Articolo 110 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Sono dichiarate inammissibili - per aberratio ictus - le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal GIP del Tribunale di Tivoli in riferimento agli artt. 2, 3, 25, 27, 32 e 110 Cost., degli artt. 206 e 222 cod. pen., censurati in combinato disposto con l'art. 3- ter del d.l. n. 211 del 2011, come conv., nel testo da ultimo modificato dal d.l. n. 52 del 2014, come conv. Le richiamate disposizioni del codice penale disciplinano, infatti, rispettivamente l'applicazione provvisoria e definitiva della misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario (OPG) - da intendersi oggi riferita al ricovero in una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS) - e, dunque, nulla dispongono in merito alle competenze del Ministro della giustizia, né alla più precisa disciplina delle REMS, cui si riferiscono le censure del rimettente.
Una misura di sicurezza, come l'assegnazione in una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), disposta dal giudice penale in seguito alla commissione di un reato da parte dell'interessato, sulla cui esecuzione è chiamato a sovraintendere il magistrato di sorveglianza, rientra a pieno titolo - non meno di quanto avviene per la pena - tra i «servizi relativi alla giustizia», e in particolare della giustizia penale, sulla cui organizzazione e funzionamento il Ministro della giustizia esercita una competenza fondata direttamente sull'art. 110 Cost. (Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal GIP del Tribunale di Tivoli, in riferimento agli artt. 2, 3, 25, 27, 32 e 110 Cost. - dell'art. 3- ter del d.l. n. 211 del 2011, come conv., nel testo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a , del d.l. n. 52 del 2014, come conv., nella parte in cui, attribuendo l'esecuzione del ricovero provvisorio presso una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza - REMS - alle Regioni ed agli organi amministrativi da esse coordinati e vigilati, esclude la competenza del Ministro della giustizia in relazione all'esecuzione di detta misura; nonché, nella parte in cui consente l'adozione con atti amministrativi di disposizioni generali in materia di misure di sicurezza in violazione della riserva di legge in materia. L'attuale disciplina di assegnazione alle REMS contrasta con la riserva assoluta di legge in materia di misure di sicurezza e di trattamenti sanitari obbligatori, in quanto i «modi» di esecuzione della misura restano pressoché esclusivamente affidati a fonti subordinate e accordi tra il Governo e le autonomie territoriali. Gli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost. esigono, in particolare, che il legislatore stabilisca - in chiave di extrema ratio ed entro i limiti della proporzionalità rispetto alle necessità terapeutiche e del rispetto della dignità della persona - se e in che misura sia legittimo l'uso della contenzione, ed eventualmente quali ne siano le modalità di esecuzione; inoltre, la legge non può non farsi carico della necessità di disciplinare in modo chiaro, e uniforme sul territorio, il ruolo e i poteri della magistratura di sorveglianza rispetto al trattamento degli internati e ai loro strumenti di tutela giurisdizionale nei confronti delle relative amministrazioni. Il diffuso e significativo ritardo nell'esecuzione dei provvedimenti con il formarsi di lunghe liste di attesa - denunciato dal rimettente e confermato dall'istruttoria esperita - evidenzia inoltre un difetto sistemico di effettività nella tutela dell'intero fascio di diritti fondamentali - delle potenziali vittime di persone socialmente pericolose, e della salute di queste ultime - che l'assegnazione a una REMS mira a tutelare ed esige di essere affrontato con ogni strategia opportuna, compreso l'esercizio degli ordinari poteri sostitutivi da parte del Governo. Né è conforme all'art. 110 Cost. una disciplina che, come quella censurata, non attribuisca alcun ruolo in materia di collocazione in una REMS - misura di sicurezza disposta dal giudice penale, ancorché fortemente caratterizzata in senso terapeutico - al Ministro della giustizia, affidandone l'esclusiva gestione ai sistemi sanitari regionali. Tuttavia, una pronuncia che restituisca al Ministro della giustizia una competenza nel processo di individuazione di una REMS sarebbe palesemente inidonea a garantire l'obiettivo avuto di mira dal rimettente (la tempestiva collocazione dell'internando in una REMS); mentre una dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata determinerebbe l'integrale caducazione del sistema delle REMS e produrrebbe non solo un intollerabile vuoto di tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, ma anche un risultato opposto a quello auspicato. Emerge tuttavia l'urgente necessità di una complessiva riforma di sistema - rispetto alla quale non sarebbe tollerabile l'eccessivo protrarsi dell'inerzia legislativa - che assicuri: un'adeguata base legislativa alla nuova misura di sicurezza; la realizzazione e il buon funzionamento, sull'intero territorio nazionale, di un numero di REMS sufficiente a far fronte ai reali fabbisogni, nel quadro di un complessivo potenziamento delle strutture in grado di garantire interventi alternativi adeguati alle necessità di cura e a quelle di tutela della collettività; forme di adeguato coinvolgimento del Ministro della giustizia nell'attività di coordinamento e monitoraggio delle REMS esistenti e degli altri strumenti di tutela della salute mentale attivabili nel quadro della libertà vigilata, nonché nella programmazione del fabbisogno finanziario). ( Precedenti: S. 32/2021 - mass. 43621; S. 21/2020 - mass. 41450; S. 239/2019 - mass. 41414; S. 280/2016 - mass. 39359; S. 279/2013 - mass. 37470 ).
Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 206 e 222 cod. pen. e 3- ter del d.l. n. 211 del 2011, conv., con modif., nella legge n. 9 del 2012, come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a ), del d.l. n. 52 del 2014, conv., con modif., nella legge n. 81 del 2014, è disposto che, entro novanta giorni dalla comunicazione della presente ordinanza, il Ministro della giustizia, il Ministro della salute e il Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nonché il Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio, depositino una relazione avente ad oggetto la disciplina, censurata dal GIP del Tribunale di Tivoli, dell'esecuzione del ricovero provvisorio presso una residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza. In particolare, ai sensi dell'art. 12 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, è disposto che i soggetti indicati, per quanto di rispettiva competenza, e il Presidente dell'Ufficio parlamentare di bilancio limitatamente alla lettera m), riferiscano sui seguenti quesiti: a) quante e quali siano, attualmente, le REMS attive sul territorio di ciascuna Regione e quanti pazienti siano effettivamente ospitati in ciascuna di esse; b) quanti pazienti provenienti da Regioni diverse siano ospitati attualmente nelle REMS di ciascuna Regione, e come sia regolamentato il meccanismo di deroga al principio di territorialità dell'esecuzione della misura del ricovero in REMS, di cui all'art. 3- ter , comma 3, lett. c ), del d.l. n. 211 del 2011; c) quante persone risultino attualmente collocate, in ciascuna Regione, nelle liste d'attesa per l'ammissione in una REMS e quanto sia il tempo medio di permanenza in tali liste; d) quante siano, su scala nazionale, le persone destinatarie di un provvedimento di assegnazione a una REMS ancora non eseguito, adottato in via definitiva o provvisoria dal giudice; e) quali siano, ovvero siano stati nel caso di persone definitivamente prosciolte per infermità di mente, i titoli di reato contestati alle persone di cui alla precedente lettera d); f) quante di tali persone risultino allo stato collocate in una struttura penitenziaria sulla base di ordinanze di custodia cautelare, ovvero in reparti ospedalieri di medicina psichiatrica sulla base di ordinanze di custodia cautelare in luogo di cura, o ancora siano sottoposte medio tempore alla misura di sicurezza della libertà vigilata, come nel caso oggetto del giudizio a quo ; g) quali siano le principali difficoltà di funzionamento dei luoghi di cura per la salute mentale esterni alle REMS per gli imputati e le persone prosciolte in via definitiva che siano risultati affetti da infermità mentale; h) se esistano, e in caso affermativo come operino, forme di coordinamento tra il Ministero della giustizia, il Ministero della salute, le ASL e i Dipartimenti di salute mentale, volte ad assicurare la pronta ed effettiva esecuzione, su scala regionale o nazionale, dei provvedimenti di applicazione, in via provvisoria o definitiva, di misure di sicurezza basate su una duplice valutazione di infermità mentale e di pericolosità sociale dell'interessato; i) quali specifiche competenze esercitino, in particolare, il Ministro della giustizia e il Ministro della salute rispetto a tale obiettivo; j) se il ricovero nelle REMS, ove disposto dal giudice, nonché gli altri trattamenti per la salute mentale disposti sulla base di un provvedimento di libertà vigilata rientrino nei LEA che le Regioni sono tenute a garantire; k) se sia attualmente effettuato dal Governo uno specifico monitoraggio sulla tempestiva esecuzione dei provvedimenti di applicazione delle misure di sicurezza in esame; l) se sia prevista la possibilità dell'esercizio di poteri sostitutivi del Governo nel caso di riscontrata incapacità di assicurare la tempestiva esecuzione di tali provvedimenti nel territorio di specifiche Regioni; m) se le riscontrate difficoltà siano dovute a ostacoli applicativi, all'inadeguatezza delle risorse finanziarie, ovvero ad altre ragioni; n) se siano attualmente allo studio progetti di riforma legislativa, regolamentare od organizzativa per ovviare alle predette difficoltà e rendere complessivamente più efficiente il sistema di esecuzione delle misure di sicurezza applicate dal giudice nei confronti delle persone inferme di mente.
Deve essere dichiarato che non spettava al Ministro della Giustizia il potere di disporre, su conforme proposta del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, che non fosse data esecuzione all'ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Roma n. 3031 del 9 maggio 2011, emanata a norma degli artt. 14- ter , 35 e 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354, di accoglimento del reclamo di un detenuto, con cui si denunciava l'asserita illegittimità di un provvedimento che aveva precluso, riguardo alle persone soggette al regime di cui all'art. 41- bis ord. pen., la possibilità di assistere a programmi televisivi trasmessi dalle emittenti «Rai Sport» e «Rai Storia». Premesso che la sopravvenuta revoca del provvedimento impugnato non avendo efficacia retroattiva non determina la cessazione della materia del contendere, il ricorso è da accogliere in quanto l'Amministrazione penitenziaria non ha impugnato per cassazione l'ordinanza del giudice - come ad essa era consentito dall'art. 69, comma 1, ord. pen. - ma ha preferito la via della non applicazione ed ha proposto un diniego esplicito di ottemperanza al Ministro della giustizia, ottenendo il suo assenso. Essa ha conseguentemente vanificato un provvedimento di un giudice, adottato nei limiti e con le forme previsti dall'ordinamento. La menomazione delle attribuzioni di un organo appartenente al potere giudiziario ha avuto il risultato di rendere ineffettiva una tutela giurisdizionale esplicitamente prevista dalle leggi vigenti e costituzionalmente necessaria, secondo la giurisprudenza costituzionale. All'accoglimento del ricorso consegue l'annullamento del provvedimento del suddetto Ministro in data 14 luglio 2011, protocollo numero GDAP-0254681-2011.
Deve essere dichiarato ammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal magistrato di sorveglianza nei confronti del ministro della Giustizia, che ha adottato un provvedimento con il quale dispone di non dare esecuzione ad una ordinanza del predetto organo giurisdizionale. In particolare, è stata accertata la sussistenza del requisito soggettivo (il ricorrente appare legittimato in quanto organo giurisdizionale competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene e lo è anche il Ministro della giustizia, in forza delle attribuzioni costituzionali in materia di organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, tra i quali sono compresi i servizi pertinenti all'esecuzione delle misure e delle pene detentive), e di quello oggettivo (dal momento che il ricorrente lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni costituzionalmente garantita da parte dell'impugnato provvedimento del Ministro della giustizia), per l'instaurazione del ricorso. - Sul profilo soggettivo relativo al ricorrente, vedi sent. n. 383 del 1993 e n. 190 del 2010. Per la legittimazione passiva, vedi sentenza n. 383 del 1993 e n. 379 del 1992.
Non può essere accolta, in quanto infondata, l'eccezione, formulata dalla difesa dello Stato, di inammissibilità per carenza di motivazione sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 105 e 110 della Costituzione, dell'art. 2, comma 1, della legge 14 marzo 2005, n. 41 (Disposizioni per l'attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell'Unione europea, che istituisce l'Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), il quale, nel disciplinare la nomina del membro nazionale dell'Eurojust, prevede, tra l'altro, che esso « (...) è nominato con decreto del Ministro della giustizia tra i giudici o i magistrati del pubblico ministero, che esercitano funzioni giudiziarie, o fuori del ruolo organico della magistratura, con almeno venti anni di anzianità di servizio». Invero, Il giudice rimettente denuncia il comma 1 dell'art. 2 della legge n. 41 del 2005 in ragione non della forma del provvedimento previsto da tale disposizione («decreto del Ministro della giustizia»), ma della esclusiva attribuzione al Ministro - e non al Consiglio superiore della magistratura - del potere sostanziale di «nomina»; attribuzione stabilita, secondo l'interpretazione del medesimo rimettente, dal combinato disposto dei commi 1 e 2 del suddetto articolo. Ne deriva che la questione sollevata investe entrambi i commi denunciati e che, pertanto, l'ordinanza di rimessione risulta adeguatamente motivata anche in relazione al comma 1 del citato art. 2.
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli artt. 105 e 110 della Costituzione, dei commi 1 e 2 dell'art. 2 della legge 14 marzo 2005, n. 41 (Disposizioni per l'attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell'Unione europea, che istituisce l'Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità), i quali, nel disciplinare la nomina del membro nazionale dell'Eurojust, prevedono che esso «(...) è nominato con decreto del Ministro della giustizia tra i giudici o i magistrati del pubblico ministero, che esercitano funzioni giudiziarie, o fuori del ruolo organico della magistratura, con almeno venti anni di anzianità di servizio (...)» (comma 1) e che «ai fini della nomina, il Ministro della giustizia, acquisite le valutazioni del Consiglio superiore della magistratura in ordine ad una rosa di candidati nell'ambito della quale provvederà ad effettuare la nomina stessa, richiede al medesimo Consiglio il collocamento del magistrato designato fuori del ruolo organico della magistratura o, nel caso di magistrato già in posizione di fuori ruolo, comunica al Consiglio superiore della magistratura la propria designazione» (comma 2). Il rimettente, pur muovendo dal duplice corretto presupposto secondo cui, per un verso, gli art. 105 e 110 Cost. riservano al Consiglio superiore della magistratura, e non al Ministro della giustizia, l'effettiva decisione in ordine ai provvedimenti che, conferendo funzioni proprie della magistratura ordinaria a magistrati ordinari, incidono sul loro status e che, per altro verso, le disposizioni denunciate riservano invece al Ministro della giustizia l'effettiva decisione sulla nomina del membro italiano presso l'Eurojust, erra tuttavia nel ritenere, quale passaggio argomentativo finale, che le funzioni proprie del membro nazionale presso l'Eurojust possano essere ricondotte a quelle giudiziarie «sostanzialmente proprie del magistrato» del pubblico ministero, sì da integrare la violazione dei parametri evocati. Invero, le funzioni che la decisione istitutiva e la normativa di attuazione attribuiscono all'Eurojust ed ai suoi membri non sono riconducibili a quelle giudiziarie che il magistrato del pubblico ministero esercita nel nostro ordinamento e, conseguentemente, non sono applicabili le norme interne previste per l'assegnazione di dette funzioni e, neppure quelle che la Costituzione pone a garanzia dell'indipendenza della magistratura.
La Corte ha avuto modo di chiarire che non può desumersi dall'art. 110 Cost. una competenza esclusiva ed accentrata degli uffici ministeriali di tutte le funzioni amministrative relative ai servizi giudiziari, che restano distribuite tra centro e periferia secondo le norme e le prassi statali fissate da tempo e ribadite dalla legge di delega sulla riforma dell'ordinamento giudiziario. Non è pertanto fondata, in riferimento all'art. 110 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, ultimo inciso, art. 2, commi 2, ultimo inciso, 3 e 4 e artt. 3 e 4 della legge della Regione Siciliana 31 maggio 2005, n. 6.
Nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato del Presidente della Repubblica avverso il rifiuto del Guardasigilli «di formulare la proposta di grazia» e di predisporre il relativo decreto di concessione, malgrado il Capo dello Stato avesse manifestato la propria determinazione di volere concedere a favore dell'interessato il provvedimento di clemenza, sussiste, sulla base dell'art. 110 Cost., la legittimazione passiva del Ministro della Giustizia, il quale è competente, ratione materiae , ad effettuare l'istruttoria sulla grazia, a predisporre il relativo decreto di concessione, a controfirmarlo ed a curarne l'esecuzione. > >- Il conflitto è stato, prima facie , ritenuto ammissibile con ordinanza n. 354/2005. > >- Sulla esclusione di «un'interpretazione restrittiva» dell'art. 110 Cost. in ordine alla legittimazione passiva del Ministro della Giustizia in sede di conflitto di attribuzione, v. citate sentenze n. 383/1993, n. 142/1973 e n. 168/1963. > >- Sulla legittimazione passiva del Ministro della Giustizia a resistere nei giudizi per conflitto quale «diretto titolare delle competenze determinate dall'art. 110 della Costituzione», il cui esercizio venga assunto come causa di menomazione delle attribuzioni di altri poteri dello Stato, v. citata sentenza n. 379/1992.
Non è ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto da "Tosti Luigi, nella qualità di magistrato monocratico ordinario [...] presso il Tribunale di Camerino" nei confronti del Ministro della Giustizia. Infatti, in tanto un organo giudiziario, con funzioni giudicanti, è legittimato a proporre conflitto tra poteri dello Stato, in quanto esso sia attualmente investito del processo, in relazione al quale soltanto i singoli giudici si configurano come organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono: nella specie, non solo nel ricorso, datato 25 novembre 2005, il ricorrente ammette di essersi astenuto dall'esercizio delle funzioni fin dal 9 maggio precedente, ma non prospetta alcuna menomazione delle attribuzioni costituzionalmente garantite agli appartenenti all'ordine giudiziario, esprimendo solo il personale disagio di un "lavoratore dipendente del Ministro della Giustizia" per lo stato dell'ambiente in cui deve svolgere la sua attività. > >- V., citata, ordinanza n. 144/2000.