Articolo 76 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È ordinata la restituzione degli atti al Tribunale di Firenze, sez. prima pen., perché proceda, alla luce delle intervenute modifiche normative, alla rivalutazione della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale - sollevate in riferimento complessivamente agli artt. 3 e 76 Cost. - dell'art. 11 del d.lgs. n. 36 del 2018, nella parte in cui, introducendo l'art. 649- bis cod. pen., ha esteso, secondo il diritto vivente, la procedibilità d'ufficio della truffa all'ipotesi in cui ricorra la recidiva qualificata, e in subordine dello stesso art. 649- bis cod. pen., nella parte in cui prevede la procedibilità d'ufficio dei reati ivi contemplati - e, in ulteriore subordine, della sola truffa - nell'ipotesi in cui ricorra la recidiva qualificata. Successivamente all'ordinanza di rimessione, il d.lgs. n. 150 del 2022 ha modificato l'art. 649- bis cod. pen . , ampliando le ipotesi di procedibilità a querela dei delitti di truffa, frode informatica e appropriazione indebita, tramite l'esclusione della recidiva dal novero delle circostanze aggravanti ad effetto speciale che ne determinano la procedibilità d'ufficio.
Il nostro ordinamento processuale civile è, sia pure in linea tendenziale e non senza qualche eccezione, ispirato dal principio ne procedat judex ex officio , così da escludere che in capo all'organo giudicante siano allocati anche significativi poteri di impulso processuale. ( Precedente: S. 184/2013 - mass. 37213 ). La responsabilità amministrativa o erariale è connotata dalla combinazione di elementi restitutori e di deterrenza, ciò che giustifica anche la possibilità di configurare la stessa solo in presenza di una condotta, commissiva o omissiva, imputabile al pubblico agente per dolo o colpa grave, nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo ( Precedenti: S. 355/2010 - mass. 35180 ; S. 453/1998 - mass. 24378 ; S. 371/98 - mass. 24247 ). Nell'esercizio del «potere riduttivo», che rende possibile una attenuazione della responsabilità amministrativa, nei singoli casi, il giudice contabile può anche tener conto delle capacità economiche del soggetto responsabile, oltre che del comportamento, al livello della responsabilità e del danno effettivamente cagionato. Pertanto, nell'ambito della responsabilità amministrativa, l'intero danno subito e accertato dall'Amministrazione, non è di per sé risarcibile e costituisce soltanto il presupposto per il promovimento da parte del p.m. dell'azione di responsabilità amministrativa e contabile. Per determinare la risarcibilità del danno, occorre invece una valutazione discrezionale ed equitativa del giudice contabile ( Precedenti: S. 183/2007 - mass. 31354 ; S. 340/2001 - mass. 26583 ). La regola generale della responsabilità amministrativa (o erariale) della parziarietà della stessa - ossia, per un lato, la possibilità di condannare ciascun responsabile per la parte che ha preso alla causa del fatto dannoso, e, per un altro, la responsabilità solidale dei soli concorrenti che abbiano conseguito un illecito arricchimento o abbiano agito con dolo -, si giustifica per il fatto che, per i pubblici dipendenti, la responsabilità per il danno ingiusto può essere oggetto di discipline differenziate rispetto ai principi comuni in materia. Ne deriva che l'azione di responsabilità per danno erariale promossa dal p.m. dinanzi alla Corte dei conti e quella di responsabilità civile promossa dalle singole amministrazioni interessate davanti al giudice ordinario restano reciprocamente indipendenti, anche quando investano i medesimi fatti materiali, poiché la prima è volta alla tutela dell'interesse pubblico generale, al buon andamento della pubblica amministrazione e al corretto impiego delle risorse, e la seconda, invece, al pieno ristoro del danno, con funzione riparatoria e integralmente compensativa, a tutela dell'interesse particolare della amministrazione attrice ( Precedente: S. 453/1998 - mass. 24379 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte dei conti, sez. giurisd. per la Campania, in riferimento agli artt. 76 e 81 Cost., dell'art. 83, commi 1 e 2, cod. giust. contabile, come modificato dall'art. 44 del d.lgs. n. 114 del 2019, che rispettivamente prevedono il divieto di chiamata in causa da parte del giudice di altri soggetti non evocati in giudizio dal p.m. e impongono comunque all'autorità giudiziaria di valutare la responsabilità di tutti i soggetti concorrenti nell'illecito ai fini della decisione sull'eventuale scomputo di quote di responsabilità a carico dei convenuti. Quanto all'art. 76 Cost. - a prescindere dal comma 3 dello stesso art. 83, il quale, in presenza di un fatto nuovo, prevede che il collegio possa trasmettere gli atti al p.m. affinché valuti la posizione dei soggetti che non aveva vagliato inizialmente -, il legislatore delegato, anche in applicazione della giurisprudenza contabile, detta una disciplina organica e coerente con il criterio di delega, in quanto: in nessun caso è possibile la chiamata officiosa in giudizio del terzo; l'apporto causativo del danno erariale ad opera del terzo può venire in rilievo solo per ridurre la responsabilità di chi è convenuto in giudizio per iniziativa del p.m.; la posizione del terzo può essere rimessa in gioco a seguito di "segnalazione" del giudice per fatti nuovi, ma solo per iniziativa del p.m. e nel rispetto della fondamentale garanzia del previo invito, al terzo, a dedurre e discolparsi. Quanto, poi, alla dedotta violazione dell'art. 81 Cost., sotto il profilo di una possibile mancata integrale copertura del danno erariale, l'evenienza che il giudice ritenga la concorrente - o esclusiva - responsabilità di un terzo, non evocato in giudizio dal p.m., appartiene all'ordinaria alea della controversia ed è compatibile con l'assetto processuale del giudizio di responsabilità voluto dal legislatore delegante. Ciò non determina alcun vulnus al parametro evocato, atteso che la tendenziale integrità del risarcimento del danno erariale, subito dalla PA, è assicurata, in principio, proprio dall'ampiezza dell'azione del p.m., integrata anche, in ipotesi, dalla segnalazione, ad opera del giudice, di «fatti nuovi». Residualmente poi rimane, ove ne sussistano i presupposti, l'azione risarcitoria ordinaria della PA danneggiata). ( Precedenti: S 415/1995; O. 261/2006 - mass. 30573 ).
Nella materia penale il legislatore delegante deve adottare criteri direttivi e principi configurati in modo assai preciso, sia definendo la specie e l'entità massima delle pene, sia dettando il criterio, in sé restrittivo, del ricorso alla sanzione penale solo per la tutela di determinati interessi rilevanti. In detta materia il grado di determinatezza richiesto per le regole fissate nella legge delega è più elevato in quanto - spettando al Parlamento l'individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili - il controllo del rispetto dei princìpi e criteri direttivi da parte del Governo è anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità. ( Precedenti: S. 174/2021 - mass. 44205; S. 127/2017 - mass. 41586; S. 5/2014; S. 49/1999 - mass. 24473; S. 53/1997; O. 134/2003 - mass. 27715 ). La delega legislativa comporta una discrezionalità del legislatore delegato, più o meno ampia in relazione al grado di specificità dei princìpi e criteri direttivi determinati nella legge delega, tenendo anche conto della sua ratio e della finalità da quest'ultima perseguita. ( Precedenti: S. 142/2020 -mass. 43518; S. 96/2020 - mass. 43352; S. 10/2018 - mass. 39716 ). (Nel caso di specie, sono dichiarati costituzionalmente illegittimi, per violazione degli artt. 25, secondo comma, 76 e 77, primo comma, Cost., l'art. 7, comma 1, lett. b , del d.lgs. n. 158 del 2015, nella parte in cui ha inserito le parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o» nel testo dell'art. 10- bis del d.lgs. n. 74 del 2000, e lo stesso art. 10- bis limitatamente alle parole «dovute sulla base della stessa dichiarazione o». La scelta del legislatore delegato di individuare nell'omesso versamento di ritenute dovute sulla base della dichiarazione del sostituto - in precedenza illecito amministrativo tributario - una nuova e distinta fattispecie penale che si affianca all'omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, non è sorretta dai principi e dai criteri direttivi della delega, mentre sarebbe stato necessario un criterio preciso e definito ai fini del rispetto del principio di stretta legalità in materia penale. Ripristinato il regime vigente prima del d.lgs. n. 158 del 2015 - sicché l'integrazione della fattispecie penale richiede che il mancato versamento da parte del sostituto riguardi le ritenute certificate -, in considerazione del recente sviluppo della giurisprudenza civile, spetta al legislatore rivedere tale complessivo regime sanzionatorio per renderlo maggiormente funzionale e coerente).
Nell'esame del merito va esaminata preliminarmente la censura di violazione dell'art. 76 Cost., trattandosi di una censura logicamente prioritaria, poiché incidente sul piano delle fonti. ( Precedenti: S. 133/2021; S. 142/2020; S. 198/2018 - mass. 41481; S. 189/2018) .
Nelle materie di competenza concorrente, come la tutela e sicurezza del lavoro, la delega è limitata alla determinazione dei principi fondamentali. ( Precedente: S. 50/2005 - mass. 29143 ). La previsione di cui all'art. 76 Cost. non osta all'emanazione, da parte del legislatore delegato, di norme che rappresentino un coerente sviluppo e un completamento delle scelte espresse dal legislatore delegante, dovendosi escludere che la funzione del primo sia limitata ad una mera scansione linguistica di previsioni stabilite dal secondo. Il sindacato costituzionale sulla delega legislativa deve, così, svolgersi attraverso un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli, riguardanti, da un lato, le disposizioni che determinano l'oggetto, i princìpi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione e, dall'altro, le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i princìpi e i criteri direttivi della delega. Il che, se porta a ritenere del tutto fisiologica quell'attività normativa di completamento e sviluppo delle scelte del delegante, circoscrive, d'altra parte, il vizio in discorso ai casi di dilatazione dell'oggetto indicato dalla legge di delega, fino all'estremo di ricomprendere in esso materie che ne erano escluse. ( Precedenti: S. 133/2021 - mass. 43963; S. 142/2020 - mass. 43518; S. 96/2020 - mass. 43352; S. 10/2018 - mass. 39716; S. 198/2010 - mass. 41489 ). (Nel caso di specie, è dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata, in riferimento all'art. 76 Cost., dal Consiglio di Stato, sez. terza, dell'art. 5, comma 2, lett. e , del d.lgs. n. 276 del 2003, laddove prescrive, per le cooperative di produzione e lavoro che intendano svolgere attività di somministrazione di manodopera, oltre ai requisiti giuridici e finanziari prescritti per tutte le agenzie, lo specifico requisito della presenza, come socio sovventore, di un fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione. La norma censurata, conformemente al criterio direttivo di cui all'art. 1, comma 2, lett. l , della legge delega n. 30 del 2003, ha prescritto uno specifico requisito abilitante le agenzie per il lavoro, individuandolo in base al tipo di attività svolta e alla natura giuridica dell'intermediario).
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per assoluta carenza nella descrizione della fattispecie e conseguente difetto di motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Macerata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 13, 16, 17, 19, 24, 32, 76 e 117 Cost. - dell'art. 1 del d.l. n. 6 del 2020, come conv., nonché dell'intero testo del d.l. n. 18 del 2020, come conv., recanti misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. La ricostruzione operata dal rimettente, omettendo di indicare quale violazione sia stata contestata al ricorrente nel processo principale, impedisce di valutare se e quale, tra le disposizioni censurate, sia da applicare nel giudizio a quo . ( Precedente: O. 76/2022 - mass. 44691 ) .
La delega per il riordino o per il riassetto normativo - come, nel caso di specie, il trasferimento, all'interno del codice penale, della figura criminosa del reato di commercio illecito di sostanze dopanti, in omaggio al principio della "riserva di codice" contenuto nell'art. 1, comma 85, lett. q ), della legge n. 103 del 2017,- concede al legislatore delegato un limitato margine di discrezionalità per l'introduzione di soluzioni innovative, le quali devono comunque attenersi strettamente ai princìpi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante, sicché va delimitato in limiti rigorosi l'esercizio, da parte del legislatore delegato, di poteri innovativi della normazione vigente, da intendersi in ogni caso come strettamente orientati e funzionali alle finalità esplicitate dalla legge di delega. (Precedenti: S. 231/2021 - mass. 44276; S. 142/2020 - mass. 43518; S. 61/2020 - mass. 41958; S. 170/2019 - mass. 40717; S. 198/2018 - mass. 41489; S. 250/2016 - mass. 39181; S. 94/2014 - mass. 37869; S. 73/2014 - mass. 37833; S. 162/2012 - mass. 36437; S. 80/2012, S. 293/2010 - mass. 34955; S. 230/2010 - mass. 34783). (Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 76 Cost., l'art. 586- bis , settimo comma, cod. pen., introdotto dall'art. 2, comma 1, lett. d , del d.lgs. n. 21 del 2018, n. 21, limitatamente alle parole «al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti». La disposizione censurata dalla Corte di cassazione, sez. terza penale, e dal Giudice monocratico del Tribunale di Busto Arsizio, nel compiere l'operazione di "riassetto normativo" nel settore del doping, non realizza un'operazione di mera trasposizione nel codice penale delle figure criminose già esistenti - come richiesto dal criterio di delega contenuto nell'art. 1, comma 85, lett. q , della legge n. 103 del 2017 -, ma arricchisce la descrizione della fattispecie del reato di commercio illecito di sostanze dopanti. In tal modo la fattispecie penale si è sensibilmente ridotta, alterando significativamente la sua struttura e deviando il baricentro del bene giuridico protetto, passato dalla salute, individuale e collettiva, delle persone alla correttezza delle competizioni agonistiche. Quanto agli effetti sui singoli imputati dei giudizi penali principali, le cui condotte sono precedenti all'entrata in vigore della disposizione costituzionalmente illegittima, competerà ai giudici rimettenti valutare le conseguenze applicative che potranno derivare dalla pronuncia di accoglimento, tenendo conto della costante giurisprudenza di questa Corte. Il principio di legalità, infine, comporta che rimane la necessità, per l'integrazione della fattispecie penale in esame, del dolo specifico per le condotte poste in essere tra il 6 aprile 2018, data di entrata in vigore della disposizione censurata, e la data di pubblicazione sulla G.U. della sentenza di questa Corte, dichiarativa della sua illegittimità costituzionale).
Sono dichiarate inammissibili, per incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento e conseguente difetto di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal TAR Lombardia in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 76 e 77 Cost. - dell'art. 15, commi 1, 2 e 3, cod. proc. amm. Le norme censurate, al contrario di quanto asserito dal giudice a quo , non precludono al giudice adito di pronunciarsi nella fase di merito sull'eccezione di difetto di competenza territoriale, tempestivamente sollevata dalla parte interessata, qualora lo stesso giudice abbia provveduto sulla domanda cautelare senza rilevare il difetto. L'ordinanza cautelare adottata nel giudizio a quo , infatti, in quanto di rigetto della relativa domanda, è soggetta allo specifico regime definito dall'art. 92, comma 5, secondo periodo, cod. proc. amm., secondo cui le ordinanze che - come nel caso di specie - disattendono l'istanza cautelare senza riferimento espresso alla questione di competenza, non costituiscono «decisione implicita sulla competenza».
Nell'esame del merito va trattata per prima la questione che lamenta la violazione dell'art. 76 Cost., trattandosi di una censura logicamente prioritaria, poiché incidente sul piano delle fonti. ( Precedente; S. 142/2020 ).
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal Consiglio di Stato, sez. terza, in riferimento all'art. 76 Cost. - dell'art. 76 del d.lgs. n. 117 del 2017, che riserva alle organizzazioni di volontariato (ODV) il "contributo ambulanze", escludendo gli altri enti del Terzo settore (ETS) svolgenti le medesime attività di interesse generale. Il legislatore delegato si è riferito alla specificità delle ODV, salvaguardando la previsione di maggior favore (già riconosciuta dalla omologa misura della legge n. 342 del 2000) giacché il criterio direttivo asseritamente leso (art. 4, comma 1, lett. b ) coinvolge solo in via mediata le disposizioni agevolative, mentre altri principi e criteri direttivi - che concorrono a individuare la ratio della delega - (artt. 5, comma 1, lett. a, e 9, comma 1, lett. m ) ben ammettono margini di differenziazione tra i diversi tipi di ETS. ( Precedente: S. 142/2020 - mass. 43518).