Articolo 35 - COSTITUZIONE

La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la liberta' di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.
Caricamento annuncio...

Massime della Corte Costituzionale

Trovate 10 massime

Pronuncia 209/2022Depositata il 13/10/2022

Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Esenzione per l'abitazione principale - Abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune - Esclusione dall'esenzione - Denunciata irragionevole disparità di trattamento, nonché violazione della parità dei diritti dei lavoratori e dei contribuenti nonché dei principi di capacità contributiva, di tutela della famiglia e del risparmio - Intervenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale in parte qua della norma censurata - Conseguente sopravvenuta carenza di oggetto - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 255017).

Sono dichiarate inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla CTP di Napoli in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost. - dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, come modificato dall'art. 1, comma 707, lett. b ), della legge n. 147 del 2013, nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) per l'abitazione adibita a dimora principale del nucleo familiare, nel caso in cui uno dei suoi componenti sia residente anagraficamente e dimori in un immobile ubicato in altro comune. Dichiarata l'illegittimità costituzionale del quarto periodo del medesimo art. 13, comma 2 - anche il quinto periodo censurato è stato dichiarato, con la medesima sentenza, costituzionalmente illegittimo in via consequenziale. ( Precedenti: O. 102/2022 - mass. 44906; O. 206/2021 - mass. 44207; O. 93/2021 - mass. 43872; O. 125/2020 - mass. 42579; O. 105/2020 - mass. 43436; O. 71/2017 - mass. 39403 ).

Norme citate

  • decreto-legge-Art. 13, comma 2
  • legge-Art.
  • legge-Art. 1, comma 707

Pronuncia 202/2022Depositata il 28/07/2022

Infortuni sul lavoro e malattie professionali - In genere - Assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico - Tutela dei "Caregivers" - Definizione di "lavoro svolto in ambito domestico" svolto senza vincolo di subordinazione e a titolo gratuito - Inclusione degli immobili di civile abitazione dove le attività di cura delle persone vengono prestate in favore di stretti familiari non conviventi (nel caso di specie: dei genitori) - Omessa previsione - Denunciata irragionevole disparità di trattamento, violazione dei doveri di solidarietà, della tutela della famiglia, del diritto al lavoro e della tutela previdenziale, anche sul piano comunitario - Eccessiva manipolatività dell'addizione richiesta - Inammissibilità delle questioni. (Classif. 135001).

Sono dichiarate inammissibili, per l'eccessiva manipolatività della pronuncia richiesta, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di Salerno, sez. lavoro, in riferimento agli artt. 2, 3, 29, 35, 38 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione alla Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 - dell'art. 6, comma 2, lett. b ), della legge n. 493 del 1999, nella parte in cui non comprende nell'ambito domestico, all'interno del quale opera l'assicurazione di chi svolge attività di caregivers , gli immobili di civile abitazione nei quali le suddette attività vengano prestate in favore di stretti familiari non conviventi, per quanto bisognosi di assistenza domestica. Quanto al riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., il riferimento al parametro europeo risulta non idoneo. In relazione agli altri parametri evocati, la legge n. 493 del 1999 - espressione dell'esigenza di far fronte al fenomeno degli infortuni domestici con la finalità di arginarne i costi per la collettività e di superare la contrapposizione tra lavoro domestico ed extradomestico, attribuendo al primo pari dignità rispetto alle altre forme di lavoro svolte fuori casa - ripartisce il rischio indennizzabile all'interno di una "solidarietà di categoria", cosicché gli eventi coperti da garanzia assicurativa non ricomprendono tutti gli incidenti che si verificano negli ordinari luoghi di vita del soggetto assicurato, ma solo quelli che derivano dal lavoro svolto in ambito domestico. In particolare, la nozione di famiglia di cui si avvale il legislatore nel disciplinare il rischio assicurato in materia di infortuni domestici è quella già utilizzata da una risalente sentenza della Corte di cassazione: non qualsiasi condivisione di spazi rileva, pertanto, al fine di riconoscere il diritto all'indennizzo assicurativo per infortunio domestico, ma solo quella che chiama in gioco convivenze familiari integrate, quanto meno, da comuni regole di vita e condivisioni di mezzi. Ciò posto, il carattere autonomo delle due prospettive di tutela sollecitate dal rimettente - l'una, segnata dal riconoscimento di uno strumento assicurativo a tutela di posizioni previdenziali insorte in ambito domestico-familiare, e l'altra contraddistinta dalla creazione di una rete di servizi di preferenziale accesso e di un sistema di benefici, anche fiscali, a sostegno dei caregivers - non consente, come eccepito, la individuazione di una soluzione diretta ad alterare l'intero sistema assicurativo introdotto dalla legge n. 493 del 1999, che si presenta compiuto. Della disciplina dell'indennizzo assicurativo si chiederebbe, infatti, una riforma di sistema, che amplierebbe le categorie dei destinatari implicando scelte discrezionali. La molteplicità delle soluzioni praticabili quanto a soggetti e contesti assicurabili, non può essere assunta come grandezza o misura di riferimento, con la conseguenza che il sollecitato intervento si denuncia, come tale, inammissibile, dovendo invece ricadere sul legislatore la scelta dei mezzi più idonei a realizzare la tutela del fine costituzionalmente necessario. Nel senso di una conclusione di inammissibilità della sollevata questione converge tuttavia la necessità di operare una revisione organica della materia in esame nella composizione della pluralità degli interessi in gioco, altrimenti affidata a scelte "eccessivamente manipolative" della Corte costituzionale, destinate ad incidere sulla stessa funzionalità dell'assetto previsto dalla norma, con conseguenti disarmonie di sistema. ( Precedenti: S. 143/2022 - mass. 44998; S. 101/2022 - mass. 44890; S. 100/2022 - mass. 44720; S. 151/2021 - mass. 44081; S. 33/2021 - mass. 43636; S. 32/2021 - mass. 43583; S. 80/2020 - mass. 42556; S. 47/2020 - mass. 42301; S. 23/2013 - mass. 36919 ).

Norme citate

  • legge-Art. 6, comma 2

Pronuncia 183/2022Depositata il 22/07/2022

Lavoro - Licenziamento individuale - Lavoratore assunto con contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti - Licenziamento illegittimo intimato da datori di lavoro che non possiedono i requisiti dimensionali di cui all'art. 18, commi ottavo e nono, dello statuto dei lavoratori - Previsione che l'ammontare delle indennità è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità - Denunciata violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza, nonché di tutela del lavoro, anche in relazione a obblighi di matrice sovranazionale - Richiesta di intervento implicante scelte affidate alla discrezionalità del legislatore - Inammissibilità delle questioni - Indifferibilità dell'intervento del legislatore, non più rinviabile. (Classif. 138013).

Sono dichiarate inammissibili, per richiesta di intervento implicante scelte affidate alla discrezionalità del legislatore, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 3, primo comma, 4, 35, primo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 24 della Carta sociale europea - dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 23 del 2015, in base al quale, per i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, nell'ipotesi di licenziamento illegittimo intimato da datori di lavoro che non possiedono i requisiti dimensionali di cui all'art. 18, commi ottavo e nono, della legge n. 300 del 1970 (statuto dei lavoratori), l'ammontare delle indennità è dimezzato e non può in ogni caso superare il limite di sei mensilità. La norma censurata si caratterizza per alcune disarmonie che traggono origine, per un verso, dall'esiguità dell'intervallo tra l'importo minimo e quello massimo dell'indennità e, per altro verso, dal criterio distintivo individuato dal legislatore, che si incardina sul numero degli occupati. Quanto al primo profilo, un'indennità costretta entro l'esiguo divario tra un minimo di tre e un massimo di sei mensilità vanifica l'esigenza di adeguarne l'importo alla specificità di ogni singola vicenda, nella prospettiva di un congruo ristoro e di un'efficace deterrenza. Quanto al secondo profilo, il limitato scarto tra il minimo e il massimo determinati dalla legge conferisce un rilievo preponderante, se non esclusivo, al numero dei dipendenti, quando invece oggi tale criterio, in un quadro dominato dall'incessante evoluzione della tecnologia e dalla trasformazione dei processi produttivi, non è più indicativo della effettiva forza economica del datore di lavoro, né rispecchia la gravità del licenziamento arbitrario e neppure fornisce parametri plausibili per una liquidazione del danno che si approssimi alle particolarità delle vicende concrete. Tuttavia, spetta alla valutazione discrezionale del legislatore la scelta delle soluzioni più appropriate per garantire tutele adeguate, fermo restando che un ulteriore protrarsi dell'inerzia legislativa non sarebbe tollerabile e indurrebbe la Corte costituzionale, ove nuovamente investita, a provvedere direttamente. ( Precedenti: S. 180/2022; S. 150/2020 - mass. 43444; S. 194/2018 - mass. 40530; S. 2/1986 - mass. 12095; S. 189/1975 - mass. 7969; S. 152/1975 - mass. 7901; S. 55/1974 - mass. 7091; S. 81/1969 - mass. 3269; S. 45/1965 - mass. 2368 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 9, comma 1

Parametri costituzionali

Pronuncia 125/2022Depositata il 19/05/2022

Lavoro - Licenziamento individuale - Diritto del lavoratore di non essere ingiustamente licenziato - Individuazione dei rimedi a sua tutela - Spettanza al legislatore, nel rispetto dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza - Essenzialità della valutazione effettuata, nel caso concreto, dal giudice. (Classif. 138013).

Il diritto del lavoratore di non essere ingiustamente licenziato si fonda sui principi enunciati dagli artt. 4 e 35 Cost. e sulla speciale tutela riconosciuta dall'art. 1 Cost. al lavoro in tutte le sue forme e applicazioni, in quanto fondamento dell'ordinamento repubblicano. L'attuazione di tali principi è demandata al legislatore che, pur nell'ampio margine di apprezzamento di cui dispone, è vincolato al rispetto dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza. La diversità dei rimedi previsti dalla legge deve infatti sempre essere sorretta da una giustificazione plausibile e deve assicurare l'adeguatezza delle tutele riservate al lavoratore illegittimamente espulso, tra le quali la reintegrazione non costituisce l'unico possibile paradigma attuativo dei richiamati principi costituzionali. Al riguardo, essenziale è il compito del giudice, chiamato a ponderare la particolarità di ogni vicenda e a individuare di volta in volta la tutela più efficace, sulla base delle indispensabili indicazioni fornite dalla legge. ( Precedenti: S. 59/2021 - mass. 43754; S. 150/2020 - mass. 43444; S. 194/2018 - mass. 40529; S. 46/2000 - mass. 25162; S. 45/1965 ).

Parametri costituzionali

Pronuncia 254/2021Depositata il 23/12/2021

Parlamento - In genere - Petizione alle Camere - Natura giuridica dell'istituto - Diritto individuale, sebbene esercitabile collettivamente - Tutela, mediante conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato - Esclusione - Assenza di un obbligo, presso le Camere, di esaminare o deliberare sulla petizione - Conseguente inammissibilità del conflitto (nel caso di specie, è dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato relativo alla petizione popolare rivolta al procedimento di conversione di decreto-legge avente ad oggetto l'obbligo di certificazione verde COVID-19 [c.d. green pass], sollevato dall'avvocato Daniele Gradara, in proprio e come rappresentante dei firmatari della petizione, nei confronti di entrambe le Camere, del Presidente del Consiglio dei ministri, del Consiglio dei ministri e del Presidente della Repubblica, per lamentata violazione delle libertà fondamentali della persona, come riconosciute anche a livello europeo, delle prerogative parlamentari, della libertà di insegnamento, del diritto all'istruzione e della libertà di ricerca scientifica, con richiesta alla Corte costituzionale di sollevare dinanzi a sé la questione di legittimità costituzionale del decreto-legge suddetto e della relativa legge di conversione). (Classif. 172001).

Il diritto di petizione, previsto dall'art. 50 Cost., si configura quale diritto individuale, sebbene esercitabile collettivamente, regolato nella Parte I della Costituzione tra i rapporti politici, e non quale attribuzione costituzionale; non ci si trova, infatti, innanzi a una funzione attribuita dalla Costituzione a un determinato numero di cittadini o elettori, ma a un diritto del singolo, che mai potrebbe trovare tutela, quand'anche impedito, in sede di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. ( Precedente: O. 85/2009 - mass. 33258 ). Le attribuzioni suscettibili di generare un conflitto non possono che essere quelle previste nella Parte II della Costituzione, dedicata all'ordinamento della Repubblica. ( Precedenti: O. 39/2019 - mass. 42191; O. 164/2018 - mass. 40096; O. 277/2017 - mass. 39733; O. 256/2016 - mass. 39171; O. 121/2011 - mass. 35556 ). La natura, il contenuto e gli effetti giuridici del diritto di petizione lo differenziano dagli istituti dell'iniziativa legislativa e del referendum abrogativo dal momento che siffatti istituti, facenti parte dell'ordinamento della Repubblica, sono espressione della volontà popolare, esercitata da quorum di elettori predefiniti dalla stessa Costituzione, mentre la petizione, proprio perché mero diritto individuale, può essere presentata da qualsiasi cittadino e la sua natura non cambia ove sottoscritta da più cittadini. La presentazione di una petizione non determina un obbligo per le Camere di deliberare sulla stessa, né tantomeno di recepirne i contenuti, bensì un mero dovere di acquisirne il testo e assegnarlo alle commissioni competenti, come conferma la disciplina prevista nei regolamenti parlamentari. (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile, per carenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dall'avvocato Daniele Gradara, in proprio e come rappresentante dei firmatari della petizione relativa al procedimento di conversione del d.l. n. 111 del 2021, avente ad oggetto l'obbligo di certificazione verde COVID-19, c.d. Green Pass, nei confronti di entrambe le Camere, del Presidente del Consiglio dei ministri, del Consiglio dei ministri e del Presidente della Repubblica, in seguito all'omesso esame da parte delle Camere della detta petizione. La mancanza dei requisiti di ammissibilità del conflitto preclude l'esame della richiesta di autorimessione della questione di legittimità costituzionale del d.l. n. 111 del 2021, come convertito, tra l'altro manifestamente irrilevante, per la carenza del necessario nesso di pregiudizialità tra la risoluzione della questione medesima e la definizione del giudizio. ( Precedenti: S. 313/2013 - mass. 37925; O. 101/2000 - mass. 25217 ).

Pronuncia 206/2021Depositata il 28/10/2021

Circolazione stradale - Patente di guida - Revoca nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misura di prevenzione - Applicazione automatica, anziché discrezionale, da parte del prefetto - Denunciata irragionevolezza, violazione del diritto al lavoro, nonché impedimento dell'assolvimento dell'obbligo di mantenere la prole - Sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata - Manifesta inammissibilità delle questioni.

Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per sopravvenuta carenza di oggetto, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Catania, sez. prima civile, in riferimento agli artt. 1, 3, secondo comma, 4, 30, 31, 35 e 36 Cost. - dell'art. 120, comma 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, come sostituito dall'art. 3, comma 52, lett. a ), della legge n. 94 del 2009, e come modificato dell'art. 19, comma 2, lett. a ) e b ), della legge n. 120 del 2010, e dall'art. 8, comma 1, lett. b ), del d.lgs. n. 59 del 2011, nella parte in cui dispone che il prefetto «provvede» - invece che «può provvedere» - alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione. La sentenza n. 99 del 2020 ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata in senso conforme al petitum del rimettente.

Norme citate

  • codice della strada (d.lgs. 30.4.1992, n. 285)-Art. 120, comma 2
  • legge-Art. 3, comma 52
  • legge-Art. 19, comma 2
  • legge-Art. 19, comma 2
  • decreto legislativo-Art. 8, comma 1

Pronuncia 152/2021Depositata il 12/07/2021

Circolazione stradale - Patente di guida - Divieto di rilascio per coloro che sono, o sono stati, sottoposti a misura di prevenzione nonché per i condannati per reati in materia di stupefacenti - Applicazione automatica, anziché discrezionale, del provvedimento prefettizio - Denunciata disparità di trattamento, violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, della libertà di circolazione, del diritto al lavoro - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal TAR Lombardia, sez. prima, in riferimento agli artt. 3, 4, 16 e 35 Cost. - dell'art. 120, comma 1, del d.lgs. n. 285 del 1992, come sostituito dall'art. 3, comma 52, lett. a ), della legge n. 94 del 2009, che prevede il diniego in via automatica del rilascio della patente di guida a coloro che sono, o sono stati, sottoposti alle misure di prevenzione di cui alla legge n. 1423 del 1956, nonché per i condannati per i reati in materia di stupefacenti di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309 del 1990. In primo luogo, i significativi elementi differenziali, che caratterizzano rispettivamente i provvedimenti di diniego di rilascio, di cui alla disposizione censurata, e quelli di revoca del titolo abilitativo, giustificano, su un piano di non manifesta irragionevolezza, il diverso trattamento normativo, fermo restando che sarebbe comunque auspicabile un migliore coordinamento sistematico delle distinte fattispecie, alla luce delle novità scaturite dalle precedenti decisioni della Corte costituzionale. In secondo luogo, va escluso che, per il solo diniego della patente di guida, il diritto al lavoro non sia esercitabile e la libertà di circolazione sia compromessa, poiché nessuna norma costituzionale assicura indistintamente a tutti i cittadini il diritto di guidare veicoli a motore. ( Precedenti citati: sentenze n. 99 del 2020, n. 24 del 2020, n. 80 del 2019, n. 22 del 2018, n. 274 del 2016 e n. 6 del 1962 ; ordinanza n. 81 del 2020 ).

Norme citate

  • codice della strada (d.lgs. 30.4.1992, n. 285)-Art. 120, comma 1

Parametri costituzionali

Pronuncia 93/2021Depositata il 07/05/2021

Lavoro e occupazione - Contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti - Illegittimo licenziamento per vizi formali e procedurali - Indennità spettante al lavoratore - Criterio di calcolo - Riferimento esclusivo all'anzianità di servizio - Denunciata violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza, nonché di tutela del lavoro - Sopravvenuta carenza di oggetto - Manifesta inammissibilità della questione.

È dichiara manifestamente inammissibile, per sopravvenuta carenza di oggetto, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal Tribunale di Roma in riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, e 35, primo comma, Cost. - dell'art. 4 del d.lgs. n. 23 del 2015, che parametra l'indennità per il licenziamento affetto da vizi formali o procedurali alla sola anzianità di servizio, nella misura pari a una mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio. La disposizione censurata è stata già rimossa dall'ordinamento con efficacia retroattiva, poiché - successivamente all'ordinanza di rimessione - la sentenza n. 150 del 2020 ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale in senso conforme al petitum del rimettente. ( Precedenti citati: ordinanze n. 47 del 2021, n. 225 del 2020, n. 125 del 2020 e n. 105 del 2020 ).

Norme citate

  • decreto legislativo-Art. 4

Parametri costituzionali

Pronuncia 83/2021Depositata il 30/04/2021

Spese di giustizia - Eredità giacente - Compenso del curatore - Anticipazione erariale ove la procedura sia stata attivata d'ufficio, non vi siano eredi accettanti e l'eredità sia incapiente - Omessa previsione - Denunciata violazione del diritto alla tutela del lavoro e alla retribuzione - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal Tribunale di Trieste in riferimento agli artt. 35 e 36 Cost. - dell'art. 148, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, che non prevede tra le «spese anticipate dall'erario» l'onorario del curatore con riguardo al caso in cui la procedura di giacenza si sia conclusa senza accettazione successiva e con incapienza del patrimonio ereditario. La natura occasionale della prestazione dell'ausiliario del magistrato, così come del difensore d'ufficio, impedisce di ricostruirne l'incidenza sulla formazione del reddito complessivo del singolo prestatore e quindi non consente neppure di impostare la valutazione del relativo compenso nei termini della retribuzione adeguata e sufficiente. ( Precedenti citati: sentenze n. 90 del 2019, n. 13 del 2016, n. 192 del 2015, n. 41 del 1996 e n. 88 del 1970 ).

Norme citate

  • decreto del Presidente della Repubblica-Art. 148, comma 3

Parametri costituzionali

Pronuncia 68/2021Depositata il 16/04/2021

Thema decidendum - Accoglimento della questione di legittimità costituzionale in riferimento ad uno dei parametri evocati - Assorbimento di censure ulteriori.

Accolta - per violazione dell'art. 3 Cost. - la questione di legittimità costituzionale dell'art. 30, quarto comma, della legge n. 87 del 1953, restano assorbite le censure formulate in rapporto agli artt. 25, secondo comma, 35, 41, 117, primo comma - quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 7 CEDU - e 136 Cost.

Norme citate

  • legge-Art. 30, comma 4

Parametri costituzionali

Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.