Articolo 19 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 132/2022Depositata il 31/05/2022
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per assoluta carenza nella descrizione della fattispecie e conseguente difetto di motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Macerata in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 13, 16, 17, 19, 24, 32, 76 e 117 Cost. - dell'art. 1 del d.l. n. 6 del 2020, come conv., nonché dell'intero testo del d.l. n. 18 del 2020, come conv., recanti misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. La ricostruzione operata dal rimettente, omettendo di indicare quale violazione sia stata contestata al ricorrente nel processo principale, impedisce di valutare se e quale, tra le disposizioni censurate, sia da applicare nel giudizio a quo . ( Precedente: O. 76/2022 - mass. 44691 ) .
Norme citate
- decreto-legge-Art. 1
- legge-Art.
- legge-Art.
- decreto-legge-Art. INTERO TESTO
Pronuncia 254/2021Depositata il 23/12/2021
Il diritto di petizione, previsto dall'art. 50 Cost., si configura quale diritto individuale, sebbene esercitabile collettivamente, regolato nella Parte I della Costituzione tra i rapporti politici, e non quale attribuzione costituzionale; non ci si trova, infatti, innanzi a una funzione attribuita dalla Costituzione a un determinato numero di cittadini o elettori, ma a un diritto del singolo, che mai potrebbe trovare tutela, quand'anche impedito, in sede di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. ( Precedente: O. 85/2009 - mass. 33258 ). Le attribuzioni suscettibili di generare un conflitto non possono che essere quelle previste nella Parte II della Costituzione, dedicata all'ordinamento della Repubblica. ( Precedenti: O. 39/2019 - mass. 42191; O. 164/2018 - mass. 40096; O. 277/2017 - mass. 39733; O. 256/2016 - mass. 39171; O. 121/2011 - mass. 35556 ). La natura, il contenuto e gli effetti giuridici del diritto di petizione lo differenziano dagli istituti dell'iniziativa legislativa e del referendum abrogativo dal momento che siffatti istituti, facenti parte dell'ordinamento della Repubblica, sono espressione della volontà popolare, esercitata da quorum di elettori predefiniti dalla stessa Costituzione, mentre la petizione, proprio perché mero diritto individuale, può essere presentata da qualsiasi cittadino e la sua natura non cambia ove sottoscritta da più cittadini. La presentazione di una petizione non determina un obbligo per le Camere di deliberare sulla stessa, né tantomeno di recepirne i contenuti, bensì un mero dovere di acquisirne il testo e assegnarlo alle commissioni competenti, come conferma la disciplina prevista nei regolamenti parlamentari. (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile, per carenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall'avvocato Daniele Gradara, in proprio e come rappresentante dei firmatari della petizione relativa al procedimento di conversione del d.l. n. 111 del 2021, avente ad oggetto l'obbligo di certificazione verde COVID-19, c.d. Green Pass, nei confronti di entrambe le Camere, del Presidente del Consiglio dei ministri, del Consiglio dei ministri e del Presidente della Repubblica, in seguito all'omesso esame da parte delle Camere della detta petizione. La mancanza dei requisiti di ammissibilità del conflitto preclude l'esame della richiesta di autorimessione della questione di legittimità costituzionale del d.l. n. 111 del 2021, come convertito, tra l'altro manifestamente irrilevante, per la carenza del necessario nesso di pregiudizialità tra la risoluzione della questione medesima e la definizione del giudizio. ( Precedenti: S. 313/2013 - mass. 37925; O. 101/2000 - mass. 25217 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 1
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 4
- Costituzione-Art. 7
- Costituzione-Art. 9
- Costituzione-Art. 10
- Costituzione-Art. 11
- Costituzione-Art. 13
- Costituzione-Art. 16
- Costituzione-Art. 17
- Costituzione-Art. 19
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 32
- Costituzione-Art. 33
- Costituzione-Art. 34
- Costituzione-Art. 35
- Costituzione-Art. 36
- Costituzione-Art. 50
- Costituzione-Art. 67
- Costituzione-Art. 70
- Costituzione-Art. 71
- Costituzione-Art. 117
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 3
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 21
- Regolamento UE-Art.
Pronuncia 254/2019Depositata il 05/12/2019
Nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale, il thema decidendum deve essere precisato operando una distinzione tra le censure non solo in relazione al parametro, ma anche in relazione all'oggetto. (Nel caso di specie, relativo all'art. 72, commi 1 e 2, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, il rimettente sviluppa un'argomentazione unica, articolata in riferimento agli artt. 2, 3 e 19 Cost., ma in realtà le due norme censurate presentano un contenuto differenziato e sono oggetto di distinte doglianze).
Norme citate
- legge della Regione Lombardia-Art. 72, comma 1
- legge della Regione Lombardia-Art. 72, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 19
Pronuncia 254/2019Depositata il 05/12/2019
Sono dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal TAR Lombardia in riferimento agli artt. 2, 3 e 19 Cost. - dell'art. 72, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, che impone, per l'insediamento di qualsivoglia nuova attrezzatura religiosa, la necessaria conformità alle previsioni localizzative del piano delle attrezzature religiose (PAR). Nel caso oggetto del giudizio a quo il PAR non risulta adottato, con la conseguenza che al giudizio stesso è estraneo il tema - anche logicamente, oltre che fattualmente, subordinato al tema della previa esistenza del PAR - della necessaria conformità alla zonizzazione del piano e dunque in esso non viene in rilievo la questione di costituzionalità della norma che la prescrive.
Norme citate
- legge della Regione Lombardia-Art. 72, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 19
Pronuncia 254/2019Depositata il 05/12/2019
È dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione degli artt. 2, 3, primo comma, e 19 Cost. - l'art. 72, comma 2, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, come modif. dall'art. 1, comma 1, lett. c ), della legge reg. Lombardia n. 2 del 2015, che subordina l'insediamento di nuovi luoghi di culto alla previa approvazione del piano per le attrezzature religiose (PAR). La norma censurata dal TAR Lombardia, dietro l'apparente finalità di tipo urbanistico-edilizio, mira in realtà a ostacolare l'installazione di nuove attrezzature religiose, in violazione dei parametri evocati, poiché esse vengono non solo disciplinate indistintamente, a prescindere dal loro impatto urbanistico, ma anche irragionevolmente assoggettate a un regime differenziato, non previsto per le altre opere di urbanizzazione secondaria. La previsione di uno speciale piano dedicato alle attrezzature religiose, riconducibile al modello della pianificazione urbanistica di settore, non è di per sé illegittima, purché persegua lo scopo del corretto insediamento nel territorio comunale delle attrezzature religiose aventi impatto urbanistico, e che, in questo orizzonte, tenga adeguatamente conto della necessità di favorire l'apertura di luoghi di culto destinati alle diverse comunità religiose. Il diritto inviolabile alla libertà religiosa, garantito dall'art. 19 Cost., comprende anche la libertà di culto e, con essa, il diritto di disporre di spazi adeguati per poterla concretamente esercitare. Le Regioni, nel regolare, in sede di disciplina del governo del territorio, l'edilizia di culto, possono perseguire esclusivamente finalità urbanistiche, nell'ambito delle quali deve essere ricondotta anche la necessaria specifica considerazione delle esigenze di allocazione delle attrezzature religiose. ( Precedenti citati: sentenze n. 67 del 2017, n. 63 del 2016, n. 52 del 2016, n. 346 del 2002, n. 508 del 2000, n. 329 del 1997, n. 334 del 1996, n. 440 del 1995, n. 195 del 1993, n. 203 del 1989 e n. 59 del 1958 ).
Norme citate
- legge della Regione Lombardia-Art. 72, comma 2
- legge della Regione Lombardia-Art. 1, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 19
Pronuncia 254/2019Depositata il 05/12/2019
È dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione degli artt. 2, 3, primo comma, e 19 Cost. - l'art. 72, comma 5, secondo periodo, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, come modif. dall'art. 1, comma 1, lett. c ), della legge reg. Lombardia n. 2 del 2015, che impone ai Comuni che intendono prevedere nuove attrezzature religiose di approvare il piano delle attrezzature religiose (PAR) entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge regionale, pena l'obbligo della sua approvazione unitamente al nuovo piano per il governo del territorio (PGT). La norma censurata dal TAR Lombardia determina una forte compressione della libertà religiosa, senza che a ciò corrisponda alcun reale interesse di buon governo del territorio. La necessaria contestualità e il carattere del tutto discrezionale del potere del Comune di procedere alla formazione del piano che investe l'intero territorio comunale (il PGT o la sua variante generale) rendono assolutamente incerta e aleatoria la possibilità di realizzare nuovi luoghi di culto, ai quali, in ragione della loro strumentalità alla garanzia di un diritto costituzionalmente tutelato, dovrebbe piuttosto essere riservato un trattamento di speciale considerazione. Al riguardo è significativo che per gli altri impianti di interesse pubblico la stessa legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 non solo non esiga la variante generale del PGT, ma non richieda neppure sempre la procedura di variante parziale. ( Precedente citato: sentenza n. 179 del 2019 ).
Norme citate
- legge della Regione Lombardia-Art. 72, comma 5
- legge della Regione Lombardia-Art. 1, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 19
Pronuncia 67/2017Depositata il 07/04/2017
La libertà religiosa, di cui quella di culto costituisce un aspetto essenziale, non può essere subordinata alla stipulazione di intese con lo Stato da parte delle confessioni religiose. ( Precedenti citati: sentenze n. 63 del 2016 e n. 52 del 2016 ). Il principio di laicità - da intendersi non come indifferenza dello Stato di fronte all'esperienza religiosa, bensì come tutela del pluralismo, a sostegno della massima espressione della libertà di tutti, secondo criteri di imparzialità - non esclude che lo Stato regoli bilateralmente, e dunque in modo differenziato, i rapporti con le singole confessioni religiose (artt. 7 e 8 Cost.), per il soddisfacimento di esigenze specifiche, ovvero per concedere particolari vantaggi o imporre particolari limitazioni, o ancora per dare rilevanza, nell'ordinamento dello Stato, a specifici atti propri della confessione religiosa. Al legislatore (nazionale o regionale) non è invece consentito di operare discriminazioni tra confessioni religiose in base alla sola circostanza che esse abbiano o non abbiamo regolato i loro rapporti con lo Stato tramite accordi o intese, perché altro è la libertà religiosa, garantita a tutti senza distinzioni, altro è il regime pattizio. ( Precedenti citati: sentenze n. 63 del 2016, n. 52 del 2016, n. 508 del 2000, n. 329 del 1997, n. 440 del 1995, n. 203 del 1989 ). Per consolidata giurisprudenza costituzionale, la disponibilità di spazi adeguati ove rendere concretamente possibile, o comunque facilitare, le attività di culto rientra nella tutela di cui all'art. 19 Cost., il quale riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in pubblico o in privato il culto, con il solo limite dei riti contrari al buon costume. ( Precedenti citati: sentenze n. 63 del 2016 e n. 195 del 1993 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 7
- Costituzione-Art. 8
- Costituzione-Art. 19
Pronuncia 67/2017Depositata il 07/04/2017
È dichiarata non fondata, nei termini di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale - promossa dal Governo in riferimento agli artt. 3, 8 e 19 Cost. - dell'art. 2 della legge reg. Veneto n. 12 del 2016, nella parte in cui introduce, nella legge reg. Veneto n. 11 del 2004, l'art. 31- bis . La norma impugnata, nel riconoscere alla Regione e ai Comuni veneti il compito di individuare i criteri e le modalità per la realizzazione delle attrezzature religiose, prende in considerazione tutte le possibili forme di confessione religiosa (Chiesa Cattolica, confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato siano disciplinati ai sensi dell'art. 8, terzo comma, Cost., e altre confessioni religiose), senza introdurre alcuna distinzione in ragione della circostanza che sia stata stipulata un'intesa con lo Stato, e non può quindi essere interpretata nel senso di consentire alla Regione e ai Comuni di realizzare la pianificazione di attrezzature religiose secondo criteri e modalità discriminatori in ragione della presenza o meno dell'intesa tra la confessione religiosa interessata e lo Stato. Ciò non esclude la possibilità che le autorità competenti operino ragionevoli differenziazioni, poiché l'eguale libertà delle confessioni religiose di organizzarsi e di operare non implica che a tutte debba assicurarsi un'eguale porzione dei contributi o degli spazi disponibili, essendo naturale che, nella distribuzione di utilità limitate (come le sovvenzioni pubbliche o la facoltà di utilizzare suolo), siano valutati tutti i pertinenti interessi pubblici e venga dato adeguato rilievo all'entità della presenza sul territorio dell'una o dell'altra confessione, alla rispettiva consistenza e incidenza sociale e alle esigenze di culto riscontrate nella popolazione. La paventata lesione dei principi costituzionali invocati (eguale libertà delle confessioni e libertà di religione) non discende, dunque, dal tenore della disposizione censurata in sé, ma dalle eventuali sue illegittime applicazioni, che potranno essere censurate, caso per caso, nelle opportune sedi giurisdizionali. ( Precedente citato: sentenza n. 63 del 2016, dichiarativa dell'incostituzionalità di norme della Regione Lombardia che imponevano alle confessioni religiose non firmatarie di intese con lo Stato requisiti differenziati e più stringenti per la programmazione e la realizzazione di luoghi di culto ).
Norme citate
- legge della Regione Veneto-Art. 2
- legge della Regione Veneto-Art. 31 BIS
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 8
- Costituzione-Art. 19
Pronuncia 67/2017Depositata il 07/04/2017
È dichiarato costituzionalmente illegittimo [per violazione degli artt. 2, 3 e 117, terzo comma, Cost.] l'art. 2 della legge reg. Veneto n. 12 del 2016, nella parte in cui, nell'introdurre nella l. reg. Veneto n. 11 del 2004 l'art. 31- ter , al suo comma 3 [secondo periodo], dispone che «Nella convenzione può, altresì, essere previsto l'impegno ad utilizzare la lingua italiana per tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto». La disposizione impugnata dal Governo - avendo ad oggetto la pianificazione urbanistica degli edifici adibiti a luogo di culto - afferisce alla materia del "governo del territorio", di competenza legislativa concorrente. La Regione è titolata, nel regolare la coesistenza dei diversi interessi che insistono sul proprio territorio, a dedicare specifiche disposizioni per la programmazione e la realizzazione dei luoghi di culto e, nell'esercizio di tali competenze, può imporre quelle condizioni e quelle limitazioni, che siano strettamente necessarie a garantire le finalità di governo del territorio affidate alle sue cure. Eccede da un ragionevole esercizio di dette competenze l'introduzione di un obbligo, quale l'impiego della lingua italiana, del tutto eccentrico rispetto ai menzionati interessi e palesemente incongruo rispetto sia alla finalità della normativa regionale in generale, sia a quella della disposizione censurata in particolare. A fronte dell'importanza della lingua quale elemento di identità individuale e collettiva, veicolo di trasmissione di cultura ed espressione della dimensione relazionale della personalità umana, la disposizione impugnata si presta a determinare ampie limitazioni di diritti fondamentali della persona di rilievo costituzionale, in difetto di un rapporto chiaro di stretta strumentalità e proporzionalità rispetto ad altri interessi costituzionalmente rilevanti, ricompresi nel perimetro delle attribuzioni regionali. La legislazione regionale in materia di edilizia di culto trova la sua ragione e giustificazione - propria della materia urbanistica - nell'esigenza di assicurare uno sviluppo equilibrato ed armonico dei centri abitativi e nella realizzazione dei servizi di interesse pubblico nella loro più ampia accezione, che comprende perciò anche i servizi religiosi. ( Precedenti citati: sentenze n. 63 del 2016 e n. 195 del 1993 ). La lingua è elemento di identità individuale e collettiva, veicolo di trasmissione di cultura ed espressione della dimensione relazionale della personalità umana. ( Precedente citato: sentenza n. 42 del 2017 ).
Norme citate
- legge della Regione Veneto-Art. 2
- legge della Regione Veneto-Art. 31 TER, comma 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 63/2016Depositata il 24/03/2016
È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 8, 19 e 117, secondo comma, lett. c ), Cost., l'art. 70, commi 2- bis , limitatamente alle parole «che presentano i seguenti requisiti:» e lett. a ) e b ), e 2- quater , della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (introdotti dall'art. 1, comma 1, lett. b , della legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2), in quanto impongono alle sole confessioni religiose non firmatarie di intese con lo Stato requisiti differenziati e più stringenti per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi. L'ordinamento repubblicano è contraddistinto dal principio di laicità, da intendersi, non come indifferenza di fronte all'esperienza religiosa, bensì come salvaguardia della libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale. Il libero esercizio del culto costituisce un aspetto essenziale della libertà di religione (art. 19 Cost.) ed è, quindi, riconosciuto egualmente a tutti e a tutte le confessioni religiose (art. 8, commi primo e secondo, Cost.), a prescindere dalla stipulazione di un'intesa con lo Stato, che non costituisce, pertanto, condicio sine qua non per l'esercizio della libertà religiosa. Il legislatore non può operare discriminazioni tra confessioni religiose in base alla sola circostanza che esse abbiano o meno regolato i loro rapporti con lo Stato tramite accordi o intese. L'apertura di luoghi di culto, in quanto forma e condizione essenziale per il pubblico esercizio dello stesso, ricade nella tutela garantita dall'art. 19 Cost., il quale riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, con il solo limite dei riti contrari al buon costume. Ciò non vuol dire che a tutte le confessioni debba assicurarsi un'eguale porzione dei contributi o degli spazi disponibili, dovendosi valutare tutti i pertinenti interessi pubblici e dare rilievo all'entità della presenza sul territorio, alla rispettiva consistenza e incidenza sociale e alle esigenze di culto riscontrate nella popolazione. La normativa regionale censurata, in quanto disciplina la pianificazione urbanistica dei luoghi di culto, attiene al «governo del territorio», di competenza legislativa concorrente; ciò nondimeno, la valutazione del rispetto del riparto di competenze tra Stato e Regioni richiede di tener conto, oltre che dell'oggetto, anche della ratio della normativa impugnata e di identificare correttamente gli interessi tutelati, nonché le finalità perseguite. La legislazione regionale in materia di edilizia di culto trova la sua ragione e la sua giustificazione nell'esigenza di assicurare uno sviluppo equilibrato ed armonico dei centri abitati e nella realizzazione dei servizi di interesse pubblico nella loro più ampia accezione, che comprende anche i servizi religiosi. Una lettura dei principi costituzionali evocati porta a concludere che la Regione è titolata, nel governare la composizione dei diversi interessi che insistono sul territorio, a dedicare specifiche disposizioni per la programmazione e la realizzazione di luoghi di culto; viceversa, essa esorbita dalle sue competenze se, ai fini dell'applicabilità di tali disposizioni, impone requisiti differenziati e più stringenti, per le sole confessioni per le quali non sia stata stipulata e approvata con legge un'intesa ai sensi dell'art. 8, terzo comma, Cost. Sul principio di laicità dello Stato, v. le citate sentenze nn. 508/2000, 329/1997, 440/1995 e 203/1989. Nel senso che la libertà di religione rappresenta un aspetto della dignità della persona umana, riconosciuta e dichiarata inviolabile ai sensi dell'art. 2 Cost., v. la citata sentenza n. 334/1996. Sul regime pattizio tra Governo e confessioni religiose, v. la citata sentenza n. 52/2016. Sulle finalità perseguite mediante gli accordi bilaterali, v. le citate sentenze nn. 52/2016, 235/1997 e 59/1958. Sul divieto di discriminazione tra confessioni religiose, v. le citate sentenze nn. 52/2016, 346/2002 e 195/1993. Per l'affermazione che la condizione di minoranza di alcune confessioni religiose non può giustificare un minor livello di protezione rispetto a quello delle confessioni più diffuse, v. la citata sentenza n. 329/1997. Sulla necessità della previa regolazione pattizia ai fini del riconoscimento giuridico di taluni atti di culto, v. la citata sentenza n. 59/1958. Nel senso che la pianificazione urbanistica dei luoghi di culto rientra nella materia del «governo del territorio», di competenza legislativa concorrente, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 272/2013, 102/2013 e 6/2013. Per la valutazione del rispetto del riparto di competenze tra Stato e Regioni, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 140/2015, 167/2014 e 119/2014. Per l'affermazione che la legislazione regionale in materia di edilizia del culto trova la sua ragione e la sua giustificazione nell'esigenza di assicurare uno sviluppo equilibrato ed armonico dei centri abitati e nella realizzazione dei servizi di interesse pubblico nella loro più ampia accezione, che comprende anche i servizi religiosi, v. la citata sentenza n. 195/1993.
Norme citate
- legge della Regione Lombardia-Art. 1, comma 1
- legge della Regione Lombardia-Art. 70, comma 2
- legge della Regione Lombardia-Art. 70, comma 2
- legge della Regione Lombardia-Art. 70, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 8
- Costituzione-Art. 19
- Costituzione-Art. 117
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.