Articolo 21 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 254/2021Depositata il 23/12/2021
Il diritto di petizione, previsto dall'art. 50 Cost., si configura quale diritto individuale, sebbene esercitabile collettivamente, regolato nella Parte I della Costituzione tra i rapporti politici, e non quale attribuzione costituzionale; non ci si trova, infatti, innanzi a una funzione attribuita dalla Costituzione a un determinato numero di cittadini o elettori, ma a un diritto del singolo, che mai potrebbe trovare tutela, quand'anche impedito, in sede di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. ( Precedente: O. 85/2009 - mass. 33258 ). Le attribuzioni suscettibili di generare un conflitto non possono che essere quelle previste nella Parte II della Costituzione, dedicata all'ordinamento della Repubblica. ( Precedenti: O. 39/2019 - mass. 42191; O. 164/2018 - mass. 40096; O. 277/2017 - mass. 39733; O. 256/2016 - mass. 39171; O. 121/2011 - mass. 35556 ). La natura, il contenuto e gli effetti giuridici del diritto di petizione lo differenziano dagli istituti dell'iniziativa legislativa e del referendum abrogativo dal momento che siffatti istituti, facenti parte dell'ordinamento della Repubblica, sono espressione della volontà popolare, esercitata da quorum di elettori predefiniti dalla stessa Costituzione, mentre la petizione, proprio perché mero diritto individuale, può essere presentata da qualsiasi cittadino e la sua natura non cambia ove sottoscritta da più cittadini. La presentazione di una petizione non determina un obbligo per le Camere di deliberare sulla stessa, né tantomeno di recepirne i contenuti, bensì un mero dovere di acquisirne il testo e assegnarlo alle commissioni competenti, come conferma la disciplina prevista nei regolamenti parlamentari. (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile, per carenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall'avvocato Daniele Gradara, in proprio e come rappresentante dei firmatari della petizione relativa al procedimento di conversione del d.l. n. 111 del 2021, avente ad oggetto l'obbligo di certificazione verde COVID-19, c.d. Green Pass, nei confronti di entrambe le Camere, del Presidente del Consiglio dei ministri, del Consiglio dei ministri e del Presidente della Repubblica, in seguito all'omesso esame da parte delle Camere della detta petizione. La mancanza dei requisiti di ammissibilità del conflitto preclude l'esame della richiesta di autorimessione della questione di legittimità costituzionale del d.l. n. 111 del 2021, come convertito, tra l'altro manifestamente irrilevante, per la carenza del necessario nesso di pregiudizialità tra la risoluzione della questione medesima e la definizione del giudizio. ( Precedenti: S. 313/2013 - mass. 37925; O. 101/2000 - mass. 25217 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 1
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 4
- Costituzione-Art. 7
- Costituzione-Art. 9
- Costituzione-Art. 10
- Costituzione-Art. 11
- Costituzione-Art. 13
- Costituzione-Art. 16
- Costituzione-Art. 17
- Costituzione-Art. 19
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 32
- Costituzione-Art. 33
- Costituzione-Art. 34
- Costituzione-Art. 35
- Costituzione-Art. 36
- Costituzione-Art. 50
- Costituzione-Art. 67
- Costituzione-Art. 70
- Costituzione-Art. 71
- Costituzione-Art. 117
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 3
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 21
- Regolamento UE-Art.
Pronuncia 150/2021Depositata il 12/07/2021
È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 21 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 10 CEDU, l'art. 13 della legge n. 47 del 1948. La norma censurata dal Tribunale di Salerno - lex specialis rispetto alle due aggravanti previste dall'art. 595 cod. pen., secondo e terzo comma - prevede una circostanza aggravante per il delitto di diffamazione, integrata nel caso in cui la condotta sia commessa col mezzo della stampa e consista nell'attribuzione di un fatto determinato; in tal caso la pena prevista è quella della reclusione da uno a sei anni e della multa non inferiore a euro 258, da applicare in via cumulativa, a meno che non sussistano, nel caso concreto, circostanze attenuanti giudicate prevalenti o, almeno, equivalenti all'aggravante in esame. Proprio l'indefettibilità dell'applicazione della pena detentiva, escluse le ipotesi indicate, rende la disposizione incompatibile con il diritto a manifestare il proprio pensiero; la necessaria irrogazione della sanzione detentiva (indipendentemente poi dalla possibilità di una sua sospensione condizionale, o di una sua sostituzione con misure alternative alla detenzione rispetto al singolo condannato) è divenuta infatti ormai incompatibile con l'esigenza di non dissuadere, per effetto del timore della sanzione privativa della libertà personale, la generalità dei giornalisti dall'esercitare la propria cruciale funzione di controllo sull'operato dei pubblici poteri, anche in considerazione del diritto vivente, che condiziona l'operatività della causa di giustificazione del diritto di cronaca nella sua forma putativa (art. 59, quarto comma, cod. pen.) al requisito dell'assenza di colpa nel controllo delle fonti: ammettendo conseguentemente la responsabilità del giornalista anche nell'ipotesi in cui egli abbia confidato, seppur per un errore evitabile, nella verità del fatto attribuito alla persona offesa. La dichiarazione di illegittimità costituzionale non crea alcun vuoto di tutela al diritto alla reputazione individuale contro le offese arrecate a mezzo della stampa, che continua a essere protetto dal combinato disposto del secondo e del terzo comma dello stesso art. 595 cod. pen., il cui alveo applicativo si riespanderà in seguito alla presente pronuncia. Né la decisione implica che il legislatore debba ritenersi costituzionalmente vincolato a mantenere anche per il futuro una sanzione detentiva per i casi più gravi di diffamazione, anche se resta attuale la necessità di una complessiva riforma della disciplina vigente, allo scopo di individuare complessive strategie sanzionatorie in grado, da un lato, di evitare ogni indebita intimidazione dell'attività giornalistica; e, dall'altro, di assicurare un'adeguata tutela della reputazione individuale contro illegittime - e talvolta maliziose - aggressioni poste in essere nell'esercizio di tale attività. ( Precedenti citati: sentenze n . 242 del 2019 e n. 37 del 2019; ordinanze n. 132 del 2020 e n. 207 del 2018 ). La libertà di stampa è pietra angolare dell'ordine democratico. ( Precedente citato: sentenza n. 84 del 1969 ).
Norme citate
- legge-Art. 13
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 10
Pronuncia 150/2021Depositata il 12/07/2021
Accolta, per violazione degli artt. 21 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 10 CEDU, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, sotto il profilo della lesione alla libera manifestazione del pensiero, restano assorbiti gli ulteriori profili di censura evocati dal rimettente a proposito della medesima disposizione.
Norme citate
- legge-Art. 13
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 10
Pronuncia 150/2021Depositata il 12/07/2021
Accolta, per violazione degli artt. 21 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 10 CEDU, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, promossa dal Tribunale di Salerno, si rende superfluo l'esame della questione formulata dal Tribunale di Bari sulla medesima disposizione, mirante a sostituire il regime di cumulatività di reclusione e multa previsto dalla disposizione medesima con un regime di alternatività tra le due sanzioni.
Norme citate
- legge-Art. 13
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 10
Pronuncia 150/2021Depositata il 12/07/2021
Sono dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Salerno in riferimento agli artt. 3, 21 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 10 CEDU, dell'art. 595, terzo comma, cod. pen., che configura una circostanza aggravante del delitto di diffamazione, integrata allorché l'offesa sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico. La previsione in via soltanto alternativa della pena detentiva da parte della norma censurata non può ritenersi di per sé in contrasto con la libertà di manifestazione del pensiero. Aggressioni illegittime alla reputazione compiute attraverso la stampa, o attraverso gli altri mezzi di pubblicità cui si riferisce l'art. 595, terzo comma, cod. pen. - la radio, la televisione, le testate giornalistiche online e gli altri siti internet, i social media, e così via -, possono infatti incidere grandemente sulla vita privata, familiare, sociale, professionale, politica delle vittime. E tali danni sono suscettibili, oggi, di essere enormemente amplificati proprio dai moderni mezzi di comunicazione. Questi pregiudizi debbono essere prevenuti dall'ordinamento con strumenti idonei, necessari e proporzionati, nel quadro di un indispensabile bilanciamento con le contrapposte esigenze di tutela della libertà di manifestazione del pensiero, e del diritto di cronaca e di critica in particolare, in modo da schermare il rischio di indebita intimidazione esercitato su chi svolga la professione giornalistica. Tra questi strumenti non può in assoluto escludersi la sanzione detentiva, sempre che la sua applicazione sia limitata ai casi in cui la diffamazione si caratterizzi per la sua eccezionale gravità, tra cui possono annoverarsi i discorsi d'odio e l'istigazione alla violenza, ma anche campagne di disinformazione condotte attraverso la stampa, internet o i social media, caratterizzate dalla diffusione di addebiti gravemente lesivi della reputazione della vittima, e compiute nella consapevolezza da parte dei loro autori della - oggettiva e dimostrabile - falsità degli addebiti stessi.. Al di fuori di quei casi eccezionali, la prospettiva del carcere resterà esclusa per il giornalista, così come per chiunque altro che abbia manifestato attraverso la stampa o altri mezzi di pubblicità la propria opinione; restando aperta soltanto la possibilità che siano applicate pene diverse dalla reclusione, nonché rimedi e sanzioni civili o disciplinari. Pertanto, la disposizione censurata deve essere interpretata nel senso che essa attribuisce al giudice un potere discrezionale che deve essere esercitato tenendo conto dei criteri di commisurazione della pena indicati nell'art. 133 cod. pen., ma anche - e ancor prima - delle indicazioni derivanti dalla Costituzione e dalla CEDU; e ciò anche al fine di evitare la pronuncia di condanne penali che potrebbero successivamente dar luogo a una responsabilità internazionale dello Stato italiano per violazioni della Convenzione. Tale interpretazione consente di escludere anche il contrasto della disposizione censurata con l'art. 3 Cost. ( Precedente citato: sentenza n. 68 del 2017 ). Se è vero che la libertà di espressione - in particolare sub specie di diritto di cronaca e di critica esercitato dai giornalisti - costituisce pietra angolare di ogni ordinamento democratico, non è men vero che la reputazione individuale è del pari un diritto inviolabile, strettamente legato alla stessa dignità della persona. ( Precedente citato: ordinanza n. 132 del 2020 ).
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 10
Pronuncia 132/2020Depositata il 26/06/2020
È rinviata all'udienza pubblica del 22 giugno 2021, con sospensione dei giudizi a quibus , la trattazione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Salerno, sez. seconda penale, e dal Tribunale di Bari, sez. prima penale - in riferimento complessivamente agli artt. 3, 21, 25, 27 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 10 CEDU - nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, in combinato disposto con l'art. 595, terzo comma, cod. pen., nella parte in cui punisce il delitto di diffamazione a mezzo stampa consistente nell'attribuzione di un fatto determinato con la pena della reclusione da uno a sei anni, in via cumulativa e non alternativa rispetto alla multa non inferiore a 258 euro. Anche alla luce della giurisprudenza della Corte EDU e della posizione del Consiglio d'Europa - che ritengono di regola violata la libertà di espressione, tutelata dall'art. 10 CEDU, laddove vengano applicate pene detentive a giornalisti condannati per diffamazione - appare necessaria e urgente una complessiva rimeditazione del bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della reputazione individuale, in particolare con riferimento all'attività giornalistica. Se quest'ultima va salvaguardata contro ogni minaccia o coartazione, il suo legittimo esercizio richiede tuttavia di essere bilanciato con altri interessi e diritti. Fra essi si colloca la reputazione della persona, connessa alla sua dignità, che costituisce sia un diritto inviolabile ai sensi dell'art. 2 Cost., che una componente essenziale del diritto alla vita privata di cui all'art. 8 CEDU, oltre che un diritto espressamente riconosciuto dall'art. 17 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Il punto di equilibrio tra la libertà di "informare" e di "formare" la pubblica opinione svolto dalla stampa e dai media, e la tutela della reputazione individuale, non può però essere pensato come fisso e immutabile, tanto più alla luce della rapida evoluzione della tecnologia e dei mezzi di comunicazione. Tale bilanciamento spetta in primo luogo al legislatore, il quale, nei limiti della proporzionalità rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva dell'illecito, potrà ricorrere a sanzioni penali non detentive, a rimedi civilistici e in generale riparatori adeguati (come l'obbligo di rettifica), ma anche a misure di carattere disciplinare, eventualmente sanzionando con la pena detentiva le condotte che assumano connotati di eccezionale gravità. Considerato che vari progetti di legge in materia di revisione della disciplina della diffamazione a mezzo della stampa risultano in corso di esame avanti alle Camere, e che, nel caso in esame, l'intervento della Corte costituzionale sconta necessariamente la limitatezza degli orizzonti del devolutum e dei rimedi a sua disposizione, in uno spirito di leale collaborazione istituzionale si rinvia la decisione delle questioni a una successiva udienza, in modo da consentire al legislatore di approvare nel frattempo una nuova disciplina in linea con i principi costituzionali e convenzionali illustrati. Spetterà ai giudici valutare se eventuali analoghe questioni di legittimità costituzionale debbano parimenti essere considerate rilevanti e non manifestamente infondate, così da evitare, nelle more, l'applicazione delle disposizioni censurate. ( Precedenti citati: sentenze n. 37 del 2019, n. 242 del 2019, n. 265 del 2014, n. 379 del 1996, n. 86 del 1974 e n. 38 del 1973; ordinanza n. 207 del 2018 ). La libertà di manifestazione del pensiero costituisce - prima ancora che un diritto proclamato dalla CEDU - un diritto fondamentale riconosciuto come coessenziale al regime di libertà garantito dalla Costituzione, pietra angolare dell'ordine democratico, cardine di democrazia nell'ordinamento generale. ( Precedenti citati: sentenze n. 206 del 2019, n. 126 del 1985, n. 84 del 1969, n. 11 del 1968 e n. 1 del 1956 ). Nell'ambito della libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di stampa assume un'importanza peculiare, in ragione del suo ruolo essenziale nel funzionamento del sistema democratico, nel quale al diritto del giornalista di informare corrisponde un correlativo "diritto all'informazione" dei cittadini, quest'ultimo qualificato in riferimento ai princìpi fondanti della forma di Stato delineata dalla Costituzione, i quali esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale; tale sistema è caratterizzato dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti. ( Precedenti citati: sentenze n. 206 del 2019, n. 155 del 2002, n. 112 del 1993, n. 1 del 1981 e n. 172 del 1972 ).
Norme citate
- legge-Art. 13
- codice penale-Art. 595, comma 3
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 25
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 27
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 10
Pronuncia 206/2019Depositata il 25/07/2019
La giurisprudenza costituzionale, pur in mancanza di una specifica disciplina costituzionale, ha sempre ricondotto il diritto dell'informazione nell'àmbito di tutela della libertà costituzionale di manifestazione del pensiero, ricomprendendolo tra le libertà fondamentali proclamate dalla Costituzione. L'art. 21 Cost. infatti solennemente proclama uno tra i princìpi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, garantendo a "tutti" il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero "con ogni mezzo di diffusione" e detta per di più ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole. A tale riguardo, il "diritto all'informazione" deve essere qualificato e caratterizzato dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie - che comporta, fra l'altro, il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l'accesso del massimo numero possibile di voci diverse - in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti. In questo senso, l'informazione esprime non tanto una materia, quanto "una condizione preliminare" per l'attuazione dei princìpi propri dello Stato democratico. ( Precedenti citati: sentenze n. 122 del 2017, n. 210 del 2015, n. 69 del 2009, n. 168 del 2008, n. 151 del 2005, n. 312 del 2003, n. 466 del 2002, n. 155 del 2002, n. 29 del 1996, n. 420 del 1994, n. 112 del 1993, n. 21 del 1991, n. 348 del 1990, n. 826 del 1988, n. 194 del 1987, n. 148 del 1981, n. 225 del 1974, n. 105 del 1972 e n. 9 del 1965; ordinanza n. 61 del 2008 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 21
Pronuncia 206/2019Depositata il 25/07/2019
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., nella legge n. 133 del 2008, dell'art. 2, comma 62, della legge n. 191 del 2009 e dell'art. 2, comma 1, del d.l. n. 63 del 2012, conv., con modif., nella legge n. 103 del 2012 - sollevate dal Tribunale di Catania in riferimento agli artt. 2, 3 e 21 Cost. - che, nel regolare la disciplina dei contributi all'editoria, prevedono il carattere discrezionale dell'elargizione e la sua subordinazione alle disponibilità di bilancio. Il rilievo costituzionale della libertà di manifestazione del pensiero non comporta che esista in via generale un diritto soggettivo delle imprese editrici a misure di sostegno dell'editoria. La pretesa si radica infatti nella combinazione fra l'articolo della Costituzione che definisce il diritto di volta in volta preso in esame e l'art. 2 Cost., ma anche e soprattutto con il secondo comma dell'art. 3 Cost.; tale esigenza non sussiste nel caso in esame, in cui i presìdi offerti dall'ordinamento a tutela del pluralismo informativo e del mercato risultano idonei ad assicurare tale valore, cosicché la garanzia del pur fondamentale diritto in questione non impone l'intervento finanziario dello Stato.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 2, comma 1
- legge-Art.
- decreto-legge-Art. 44, comma 1
- legge-Art.
- legge-Art. 2, comma 62
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 21
Pronuncia 206/2019Depositata il 25/07/2019
Sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Catania in riferimento agli artt. 3, 21 e 97 Cost., dell'art. 44, comma 1, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., nella legge n. 133 del 2008, dell'art. 2, comma 62, della legge n. 191 del 2009 e dell'art. 2, comma 1, del d.l. n. 63 del 2012, conv., con modif., nella legge n. 103 del 2012, che, affidano alla discrezionalità del Governo, senza l'indicazione di criteri oggettivi, la determinazione dell'ammontare delle misure di sostegno all'editoria. Le norme censurate non garantiscono l'attribuzione di contributi significativi e adeguati e rendono difficoltosa l'indipendenza e la pluralità dell'informazione, manifestando una grave lacuna di fondo - evidenziata dalla loro mancata armonizzazione con le disposizioni normative, anch'esse primarie, che fissano i requisiti per accedere ai contributi e procedono anche alla loro quantificazione - perché le imprese editrici, da un lato, sono titolari di diritti rispetto all'allocazione delle risorse in questione e dall'altro sono esposte al rischio di un taglio parziale o totale delle risorse stesse (in quanto, ai sensi dell'art. 8 del d.lgs. n. 303 del 1999 e del d.P.C.m. 22 novembre 2010, il riparto delle disponibilità finanziarie fra gli interventi previsti nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri è rimesso all'autonomia della stessa Presidenza, cosicché l'assegnazione dei fondi al settore dell'editoria rimane subordinato, nei limiti delle disponibilità, a scelte discrezionali circa la distribuzione delle risorse). Tuttavia, da ciò non ne può derivare l'accoglimento delle questioni, poiché la strada della semplice cancellazione delle norme censurate si tradurrebbe in un danno per la stessa parte del giudizio a quo, che si vedrebbe del tutto negato il contributo, sia pure ridotto; e perché l'adozione di una disciplina di armonizzazione del sistema non impone una soluzione costituzionalmente obbligata, restando affidata alla scelta del legislatore. In un settore come quello in esame, caratterizzato dalla presenza di un diritto fondamentale, vi è dunque l'esigenza che il quadro normativo sia ricondotto a trasparenza e chiarezza, e in particolare che l'attribuzione delle risorse risponda a criteri certi e obiettivi.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 2, comma 1
- legge-Art.
- decreto-legge-Art. 44, comma 1
- legge-Art.
- legge-Art. 2, comma 62
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 97
Pronuncia 122/2017Depositata il 26/05/2017
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e c), della legge n. 354 del 1975, censurato dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto - in riferimento agli artt. 21, 33 e 34 Cost. - nella parte in cui, secondo il "diritto vivente", consente all'amministrazione penitenziaria (anziché nei singoli casi all'autorità giudiziaria, nelle forme e in base ai presupposti di cui all'art. 18-ter ordin. penit.) di adottare, nei confronti dei detenuti in regime speciale, il divieto di ricevere dall'esterno e di spedire all'esterno libri e riviste a stampa. L'adozione di tale misura non viola la libertà di manifestazione del pensiero (intesa nel suo significato passivo di diritto di essere informati) né il diritto allo studio, poiché non limita il diritto dei detenuti in regime speciale a ricevere e a tenere con sé le pubblicazioni di propria scelta, ma incide solo sulle modalità attraverso le quali dette pubblicazioni possono essere acquisite, imponendo di servirsi esclusivamente dell'istituto penitenziario, onde evitare che il libro o la rivista si trasformi in un veicolo di comunicazioni occulte con l'esterno, di problematica rilevazione da parte del personale addetto al controllo. Né gli eventuali inconvenienti che potrebbero derivare dalla "burocratizzazione" del canale di acquisizione delle pubblicazioni compromettono in misura costituzionalmente apprezzabile i diritti in questione, trovando in ogni caso ragionevole giustificazione alla luce delle esigenze poste a base del regime speciale. Fermo restando che l'anzidetta misura, nella sua concreta operatività, non deve tradursi in una negazione surrettizia del diritto (attraverso lungaggini e "barriere di fatto", su cui il magistrato di sorveglianza potrà esercitare la sua funzione di controllo), l'eventuale vulnus dei diritti del detenuto comunque non deriverebbe dalla norma, ma dalla sua non corretta applicazione, estranea al sindacato di legittimità costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 143 del 2013 e n. 376 del 1997; ordinanze n. 417 del 2004 e n. 192 del 1998, sulle finalità dello speciale regime ex art. 41-bis, comma 2; sentenze n. 112 del 1993, n. 826 del 1988 e n. 148 del 1981, sul diritto di essere informati ). In ordine al diritto dei detenuti di conoscere liberamente le manifestazioni di pensiero che circolano nella società esterna, la sua tutela - tanto costituzionale (art. 21 Cost.) quanto legislativa (artt. 18, sesto comma, e 18-ter, comma 1, lett. a, ordin. penit.) - è riferita alla facoltà del detenuto di scegliere con piena libertà i testi con i quali informarsi, senza che l'autorità amministrativa possa esercitare su essi una censura, restando invece indifferenti i mezzi mediante i quali gli viene garantito il diritto di entrare in possesso delle pubblicazioni desiderate. Analogo discorso vale, mutatis mutandis, per il diritto allo studio, che trova specifico riconoscimento in ambito penitenziario, quale componente primaria del percorso rieducativo del detenuto (artt. 19 ordin. penit., 41 e seguenti del d.P.R. n. 230 del 2000).
Norme citate
- legge-Art. 41 BIS, comma 2
- legge-Art. 41 BIS, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 21
- Costituzione-Art. 33
- Costituzione-Art. 34
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.