Articolo 29 - COSTITUZIONE

La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio e' ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unita' familiare.
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Massime della Corte Costituzionale

Trovate 10 massime

Pronuncia 209/2022Depositata il 13/10/2022

Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Esenzione per l'abitazione principale - Abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune - Esclusione dall'esenzione - Denunciata irragionevole disparità di trattamento, nonché violazione della parità dei diritti dei lavoratori e dei contribuenti nonché dei principi di capacità contributiva, di tutela della famiglia e del risparmio - Intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua della norma censurata - Conseguente sopravvenuta carenza di oggetto - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 255017).

Sono dichiarate inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla CTP di Napoli in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost. - dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b ), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) per l'abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune. Dichiarata l'illegittimità costituzionale del quarto periodo del medesimo art. 13, comma 2 - anche il quinto periodo censurato è stato dichiarato, con la medesima sentenza, costituzionalmente illegittimo in via consequenziale. ( Precedenti: O. 102/2022 - mass. 44906; O. 206/2021 - mass. 44207; O. 93/2021 - mass. 43872; O. 125/2020 - mass. 42579; O. 105/2020 - mass. 43436; O. 71/2017 - mass. 39403 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 13, comma 2
  • legge-Art.
  • legge-Art. 1, comma 707

Pronuncia 202/2022Depositata il 28/07/2022

Infortuni sul lavoro e malattie professionali - In genere - Assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico - Tutela dei "Caregivers" - Definizione di "lavoro svolto in ambito domestico" svolto senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito - Inclusione degli immobili di civile abitazione dove le attività di cura delle persone vengono prestate in favore di stretti familiari non conviventi (nel caso di specie: dei genitori) - Omessa previsione - Denunciata irragionevole disparità di trattamento, violazione dei doveri di solidarietà, della tutela della famiglia, del diritto al lavoro e della tutela previdenziale, anche sul piano comunitario - Eccessiva manipolatività dell'addizione richiesta - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 135001).

Sono dichiarate inammissibili, per l'eccessiva manipolatività della pronuncia richiesta, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di Salerno, sez. lavoro, in riferimento agli artt. 2, 3, 29, 35, 38 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione alla Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 - dell'art. 6, comma 2, lett. b ), della legge n. 493 del 1999, nella parte in cui non comprende nell'ambito domestico, all'interno del quale opera l'assicurazione di chi svolge attività di caregivers , gli immobili di civile abitazione nei quali le suddette attività vengano prestate in favore di stretti familiari non conviventi, per quanto bisognosi di assistenza domestica. Quanto al riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., il riferimento al parametro europeo risulta non idoneo. In relazione agli altri parametri evocati, la legge n. 493 del 1999 - espressione dell'esigenza di far fronte al fenomeno degli infortuni domestici con la finalità di arginarne i costi per la collettività e di superare la contrapposizione tra lavoro domestico ed extradomestico, attribuendo al primo pari dignità rispetto alle altre forme di lavoro svolte fuori casa - ripartisce il rischio indennizzabile all'interno di una "solidarietà di categoria", cosicché gli eventi coperti da garanzia assicurativa non ricomprendono tutti gli incidenti che si verificano negli ordinari luoghi di vita del soggetto assicurato, ma solo quelli che derivano dal lavoro svolto in ambito domestico. In particolare, la nozione di famiglia di cui si avvale il legislatore nel disciplinare il rischio assicurato in materia di infortuni domestici è quella già utilizzata da una risalente sentenza della Corte di cassazione: non qualsiasi condivisione di spazi rileva, pertanto, al fine di riconoscere il diritto all'indennizzo assicurativo per infortunio domestico, ma solo quella che chiama in gioco convivenze familiari integrate, quanto meno, da comuni regole di vita e condivisioni di mezzi. Ciò posto, il carattere autonomo delle due prospettive di tutela sollecitate dal rimettente - l'una, segnata dal riconoscimento di uno strumento assicurativo a tutela di posizioni previdenziali insorte in ambito domestico-familiare, e l'altra contraddistinta dalla creazione di una rete di servizi di preferenziale accesso e di un sistema di benefici, anche fiscali, a sostegno dei caregivers - non consente, come eccepito, la individuazione di una soluzione diretta ad alterare l'intero sistema assicurativo introdotto dalla legge n. 493 del 1999, che si presenta compiuto. Della disciplina dell'indennizzo assicurativo si chiederebbe, infatti, una riforma di sistema, che amplierebbe le categorie dei destinatari implicando scelte discrezionali. La molteplicità delle soluzioni praticabili quanto a soggetti e contesti assicurabili, non può essere assunta come grandezza o misura di riferimento, con la conseguenza che il sollecitato intervento si denuncia, come tale, inammissibile, dovendo invece ricadere sul legislatore la scelta dei mezzi più idonei a realizzare la tutela del fine costituzionalmente necessario. Nel senso di una conclusione di inammissibilità della sollevata questione converge tuttavia la necessità di operare una revisione organica della materia in esame nella composizione della pluralità degli interessi in gioco, altrimenti affidata a scelte "eccessivamente manipolative" della Corte costituzionale, destinate ad incidere sulla stessa funzionalità dell'assetto previsto dalla norma, con conseguenti disarmonie di sistema. ( Precedenti: S. 143/2022 - mass. 44998; S. 101/2022 - mass. 44890; S. 100/2022 - mass. 44720; S. 151/2021 - mass. 44081; S. 33/2021 - mass. 43636; S. 32/2021 - mass. 43583; S. 80/2020 - mass. 42556; S. 47/2020 - mass. 42301; S. 23/2013 - mass. 36919 ).

Norme citate

  • legge-Art. 6, comma 2

Pronuncia 177/2022Depositata il 14/07/2022

Filiazione - In genere - Azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità - Possibilità di agire in contrasto con lo status di figlio in cui la persona si trova - Esclusione, stante la necessità di esperire i rimedi volti a rimuovere lo status già attribuito - In subordine: possibilità di ottenere una pronuncia condizionata al successivo esercizio dell'azione di disconoscimento - Esclusione - Denunciata violazione, anche sul piano convenzionale e internazionale, della identità personale, del principio di uguaglianza, dei diritto alla tutela dei propri diritti, del principio del giusto processo e di parità delle parti - Richiesta di intervento additivo di carattere eccessivamente manipolativo, genericità e ambiguità del petitum - Inammissibilità delle questioni - Rinvio a un possibile intervento di sistema del legislatore. (Classif. 105001).

Sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte di appello di Salerno in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 29, 30, 111 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 CEDU, agli artt. 7 e 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo, nonché all'art. 24, comma 2, CDFUE - dell'art. 269, primo comma, cod. civ., che esclude la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità in contrasto con lo status di figlio in cui la persona si trova e, in subordine, nella parte in cui esclude la possibilità di ottenere una pronuncia condizionata al successivo esercizio dell'azione di disconoscimento. Entrambe le questioni si risolvono nella richiesta di una pronuncia additiva di carattere eccessivamente manipolativo, poiché mirano da un lato alla rimozione della condizione del giudizio demolitivo del precedente status , per la quale sarebbe necessaria una riforma di sistema idonea a farsi carico di molteplici profili; dall'altro all'inversione dell'ordine di proposizione delle azioni fissato dal codice e all'introduzione nella materia processuale di un istituto che non trova una esplicita base normativa, quale la sentenza condizionata. Inoltre, la stessa formulazione del petitum principale è generica e ambigua, in quanto l'ordinanza non chiarisce, una volta superata la necessità del giudizio demolitivo, in conseguenza dell'accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale, quale effetto avrebbe una sentenza di dichiarazione giudiziale di paternità o maternità sul preesistente stato di filiazione, comprovato dal relativo titolo. Spetta, dunque, al legislatore, nella sua discrezionalità, valutare, alla luce dell'evoluzione delle tecniche di accertamento della filiazione, come un intervento di sistema possa tenere conto di tutti gli interessi coinvolti, senza comprimere in maniera sproporzionata diritti di rango costituzionale e assicurando una complessiva coerenza alla disciplina delle azioni di stato. ( Precedenti: S. 143/2022 - mass. 44998; S. 101/2022 - mass. 44890; S. 100/2022 - mass. 44722; S. 22/2022 - mass. 44588; S. 151/2021 - mass. 44081; S. 33/2021 - mass. 43636; S. 32/2021 - mass. 43621; S. 80/2020 - mass. 42556; S. 47/2020 - mass. 42301; S. 239/2019 - mass. 41414; S. 237/2019 - mass. 41255; S. 23/2013 - mass. 36919 ).

Parametri costituzionali

Pronuncia 131/2022Depositata il 31/05/2022

Giudizio costituzionale in via incidentale - Prospettazione della questione - Carenza di un'adeguata motivazione delle censure - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 112003).

La carenza di un'adeguata e autonoma illustrazione delle ragioni per le quali la norma censurata integrerebbe una violazione del parametro costituzionale evocato è causa di inammissibilità delle questioni sollevate. ( Precedente: S. 30/2021 - mass. 43625 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte d'appello di Potenza in riferimento agli artt. 2, 3, 29, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, degli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., dell'art. 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939 e degli artt. 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000. Il giudice a quo afferma apoditticamente la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, limitandosi a una sintetica elencazione delle disposizioni costituzionali che si ritengono violate e compendiando tali affermazioni con una lacunosa citazione di stralci della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale).

Norme citate

Parametri costituzionali

Pronuncia 131/2022Depositata il 31/05/2022

Nome - In genere - Disciplina del cognome - Nucleo dell'identità giuridica e sociale della persona - Intreccio fra il diritto all'identità personale del figlio e l'eguaglianza e la pari dignità dei genitori - Effetti dell'attribuzione - Acquisizione dello status filiationis. (Classif. 161001).

Nella disciplina del cognome si realizza l'intreccio fra il diritto all'identità personale del figlio e l'eguaglianza tra i genitori. Il cognome, infatti, insieme con il prenome, rappresenta il nucleo dell'identità giuridica e sociale della persona: le conferisce identificabilità, nei rapporti di diritto pubblico, come di diritto privato, e incarna la rappresentazione sintetica della personalità individuale, che nel tempo si arricchisce progressivamente di significati. Il nome è autonomo segno distintivo della identità personale nonché tratto essenziale della personalità, riconosciuto come un bene oggetto di autonomo diritto dall'art. 2 Cost. e, dunque, come diritto fondamentale della persona umana. ( Precedenti: S. 286/2016 - mass 39316 ; S. 268/2002 - mass 27097 ; S. 120/2001 - mass 26183 ; S. 297/1996 - mass 22689 ; S. 13/1994 - mass 20206 ). Il momento attributivo del cognome di regola è legato all'acquisizione dello status filiationis . Ne consegue che il cognome, quale fulcro - insieme al prenome - dell'identità giuridica e sociale, collega l'individuo alla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status filiationis . Il cognome deve, pertanto, radicarsi nell'identità familiare e, al contempo, riflettere la funzione che riveste, anche in una proiezione futura, rispetto alla persona. Sono, dunque, proprio le modalità con cui il cognome testimonia l'identità familiare del figlio a dover rispecchiare e rispettare l'eguaglianza e la pari dignità dei genitori. La proiezione sul cognome del figlio del duplice legame genitoriale, infatti, è la rappresentazione dello status filiationis : trasla sull'identità giuridica e sociale del figlio il rapporto con i due genitori. Al contempo, è il riconoscimento più immediato e diretto del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali. ( Precedente: S. 286/2016 - mass 39316 ).

Parametri costituzionali

Pronuncia 107/2022Depositata il 28/04/2022

Tributi - Imposta comunale sugli immobili (ICI) - Imposta municipale propria (IMU) - Esenzione per l'abitazione principale - Applicazione all'immobile in cui dimori e risieda anagraficamente uno dei coniugi, ubicato fuori dal Comune in cui si trova quello fissato dall'altro come residenza anagrafica e dimora abituale, salva la prova della separazione legale o il divorzio - Omessa previsione, in base all'interpretazione del diritto vivente - Denunciata disparità di trattamento, violazione della libertà di circolazione e soggiorno, nonché dei principi di eguaglianza dei coniugi e della capacità contributiva - Difetto di rilevanza - Censura oscura e contraddittoria - Conseguente ambiguità del petitum - Manifesta inammissibilità delle questioni. (Classif. 255011).

Sono dichiarate manifestamente inammissibili, rispettivamente per difetto di rilevanza e oscurità e contraddittorietà della censura, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Commissione tributaria regionale della Liguria, in riferimento agli artt. 3, 16, 29 e 53 Cost. - dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come conv., e dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b ), della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui, secondo il "diritto vivente", escludono la riduzione/esenzione dalle imposte IMU e ICI per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in diversi territori comunali, salva la prova della separazione legale o divorzio. Da un lato, il giudice a quo non deve fare applicazione dell'art. 13, comma 2, che disciplina l'esenzione dell'abitazione principale dall'IMU, in quanto oggetto di impugnativa nel giudizio principale è un avviso di accertamento relativo all'ICI dovuta per il 2011. Dall'altro, il rimettente struttura le doglianze in modo che esse risultino condizionate da elementi che attengono alla disciplina dell'IMU mentre, nel contesto dell'ICI, il requisito della residenza anagrafica ha solo valenza di presunzione legale relativa né chiarisce tale profilo, limitandosi a configurare una identica censura per la disciplina agevolativa delle due imposte.

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 13, comma 2
  • legge-Art.
  • decreto legislativo-Art. 8, comma 2
  • legge-Art. 1, comma 173

Parametri costituzionali

Pronuncia 126/2021Depositata il 21/06/2021

Assistenza e solidarietà sociale - Reddito di cittadinanza - Sospensione del beneficio nei confronti, tra gli altri, del beneficiario o richiedente a cui è applicata una misura cautelare personale - Denunciata irragionevolezza, violazione del diritto al lavoro e dei principi, anche convenzionali, di eguaglianza, di tutela della famiglia, di personalità della responsabilità penale e di non colpevolezza - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal GIP del Tribunale di Palermo in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, primo e secondo comma, 29, 30 e 31 Cost. e al principio di ragionevolezza, nonché all'art. 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6, par. 2, CEDU, e all'art. 48 CDFUE - dell'art. 7- ter , comma 1, del d.l. n. 4 del 2019, conv. con modif. in legge n. 26 del 2019, che impone di sospendere l'erogazione del reddito di cittadinanza nei confronti del beneficiario o del richiedente a cui è applicata una misura cautelare personale. La norma è espressione della discrezionalità attribuita al legislatore, che non si presenta affetta da irrazionalità manifesta e irrefutabile, in quanto il provvedimento di sospensione, in caso di misure cautelari sopravvenute, è la conseguenza del venir meno di un requisito necessario alla concessione di un beneficio che non ha natura meramente assistenziale, bensì è finalizzato al reinserimento nel mondo lavorativo, attraverso un percorso che il soggetto percettore deve essere in grado di seguire, non essendo destinatario di misure le quali possano risultare a tal fine impeditive. Né vengono in gioco profili attinenti alla responsabilità penale, poiché la ratio della sospensione in esame è conseguenza del venir meno di un peculiare requisito morale, che trova la sua giustificazione non nella presunzione di colpevolezza, bensì nella valutazione d'incompatibilità tra la richiesta del beneficio economico e la soggezione a detta misura cautelare. Non è, infine, irragionevole che il reddito di cittadinanza, sospeso in caso di misura cautelare personale, possa tornare a essere erogato in seguito alla condanna definitiva, salvo che per determinati reati. Tale conseguenza, sebbene opinabile, appare coerente con il contesto normativo disegnato dal legislatore, poiché con la cessazione della misura cautelare cessa anche quel pericolo concreto e attuale che legittima la sospensione. ( Precedenti citati: sentenze n. 152 del 2020, n. 122 del 2020, n. 248 del 2019, n. 113 del 2019, n. 222 del 2018, n. 161 del 2018, n. 194 del 2017, n. 86 del 2017, n. 276 del 2016, n. 223 del 2015, n. 214 del 2014, n. 81 del 2014, n. 134 del 2012, n. 120 del 2012, n. 36 del 2012, n. 2 del 1999, n. 226 del 1997, n. 297 del 1993 e n. 46 del 1993 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 7 TER, comma 1
  • legge-Art.

Parametri costituzionali

Pronuncia 120/2020Depositata il 23/06/2020

Imposte e tasse - Imposta sulle successioni e donazioni - Esenzione per i trasferimenti di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni - Inclusione, tra i beneficiari, del coniuge - Omessa previsione - Denunciata violazione dei principi di uguaglianza e di tutela della famiglia - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 29 Cost. - dell'art. 3, comma 4- ter , del d.lgs. n. 346 del 1990, come introdotto dall'art. 1, comma 78, lett. a ), della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui non include tra i trasferimenti di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni che non sono soggetti all'imposta sulle successioni e donazioni anche quelli a favore del coniuge del dante causa, contemplando esclusivamente i trasferimenti a favore dei discendenti. Lo scopo della norma censurata - che peraltro prescinde completamente dalla verifica di uno stato di bisogno e risulta eccedente rispetto alla protezione offerta dai precetti costituzionali posti a tutela sia della famiglia (art. 29 Cost.), sia dell'impresa (art. 41 Cost.) - è quello di incentivare la continuità di un'attività d'impresa da parte dei discendenti all'interno della famiglia del dante causa in occasione della successione mortis causa , rispetto alla quale il trasferimento a seguito di donazione rappresenta una vicenda sostanzialmente, anche se non necessariamente, anticipatoria. La scelta legislativa di circoscrivere il beneficio alla sola ipotesi del passaggio intergenerazionale a favore dei discendenti non è arbitraria, essendo giustificata in una prospettiva di "maggiore durata" della continuità dell'attività economica. Il trasferimento al coniuge non è, pertanto, pienamente assimilabile a quello a favore del discendente. ( Precedenti citati: sentenze n. 54 del 2020, n. 85 del 2013, n. 270 del 2010, n. 159 del 1985 ). Secondo la giurisprudenza costituzionale, le cosiddette agevolazioni fiscali non rappresentano un "accidente" dei sistemi tributari, quanto piuttosto il modo di risolvere complessi problemi di ponderazione degli interessi e dei valori in gioco in materia di imposizione. Si tratta di una ponderazione rimessa in primo luogo alla valutazione discrezionale del legislatore, ma pur sempre sindacabile dalla Corte costituzionale sotto il profilo della proporzionalità del bilanciamento operato, in particolare quando viene in causa una vera e propria deroga al dovere di tutti di concorrere alle spese pubbliche in base alla propria capacità contributiva (artt. 2, 3 e 53 Cost.), con ricaduta sulle connesse finalità redistributive e sulle esigenze di finanziamento dei diritti costituzionali. ( Precedente citato: sentenza n. 288 del 2019 ). L'imposizione delle successioni e donazioni è giustificata dall'arricchimento dell'erede o del beneficiario e, quindi, in ragione della capacità contributiva di questi ultimi, che risulta nuova e autonoma anche rispetto alle imposte a suo tempo versate dal dante causa. ( Precedente citato: sentenza n. 54 del 2020 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 3, comma 4
  • legge-Art. 1, comma 78

Parametri costituzionali

Pronuncia 54/2020Depositata il 13/03/2020

Imposte e tasse - Imposta sui trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi - Soggetti non obbligati al pagamento - Affini - Omessa previsione - Denunciata violazione dei principi a tutela della famiglia - Difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza - Inammissibilità della questione.

È dichiarata inammissibile, per difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale - sollevata, in riferimento agli artt. 2, 29 e 31 Cost., dalla Commissione tributaria regionale del Molise - dell'art. 13, comma 2, della legge n. 383 del 2001, nella parte in cui non include gli affini nel novero dei soggetti per i quali è escluso il pagamento dell'imposta sui trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi. La prospettazione del rimettente, generica e meramente assertiva, non consente di comprendere le ragioni per cui l'omissione censurata si porrebbe in contrasto con gli evocati parametri costituzionali, i quali vengono richiamati cumulativamente e genericamente, senza indicare alcuno specifico nesso tra essi e la norma denunciata, omettendo anche di individuare quale precetto costituzionale sarebbe stato in concreto leso. ( Precedente citato: sentenza n. 33 del 2019 ).

Norme citate

  • legge-Art. 13, comma 2

Parametri costituzionali

Pronuncia 221/2019Depositata il 23/10/2019

Diritti inviolabili - Diritto alla genitorialità - Procreazione medicalmente assistita (PMA) - Accesso alle tecniche - Condizioni e limiti posti dalla legislazione vigente.

La possibilità, dischiusa dai progressi scientifici e tecnologici, di una scissione tra atto sessuale e procreazione, mediata dall'intervento del medico, pone il tema di fondo se sia configurabile - e in quali limiti - un "diritto a procreare" (o "alla genitorialità", che dir si voglia), comprensivo non solo dell'an e del quando, ma anche del quomodo, e dunque declinabile anche come diritto a procreare con metodi diversi da quello naturale, e se il desiderio di avere un figlio tramite l'uso delle tecnologie meriti di essere soddisfatto sempre e comunque sia, o se sia invece giustificabile la previsione di specifiche condizioni di accesso alle pratiche considerate: e ciò particolarmente in una prospettiva di salvaguardia dei diritti del concepito e del futuro nato. Le soluzioni adottate, in proposito, dalla legge n. 40 del 2004, sono di segno restrittivo, riflettendo due idee di base. La prima attiene alla funzione delle tecniche considerate, che la legge configura in apicibus, come rimedio alla sterilità o infertilità umana avente una causa patologica e non altrimenti rimovibile: escludendo chiaramente, con ciò, che la procreazione medicalmente assistita (PMA) possa rappresentare una modalità di realizzazione del "desiderio di genitorialità" alternativa ed equivalente al concepimento naturale, lasciata alla libera autodeterminazione degli interessati. La seconda direttrice attiene alla struttura del nucleo familiare scaturente dalle tecniche in questione, prevedendosi una serie di limitazioni di ordine soggettivo all'accesso alla PMA, alla cui radice si colloca il trasparente intento di garantire che il suddetto nucleo riproduca il modello della famiglia caratterizzata dalla presenza di una madre e di un padre. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), alterando le dinamiche naturalistiche del processo di generazione degli individui, aprono scenari affatto innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale, attorno ai quali è evidentemente costruita la disciplina degli artt. 29, 30 e 31 Cost., suscitando inevitabilmente, con ciò, delicati interrogativi di ordine etico. Vi è una differenza essenziale tra l'adozione e la procreazione medicalmente assistita (PMA). L'adozione presuppone l'esistenza in vita dell'adottando: essa non serve per dare un figlio a una coppia, ma precipuamente per dare una famiglia al minore che ne è privo. Nel caso dell'adozione, dunque, il minore è già nato ed emerge come specialmente meritevole di tutela - così nella circoscritta ipotesi di adozione non legittimante ritenuta applicabile alla coppia omosessuale - l'interesse del minore stesso a mantenere relazioni affettive già di fatto instaurate e consolidate: interesse che - in base al corrente indirizzo giurisprudenziale - va verificato in concreto (così come, del resto, per l'affidamento del minore nato da una precedente relazione eterosessuale). La PMA, di contro, serve a dare un figlio non ancora venuto ad esistenza a una coppia (o a un singolo), realizzandone le aspirazioni genitoriali. Il bambino, quindi, deve ancora nascere: non è, perciò, irragionevole - come si è detto - che il legislatore si preoccupi di garantirgli quelle che, secondo la sua valutazione e alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale, appaiono, in astratto, come le migliori condizioni "di partenza". La nozione di formazione sociale, nel cui ambito l'art. 2 Cost. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, deve intendersi riferita a ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. Essa abbraccia anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone del medesimo sesso. Seppure la nozione di «formazione sociale» - nel cui ambito la disposizione costituzionale riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo - abbracci anche l'unione omosessuale, l'idea che una famiglia ad instar naturae - due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile - rappresenti, in linea di principio, il "luogo" più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato non può essere considerata di per sé arbitraria o irrazionale e dunque lesiva del diritto alla procreazione costituzionalmente garantito.

Parametri costituzionali

Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.