Articolo 16 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per assoluta carenza nella descrizione della fattispecie e conseguente difetto di motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Macerata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 13, 16, 17, 19, 24, 32, 76 e 117 Cost. - dell'art. 1 del d.l. n. 6 del 2020, come conv., nonché dell'intero testo del d.l. n. 18 del 2020, come conv., recanti misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. La ricostruzione operata dal rimettente, omettendo di indicare quale violazione sia stata contestata al ricorrente nel processo principale, impedisce di valutare se e quale, tra le disposizioni censurate, sia da applicare nel giudizio a quo . ( Precedente: O. 76/2022 - mass. 44691 ) .
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per omessa motivazione sulla rilevanza e per impugnazione di atto non avente forza di legge, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Fano in riferimento agli artt. 2, 4, 13, 16, 77 e 78 Cost. - dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 19 del 2020, come conv., recante misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, nonché della dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario adottata con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020. Il denunciato art. 1, comma 2, del d.l. n. 19 del 2020 reca un numeroso elenco di possibili misure atte a contrastare la pandemia da COVID-19, mentre il rimettente, nel censurare l'intero comma citato, non spiega se la legittimità di tali misure sia oggetto del processo principale, mancando anche di previamente verificare se le condotte sanzionate in via amministrativa sulle quali verte il giudizio a quo , e precedenti alla data di entrata in vigore del d.l. censurato, fossero, o no, illecite al tempo in cui furono poste in essere. Quanto alla censurata delibera del Consiglio dei ministri, essa non è un atto avente forza di legge soggetto al sindacato incidentale di legittimità costituzionale (art. 134 Cost.). ( Precedente: S. 198/2021 - mass. 44313 ).
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Salerno in riferimento agli artt. 2, 3 e 16 Cost. - dell'art. 4, comma 1- bis , del d.lgs. n. 142 del 2015, introdotto dall'art. 13, comma 1, lett. a ), n. 2), del d.l. n. 113 del 2018, come conv., secondo cui il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisce titolo per l'iscrizione anagrafica. La sentenza n. 186 del 2020 ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata nei termini auspicati dal rimettente. ( Precedenti: O. 47/2021 - mass. 43680; O. 225/2020 - mass. 42653; O. 220/2020 - mass. 42762; O. 203/2020 - mass. 42586; S. 186/2020 - mass. 43203; O. 125/2020 - mass. 42579; O. 105/2020 - mass. 43436 ).
I motivi di sanità che permettono alla legge, ai sensi dell'art. 16 Cost., di limitare in via generale la libertà di circolazione delle persone possono giungere fino alla necessità di isolare individui affetti da malattie contagiose. ( Precedente: S. 68/1964 - mass. 2186 ). In linea di principio, non si può negare che un cordone sanitario volto a proteggere la salute nell'interesse della collettività (art. 32 Cost.) possa stringersi di quanto è necessario, secondo un criterio di proporzionalità e di adeguatezza rispetto alle circostanze del caso concreto, per prevenire la diffusione di malattie contagiose di elevata gravità. A seconda dei casi, in particolare, e sempre alla luce della evoluzione della pandemia, il legislatore potrà orientarsi, sia nel senso di prescrivere un divieto generalizzato a recarsi in determinati luoghi, sia nel senso di imporre un divieto di spostarsi a determinate persone, specie quando queste ultime, in ragione della libertà di circolare, siano, a causa della contagiosità, un pericoloso vettore della malattia.
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, rispettivamente per difetto di rilevanza e oscurità e contraddittorietà della censura, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Commissione tributaria regionale della Liguria, in riferimento agli artt. 3, 16, 29 e 53 Cost. - dell'art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011, come conv., e dell'art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b ), della legge n. 296 del 2006, nella parte in cui, secondo il "diritto vivente", escludono la riduzione/esenzione dalle imposte IMU e ICI per i coniugi con residenza anagrafica e dimora abituale in immobili situati in diversi territori comunali, salva la prova della separazione legale o divorzio. Da un lato, il giudice a quo non deve fare applicazione dell'art. 13, comma 2, che disciplina l'esenzione dell'abitazione principale dall'IMU, in quanto oggetto di impugnativa nel giudizio principale è un avviso di accertamento relativo all'ICI dovuta per il 2011. Dall'altro, il rimettente struttura le doglianze in modo che esse risultino condizionate da elementi che attengono alla disciplina dell'IMU mentre, nel contesto dell'ICI, il requisito della residenza anagrafica ha solo valenza di presunzione legale relativa né chiarisce tale profilo, limitandosi a configurare una identica censura per la disciplina agevolativa delle due imposte.
L'ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato promosso dal singolo parlamentare è subordinata alla sussistenza di una manifesta lesione delle sue proprie prerogative costituzionali, da apprezzarsi favorevolmente fin dalla fase di ammissibilità. ( Precedenti: O. 256/2021 - mass. 44438 ; O. 255/2021 - mass. 44437 ; O. 193/2021 - mass. 44327 ; O. 188/2021 - mass. 44209 ; O. 186/2021 - mass. 44181 ; O. 67/2021 - mass. 43797 ; O. 66/2021 - mass. 43780 ; O. 197/2020 - mass. 42909 ; O. 176/2020 - mass. 42352 ; O. 129/2020 - mass. 43535 ; O. 86/2020 - mass. 43341 ; O. 60/2020 - mass. 41938 ; O. 275/2019 - mass. 40942 ; O. 274/2019 - mass. 40941 ; O. 17/2019 - mass. 41933 ). (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso in riferimento agli artt. 1, 3, 16, 32, 67, 70, 71, 72 e 117 Cost. dai deputati Pino Cabras, Emanuela Corda, Simona Suriano e Andrea Vallascas e dal senatore Pietro Lorefice, sorto a seguito del d.l. n. 229 del 2021, e, in particolare, dell'art. 1, comma 2, il quale, in vigore dal 10 gennaio 2022 e fino alla cessazione dello stato d'emergenza epidemiologica da COVID-19, subordina l'accesso ai mezzi di trasporto pubblico e il loro utilizzo al possesso del c.d. super green pass , ossia delle certificazioni verdi COVID-19 rilasciate unicamente alle persone che hanno completato il ciclo vaccinale contro l'infezione da SARS-CoV-2 o ne sono completamente guarite, ferma restando l'esenzione per i minori di dodici anni e i soggetti dispensati dalla vaccinazione per ragioni mediche. I ricorrenti non evidenziano alcuna manifesta violazione delle loro prerogative costituzionali, in quanto la disposizione oggetto di conflitto regola le condizioni di accesso al trasporto pubblico da parte della collettività e non ha per oggetto le specifiche attribuzioni dei parlamentari, incise in via fattuale e di riflesso. Difetta inoltre palesemente la rilevanza della medesima norma, per la quale i ricorrenti hanno chiesto in via subordinata alla Corte costituzionale l'autorimessione).
Il diritto di petizione, previsto dall'art. 50 Cost., si configura quale diritto individuale, sebbene esercitabile collettivamente, regolato nella Parte I della Costituzione tra i rapporti politici, e non quale attribuzione costituzionale; non ci si trova, infatti, innanzi a una funzione attribuita dalla Costituzione a un determinato numero di cittadini o elettori, ma a un diritto del singolo, che mai potrebbe trovare tutela, quand'anche impedito, in sede di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. ( Precedente: O. 85/2009 - mass. 33258 ). Le attribuzioni suscettibili di generare un conflitto non possono che essere quelle previste nella Parte II della Costituzione, dedicata all'ordinamento della Repubblica. ( Precedenti: O. 39/2019 - mass. 42191; O. 164/2018 - mass. 40096; O. 277/2017 - mass. 39733; O. 256/2016 - mass. 39171; O. 121/2011 - mass. 35556 ). La natura, il contenuto e gli effetti giuridici del diritto di petizione lo differenziano dagli istituti dell'iniziativa legislativa e del referendum abrogativo dal momento che siffatti istituti, facenti parte dell'ordinamento della Repubblica, sono espressione della volontà popolare, esercitata da quorum di elettori predefiniti dalla stessa Costituzione, mentre la petizione, proprio perché mero diritto individuale, può essere presentata da qualsiasi cittadino e la sua natura non cambia ove sottoscritta da più cittadini. La presentazione di una petizione non determina un obbligo per le Camere di deliberare sulla stessa, né tantomeno di recepirne i contenuti, bensì un mero dovere di acquisirne il testo e assegnarlo alle commissioni competenti, come conferma la disciplina prevista nei regolamenti parlamentari. (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile, per carenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall'avvocato Daniele Gradara, in proprio e come rappresentante dei firmatari della petizione relativa al procedimento di conversione del d.l. n. 111 del 2021, avente ad oggetto l'obbligo di certificazione verde COVID-19, c.d. Green Pass, nei confronti di entrambe le Camere, del Presidente del Consiglio dei ministri, del Consiglio dei ministri e del Presidente della Repubblica, in seguito all'omesso esame da parte delle Camere della detta petizione. La mancanza dei requisiti di ammissibilità del conflitto preclude l'esame della richiesta di autorimessione della questione di legittimità costituzionale del d.l. n. 111 del 2021, come convertito, tra l'altro manifestamente irrilevante, per la carenza del necessario nesso di pregiudizialità tra la risoluzione della questione medesima e la definizione del giudizio. ( Precedenti: S. 313/2013 - mass. 37925; O. 101/2000 - mass. 25217 ).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal TAR Lombardia, sez. prima, in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 35 Cost. - dell'art. 120, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992, come sostituito dall'art. 3, comma 52, lett. a ), della legge n. 94 del 2009, che prevede il diniego in via automatica del rilascio della patente di guida a coloro che sono, o sono stati, sottoposti alle misure di prevenzione di cui alla legge n. 1423 del 1956, nonché per i condannati per i reati in materia di stupefacenti di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309 del 1990. In primo luogo, i significativi elementi differenziali, che caratterizzano rispettivamente i provvedimenti di diniego di rilascio, di cui alla disposizione censurata, e quelli di revoca del titolo abilitativo, giustificano, su un piano di non manifesta irragionevolezza, il diverso trattamento normativo, fermo restando che sarebbe comunque auspicabile un migliore coordinamento sistematico delle distinte fattispecie, alla luce delle novità scaturite dalle precedenti decisioni della Corte costituzionale. In secondo luogo, va escluso che, per il solo diniego della patente di guida, il diritto al lavoro non sia esercitabile e la libertà di circolazione sia compromessa, poiché nessuna norma costituzionale assicura indistintamente a tutti i cittadini il diritto di guidare veicoli a motore. ( Precedenti citati: sentenze n. 99 del 2020, n. 24 del 2020, n. 80 del 2019, n. 22 del 2018, n. 274 del 2016 e n. 6 del 1962 ; ordinanza n. 81 del 2020 ).
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dai Tribunali di Salerno, Ferrara e Palermo in riferimento agli artt. 2, 3, 16, 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 2, par. 1, Prot. n. 4 CEDU, nonché in relazione all'art. 12 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici - dell'art. 4, comma 1- bis , del d.lgs. n. 142 del 2015, introdotto dall'art. 13, comma 1, lett. a ), n. 2), del d.l. n. 113 del 2018, conv. con modif. nella legge n. 132 del 2018, secondo cui il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisce titolo per l'iscrizione anagrafica. La sentenza n. 186 del 2020 ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata nei termini auspicati dai rimettenti. ( Precedenti citati: ordinanze n. 225 del 2020, n. 220 del 2020, n. 203 del 2020, n. 186 del 2020, n. 125 del 2020 e n. 105 del 2020 ).
Accolta, per violazione dell'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1- bis , del d.lgs. n. 142 del 2015, come introdotto dall'art. 13, comma 1, lett. a ), n. 2), del d.l. n. 113 del 2018, sono assorbite le ulteriori questioni di legittimità costituzionale prospettate dai Tribunali rimettenti, in riferimento agli artt. 2, 10, 16, 77, secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 14 della CEDU e all'art. 2, par. 1, Prot. n. 4 CEDU, nonché in riferimento agli artt. 12 e 26 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici.