Articolo 108 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
I singoli organi giurisdizionali - e quindi anche il giudice di pace - sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione, in relazione al carattere diffuso che connota il potere di cui sono espressione, e alla loro competenza a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, ma tale legittimazione sussiste limitatamente all'esercizio dell'attività giurisdizionale assistita da garanzia costituzionale. ( Precedenti: O. 35/2022 - mass. 44519; O. 19/2021 - mass. 43577; O. 148/2020 - mass. 43530; O. 84/2020 - mass. 43340; O. 82/2020 - mass. 43323; O. 69/2020 - mass. 43150; O. 139/2016 - mass. 38914; O. 296/2013 - mass. 37496; O. 151/2013 - mass. 37166; O. 25/2013 - mass. 36921; O. 366/2008 - mass. 32908; O. 338/2007 - mass. 31674; O. 22/2000 - mass. 25134; O. 340/1999 - mass. 24977; O. 244/1999 - mass. 24798; O. 87/1978 - mass. 12752 ). Presupposto per la sollevazione del conflitto di attribuzione da parte del singolo giudice è che questi sia attualmente investito del processo, in relazione al quale soltanto i singoli giudici si configurano come organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengano, dal momento che il carattere diffuso, che connota gli organi giurisdizionali in ordine a tale competenza, viene in rilievo solo con riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali. ( Precedenti: O. 285/2011 - mass. 35892; O. 127/2006 - mass. 30292; O. 144/2000 - mass. 25308 ). (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione attiva, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da Cristina Piazza, in qualità di Giudice di pace presso l'Ufficio del Giudice di pace di Bologna, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministero della giustizia, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, per violazione degli artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47 CDFUE; alle clausole 2, 4 e 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE; alla direttiva 2003/88/CE, in relazione ai commi da 629 a 633 dell'art. 1 della legge n. 234 del 2021, che, nel modificare l'art. 29 del d.lgs. n. 116 del 2017, condizionano la conferma a tempo indeterminato, sino al compimento dei settanta anni di età, dei magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore di quest'ultimo al superamento di una procedura valutativa, con attribuzione, in caso di esito positivo, di un trattamento economico parametrato a quello di un funzionario amministrativo, anziché a quello dei magistrati professionali. L'atto di promovimento non indica alcun processo in corso di svolgimento ed affidato per la trattazione e decisione alla ricorrente, la quale neppure motiva in ordine all'incidenza delle disposizioni censurate su attribuzioni costituzionali da esercitare in relazione a uno o più procedimenti; in tal modo il giudizio per conflitto tra poteri è utilizzato dalla stessa come una sorta di ricorso diretto, eccentrico rispetto ai mezzi di tutela offerti dall'ordinamento, in funzione di difesa di propri, asseriti, diritti tutelati dalla Costituzione). ( Precedenti: O. 32/2022 - mass. 44518; O. 254/2021 - mass. 44436; O. 279/2011 - mass. 35882 ).
La circostanza che la dedotta illegittimità costituzionale di una o più norme costituisca l'unico motivo di ricorso innanzi al giudice a quo non impedisce di considerare sussistente il requisito della rilevanza, ogniqualvolta sia individuabile nel giudizio principale un petitum separato e distinto dalla questione (o dalle questioni) di legittimità costituzionale, sul quale il giudice rimettente sia chiamato a pronunciarsi. ( Precedenti: S. 217/2019 - mass. 42149; S. 239/2018 - mass. 40588; S. 4/2000 - mass. 25090 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Roma, sez. lavoro, in riferimento agli artt. 108, primo comma, 36, primo comma, e 3, primo comma, Cost. - degli artt. 2, commi 2 e 3, 3, comma 1, 40, commi 1, primo periodo, e 2, primo periodo, 45, comma l, e 51, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, nella parte in cui hanno previsto la privatizzazione del rapporto di lavoro anche del personale non dirigenziale delle segreterie e cancellerie giudiziarie e la rimessione della disciplina di ogni aspetto del relativo status economico-giuridico alla negoziazione collettiva. Il rimettente non si è fatto carico di verificare, sotto il profilo della rilevanza, la necessaria incidentalità delle questioni, in quanto, pur riconoscendo che l'esame del ricorso si sarebbe esaurito con la decisione richiesta alla Corte costituzionale, si è limitato a trascrivere l'oggetto della domanda dei ricorrenti, senza precisarne la portata, né puntualizzarne il contenuto).
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Lanciano con riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47 CDFUE, alle clausole 1, 4 e 5 dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 18 marzo 1999, recepito dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, nonché in relazione agli artt. 1, 2, 4, 12, 24 ed E della Carta sociale europea - degli artt. da 1 a 33 del d.lgs. n. 116 del 2017, nella parte in cui tali disposizioni sono estese ai giudici di pace già in servizio alla data di entrata in vigore del decreto, dell'art. 5 della legge n. 57 del 2016, laddove affida il coordinamento dell'ufficio del Giudice di pace al presidente del Tribunale, dell'art. 11, comma 4- ter , della legge n. 374 del 1991, nella parte in cui stabilisce che l'importo di euro 72.000 lordi annui costituisca il tetto massimo e non la retribuzione lorda annuale comunque spettante al giudice di pace in servizio alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 116 del 2017, dell'art. 119 del d.l. n. 18 del 2020, come conv., nella parte in cui riconosce ai magistrati onorari un contributo economico inadeguato per il periodo di sospensione dell'attività giudiziaria nei mesi di marzo-maggio 2020, dell'art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, laddove non estende anche ai Giudici di pace la procedura di stabilizzazione e di superamento del precariato prevista per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in regime di rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato, degli artt. 42, comma 2, e 83 del d.l. n. 18 del 2020, dell'art. 3 del d.l. n. 28 del 2020, dell'art. 14, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertiti, in combinato disposto, nella parte in cui «hanno paralizzato e paralizzano l'attività giurisdizionale di questo giudice di pace» nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 gennaio 2021. Le disposizioni censurate non hanno collegamento con l'oggetto del giudizio principale, costituito da una pretesa risarcitoria di un danno da circolazione stradale.
Sono dichiarate inammissibili, per carente e contraddittoria descrizione del quadro normativo di riferimento, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Lanciano in riferimento agli artt. 77, 97, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 47 CDFUE - degli artt. 42, comma 2, 83 e 87 del d.l. n. 18 del 2020, come conv., nonché degli artt. 1 e 4 del d.l. n. 19 del 2020, come conv., dell'art. 3 del d.l. n. 28 del 2020, come conv., e dell'art. 263 del d.l. n. 34 del 2020, come conv., nella parte in cui, con riferimento al periodo dal 9 marzo 2020 al 31 gennaio 2021, prescrivono misure limitative dello svolgimento delle udienze, anche nel settore civile, a seguito della diffusione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il rimettente non dà adeguatamente conto dell'evoluzione della disciplina dello svolgimento delle udienze civili tra la "prima" e la "seconda" fase dell'emergenza pandemica, limitandosi a riferire in maniera generica, nonostante gli articolati provvedimenti organizzativi del presidente del Tribunale, l'impossibilità di svolgere l'udienza istruttoria nel giudizio principale per la sola ragione della mancanza di appositi strumenti informatici nell'ufficio, senza tener conto del più articolato quadro normativo della disciplina emergenziale del processo civile e delle possibili opzioni. ( Precedenti: S. 114/2021 - mass. 43914; O. 59/2019 - mass. 40499; O. 136/2018 - mass. 41368; O. 88/2017 - mass. 39450; O. 92/2015 - mass. 38385 ).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice istruttore del Tribunale di Salerno in riferimento agli artt. 3, 101, secondo comma, 104, primo comma, e 108 Cost. - dell'art. 9, comma 1, della legge n. 117 del 1988, come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge n. 18 del 2015, nella parte in cui - secondo l'unica interpretazione che il rimettente ricava non implausibilmente dal disposto della norma censurata - impone al tribunale investito dell'azione contro lo Stato per il risarcimento dei danni conseguenti a condotte o provvedimenti di un magistrato di trasmettere immediatamente copia degli atti al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al fine dell'obbligatorio esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa alla domanda risarcitoria. L'obbligo di trasmissione degli atti non lede i valori costituzionali evocati, giacché - alla luce di una interpretazione sistematica che tenga conto della ratio della riforma di cui alla legge n. 18 del 2015, che ha abolito il c.d. "filtro di ammissibilità" e della disciplina di riferimento - la norma censurata non impone al Procuratore generale presso la Corte di cassazione l'indefettibile esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del magistrato per la mera proposizione della domanda risarcitoria. Poiché i presupposti per l'esercizio, sia pure obbligatorio, dell'azione disciplinare non sono stati rivisitati dalla modifica della legge n. 117 del 1988, da un lato il suo promovimento richiede l'acquisizione della notizia circostanziata di un fatto riconducibile ad una delle ipotesi tipiche previste dalla legge, e non può fondarsi sulla semplice notizia della pendenza di una causa risarcitoria; dall'altro lato, ove pure la domanda risarcitoria presenti le caratteristiche di una notizia circostanziata di illecito disciplinare, ciò non esclude la necessità di svolgere accertamenti predisciplinari, intesi a verificare che quella notizia abbia una qualche consistenza e non attenga, altresì, a un fatto di scarsa rilevanza, ai sensi dell'art. 3-bis del d.lgs. n. 109 del 2006.
Sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna in riferimento agli artt. 24, 81, 97, 101, 102 e 108 Cost. - dell'art. 1, comma 1084, della legge n. 145 del 2018, secondo cui l'art. 1, comma 87, lett. a ), della legge n. 205 del 2017 costituisce interpretazione autentica dell'art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, con conseguente efficacia retroattiva della disciplina dell'interpretazione degli atti per l'applicazione dell'imposta di registro ivi prevista. Le censure sono generiche, meramente assertive o finanche ipotetiche.
È dichiarato inammissibile, per carenza dei requisiti soggettivi e oggettivi, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso - in riferimento agli artt. 25, 32, 36, 97, 101, 104, 108 e 111 Cost. - da N. R., Giudice di pace di Taranto, nei confronti del Tribunale di Taranto, in persona del già Presidente facente funzioni, in qualità di organo amministrativo, e, ove occorra, in persona del Presidente in carica, in relazione al decreto del 4 maggio 2020, n. 36, con il quale è stata disposta la sospensione delle udienze a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, e al decreto del 13 maggio 2020, n. 38, adottato dal Presidente del Tribunale di Taranto insieme al magistrato collaboratore al coordinamento dei giudici di pace di Taranto, recante diffida al Giudice di pace ricorrente dall'adottare provvedimenti organizzativi dell'attività giurisdizionale di sua competenza in violazione delle disposizioni adottate con il decreto n. 36 del 2020. Il conflitto sorge dall'esercizio di funzioni non giurisdizionali tra organi appartenenti, entrambi, al potere giudiziario. La doglianza del giudice di pace si risolve pertanto nella contestazione dell'illegittimità degli atti amministrativi adottati, per la sua mancata partecipazione al relativo procedimento. ( Precedenti citati: sentenze n. 255 del 2019, n. 10 del 2017, n. 260 del 2016 e n. 104 del 2016; ordinanza n. 84 del 2020 ). Secondo la giurisprudenza costituzionale, i singoli organi giurisdizionali sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione, in relazione al carattere diffuso che connota il potere di cui sono espressione, e alla loro competenza a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, ma tale legittimazione sussiste limitatamente all'esercizio dell'attività giurisdizionale assistita da garanzia costituzionale. ( Precedenti citati: ordinanze n. 366 del 2008, n. 338 del 2007, n. 340 del 1999, n. 244 del 1999 e n. 87 del 1978 ). È esclusa l'ammissibilità di conflitti che coinvolgano organi appartenenti, entrambi, al potere giudiziario. ( Precedente citato: ordinanza n. 296 del 2013 ).
Accolta parzialmente, per violazione dell'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, comma 1, del d.l. n. 67 del 1997, come conv., restano assorbite le ulteriori questioni relative agli artt. 97, 104, primo comma, 107 e 108, secondo comma, Cost.
Sono dichiarate inammissibili, per irrilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte dei conti - sez. riunite per la Regione Trentino-Alto Adige, in sede di giudizio di parificazione dei rendiconti generali della Provincia autonoma di Bolzano e della Regione autonoma Trentino-Alto Adige per l'esercizio finanziario 2017, in riferimento agli artt. 3, 36, 81, 97, 101, secondo comma, 103, 108 e 119, primo comma, Cost. - dell'art. 28 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1992, nonché dell'art. 1, comma 1, della legge prov. Bolzano n. 9 del 2017, dell'art. 3 della legge prov. Bolzano n. 1 del 2018 e dell'art. 4, comma 1, primo e secondo periodo, della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 11 del 2017, che prevedono la trasformazione delle indennità dei dirigenti in assegni personali pensionabili dopo la cessazione dell'incarico. Le disposizioni di cui all'art. 28 della legge prov. Bolzano n. 10 del 1992, antecedenti alla stipula del primo contratto collettivo provinciale disciplinante il rapporto di lavoro dei dirigenti provinciali, non erano vigenti al momento in cui il giudice contabile è stato chiamato ad assumere la decisione sulle spese sottoposte a parificazione contestate nel giudizio a quo , in quanto abrogate da disposizioni imperative e inderogabili, ascrivibili alla materia di competenza esclusiva statale "ordinamento civile". L'unica fonte normativa vigente era il contratto collettivo provinciale, che è stato, però, disapplicato dal rimettente per contrasto con la disposizione imperativa contenuta nell'art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001. Le restanti disposizioni censurate, invece, trovando applicazione a far data dal 1° giugno 2018, non sono in grado di condizionare direttamente la decisione del rimettente. ( Precedente citato: sentenza n. 196 del 2018 ).
Sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte dei conti - sez. riunite per la Regione Trentino-Alto Adige, in sede di giudizio di parificazione dei rendiconti generali della Provincia autonoma di Bolzano e della Regione autonoma Trentino-Alto Adige per l'esercizio finanziario 2017, in riferimento agli artt. 3, 36, 81, 97, 101, secondo comma, 103, 108 e 119, primo comma, Cost. - dell'art. 47 della legge prov. Bolzano n. 6 del 2015, dell'art. 14, comma 6, della legge prov. Bolzano n. 11 del 2015 e dell'art. 7 della legge prov. Bolzano n. 21 del 2016, in quanto prevedono lo scaglionamento nel tempo di una disciplina sulla trasformazione graduale delle indennità di funzione e di coordinamento in assegno personale pensionabile. Le norme censurate non attengono alla copertura legislativa delle spese contestate.