Articolo 27 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 74/2025Depositata il 27/05/2025
È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., l?art. 63, terzo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede che «Quando concorrono una circostanza per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o una circostanza ad effetto speciale e la recidiva di cui all?art. 99, primo comma, cod. pen., si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave, ma il giudice può aumentarla». Il criterio del cumulo materiale previsto dalla disposizione censurata dal Tribunale di Firenze, sez. prima pen., nel caso di concorso di circostanze aggravanti ad effetto speciale o autonome con la recidiva semplice ? aggravante comune per la quale la legge n. 251 del 2005 ha previsto un aumento fisso di un terzo (e non fino ad un terzo) della pena ?, comporta conseguenze sanzionatorie manifestamente irragionevoli a fronte di quanto stabilito invece per le ipotesi di recidiva aggravata, che, quali aggravanti ad effetto speciale, beneficiano del trattamento, più favorevole perché discrezionale nella misura, previsto dal quarto comma della medesima disposizione (cumulo giuridico). In tal modo ad un minor grado di rimproverabilità soggettiva riscontrabile nella recidiva semplice rispetto alle più gravi ipotesi di recidiva aggravata può corrispondere, a parità di disvalore oggettivo del fatto, una pena irragionevolmente superiore e dunque sproporzionata e non ?individualizzata?, con conseguente violazione anche della funzione rieducativa della pena. Per evitare che la recidiva semplice comporti un aumento di pena maggiore di quello derivante dalla ricorrenza di recidive aggravate è pertanto necessario che anche nell?ipotesi della recidiva semplice trovi applicazione il criterio moderatore previsto dal quarto comma dell?art. 63. (Precedenti: S. 217/2023 - mass. 45906; S. 94/2023 - mass. 45533; S. 185/2021 - mass. 44243; S. 55/2021 - mass. 43738; S. 73/2020 - mass. 43274).
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 27
Pronuncia 55/2025Depositata il 22/04/2025
Sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Siena, sez. penale, in riferimento agli artt. 2, 3, 27, 29 e 30 Cost., dell?art. 34, secondo comma, cod. pen., nella parte in cui prevede che la pena della sospensione dall?esercizio della responsabilità genitoriale è disposta per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta. Le modalità argomentative del rimettente finiscono per impedire di enucleare con chiarezza il contenuto delle censure. Ciò perché l?ordinanza di rimessione è ambigua e incerta, prima ancora che sul tipo di intervento richiesto, sui vizi di legittimità costituzionale che inficerebbero la validità della norma censurata, ora individuati nell?impossibilità di modulare la durata della pena accessoria, ora indicati nella durata in misura doppia della, e non eguale alla, pena principale inflitta. D?altra parte, l?intervento sostitutivo richiesto, volto appunto a determinare il quantum di pena accessoria irrogabile nella misura fissa pari alla durata della pena principale, come attualmente prevede l?art. 37 cod. pen., è sfornito di motivazione, sicché, anche per tale profilo, le questioni sollevate non potrebbero essere scrutinate nel merito. Le argomentazioni in punto di non manifesta infondatezza del giudice a quo, infatti, ruotano tutte attorno alla predeterminazione fissa, operata dal legislatore, della durata della sospensione dall?esercizio della responsabilità genitoriale, mentre la richiesta sostituzione del quantum di pena di cui all?art. 34, secondo comma, cod. pen. con quello previsto dall?art. 37 cod. pen. avrebbe richiesto, quantomeno, una motivazione in ordine all?asserita irragionevolezza in sé della misura censurata, ove eventualmente ritenuta eccessiva nella sua estensione temporale doppia rispetto alla durata della pena principale. (Precedenti: S. 138/2024 - mass. 46309; S. 12/2024 - mass. 45977; S. 221/2023 - mass. 45912).
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 29
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 30
Pronuncia 41/2025Depositata il 10/04/2025
Per effetto della consumazione della potestas iudicandi in capo al rimettente, viene meno l?indefettibile presupposto della incidentalità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, con conseguente manifesta inammissibilità delle stesse. (Precedente: S. 212/2023 - mass. 45870).(Nel caso di specie, sono dichiarate manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, 111 e 117, primo comma, Cost., quest?ultimo in relazione agli artt. 5 e 6 CEDU, dal Tribunale di Bergamo, sez. seconda penale, in funzione di giudice dell?esecuzione, dell?art. 656, comma 5, cod. proc. pen., e degli artt. 47, commi 1 e 3-bis, e 47-ter e seguenti della legge n. 354 del 1975, i quali, rispettivamente, non prevedono che il PM sospenda l?esecuzione della pena detentiva anche quando il superamento del residuo della pena sia superiore a 4 anni a causa del mancato rispetto da parte del Tribunale di sorveglianza del termine massimo di 45 giorni stabilito dal successivo comma 6 nella decisione di una o più pregresse istanze di ammissione a misure alternative alla detenzione; degli artt. 47, commi 1 e 3-bis, e 47-ter e seguenti ordin. penit., nella parte in cui non prevedono la possibilità di ammissione alle misure alternative, rispettivamente dell?affidamento in prova ai servizi sociali e della detenzione domiciliare, anche quando, ferma la valutazione degli altri presupposti, il superamento del residuo di pena di 4, 3 o 2 anni sia dovuto al mancato rispetto da parte del Tribunale di sorveglianza del termine di 45 giorni stabilito già citato. In disparte ogni valutazione circa la correttezza del presupposto interpretativo dal quale muove il rimettente e la pertinenza delle questioni sollevate, il giudice a quo, con l?ordinanza di rimessione, si è pronunciato sulla domanda di sospensione dell?ordine di esecuzione proposta dal PM, esaurendo, così, la propria potestas iudicandi). (Precedente: S. 3/2023).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 656, comma 5
- legge-Art. 47, comma 1
- legge-Art. 47, comma 3
- legge-Art. 47 TER "SS."
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 111
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 5
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 6
Pronuncia 35/2025Depositata il 24/03/2025
È dichiarata manifestamente inammissibile, per sopravvenuta carenza di oggetto, la questione di legittimità costituzionale ? sollevata dal GUP del Tribunale di Palermo in riferimento agli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost. ? dell?art. 628 cod. pen., nella parte in cui non prevede che la pena comminata per il reato di rapina impropria possa essere diminuita, in misura non eccedente un terzo, quando, per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell?azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità. Successivamente all? ordinanza di rimessione, la sentenza n. 86 del 2024, in accoglimento di questioni analoghe, ha dichiarato l?illegittimità costituzionale in parte qua del secondo comma dell?art. 628 cod. pen., attinente alla rapina impropria ? e, in via consequenziale, del suo primo comma, inerente alla rapina propria ? nei termini auspicati dal rimettente, con la conseguenza che la questione è divenuta priva di oggetto. (Precedenti: S. 86/2024 - mass. 46164; S. 120/2023 - mass. 45597; O. 186/2024 - mass. 46437; O. 24/2024 - mass. 45976; O. 11/2024 - mass. 45975; O. 213/2023 - mass. 45874; O. 86/2023 - mass. 45496).
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 27
Pronuncia 30/2025Depositata il 18/03/2025
È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., l?art. 41-bis, comma 2-quater, lett. f), primo periodo, ordin. penit. limitatamente all?inciso «, ad una durata non superiore a due ore al giorno fermo restando il limite minimo di cui al primo comma dell?articolo 10». La disposizione censurata dal Tribunale di sorveglianza di Sassari stabilisce che la permanenza all?aperto per i detenuti in regime speciale non sia superiore a due ore al giorno, riducibili per motivi eccezionali in ragione di un rinvio materiale e non dinamico all?art. 10 ordin. penit. ? ossia alla norma precedente la riforma di cui al d.lgs. n. 123 del 2018 ?, mentre la novella indicata prende atto che la permanenza all?aperto costituisce un momento fondamentale per garantire l?equilibrio psicofisico dei detenuti, tanto da raddoppiare la relativa durata per i detenuti comuni, da due a quattro ore, elevando il limite minimo, pari a due ore, e contestualmente riservando una maggiore discrezionalità all?amministrazione penitenziaria, riguardo alla possibilità di ridurre le ore d?aria per giustificati motivi.La permanenza all?aperto nel regime speciale ex art. 41-bis ordin. penit. non è comparabile con quella del regime detentivo ordinario, quanto alle modalità concrete di svolgimento, perché consente una socialità delimitata, fruita dal detenuto in un gruppo di persone molto ristretto (non più di quattro, e quindi anche tre o due), opportunamente selezionato dall?amministrazione penitenziaria. Ciò che pregiudica lo scopo del regime speciale è l?eventuale errore di selezione del gruppo di socialità, non la quantità di tempo che un gruppo, ben scelto, può passare nei cortili. Il divieto di stare all?aperto oltre la seconda ora, mentre comprime, in misura ben maggiore del regime ordinario, la possibilità per i detenuti di fruire di luce naturale e di aria, nulla fa guadagnare alla collettività in termini di sicurezza, determinando quindi un improprio surplus di punizione. Nemmeno, infine, potrebbe individuarsi un diverso limite in quello di due ore al giorno, stabilito per i detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare (art. 14-quater, comma 4, ordin. penit.), in quanto esso ha natura disciplinare, applicabile ai detenuti che si ritiene possano gravemente compromettere la regolarità della vita d?istituto, e non può essere esteso in via analogica ai ristretti nel differente regime speciale, per i quali deve quindi trovare applicazione il regime ordinario.
Norme citate
- legge-Art. 41 BIS, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 3
Pronuncia 27/2025Depositata il 07/03/2025
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal GUP del Tribunale di Vicenza, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dell?art. 5, comma 8-bis, t.u. immigrazione, nella parte in cui prevede il medesimo trattamento sanzionatorio sia per il delitto di utilizzo di documenti contraffatti o alterati, sia per quelli di contraffazione o alterazione di documenti descritti nella stessa norma, non prevedendo in particolare che la pena edittale per l?utilizzo suddetto sia determinata riducendo di un terzo la pena prevista per le condotte di contraffazione o alterazione dei documenti medesimi, analogamente a quanto disposto dall?art. 489 cod. pen. La disposizione censurata sottopone all?unica cornice edittale che spazia da uno a sei anni di reclusione tre tipologie di condotte: (a) la contraffazione o alterazione di un titolo di soggiorno o di ingresso; (b) la contraffazione o alterazione di un diverso documento al fine di determinare il rilascio di un documento di soggiorno o di ingresso; nonché (c) l?utilizzazione di uno dei documenti contraffatti o alterati appartenenti alle categorie (a) e (b). A differenza di quanto sostenuto dal rimettente, le prime due fattispecie non sono connotate da un maggiore disvalore rispetto alla condotta sub categoria (c), perché l?utilizzazione del documento presuppone, nella generalità dei casi, un previo concorso, quanto meno morale, dell?utilizzatore nella falsificazione del documento stesso. Quanto all?asserito diverso grado di progressione criminosa che connoterebbe le tre fattispecie, è semmai vero il contrario: la condotta sub (a) e sub (b) costituisce condotta preparatoria rispetto a quella di presentazione del documento da parte dell?interessato alle autorità di polizia, essendo proprio quest?ultima condotta a creare un immediato pericolo per il bene giuridico protetto, ledendo l?ordinata gestione dei flussi migratori. Neppure sussiste una violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto al tertium comparationis rappresentato dall?art. 489 cod. pen. Le ragioni che hanno indotto il legislatore del 1930 a prevedere una generale riduzione di pena per chi abbia semplicemente usato l?atto falso, senza essere concorso nella sua falsità, non paiono necessariamente sussistenti anche con riferimento agli speciali documenti cui si riferisce la disposizione censurata, rispetto ai quali non è agevole ipotizzare, già sul piano fattuale, una loro utilizzazione in assenza di un previo concorso nella loro falsificazione; e rispetto ai quali, comunque, è proprio il momento dell?utilizzazione a creare un immediato pericolo per l?interesse che il legislatore intende tutelare. Dalla non fondatezza delle censure sollevate in riferimento al principio di uguaglianza discende anche la non fondatezza di quelle relative alla funzione rieducativa della pena. (Precedenti: S. 63/2022 - mass. 44732; S. 236/2016 - mass. 39110; S. 250/2010 - mass. 34826).
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 5, comma 8
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 27
Pronuncia 24/2025Depositata il 07/03/2025
La presunzione di innocenza, di cui all?art. 27, secondo comma, Cost., lungi dal limitare i propri effetti all?interno del singolo procedimento o processo penale avente ad oggetto la possibile responsabilità penale dell?individuo, implica un generale divieto di considerare quello stesso individuo colpevole del reato a lui ascritto nell?ambito di qualsiasi procedimento giudiziario parallelo allo stesso procedimento o processo penale, sino a che la colpevolezza sia stata giudizialmente accertata, in via definitiva, nella sede sua propria.. (Precedenti: S. 163/2024 - mass. 46379; S. 182/2021; O. 210/2020 - mass. 42932; O. 101/2019 - mass. 41940; O. 107/1998 - mass. 23794).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 27
Pronuncia 24/2025Depositata il 07/03/2025
Nella materia dei benefici penitenziari, è criterio costituzionalmente vincolante quello che esclude i rigidi automatismi e richiede, invece, una valutazione individualizzata e caso per caso; ove non fosse consentito il ricorso a criteri individualizzanti l?opzione repressiva finirebbe, infatti, per relegare nell?ombra il profilo rieducativo. Gli automatismi in materia di revoca o preclusione dei benefici penitenziari e delle misure alternative conseguenti alla commissione di nuovi reati da parte del condannato sono, pertanto ? in via tendenziale ? costituzionalmente illegittimi, in ragione della necessità che il giudice della sorveglianza valuti il significato concreto del fatto rispetto al percorso trattamentale del condannato e alla sua eventuale persistente pericolosità sociale. (Precedenti: S. 173/2021 - mass. 44142; S. 56/2021 - mass. 43735; S. 253/2019 - mass. 41928; S. 149/2018 - mass. 39985; S. 189/2010 -mass. 34691; S. 257/2006; S. 436/1999 - mass. 25027; S. 403/1997; S. 173/1997 - mass. 23293; S. 186/1995 - mass. 21447).(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell?art. 27, commo secondo e terzo, Cost., l?art. 30-ter, comma 5, della legge n. 354 del 1975, ai sensi del quale la concessione dei permessi premio è ammessa, nei confronti dei soggetti che, durante l?espiazione della pena o delle misure restrittive, hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso durante l?espiazione della pena o l?esecuzione di una misura restrittiva, soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto. Rimeditata la sentenza n. 296 del 1997 ? che aveva risolto nel senso della non fondatezza le medesime questioni ?, tenendo conto dell?evoluzione del contesto normativo e giurisprudenziale, la disposizione censurata dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto viola i principi costituzionali della presunzione di non colpevolezza e della necessaria finalità rieducativa della pena. Sotto il primo profilo, infatti, il citato precedente risulta distonico rispetto alle declinazioni che la Corte EDU, il diritto UE e la giurisprudenza costituzionale hanno conferito, nel frattempo, alla presunzione di non colpevolezza, da estendersi a tutti i procedimenti giudiziari nei quali possa assumere una qualche rilevanza un fatto di reato addebitato alla persona in un procedimento penale, ma in quella sede non ancora definitivamente accertato. Confligge, quindi, con tale principio la disposizione censurata che obbliga il magistrato di sorveglianza all?adozione di un provvedimento negativo a carico dell?interessato, per il solo fatto che questi sia stato imputato di un reato da parte del PM, sottraendogli ogni margine di apprezzamento sulla consistenza della notitia criminis e impedendogli di ascoltare l?imputato e il suo difensore. Sotto il secondo profilo, il censurato automatismo ? azzerando ogni margine valutativo in capo al magistrato di sorveglianza sul percorso trattamentale del detenuto e sulla sua eventuale persistente pericolosità sociale, per un lasso di tempo non trascurabile ? confligge anche col principio della necessaria finalità rieducativa della pena e, in particolare, con la necessità di una valutazione individualizzata e caso per caso, richiesta per la concessione dei benefici penitenziari. Il venir meno dell?automatismo non esclude che, nell?accertare la regolare condotta del condannato, il magistrato di sorveglianza debba tener conto anche di eventuali notitiae criminis, essendo, tuttavia, essenziale che quest?ultimo possa valutare liberamente le condotte e, pur in presenza di una condanna definitiva del richiedente, valutare il concreto rilievo del fatto, giudizialmente accertato in altra sede, ai fini della decisione a lui affidata, tenendo conto dei contributi della difesa).
Norme citate
- legge-Art. 30 TER, comma 5
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 27
Pronuncia 7/2025Depositata il 04/02/2025
La confisca del ?profitto? di un illecito ha mera funzione ripristinatoria della situazione patrimoniale precedente alla commissione del fatto in capo all?autore. Ciò vale, allo stesso modo, per le confische disposte dall?autorità amministrativa e per quelle disposte dal giudice penale. Al contrario, la confisca dei ?beni utilizzati per commettere l?illecito? (o semplicemente ?beni strumentali?) incide su beni non ottenuti attraverso un?attività criminosa, e che dunque, di regola, erano legittimamente posseduti dall?autore del reato al momento del fatto; sicché la loro ablazione ad opera del giudice penale determina un peggioramento della sua situazione patrimoniale preesistente al reato. Il che senz?altro esclude che tale misura possa avere una natura meramente ?ripristinatoria? dello status quo ante. Alla confisca (obbligatoria) dei beni strumentali deve riconoscersi pertanto natura autenticamente ?punitiva?, senza che sia invece necessario accertare nel caso concreto la possibilità di un loro uso illecito futuro, quale condizione per poter disporne l?ablazione. Laddove, dunque, la confisca in parola sia disposta dal giudice penale, come nel caso disciplinato dall?art. 2641, primo comma, cod. civ., nulla osta a riconoscere che essa debba essere qualificata come vera e propria ?pena? di carattere patrimoniale, che si aggiunge alle altre sanzioni principali previste in conseguenza della commissione di ciascun reato. (Precedente: S. 112/2019 - mass. 42629).Alla confisca di beni o somme di valore equivalente ai beni utilizzati per commettere il reato deve riconoscersi natura autenticamente ?punitiva?, perché in linea generale mira a far sì che il reo subisca, nel suo patrimonio complessivo, la medesima perdita, in termini economici, che avrebbe sofferto laddove fosse stato possibile eseguire, in via diretta, l?ablazione degli specifici beni dei quali la legge dispone la confisca; sì da evitare che egli possa continuare a godere delle utilità derivanti da tali beni, una volta che li abbia comunque messi al riparo dalla pretesa ablatoria statale.Dalla riconosciuta natura di pena della confisca di beni strumentali e della confisca per equivalente deriva il loro assoggettamento all?insieme dei principi e delle garanzie che governano la previsione legislativa, l?applicazione e l?esecuzione delle pene. Tra tali principi, viene qui in considerazione la necessità che la pena non costituisca una reazione sproporzionata rispetto alla gravità del reato: necessità che discende, in particolare, dagli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., ma che deriva, altresì, dagli obblighi unionali cui l?Italia è vincolata ai sensi degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., e in particolare dall?art. 49, par. 3, CDFUE. Rispetto alle pene che, come le confische in parola, si risolvano nell?ablazione di una parte del patrimonio della persona interessata, la necessaria proporzionalità della pena ha come termine di relazione non soltanto la gravità oggettiva e soggettiva del reato, ma anche le condizioni economiche e patrimoniali del soggetto colpito dalla pena. (Precedenti: S. 73/2020 - mass. 43274; S. 112/2019 - mass. 42628; S. 196/2010 - mass. 34707).Mentre la pena detentiva comprime la libertà personale, bene primario posseduto da ogni essere vivente, la pena pecuniaria incide sul patrimonio, bene che non inerisce naturalmente alla persona umana. Da ciò deriva che la pena pecuniaria strutturalmente comporta l?inconveniente di una disuguale afflittività e al limite, dell?impossibilità di applicarla, in funzione delle diverse condizioni economiche dei soggetti condannati. Dunque, mentre l?impatto di pene detentive di eguale durata può in linea di principio ipotizzarsi come omogeneo per ciascun condannato, così non è per le pene pecuniarie. Conseguentemente vi è la necessità costituzionale di un meccanismo di adeguamento della pena pecuniaria alle diverse condizioni economiche dei condannati. Condizione essenziale a garantire la compatibilità con i principi costituzionali delle pene pecuniarie è, allora, che l?autorità preposta alla loro applicazione disponga di un potere discrezionale rispetto alla loro applicazione, sì da evitare non solo che la sanzione pecuniaria risulti esorbitante rispetto alla capacità del condannato di farvi fronte, ma anche che essa possa determinare un effetto palesemente eccessivo sulle sue stesse condizioni di vita. (Precedenti: S. 28/2022 - mass. 44620; S. 131/1979 - mass. 13298).(Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità della pena di cui agli artt. 3, 27, terzo comma, nonché agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., questi ultimi in relazione all?art. 49, par. 3, CDFUE, l?art. 2641, secondo comma, cod. civ., nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato. La disposizione censurata dalla Cassazione, sez. quinta penale vincola obbligatoriamente il giudice ad applicare la confisca per equivalente anche quando, nel caso concreto, essa risulti manifestamente sproporzionata, ponendosi così in contrasto con il principio di proporzionalità, che invece deve rispettare, dal momento che essa ha la natura di vera e propria pena di carattere patrimoniale, così come confermato dal diritto comparato e dal diritto dell?Unione europea. Il vizio della disposizione censurata sta nel fatto che la obbligatorietà vincola il giudice ad applicare la misura anche quando, nel caso concreto, il suo impatto risulterebbe sproporzionato rispetto alla gravità del reato e alle condizioni economiche e patrimoniali dell?interessato. Queste incongruità si amplificano ove si consideri che il diritto vivente considera applicabile la confisca per equivalente anche a carico di persone diverse da quelle che erano proprietarie del bene utilizzato per la commissione del reato, purché si tratti di persone penalmente responsabili, o corresponsabili, della sua commissione. Rispetto, tuttavia, alla possibilità di una pronuncia che sostituisca l?attuale previsione della confisca obbligatoria con una corrispondente confisca meramente facoltativa, è doveroso cedere il passo alla valutazione del legislatore, non potendo la Corte costituzionale introdurre una novità di sistema laddove non sia reperibile una soluzione all?interno dell?ordinamento costituzionalmente adeguata. Al contrario, la mera ablazione del frammento di disposizione riferito alla confisca per equivalente dei beni strumentali non crea alcun intollerabile vuoto di tutela degli interessi protetti dalle norme penalmente sanzionate, giacché resta ferma la confisca obbligatoria del profitto, diretta o per equivalente, a carico di qualunque persona, fisica o giuridica, che risulti avere effettivamente conseguito le utilità derivanti dal reato). (Precedente: S. 252/2012 - mass. 36713).
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 11
- Costituzione-Art. 117
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 49
Pronuncia 2/2025Depositata il 17/01/2025
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte di assise di Cassino in riferimento agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., dell?art. 438, comma 1-bis, cod. proc. pen., come introdotto dall?art. 1, comma 1, lett. a), della legge n. 33 del 2019. Contrariamente a quanto assume la Corte rimettente, non v?è ragione per negare alla regola incorporata nella disposizione censurata una solida ragionevolezza, perché la scelta legislativa di far dipendere l?accesso al giudizio abbreviato dalla sussistenza di una circostanza a effetto speciale esprime un giudizio di disvalore della fattispecie astratta marcatamente superiore a quello che connota la corrispondente fattispecie non aggravata. Né l?esclusione di alcune categorie di reati, come attualmente quelli punibili con l?ergastolo, in ragione della maggiore gravità di essi, determina una ingiustificata disparità di trattamento rispetto agli altri reati, trattandosi di situazioni non omogenee; e neppure può ritenersi irragionevole che essa stabilisca una medesima preclusione all?accesso al giudizio abbreviato per tutti gli imputati di reati punibili con la pena dell?ergastolo, poiché quest?ultima segnala un giudizio di speciale disvalore della figura astratta del reato che il legislatore, sulla base di una valutazione discrezionale, che non è qui oggetto di censure, ha ritenuto di formulare. Quanto all?altro vizio prospettato dal giudice a quo, per cui la preclusione in parola risulterebbe ancora più irragionevole dopo l?entrata in vigore dell?art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., che attribuisce al giudice dell?esecuzione il potere di ridurre di un sesto la pena inflitta nel caso in cui la sentenza di condanna resa in esito allo svolgimento di un giudizio abbreviato non sia stata impugnata né dall?imputato né dal suo difensore, l?ordinanza di rimessione non mostra di considerare la specificità che assume il principio di proporzionalità della pena nel caso del trattamento sanzionatorio del delitto di omicidio. Nel caso dell?omicidio, peraltro, la considerazione da prestare doverosamente a questi profili è acuita dalla circostanza che esso può essere connotato, nei casi concreti, da livelli di gravità notevolmente differenziati, con riguardo tanto al profilo oggettivo quanto a quelli soggettivi. Proprio la necessità, costituzionalmente avvalorata, di una graduazione quoad poenam, unitamente alla considerazione per i caratteri del fatto di reato contestato all?imputato nel giudizio a quo, chiariscono pertanto perché può ritenersi non fondata la censura sollevata dalla Corte rimettente, sia in relazione alla violazione del principio di ragionevolezza, sia con riguardo al connesso profilo di violazione del principio di rieducatività della pena. Quanto, infine, all?argomento per cui l?inammissibilità della richiesta di accesso al giudizio abbreviato sarebbe stata determinata senza un adeguato vaglio da parte del GUP, contrariamente a quanto richiesto dai principi del giusto processo, nell?impianto della riforma del 2019 la preclusione all?accesso al giudizio abbreviato dipende solo nella fase iniziale dalla valutazione del PM sull?oggetto della contestazione. Tale valutazione è poi oggetto di puntuale vaglio da parte dei giudici che intervengono nelle fasi successive del processo, ed è sempre suscettibile di correzione, quanto meno nella forma del riconoscimento della riduzione di pena connessa alla scelta del rito, come accade rispetto a ogni altro rito alternativo; questa affermazione vale anche per il giudizio immediato. (Precedenti: S. 260/2020 - mass. 43104; O. 214/2021 - mass. 44330; O. 163/1992 - mass. 18330).
Norme citate
- codice di procedura penale-Art. 438, comma 1
- legge-Art. 1, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 111
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.