Articolo 98 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 280/2020Depositata il 23/12/2020
È dichiarata manifestamente inammissibile, per difetto di motivazione sulla rilevanza, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, in riferimento agli artt. 97 e 98 Cost. - dell'art. 2, comma 160, del d.l. n. 262 del 2006, conv. con modif. nella legge n. 286 del 2006, che estende ai direttori delle Agenzie fiscali, e segnatamente al direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, il regime di cessazione automatica dell'incarico conseguente al decorso di novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo previsto dall'art. 19, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001 (c.d. spoils system ). Il rimettente prospetta in modo non adeguato le conseguenze applicative derivanti da un eventuale accoglimento della questione sollevata, poiché nulla argomenta in ordine alla possibile ricaduta, che in ipotesi dovrebbe avere la dichiarazione di illegittimità costituzionale, sia sull'atto amministrativo di nomina, sia sull'atto negoziale, rappresentato dal contratto di lavoro, entrambi fonte diretta della clausola di cessazione automatica dell'incarico. Il rimettente ha anche omesso di indagare la reale portata delle clausole pattuite dai contraenti, così inficiando il passaggio nell'iter logico-giuridico da una domanda principale a una subordinata. Parimenti insufficiente, infine, è la ricostruzione del quadro normativo di riferimento, poiché il rimettente non si confronta con l'evoluzione della complessa normativa al fine di poter predicare, anche in termini di sola plausibilità, le conseguenze dell'invocata dichiarazione di illegittimità costituzionale sia sul decreto presidenziale di nomina, sia sul contratto di lavoro, nella parte in cui l'uno e l'altro contenevano anch'essi, con rinvio recettizio, lo stesso meccanismo di cessazione automatica dell'incarico, inizialmente esteso espressamente anche ad incarichi dirigenziali conferiti a soggetti esterni alla pubblica amministrazione, qual era il ricorrente. ( Precedenti citati: sentenze n. 246 del 2011, n. 124 del 2011; ordinanza n. 100 del 2007 ).
Norme citate
- decreto-legge-Art. 2, comma 160
- legge-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 98
Pronuncia 39/2020Depositata il 06/03/2020
È dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale, promossa dal Governo in riferimento agli artt. 97 e 98 Cost., dell'art. 11 della legge reg. Toscana n. 3 del 2019, che, sostituendo l'art. 18, comma 2, della legge reg. Toscana n. 1 del 2009, prevede che nel corso dell'incarico dirigenziale il direttore generale e i direttori, per specifiche esigenze organizzative, possano, sentiti i dirigenti interessati, disporre la modifica dell'incarico o assegnarli ad incarico di livello corrispondente, ovvero, con il loro consenso, ad un incarico di differente livello. L'art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, invocato come parametro interposto, non reca i princìpi della necessaria consensualità della modifica dell'incarico e della sua non revocabilità al di fuori dei casi di responsabilità dirigenziale, in quanto, se vieta la revoca dell'incarico dirigenziale fondata su valutazioni al di fuori dei presupposti e delle modalità previsti dal successivo art. 21, non esclude la modifica o la revoca per specifiche e comprovate esigenze organizzative della pubblica amministrazione, quali la soppressione di un servizio o l'accorpamento di unità o importanti modifiche della pianta organica o, ancora, la sopravvenuta impossibilità materiale o giuridica di raggiungimento dell'obiettivo prefissato. La necessità di consentire il mutamento o la revoca dell'incarico dirigenziale in presenza delle cennate obiettive esigenze organizzative, infatti, è immanente al sistema, perché risponde ai fondamentali princìpi di buon andamento, efficienza ed efficacia dell'attività amministrativa, mentre non conforme a essi è l'opposta opzione interpretativa dell'immutabilità del singolo incarico dirigenziale, anche ove venga meno la struttura amministrativa da dirigere o, al contrario, la permanenza in vita di una struttura. Il mutamento o la revoca dell'incarico per giustificate ragioni oggettive non possono in alcun modo essere utilizzati per mascherare illegittime rimozioni di dirigenti sgraditi ad opera dei dirigenti generali o camuffare ipotesi di responsabilità dirigenziale, non accertate nelle forme e con le garanzie previste dagli artt. 19 e 21 del d.lgs. n. 165 del 2001 e imposte dalla consolidata giurisprudenza costituzionale, forme e garanzie il cui rispetto potrà essere oggetto di vaglio in sede giurisdizionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 23 del 2019, n. 52 del 2017, n. 15 del 2017, n. 20 del 2016, n. 104 del 2007, e n. 103 del 2007 ).
Norme citate
- legge della Regione Toscana-Art. 11
- legge della Regione Toscana-Art. 18, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 98
- decreto legislativo-Art. 19
Pronuncia 170/2018Depositata il 20/07/2018
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla sez. disciplinare del Consiglio superiore della magistratura in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 49 e 98 Cost. - dell'art. 3, comma 1, lett. h), del d.lgs. n. 109 del 2006, nel testo sostituito dall'art. 1, comma 3, lett. d), n. 2), della legge n. 269 del 2006. La previsione, quale illecito disciplinare, dell'iscrizione o della partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici anche per i magistrati fuori del ruolo organico perché collocati in aspettativa "per motivi elettorali", esprime il bilanciamento - demandato dalla Costituzione al legislatore - tra la libertà dei magistrati di associarsi in partiti, e l'esigenza di assicurarne l'indipendenza e l'imparzialità, anche davanti all'opinione pubblica, al fine di impedire i condizionamenti all'attività giudiziaria che potrebbero derivare dal legame stabile che i magistrati contrarrebbero iscrivendosi a un partito o partecipando in misura significativa alla sua attività. Né è irragionevole - tanto più in un contesto normativo che consente ai magistrati di tornare alla giurisdizione - mantenere separata la fattispecie disciplinare censurata dall'altra ipotesi, che la legge a determinate condizioni consente, di accesso dei magistrati alle cariche elettive e agli uffici pubblici di natura politica. Il magistrato, come qualunque cittadino, ben può infatti svolgere una campagna elettorale o compiere atti tipici del suo mandato od incarico politico senza necessariamente assumere, al contempo, tutti quei vincoli (a partire dallo stabile schieramento che l'iscrizione testimonia) che normalmente discendono dalla partecipazione organica alla vita di un partito politico. Il tenore della disposizione censurata consente al prudente apprezzamento del giudice disciplinare stabilire in concreto se la condotta del magistrato fuori ruolo possa legittimamente incontrare la vita di un partito, o se costituisca invece illecito disciplinare, meritando appropriata sanzione. ( Precedenti citati: sentenze n. 224 del 2009 e n. 172 del 1982 ). In linea generale, se i magistrati debbono godere degli stessi diritti di libertà garantiti ad ogni altro cittadino, le funzioni esercitate e la qualifica che rivestono non sono indifferenti e prive di effetto per l'ordinamento costituzionale, al fine di stabilire i limiti che possono essere opposti all'esercizio di quei diritti, che sono giustificati sia dalla particolare qualità e delicatezza delle funzioni giudiziarie, sia dai principi costituzionali di indipendenza e imparzialità (artt. 101, secondo comma, 104, primo comma, e 108, secondo comma, Cost.) che le caratterizzano, e che vanno tutelati non solo con specifico riferimento all'esercizio delle funzioni giudiziarie, ma anche quali criteri ispiratori di regole deontologiche da osservarsi in ogni comportamento di rilievo pubblico, al fine di evitare che dell'indipendenza e imparzialità dei magistrati i cittadini possano fondatamente dubitare. ( Precedenti citati: sentenze n. 224 del 2009 e n. 100 del 1981 ). Il cittadino-magistrato gode certamente dei diritti fondamentali di cui agli artt. 17, 18 e 21 Cost., il cui esercizio gli consente di manifestare legittimamente le proprie idee, anche di natura politica, a condizione però che ciò avvenga con l'equilibrio e la misura che non possono non caratterizzare ogni suo comportamento di rilevanza pubblica. ( Precedente citato: sentenza n. 224 del 2009 ). La rappresentanza politica, nella Costituzione repubblicana, è in principio rappresentanza attraverso i partiti politici, i quali, ai sensi dell'art. 49 Cost., sono le associazioni che consentono ai cittadini di concorrere, con metodo democratico, a determinare, anche attraverso la partecipazione alle elezioni, la politica nazionale. ( Precedente citato: sentenza n. 35 del 2017 ).
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 3, comma 1
- legge-Art. 1, comma 3
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 18
- Costituzione-Art. 49
- Costituzione-Art. 98
Pronuncia 15/2017Depositata il 24/01/2017
È dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione degli artt. 3, 97 e 98 Cost. - l'art. 2, comma 20, del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, nella parte in cui prevede che all'esito del processo di cui al primo periodo del medesimo comma 20, e comunque non oltre il 1° novembre 2012, cessano tutti gli incarichi in corso a quella data, di prima e seconda fascia, conferiti ai sensi dell'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001. La norma censurata dal Tribunale di Roma (sez. lavoro), mentre dispone la cessazione automatica dei suddetti incarichi dirigenziali in esito ad un processo di riorganizzazione finalizzato a ridurre del 20% le dotazioni organiche dirigenziali della Presidenza del Consiglio dei ministri, consente, dopo il 1° novembre 2012, il conferimento di nuovi incarichi in sostituzione di quelli cessati, sicché non appare coerentemente ed effettivamente diretta a conseguire una riduzione dell'organico, né è giustificata da esigenze di buon andamento della pubblica amministrazione e di risparmio della spesa pubblica, risultando invece assimilabile a un meccanismo di decadenza automatica per finalità di spoils system, che incide negativamente sul buon andamento dell'amministrazione e lede al contempo, in modo irragionevole, la tutela dell'affidamento degli interessati sulla durata dell'incarico dirigenziale e del connesso rapporto di lavoro a tempo determinato. I meccanismi di decadenza automatica dagli incarichi dirigenziali per cause estranee alle vicende del rapporto d'ufficio e ai risultati conseguiti - sovente disposti in relazione a cambiamenti degli organi di indirizzo politico nazionali o regionali (c.d. spoils system) - sono compatibili con l'art. 97 Cost. esclusivamente ove riferiti ad addetti ad uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo o a figure apicali, quali quelle contemplate dall'art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, risultando in tal caso funzionali allo stesso miglior andamento dell'attività amministrativa. Non sono invece compatibili con l'art. 97 Cost. i meccanismi di decadenza automatica, o meramente discrezionale, per il rimanente personale dirigenziale, tra cui i dirigenti provenienti da altre amministrazioni (comma 5-bis del citato art. 19) e i dirigenti non già in possesso di qualifica dirigenziale assunti con contratto a termine (comma 6 del medesimo articolo), per i quali ultimi la risoluzione ante tempus dei contratti dirigenziali comporta effetti caducatori sui connessi rapporti di lavoro a tempo determinato. ( Precedenti citati: sentenze n. 304 del 2010 e n. 34 del 2010; sentenze n. 228 del 2011, n. 124 del 2011, n. 224 del 2010, n. 104 del 2007 e n. 103 del 2007; sentenze n. 246 del 2011, n. 81 del 2010 e n. 161 del 2008, relative agli incarichi conferiti ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001 ). Una cessazione automatica, ex lege generalizzata, di incarichi dirigenziali, viola, in carenza di idonee garanzie procedimentali, i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità e, in particolare, il principio di continuità dell'azione amministrativa che è strettamente correlato a quello di buon andamento; l'esistenza di una preventiva fase valutativa risulta essenziale anche per assicurare il rispetto dei principi del giusto procedimento, all'esito del quale dovrà essere adottato un atto motivato che ne consenta comunque un controllo giurisdizionale.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 2, comma 20
- legge-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 98
Pronuncia 269/2016Depositata il 15/12/2016
Dichiarata l'illegittimità costituzionale - per violazione dell'art. 97 Cost. - dell'art. 1, comma 1, della legge reg. Calabria 3 giugno 2005, n. 12, nella parte in cui si applica al presidente del consiglio di amministrazione di Fincalabra spa, restano assorbite le censure riferite agli artt. 3 e 98 Cost.
Norme citate
- legge della Regione Calabria-Art. 1, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 98
Pronuncia 157/2016Depositata il 01/07/2016
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 11 agosto 2014, n. 15 - impugnata in riferimento agli artt. 97, 98 e 123 Cost., in relazione all'art. 18 della legge della Regione Calabria 19 ottobre 2004, n. 25 (Statuto della Regione Calabria), nonché al principio dell'affidamento nella certezza dei rapporti giuridici - la quale, modificando la precedente legge regionale n. 2 del 2013, prevede con la sua entrata in vigore l'immediata decadenza dei componenti il collegio dei revisori del Consiglio e della Giunta regionale ed il rinnovo dell'organo collegiale. La motivazione dell'approvazione della normativa censurata - avvenuta nel periodo in cui gli organi regionali si trovavano in regime di prorogatio in attesa delle elezioni indette a seguito delle dimissioni del Presidente della Regione - è stata ravvisata nell'urgenza derivante dal fatto che era stata sollevata questione di legittimità costituzionale proprio sulla disciplina precedente contenuta nell'art. 2, comma 1, della menzionata legge regionale n. 2 del 2013, poi effettivamente dichiarata illegittima con la sentenza n. 228 del 2015. La Regione ha correttamente esercitato il potere legislativo in quanto costituisce valida ragione di urgenza non solo la necessità di adottare una nuova normativa a seguito di una pronuncia di illegittimità costituzionale, ma anche, come nel caso di specie, quella di evitare il rischio di una simile pronuncia, ove si ritenga che le argomentazioni portate dal giudice a sostegno della non manifesta infondatezza siano meritevoli di considerazione. Sulle limitazioni ai poteri del Consigli regionali durante il periodo di prorogatio , ai quali è consentito il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili, e non anche una generica proroga di tutti i poteri, v. le citate sentenze nn. 81/2015, 64/2015, 55/2015, 44/2015 e 68/2010. Sulla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione Calabria 10 gennaio 2013, n. 2, v. la citata sentenza n. 228/2015.
Norme citate
- legge della Regione Calabria-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 98
- Costituzione-Art. 123
- statuto regione Calabria-Art. 18
Pronuncia 24/2016Depositata il 11/02/2016
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24, co. 1- bis , della legge della Regione Lazio 6 ottobre 1997, n. 29, introdotto dall'art. 3, co. 15, della legge regionale 2 aprile 2003, n. 10, sollevata, in riferimento agli artt. 97 e 98 Cost., nella parte in cui prevede che il presidente del parco stipula con il direttore, all'uopo nominato, un apposito contratto determinato per la durata massima di cinque anni, la cui scadenza non può oltrepassare comunque quella del mandato del Presidente della Giunta regionale che lo ha nominato. Deve rilevarsi, invero, che sebbene l'art. 55 del nuovo statuto regionale ha generalizzato l'applicazione, a tutti gli enti pubblici regionali, del principio previsto dalla normativa censurata, senza tuttavia abrogare implicitamente quest'ultima, il successivo art. 71, co. 1, della l.r. n. 9/2005, ha disposto che le norme di cui all'art. 55, commi 4 e 5, del succitato statuto devono applicarsi anche in deroga a quelle contenute nelle specifiche leggi vigenti in materia. Ne consegue che le censure rivolte alla disposizione impugnata - non più vigente all'epoca che interessa ai fini della decisione da adottare nel processo a quo - risultano connotate da aberratio ictus .
Norme citate
- legge della Regione Lazio-Art. 24, comma 1
- legge della Regione Lazio-Art. 3, comma 15
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 98
Pronuncia 147/2014Depositata il 28/05/2014
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, comma 4, della legge della Regione Campania 7 dicembre 2010, n. 16, impugnato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 98 Cost., nella parte in cui prevede lo scioglimento immediato dei consigli di amministrazione degli istituiti autonomi case popolari (IACP) e la nomina, per ciascuno di essi, di un commissario straordinario da parte del Presidente della Giunta regionale. Infatti, il ricorrente nel giudizio principale, nominato componente del consiglio di amministrazione dello IACP di Caserta in data 12 marzo 2010, ha impugnato il decreto n. 94 del 2011 con il quale il Presidente della Regione Campania ha nominato, in applicazione della censurata disposizione, il relativo commissario straordinario. Tuttavia, il successivo 28 marzo, si sono svolte le elezioni per il rinnovo del Consiglio della Provincia di Caserta e, per effetto delle stesse, ai sensi dell'art. 6, comma 8, della legge n. 865 del 1971, sono cessati dalla carica i consiglieri di amministrazione dello IACP nominati su designazione del precedente consiglio provinciale. Quindi, poiché il suddetto ricorrente, al momento dell'approvazione della disposizione censurata, era già cessato dalla carica di consigliere siccome nominato sulla base di designazione di un consiglio provinciale disciolto, il collegio rimettente non ha fornito una plausibile motivazione circa la sussistenza dell'interesse ad agire nel giudizio principale. Inoltre, l'omessa valutazione di tali profili rende ha reso carente la motivazione sulla rilevanza contenuta nell'ordinanza di rimessione. - Sull'inammissibilità della questione, per carenza di motivazione in punto di rilevanza, v., ex multis , le citate ordinanze nn. 93/2014 e 58/2014.
Norme citate
- legge della Regione Campania-Art. 19, comma 4
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 98
Pronuncia 169/2012Depositata il 27/06/2012
Va dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 del d.P.R. n. 3 del 1957 per carenza di motivazione sulla sua rilevanza e non manifesta infondatezza in quanto il giudice a quo ha omesso di prendere in esame sia la normativa di riferimento sul riconoscimento della causa di servizio del dipendente pubblico, che, in ipotesi, dovrebbe giustificare l'incidenza della situazione di rilievo disciplinare supposta dalla norma impugnata ai fini di detto riconoscimento, sia la stessa disciplina in materia di infortunio in itinere, così che risulta trascurata quella giurisprudenza che, quanto all'infortunio in itinere, nel delibare l'esistenza del nesso eziologico tra l'evento e la percorrenza del tragitto normale tra il luogo di lavoro e quello di "abitazione", per tale ha inteso non solo il luogo di personale dimora del lavoratore ma anche quello (ove diverso) in cui si trovi la sua famiglia.
Norme citate
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 12
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 16
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 98
Pronuncia 246/2011Depositata il 25/07/2011
Deve essere dichiarata, in relazione agli artt. 97 e 98 Cost., l'illegittimità costituzionale dell'art. 19, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall'art. 2, comma 159, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, nella parte in cui prevede che gli incarichi di funzione dirigenziale, conferiti ai sensi del comma 6 del medesimo art. 19 del d.lgs. n. 165 del 2001, cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo. Come è stato precisato con la sentenza n. 124 del 2011, «se è illegittima una norma che, per una sola volta e in via transitoria, disponga la cessazione automatica di incarichi dirigenziali, a prescindere da ogni valutazione circa l'operato dei dirigenti, a maggior ragione deve ritenersi illegittima una disposizione che consenta di replicare un simile meccanismo per un numero indeterminato di future occasioni». Restano assorbiti gli altri profili di censura.
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 19, comma 8
- decreto-legge-Art. 2, comma 159
- legge-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 98
- Costituzione-Art. 3
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.