Articolo 38 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale - sollevata dalla Corte dei conti, sez. giur. per la Puglia, in riferimento agli artt. 36, 38 e 97, secondo comma, Cost. - degli artt. 13 e 32 del d.P.R. n. 1092 del 1973, che non prevede, per i funzionari della Polizia di Stato, il computo gratuito a fini pensionistici degli anni di durata legale del corso di laurea richiesto per l'accesso alle rispettive carriere, previsto invece per gli ufficiali dei corpi militari dello Stato. Il corso di studi di laurea è estraneo all'attività lavorativa espletata, cui si riferisce la prestazione previdenziale, e la disciplina del riscatto del periodo di studi universitari non rientra nell'ambito di tutela previdenziale cui si riferisce l'art. 38 Cost. né è leso il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, poiché da un lato è competenza del legislatore prevedere le diverse forme di incentivazione alla formazione culturale del personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, dall'altro è tautologica e assertiva l'affermazione del rimettente secondo cui il beneficio accordato dall'art. 32 favorirebbe la propensione ad accedere all'impiego militare presso l'Arma dei carabinieri a scapito dell'impiego civile presso la Polizia di Stato. ( Precedenti: O. 168/1995 - mass. 21424; O. 847/1988 - mass. 13770 ).
Sono dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di garanzia del Senato della Repubblica in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 38, 53, 67, 69 e 117, primo comma, Cost., dell'art. 26, comma 1, lett. b ), della legge n. 724 del 1994, nella parte in cui, nel sopprimere qualsiasi regime fiscale particolare per gli assegni vitalizi (ora pensioni) degli ex parlamentari, non prevede altresì che queste prestazioni vanno disciplinate nel rispetto dei principi generali in materia previdenziale. Il rimettente non esplicita adeguatamente le ragioni della rilevanza della censurata disposizione ai fini della decisione della controversia al suo esame. Egli infatti si limita alla tautologica affermazione secondo la quale l'omessa previsione, nella disposizione in scrutinio, della soggezione della disciplina dei vitalizi ai principi generali dell'ordinamento previdenziale assumerebbe rilevanza ai fini dell'esame di un punto controverso e fondamentale del giudizio. Non vengono, tuttavia, chiarite le ragioni per le quali la omissione riscontrata nella legge n. 724 del 1994 costituirebbe un ostacolo alla decisione della controversia all'esame, che investe una disposizione che concerne il solo trattamento fiscale dell'istituto in scrutinio. La individuazione di tale disciplina quale sedes materiae nella quale innestare l'auspicata pronuncia additiva avrebbe richiesto un supporto argomentativo idoneo ad esplicitare le ragioni per le quali l'addizione invocata sarebbe da collocarsi proprio in siffatto settoriale contesto normativo. Un ulteriore profilo di inammissibilità della questione attiene alla contraddittorietà logico-argomentativa in cui incorre il giudice a quo , posto che, dopo aver ritenuto detti principi immanenti nel sistema e vincolanti, al punto di utilizzarli quali parametro per l'annullamento di una parte della delibera, ne rileva il mancato richiamo in una disposizione legislativa che ha ad oggetto non già la disciplina generale dell'istituto di cui si tratta, ma solo la regolazione di un aspetto del tutto particolare. ( Precedenti: S. 109/2022 - mass. 44930; S. 52/2022 - mass. 44536; S. 289/1994 - mass. 20940 ).
Sono dichiarate inammissibili - in quanto le relative censure investono un atto normativo che non è compreso tra le fonti soggette al giudizio di legittimità costituzionale - le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di garanzia del Senato in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 38, 53, 67, 69 e 117, primo comma, Cost., dell'art. 1, comma 1, della delib. del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica n. 6 del 2018, che disciplina i vitalizi riconosciuti agli ex parlamentari. Tale normativa - omologa a quella introdotta dall'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati con delib. n. 14 del 2018 - ha significativamente innovato la disciplina dell'assegno vitalizio, delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata , nonché dei trattamenti di reversibilità, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011, uniformandola al regime previdenziale, basato sul metodo contributivo, vigente nell'ordinamento generale, al termine di una evoluzione normativa che - fatta eccezione per la disciplina fiscale, di rango legislativo - ha sempre trovato il suo assetto in regolamenti degli organi di vertice amministrativo delle Camere. In particolare, la determinazione in scrutinio, adottata dall'organo di vertice dell'amministrazione del Senato, si inscrive nel novero dei regolamenti parlamentari c.d. "minori" o "derivati", che rinvengono il proprio fondamento e la propria fonte di legittimazione in quelli c.d. "maggiori" o "generali". Sebbene l'opzione per la fonte legislativa - espressamente operata, con riguardo alla indennità, dall'art. 69 Cost. - garantirebbe in più la scrutinabilità dell'atto normativo davanti alla Corte costituzionale e assicurerebbe un'auspicabile omogeneità della disciplina concernente lo status di parlamentare - in quanto la disciplina del vitalizio, investendo una componente essenziale del trattamento economico del parlamentare, contribuisce ad assicurare a tutti i cittadini uguale diritto di accesso alla relativa funzione, scongiurando il rischio che lo svolgimento del munus parlamentare possa rimanere sprovvisto di adeguata protezione previdenziale -, anche i regolamenti parlamentari minori costituiscono una manifestazione della potestà normativa che la Costituzione riconosce alle Camere a presidio della loro indipendenza e, perciò, per il libero ed efficiente svolgimento delle proprie funzioni. Essi contribuiscono, come tali, a delineare lo statuto di garanzia delle Assemblee parlamentari, quale definito e delimitato dagli artt. 64 e 72 Cost., ossia dalle norme che segnano l'ambito di competenza riservato avente ad oggetto l'organizzazione interna e, rispettivamente, la disciplina del procedimento legislativo per la parte non direttamente regolata dalla Costituzione. Spetta, pertanto, agli organi dell'autodichia il giudizio - che si svolge secondo moduli procedimentali di natura sostanzialmente giurisdizionale, idonei a garantire il diritto di difesa e un effettivo contraddittorio - sulla legittimità della deliberazione censurata. ( Precedenti: S. 262/2017 - mass. 40991; S. 120/2014 - mass. 37920; S. 379/1996 - mass. 22938; S. 154/1985 - mass. 10917 ).
La contribuzione aggiuntiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo vale ad incrementare il livello della prestazione pensionistica, ma non può compromettere il livello già maturato. Pertanto, quando la contribuzione aggiuntiva comporta un depauperamento del trattamento pensionistico, questa deve essere esclusa dal computo della base pensionabile indipendentemente dalla natura dei contributi, siano essi obbligatori, volontari o figurativi. ( Precedenti: S. 433/1999 - mass. 25040; S. 264/1994 - mass. 20858 ). La peculiarità delle norme previdenziali non consente l'applicazione del principio della neutralizzazione al di fuori di uno specifico giudizio di legittimità costituzionale, così da richiedere un intervento puntuale sulla normativa applicabile in considerazione della specificità delle situazioni coinvolte. ( Precedente: S. 82/2017 - mass. 40004 ). (Nel caso di specie, è dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, 36 e 38, secondo comma, Cost., l'art. 3, ottavo comma, della legge n. 297 del 1982, in combinato disposto con l'art. 24 della legge n. 413 del 1984, nella parte in cui tali norme non consentono la neutralizzazione del prolungamento previsto dall'art. 24 della medesima legge n. 413 del 1984 per il calcolo della pensione di vecchiaia in favore dei lavoratori marittimi che abbiano raggiunto il diritto a pensione, quando il suddetto prolungamento determini un risultato sfavorevole nel calcolo dell'importo della pensione spettante agli assicurati. È irragionevole che le norme censurate dal Tribunale di Cassino, benché siano volte a colmare uno svantaggio, come la difficoltà di conseguire il minimo contributivo per l'accesso al trattamento pensionistico, si traducano in un danno e producano l'effetto di depauperare il trattamento pensionistico a cui l'assicurato avrebbe virtualmente diritto. Esse, inoltre, non rispettano la giusta proporzione tra attività di lavoro prestato, relativa retribuzione, e quantificazione della prestazione pensionistica. ( Precedenti: S. 82/2017 - mass. 40006; S. 427/1997 - mass. 23611; S. 388/1995 - mass. 22447; S. 264/1994 - mass. 20858; S. 428/1992 - mass. 18974; S. 307/1989 - mass. 12014; S. 574/1987 - mass. 3954 ).
Sono dichiarate inammissibili, per l'eccessiva manipolatività della pronuncia richiesta, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte d'appello di Salerno, sez. lavoro, in riferimento agli artt. 2, 3, 29, 35, 38 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione alla Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016 - dell'art. 6, comma 2, lett. b ), della legge n. 493 del 1999, nella parte in cui non comprende nell'ambito domestico, all'interno del quale opera l'assicurazione di chi svolge attività di caregivers , gli immobili di civile abitazione nei quali le suddette attività vengano prestate in favore di stretti familiari non conviventi, per quanto bisognosi di assistenza domestica. Quanto al riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., il riferimento al parametro europeo risulta non idoneo. In relazione agli altri parametri evocati, la legge n. 493 del 1999 - espressione dell'esigenza di far fronte al fenomeno degli infortuni domestici con la finalità di arginarne i costi per la collettività e di superare la contrapposizione tra lavoro domestico ed extradomestico, attribuendo al primo pari dignità rispetto alle altre forme di lavoro svolte fuori casa - ripartisce il rischio indennizzabile all'interno di una "solidarietà di categoria", cosicché gli eventi coperti da garanzia assicurativa non ricomprendono tutti gli incidenti che si verificano negli ordinari luoghi di vita del soggetto assicurato, ma solo quelli che derivano dal lavoro svolto in ambito domestico. In particolare, la nozione di famiglia di cui si avvale il legislatore nel disciplinare il rischio assicurato in materia di infortuni domestici è quella già utilizzata da una risalente sentenza della Corte di cassazione: non qualsiasi condivisione di spazi rileva, pertanto, al fine di riconoscere il diritto all'indennizzo assicurativo per infortunio domestico, ma solo quella che chiama in gioco convivenze familiari integrate, quanto meno, da comuni regole di vita e condivisioni di mezzi. Ciò posto, il carattere autonomo delle due prospettive di tutela sollecitate dal rimettente - l'una, segnata dal riconoscimento di uno strumento assicurativo a tutela di posizioni previdenziali insorte in ambito domestico-familiare, e l'altra contraddistinta dalla creazione di una rete di servizi di preferenziale accesso e di un sistema di benefici, anche fiscali, a sostegno dei caregivers - non consente, come eccepito, la individuazione di una soluzione diretta ad alterare l'intero sistema assicurativo introdotto dalla legge n. 493 del 1999, che si presenta compiuto. Della disciplina dell'indennizzo assicurativo si chiederebbe, infatti, una riforma di sistema, che amplierebbe le categorie dei destinatari implicando scelte discrezionali. La molteplicità delle soluzioni praticabili quanto a soggetti e contesti assicurabili, non può essere assunta come grandezza o misura di riferimento, con la conseguenza che il sollecitato intervento si denuncia, come tale, inammissibile, dovendo invece ricadere sul legislatore la scelta dei mezzi più idonei a realizzare la tutela del fine costituzionalmente necessario. Nel senso di una conclusione di inammissibilità della sollevata questione converge tuttavia la necessità di operare una revisione organica della materia in esame nella composizione della pluralità degli interessi in gioco, altrimenti affidata a scelte "eccessivamente manipolative" della Corte costituzionale, destinate ad incidere sulla stessa funzionalità dell'assetto previsto dalla norma, con conseguenti disarmonie di sistema. ( Precedenti: S. 143/2022 - mass. 44998; S. 101/2022 - mass. 44890; S. 100/2022 - mass. 44720; S. 151/2021 - mass. 44081; S. 33/2021 - mass. 43636; S. 32/2021 - mass. 43583; S. 80/2020 - mass. 42556; S. 47/2020 - mass. 42301; S. 23/2013 - mass. 36919 ).
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per sopravvenuta carenza dell'oggetto della censura, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte dei conti, sez. giur. reg. per il Lazio, in riferimento agli artt. 3, 23, 36, 38 e 53 Cost. - dell'art. 1, commi da 261 a 268, della legge n. 145 del 2018, nella parte in cui stabilisce la decurtazione percentuale crescente dei trattamenti pensionistici diretti di importo complessivo superiore a 100.000 euro lordi annui «per la durata di cinque anni», anziché «per la durata di tre anni». La sentenza n. 234 del 2020 ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione censurata in senso conforme al petitum del rimettente. ( Precedenti: S. 234/2020 - mass. 43238; O. 102/2022 - mass. 44906; O. 206/2021 - mass. 44207; O. 93/2021 - mass. 43872; O. 125/2020 - mass. 42579; O. 105/2020 - mass. 43436; O. 71/2017 - mass. 39403 ).
Sono dichiarate manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dalla Corte dei conti, sez. giur. reg. per il Lazio, in riferimento agli artt. 3, 23, 36, 38 e 53 Cost. - dell'art. 1, commi da 261 a 268, della legge n. 145 del 2018, nella parte in cui stabilisce la riduzione dei trattamenti pensionistici diretti di importo complessivo superiore a 100.000 euro lordi annui «per la durata di tre anni». Il rimettente non porta argomenti nuovi rispetto a quelli giudicati non fondati dalla sentenza n. 234 del 2020. ( Precedenti: S. 234/2020 - mass. 43238; O. 82/2022 - mass. 44660; O. 224/2021 - mass. 44398; O. 214/2021 - mass. 44330; O. 165/2021 - mass. 44119; O. 111/2021 - mass. 43877; O. 204/2020 - mass. 42950; O. 93/2020 - mass. 43421; O. 81/2020 - mass. 42576 ).
L'istituto della pensione ai superstiti costituisce una forma di tutela previdenziale ed uno strumento necessario per il perseguimento dell'interesse della collettività alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno ed alla garanzia di quelle minime condizioni economiche e sociali che consentono l'effettivo godimento dei diritti civili e politici (art. 3, secondo comma, Cost.) con una riserva, costituzionalmente riconosciuta, a favore del lavoratore, di un trattamento preferenziale (art. 38, secondo comma, Cost.) rispetto alla generalità dei cittadini (art. 38, primo comma, Cost.). ( Precedenti: S. 174/2016 - mass. 38979; S. 286/1987 - mass. 4451 ). La ratio dei trattamenti di reversibilità consiste nel farne proseguire, almeno parzialmente, anche dopo la morte del loro titolare, il godimento da parte dei soggetti a lui legati da determinati vincoli familiari, garantendosi, così, ai beneficiari la protezione dalle conseguenze che derivano dal decesso del congiunto. Si realizza in tal modo, anche sul piano previdenziale, una forma di ultrattività della solidarietà familiare proiettando il relativo vincolo la sua forza cogente anche nel tempo successivo alla morte. ( Precedenti: S. 88/2022 - mass. 44804; S.174/2016 - mass. 38979; S. 180/1999 - mass. 24685; S. 70/1999 - mass. 24552; S. 18/1998 ).
I singoli organi giurisdizionali - e quindi anche il giudice di pace - sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione, in relazione al carattere diffuso che connota il potere di cui sono espressione, e alla loro competenza a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, ma tale legittimazione sussiste limitatamente all'esercizio dell'attività giurisdizionale assistita da garanzia costituzionale. ( Precedenti: O. 35/2022 - mass. 44519; O. 19/2021 - mass. 43577; O. 148/2020 - mass. 43530; O. 84/2020 - mass. 43340; O. 82/2020 - mass. 43323; O. 69/2020 - mass. 43150; O. 139/2016 - mass. 38914; O. 296/2013 - mass. 37496; O. 151/2013 - mass. 37166; O. 25/2013 - mass. 36921; O. 366/2008 - mass. 32908; O. 338/2007 - mass. 31674; O. 22/2000 - mass. 25134; O. 340/1999 - mass. 24977; O. 244/1999 - mass. 24798; O. 87/1978 - mass. 12752 ). Presupposto per la sollevazione del conflitto di attribuzione da parte del singolo giudice è che questi sia attualmente investito del processo, in relazione al quale soltanto i singoli giudici si configurano come organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengano, dal momento che il carattere diffuso, che connota gli organi giurisdizionali in ordine a tale competenza, viene in rilievo solo con riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali. ( Precedenti: O. 285/2011 - mass. 35892; O. 127/2006 - mass. 30292; O. 144/2000 - mass. 25308 ). (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione attiva, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da Cristina Piazza, in qualità di Giudice di pace presso l'Ufficio del Giudice di pace di Bologna, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministero della giustizia, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, per violazione degli artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47 CDFUE; alle clausole 2, 4 e 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE; alla direttiva 2003/88/CE, in relazione ai commi da 629 a 633 dell'art. 1 della legge n. 234 del 2021, che, nel modificare l'art. 29 del d.lgs. n. 116 del 2017, condizionano la conferma a tempo indeterminato, sino al compimento dei settanta anni di età, dei magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore di quest'ultimo al superamento di una procedura valutativa, con attribuzione, in caso di esito positivo, di un trattamento economico parametrato a quello di un funzionario amministrativo, anziché a quello dei magistrati professionali. L'atto di promovimento non indica alcun processo in corso di svolgimento ed affidato per la trattazione e decisione alla ricorrente, la quale neppure motiva in ordine all'incidenza delle disposizioni censurate su attribuzioni costituzionali da esercitare in relazione a uno o più procedimenti; in tal modo il giudizio per conflitto tra poteri è utilizzato dalla stessa come una sorta di ricorso diretto, eccentrico rispetto ai mezzi di tutela offerti dall'ordinamento, in funzione di difesa di propri, asseriti, diritti tutelati dalla Costituzione). ( Precedenti: O. 32/2022 - mass. 44518; O. 254/2021 - mass. 44436; O. 279/2011 - mass. 35882 ).
La competenza legislativa esclusiva in materia di previdenza sociale è attribuita allo Stato, allo scopo di garantire un'uniforme e perciò più efficace tutela dei diritti fondamentali connessi allo stato di bisogno (art. 38, secondo comma, Cost.), in un ambito che vede il primario impegno degli organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato (art. 38, quarto comma, Cost.). In tale materia è precluso un intervento del legislatore regionale che regoli diversamente gli obblighi contributivi del datore di lavoro e che interferisca con gli aspetti qualificanti delle tutele e della disciplina pubblicistica che le appresta. Nemmeno la competenza concorrente in materia di «previdenza ed assistenza sociale, osservando i minimi stabiliti dalle leggi dello Stato» demandata alla Regione Siciliana dall'art. 17, lett. f ), dello statuto della Regione Siciliana, implica che quest'ultima possa autonomamente determinare i presupposti dei rapporti previdenziali. ( Precedente: S. 336/1989 - mass. 13020 ).