo di una disposizione, allorché quest'ultima non sia stata formalmente rimossa dall'ordinamento, è vigente e applicabile (e, di conseguenza, ove ne ricorrano le condizioni, sottoponibile a verifica di legittimità costituzionale), pur se, in precedenza, un contenuto normativo identico, ma promanante o ricavabile da una differente disposizione, sia stato già dichiarato costituzionalmente illegittimo. In definitiva, la rimozione dall'ordinamento d'una disposizione, e del correlato contenuto normativo, si verifica solo quando la dichiarazione di illegittimità costituzionale ricada espressamente su detta disposizione, ritrasferendo su di essa gli esiti e gli effetti dello scrutinio sulla relativa norma. ( Precedenti: S. 40/2020 - mass. 42481; S. 84/1996 - mass. 22262; S. 436/1992 - mass. 18875 ). (Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., l'art. 24, comma 9, della legge reg. Umbria n. 11 del 2005, nel testo in vigore anteriormente all'abrogazione disposta dall'art. 271, comma 1, lett. p , della legge reg. Umbria n. 1 del 2015, nella parte in cui prevede che sia il comune, anziché l'ufficio tecnico regionale competente, a rendere il parere sugli strumenti urbanistici attuativi dei comuni siti in zone sismiche. La disposizione impugnata dal Governo, nel regolare la pianificazione urbanistica comunale, è stata dapprima abrogata dall'indicato art. 271, comma 1, lett. p ; successivamente il legislatore ne ha trasfuso il contenuto nell'art. 28, comma 10, della stessa legge reg. n. 1 del 2015. La dichiarazione di illegittimità costituzionale di quest'ultima disposizione, tuttavia, non fa venire meno la rilevanza della questione in oggetto, avente ad oggetto la richiesta di annullamento di un piano attuativo ad iniziativa privata, adottato sulla base di un parere reso dal Comune ai sensi della disposizione censurata, e ciò sia in forza del principio tempus regit actum , valevole nei giudizi aventi ad oggetto atti amministrativi, sia perché essa non può considerarsi "travolta" dalla suddetta declaratoria di illegittimità costituzionale avente ad oggetto una norma di uguale contenuto). ( Precedenti: S. 192/2022 - mass. 45031; S. 68/2018 - mass. 41439 ).
Il dovere di attenersi ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea ricomprende le sentenze rese dalla CGUE in sede interpretativa, in conformità al ruolo che l'art. 19, par. 1, del Trattato sull'Unione europea le assegna, anche per le sentenze che dichiarano l'invalidità di un atto dell'Unione, dal momento che la sentenza pregiudiziale ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono, in linea di principio, alla data di entrata in vigore della norma interpretata. In virtù degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., la Corte costituzionale è garante del rispetto di tali vincoli e, pertanto, deve dichiarare l'illegittimità costituzionale di una norma che contrasta con il contenuto di una direttiva, come interpretata dalla Corte di giustizia in sede di rinvio pregiudiziale, con una sentenza dotata di efficacia retroattiva. ( Precedenti: S. 67/2022 - mass. 44764; S. 54/2022 - 44744; S. 269/2017 - mass. 41943; S. 227/2010 - mass. 34777; S. 285/1993 - mass. 19810; S. 389/1989 - mass. 13527; S. 232/1989 - mass. 12711; S. 113/1985 - mass. 10834 - mass. 10835 - mass. 10836; O. 207/2013 - mass. 37250; O. 255/1999 - mass. 24803; O. 132/1990 - mass. 15157).
È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. in relazione all'art. 16, par. 1, della direttiva 2008/48/CE, come interpretato dalla CGUE nella sentenza Lexitor, l'art. 11- octies , comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come conv., limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d'Italia». La disposizione censurata dal Tribunale di Torino, sez. prima civile, sostituendo il precedente art. 125- sexies t.u. bancario, in termini strettamente fedeli alla sentenza Lexitor, modifica la disciplina dei prestiti del consumatore e disciplina il rimborso anticipato, prevedendo che il consumatore abbia conseguentemente diritto alla riduzione non solo dei costi recurring , ma anche di quelli relativi alle attività finalizzate alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipata (costi c.d. up-front ). Tuttavia, il rinvio previsto alle norme secondarie della Banca d'Italia, le quali avallano l'interpretazione riferita unicamente al rimborso dei costi recurring , si pone in contrasto con la indicata sentenza CGUE, che non dispone alcuna modulazione temporale dei suoi effetti. In tal modo la norma censurata utilizza una tecnica qualificata in termini di completamento prescrittivo della norma primaria da parte di quella subprimaria, per cui è una disposizione primaria successiva a integrare il contenuto normativo di una disposizione primaria precedente mediante il rinvio a norme di rango secondario. In definitiva, attraverso il rinvio a precise norme regolamentari contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d'Italia, risulta univoco l'intento del legislatore di fissare per il passato un contenuto della norma circoscritto alla interpretazione antecedente alla sentenza Lexitor, che si discosta dai contenuti della citata pronuncia. ( Precedenti: S. 3/2019 - mass. 40327; S. 200/2018 - mass. 40352; S. 1104/1988 ).
Sono dichiarate inammissibili, per difetto di motivazione, le questioni di legittimità costituzionale, promosse dal Governo in riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost., degli artt. 12, commi 2 e 3 (quest'ultimo in combinato disposto con l'art. 15, comma 2); 13, comma 1; 18; 19; 20; 21 e 24, comma 2 (quest'ultimo in combinato disposto con l'art. 31, comma 1, lett. f ), della legge reg. Basilicata, n. 29 del 2021. Le disposizioni regionali censurate disciplinano le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni a scopo idroelettrico in relazione ai requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari richiesti agli operatori economici (art. 12, commi 2 e 3), ai criteri di aggiudicazione e di valutazione delle proposte progettuali (art. 13), alle condizioni richieste per le proposte progettuali dei partecipanti alle gare in termini di obblighi e limiti gestionali (art. 18), di miglioramenti energetici (art. 19) e ambientali (art. 20) nonché di misure di compensazione (art. 21) e, infine, anche in relazione alla disciplina del canone concessorio (art. 24). Le prime sette questioni sono inammissibili per inconferenza del parametro costituzionale evocato, poiché il dato normativo, quello sistematico e contenutistico nonché i precedenti costituzionali portano a ricondurre la normativa sulle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico alla materia «tutela della concorrenza» di cui all'art. 117, secondo comma, lett. e ), Cost., avendo ad oggetto la disciplina delle procedure di evidenza pubblica. Quanto alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, comma 2, che disciplina la determinazione della componente fissa del canone dovuto dal concessionario per l'utilizzo della forza motrice conseguibile con le acque e con i beni costituenti la grande derivazione idroelettrica, anch'essa risulta carente nella motivazione, perché il ricorrente non solo ha omesso di rappresentare che la componente fissa del canone "binomio" è disciplinata, oltre che dal comma 1- quinquies dell'art. 12 del d.lgs. n. 79 del 1999, anche dal successivo comma 1- septies , ma neppure ha spiegato come sarebbe vulnerata la sostenuta riserva di legge regionale, non adempiendo l'esigenza di adeguata motivazione che, nei giudizi proposti in via principale, si pone in termini più pregnanti rispetto a quelli instaurati in via incidentale. ( Precedenti: S. 119/2022 - mass. 44774; S. 117/2022 - mass. 44910; S. 4/2022 - mass. 44469; S. 219/2021; S. 171/2021 - mass. 44136; S. 95/2021 - mass. 43878; S. 28/2014 - mass. 37659; S. 411/2008 - mass. 33017; S. 1/2008 - mass. 32061; S. 401/2007 - mass. 31859 ).