Articolo 121 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per genericità o incertezza delle censure e del petitum , formulata nel giudizio di legittimità costituzionale - promosso dalla Regione Calabria in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 121 Cost. - degli artt. 1, comma 2, 2, commi 1 e 2, 3, comma 1, 6, comma 2, e 7, commi 1, 3 e 4, del d.l. n. 150 del 2020, come convertito. Il nucleo essenziale delle questioni è ben individuabile.
Dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 81, terzo comma, 117, quarto comma, 119, 120, secondo comma, Cost., l'art. 1, comma 2, del d.l. n. 150 del 2020, come convertito, restano assorbite le ulteriori censure poste in riferimento all'art. 121 Cost.
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - promosse dalla Regione Calabria in riferimento agli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, 120, secondo comma, e 121 Cost., nonché al principio di leale collaborazione - degli artt. 2, commi 1 e 2, 3, comma 1, 6, comma 2, e 7, commi 1, 3 e 4, del d.l. n. 150 del 2020, come convertito, che rispettivamente, disciplinano: le modalità di nomina di un commissario straordinario per ogni ente, o anche per più enti, del Servizio sanitario regionale (SSR); l'affidamento degli appalti di lavori, servizi e forniture; le procedure per avvalersi dei mezzi di acquisto e di negoziazione; e che, inoltre stabiliscono il periodo temporale di vigenza delle disposizioni impugnate e prevedono la possibilità, da parte del Consiglio dei ministri, di aggiornare il mandato commissariale; nonché stabiliscono la cessazione dei direttori generali degli enti del SSR e di ogni ulteriore organo ordinario o straordinario preposto ad aziende o enti del medesimo servizio sanitario, eventualmente nominati dalla Regione dopo il 3 novembre 2020. Le norme impugnate risultano fisiologicamente ascrivibili al potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost., nonché alla competenza statale nella materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti il diritto alla salute e ai principi fondamentali della materia del coordinamento della finanza pubblica, poiché introducono misure straordinarie volte a rafforzare i poteri del commissario ad acta nella perdurante sussistenza di una situazione estremamente critica nella sanità calabrese e pongono precetti che sono funzionali allo scopo dell'erogazione dei LEA e del raggiungimento degli obiettivi economico-finanziari. Esse non si pongono in contrasto con il principio di leale collaborazione, poiché la partecipazione della Regione al percorso di risanamento risulta assicurata dal confronto con lo Stato in sede di verifica dell'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario; peraltro tale principio non è applicabile alle procedure legislative, ove non imposto direttamente dalla Costituzione. ( Precedenti citati: sentenze n. 37 del 2021, n. 233 del 2019 e n. 200 del 2019 ).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - promosse dalla Regione Calabria in riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, 120 e 121 Cost. - dell'art. 2, commi 1 e 2, e 7, comma 4, del d.l. n. 150 del 2020, come convertito che, nell'ambito delle misure urgenti per il rilancio della sanità calabrese, disciplinano le modalità di nomina dei commissari straordinari degli enti del Servizio sanitario regionale (SSR) e la cessazione dalle funzioni degli organi eventualmente nominati dalla Regione dopo il 3 novembre 2020. Le norme impugnate vanno ricondotte in via prevalente a titoli di competenza esclusiva statale, sia perché concernenti l'esercizio del potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost., sia perché ascrivibili alla materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, di cui all'art. 117, secondo comma, lett. m ), Cost.
Sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, promosse dalla Regione Calabria in riferimento agli artt. 81, terzo comma, 117, 119 e 121 Cost., dell'art. 3, comma 1, del d.l. n. 150 del 2020, come convertito che, nell'ambito delle misure urgenti per il rilancio della sanità calabrese, prevede la possibilità per il commissario ad acta di avvalersi dei mezzi di acquisto e di negoziazione aventi ad oggetto beni, servizi e lavori di manutenzione messi a disposizione dalla Consip spa ovvero, previa convenzione, da centrali di committenza delle Regioni limitrofe o dalla centrale di committenza della Regione Calabria. Le censure sono oscure e contraddittorie, nonché generiche ed assertive, e la lacuna motivazionale porta, altresì, a ritenere del tutto insufficiente anche la dimostrazione della ridondanza sulle competenze regionali ritenute lese.
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità - per impropria censura sul modo di esercizio della funzione giurisdizionale - formulata dal Governo nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito della sentenza del TAR Puglia, sede di Bari, sezione prima, 21 febbraio 2019, n. 260, con cui è stato annullato il verbale n. 63 del 22 ottobre 2018 della VII commissione consiliare permanente del Consiglio regionale della Puglia, attestante la composizione della medesima commissione. La Regione ricorrente contesta la sussistenza stessa del potere del giudice amministrativo, che avrebbe agito in carenza assoluta di giurisdizione, ledendo le proprie attribuzioni, garantite dagli artt. 114, secondo comma, 117, 121, primo e secondo comma, 123 Cost., nonché riconosciute ai consiglieri regionali dall'art. 122, quarto comma, Cost. ( Precedenti citati: sentenze n. 2 del 2018, n. 235 del 2015 e n. 107 del 2015 ).
È dichiarato che non spettava allo Stato, e, per esso, al TAR Puglia, sede di Bari, sezione prima, annullare il verbale n. 63 del 22 ottobre 2018 della VII commissione consiliare permanente del Consiglio regionale della Puglia attestante la composizione della medesima commissione, ed è annullata, per l'effetto, la sentenza del TAR Puglia 21 febbraio 2019, n. 260. Da un lato, la scelta in ordine alla composizione di una commissione consiliare è diretta espressione della potestà di autorganizzazione spettante al Consiglio regionale, dall'altro essa finisce per essere assorbita tra le garanzie che assistono lo svolgimento della funzione legislativa regionale, cui le commissioni consiliari permanenti contribuiscono in modo determinante: di talché ogni sindacato esterno sulle decisioni relative alla composizione di tali commissioni è svolto in difetto assoluto di giurisdizione, determinando una lesione delle attribuzioni costituzionali previste dagli artt. 114, secondo comma, 117 e 121, secondo comma, Cost., come lamentato dalla Regione Puglia ricorrente. Va aggiunto che, nel caso di specie, non manca una procedura cui i consiglieri regionali possono ricorrere per prospettare l'asserita lesione delle loro prerogative. L'art. 5 del regolamento interno del Consiglio regionale stabilisce, infatti, che l'ufficio di presidenza del Consiglio regionale (nel quale sono necessariamente presenti anche componenti provenienti da gruppi di opposizione) ha il compito di assicurare "l'esercizio dei diritti dei Consiglieri, tutelandone le prerogative".
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - promosse dalla Regione Calabria in riferimento agli artt. 5, 117, 119, 120 e 121 Cost. - degli artt. da 1 a 6, 8, 9, 14 e 15 del d.l. n. 35 del 2019, conv., con modif., nella legge n. 60 del 2019, nella parte in cui prevedono misure emergenziali per il risanamento del servizio sanitario della Regione Calabria, con conferimento al Commissario ad acta di nuovi poteri per l'attuazione degli obiettivi del piano di rientro dal disavanzo sanitario e per la tutela dei livelli essenziali di assistenza (LEA). L'intervento normativo impugnato è riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato non soltanto perché attinente all'esercizio del potere sostitutivo statale ex art. 120 Cost. - che può estrinsecarsi anche attraverso l'adozione di atti normativi, ai sensi dell'art. 8 della legge n. 131 del 2003 - ma soprattutto perché rientrante sia nella sua competenza esclusiva in tema di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», sia, nella misura in cui risponde alla funzione di orientare la spesa sanitaria verso una maggiore efficienza, nell'ambito dei principi fondamentali della materia concorrente «coordinamento della finanza pubblica». Le concorrenti competenze regionali (anche in materia di tutela della salute e governo del territorio), con le quali l'impugnata normativa statale interferisce, non risultano violate ma solo temporaneamente ed eccezionalmente "contratte", in ragione della pregressa inerzia regionale o, comunque, del non adeguato esercizio delle competenze stesse, mentre le procedure collaborative tra Stato e Regione non rilevano nel sindacato di legittimità del decreto-legge, la cui adozione è subordinata alla mera occorrenza di "casi straordinari di necessità e d'urgenza".
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per carenza di lesività, formulata nel giudizio principale di legittimità costituzionale della legge reg. Veneto n. 28 del 2016. La legge impugnata dal Governo non contiene semplici aspirazioni o enunciati meramente ottativi, ma precetti a contenuto normativo; né i suoi contenuti potrebbero mai essere interpretati come semplice espressione di una richiesta, rivolta allo Stato, di dare effettiva attuazione alla Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali nel territorio della Regione Veneto, in quanto essa è già stata ratificata e recepita con legge n. 302 del 1997. ( Precedente citato: sentenza n. 245 del 2017 ). Lo strumento di cui ogni Regione dispone per stimolare l'intervento dello Stato negli ambiti di sua competenza non è l'approvazione di una legge regionale, ma piuttosto l'iniziativa legislativa delle leggi statali, attribuita a ciascun Consiglio regionale dall'art. 121 Cost. ( Precedente citato: sentenza n. 170 del 2010 ).
È dichiarato estinto - per rinuncia parziale al ricorso, accettata dal Presidente del Consiglio dei ministri costituito in giudizio - il processo relativo alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma 1, lett. b ), n. 1), del d.l. n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, nella legge n. 164 del 2014, promossa dalla Regione Campania in riferimento agli artt. 97, 114, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 120, 121 e 123, primo comma, Cost. Nei giudizi di legittimità costituzionale in via principale la rinuncia alla impugnazione della parte ricorrente, accettata dalla resistente costituita, determina l'estinzione dei processi ai sensi dell'art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. ( Precedenti citati: ordinanze n. 49 del 2017, n. 264 del 2016, n. 171 del 2016, n. 62 del 2016 e n. 6 del 2016 ).