Articolo 69 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 237/2022Depositata il 28/11/2022
Sono dichiarate inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di garanzia del Senato della Repubblica in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 38, 53, 67, 69 e 117, primo comma, Cost., dell'art. 26, comma 1, lett. b ), della legge n. 724 del 1994, nella parte in cui, nel sopprimere qualsiasi regime fiscale particolare per gli assegni vitalizi (ora pensioni) degli ex parlamentari, non prevede altresì che queste prestazioni vanno disciplinate nel rispetto dei principi generali in materia previdenziale. Il rimettente non esplicita adeguatamente le ragioni della rilevanza della censurata disposizione ai fini della decisione della controversia al suo esame. Egli infatti si limita alla tautologica affermazione secondo la quale l'omessa previsione, nella disposizione in scrutinio, della soggezione della disciplina dei vitalizi ai principi generali dell'ordinamento previdenziale assumerebbe rilevanza ai fini dell'esame di un punto controverso e fondamentale del giudizio. Non vengono, tuttavia, chiarite le ragioni per le quali la omissione riscontrata nella legge n. 724 del 1994 costituirebbe un ostacolo alla decisione della controversia all'esame, che investe una disposizione che concerne il solo trattamento fiscale dell'istituto in scrutinio. La individuazione di tale disciplina quale sedes materiae nella quale innestare l'auspicata pronuncia additiva avrebbe richiesto un supporto argomentativo idoneo ad esplicitare le ragioni per le quali l'addizione invocata sarebbe da collocarsi proprio in siffatto settoriale contesto normativo. Un ulteriore profilo di inammissibilità della questione attiene alla contraddittorietà logico-argomentativa in cui incorre il giudice a quo , posto che, dopo aver ritenuto detti principi immanenti nel sistema e vincolanti, al punto di utilizzarli quali parametro per l'annullamento di una parte della delibera, ne rileva il mancato richiamo in una disposizione legislativa che ha ad oggetto non già la disciplina generale dell'istituto di cui si tratta, ma solo la regolazione di un aspetto del tutto particolare. ( Precedenti: S. 109/2022 - mass. 44930; S. 52/2022 - mass. 44536; S. 289/1994 - mass. 20940 ).
Norme citate
- legge-Art. 26, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 237/2022Depositata il 28/11/2022
Sono dichiarate inammissibili - in quanto le relative censure investono un atto normativo che non è compreso tra le fonti soggette al giudizio di legittimità costituzionale - le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Consiglio di garanzia del Senato in riferimento agli artt. 2, 3, 23, 36, 38, 53, 67, 69 e 117, primo comma, Cost., dell'art. 1, comma 1, della delib. del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica n. 6 del 2018, che disciplina i vitalizi riconosciuti agli ex parlamentari. Tale normativa - omologa a quella introdotta dall'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati con delib. n. 14 del 2018 - ha significativamente innovato la disciplina dell'assegno vitalizio, delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata , nonché dei trattamenti di reversibilità, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011, uniformandola al regime previdenziale, basato sul metodo contributivo, vigente nell'ordinamento generale, al termine di una evoluzione normativa che - fatta eccezione per la disciplina fiscale, di rango legislativo - ha sempre trovato il suo assetto in regolamenti degli organi di vertice amministrativo delle Camere. In particolare, la determinazione in scrutinio, adottata dall'organo di vertice dell'amministrazione del Senato, si inscrive nel novero dei regolamenti parlamentari c.d. "minori" o "derivati", che rinvengono il proprio fondamento e la propria fonte di legittimazione in quelli c.d. "maggiori" o "generali". Sebbene l'opzione per la fonte legislativa - espressamente operata, con riguardo alla indennità, dall'art. 69 Cost. - garantirebbe in più la scrutinabilità dell'atto normativo davanti alla Corte costituzionale e assicurerebbe un'auspicabile omogeneità della disciplina concernente lo status di parlamentare - in quanto la disciplina del vitalizio, investendo una componente essenziale del trattamento economico del parlamentare, contribuisce ad assicurare a tutti i cittadini uguale diritto di accesso alla relativa funzione, scongiurando il rischio che lo svolgimento del munus parlamentare possa rimanere sprovvisto di adeguata protezione previdenziale -, anche i regolamenti parlamentari minori costituiscono una manifestazione della potestà normativa che la Costituzione riconosce alle Camere a presidio della loro indipendenza e, perciò, per il libero ed efficiente svolgimento delle proprie funzioni. Essi contribuiscono, come tali, a delineare lo statuto di garanzia delle Assemblee parlamentari, quale definito e delimitato dagli artt. 64 e 72 Cost., ossia dalle norme che segnano l'ambito di competenza riservato avente ad oggetto l'organizzazione interna e, rispettivamente, la disciplina del procedimento legislativo per la parte non direttamente regolata dalla Costituzione. Spetta, pertanto, agli organi dell'autodichia il giudizio - che si svolge secondo moduli procedimentali di natura sostanzialmente giurisdizionale, idonei a garantire il diritto di difesa e un effettivo contraddittorio - sulla legittimità della deliberazione censurata. ( Precedenti: S. 262/2017 - mass. 40991; S. 120/2014 - mass. 37920; S. 379/1996 - mass. 22938; S. 154/1985 - mass. 10917 ).
Norme citate
- deliberazione del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica-Art. 1, comma 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 182/2022Depositata il 21/07/2022
Con riferimento ai rapporti di durata, e alle modificazioni peggiorative che su di essi incidono secondo il meccanismo della c.d. retroattività impropria, il legislatore dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorché l'oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti; ciò a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non trasmodi in un regolamento irrazionalmente lesivo del legittimo affidamento dei cittadini. Onde valutare il requisito della "giustificazione sul piano della ragionevolezza" occorre prendere le mosse dalle ragioni che hanno condotto il legislatore regionale all'adozione delle disposizioni censurate. ( Precedenti: S. 136/2022 - mass. 44799; S. 234/2020 - mass. 43234; S. 236/2017 - mass. 42146 ). Anche il legittimo affidamento è soggetto al normale bilanciamento proprio di tutti i principi e diritti costituzionali. ( Precedenti: S. 136/2022 - mass. 44799; S. 241/2019 - mass. 41717 ). L'esigenza di ripristinare criteri di equità e di ragionevolezza e di rimuovere le sperequazioni e le incongruenze, insite in un trattamento di favore, è da ritenersi preponderante rispetto alla tutela dell'affidamento. ( Precedente: S. 136/2022 - mass. 44799 ). Ogni intervento del legislatore deve essere scrutinato nella sua singolarità e in relazione al quadro storico in cui si inserisce. ( Precedente: S. 234/2020 - mass. 43231 ). L'effettività delle condizioni di crisi di un sistema previdenziale consente di salvaguardare anche il principio dell'affidamento, nella misura in cui il prelievo non risulti sganciato dalla realtà economico-sociale, di cui i pensionati stessi sono partecipi e consapevoli. ( Precedente: S. 173/2016 - mass . 38978 ). In tema di trattamenti vitalizi dei consiglieri regionali, va considerato idoneo, sul piano della ragionevole giustificazione, l'intento di contenimento della spesa e quello di sostenibilità del regime dei predetti trattamenti, che risponde a esigenze di sobrietà da assecondare attraverso il ridimensionamento di trattamenti retti da un regime connotato da indici di particolare favore quanto: a età e contribuzione minima necessaria per maturare il diritto all'assegno; ad ammontare della contribuzione gravante sul consigliere in rapporto alla sua misura; alla possibilità di cumularlo con altro trattamento vitalizio (in tutto o in parte) e di quiescenza altrimenti maturato, in passato anche in virtù di contribuzioni figurative. ( Precedente: S. 136/2022 - mass. 44799 ). La corresponsione di una indennità per i consiglieri regionali si giustifica perché - in un regime democratico a larga base popolare e nell'ambito del quale il potere non è riservato ai ceti che si trovino in condizioni economiche di vantaggio - il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha l'obbligo di porre in essere tutte quelle condizioni che appaiono indispensabili per consentire anche ai non abbienti l'accesso alle cariche pubbliche e l'esercizio delle funzioni a queste connesse, in attuazione dei principi ricavabili dagli artt. 3, secondo comma, e 69 Cost. ( Precedenti: S. 454/1997 - mass. 23705; S. 24/1968 - mass. 2783 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 2 del 2015, sollevate dal Tribunale di Trieste, in riferimento agli artt. 3, 48, 51, 53, 64, 66, 67, 68 e 69 Cost., che prevedono la riduzione dell'assegno vitalizio e la sua quota di reversibilità secondo le percentuali progressive dalle allegate Tabelle A e B, stabilendo comunque che l'importo non possa essere comunque inferiore a 1.500 euro mensili lordi. L'iniziativa legislativa censurata è motivata da finalità di contenimento dei costi, a sua volta supportata da esigenze di sostenibilità del sistema dei vitalizi e di coordinamento interregionale, nonché da ragioni di equità a fronte di un trattamento normativo vantaggioso. Né essa trasmoda in una disciplina lesiva del legittimo affidamento. Né, nel caso in esame, si rinvengono i tratti distintivi della fattispecie tributaria. La scelta legislativa di incidere pro futuro sull'ammontare dell'assegno vitalizio corrisposto agli ex consiglieri regionali e ai loro superstiti, infatti, non si atteggia come prelievo a loro carico, in ragione dell'indice di capacità contributiva espresso da tale trattamento, bensì quale misura di razionalizzazione della spesa previdenziale e di complessivo riequilibrio del sistema, così da sottrarla alla logica che permea l'imposizione tributaria, la quale postula il ricorrere di una disciplina legale finalizzata in via prevalente a provocare una decurtazione patrimoniale del soggetto passivo svincolata da ogni modificazione del rapporto sinallagmatico. Quanto all'asserito pregiudizio dell'accesso alle cariche di rappresentanza democratica e di garanzia d'indipendenza, a presidio dei principi di libertà di scelta dei propri rappresentanti da parte degli elettori, di accesso alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, di libero esercizio delle funzioni di consigliere regionale, va ribadita la posizione peculiare del Parlamento nazionale sui Consigli regionali. Né, infine, si può ritenere che, nella fattispecie, la discrezionalità del legislatore, anche regionale, circa la compiuta disciplina delle implicazioni d'ordine economico connesse all'attività pubblica svolta sia stata esercitata in maniera manifestamente irragionevole o arbitraria. ( Precedenti: S. 263/2020 - mass. 43283; S. 240/2019 - mass. 41641; S. 289/1994 - mass. 20939 ).
Norme citate
- legge Regione autonoma Friuli Venezia Giulia-Art. 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 136/2022Depositata il 03/06/2022
Al Parlamento nazionale deve essere riconosciuta una posizione costituzionale del tutto peculiare, in ragione della quale le norme che si riferiscono ad esso od ai suoi membri sono da qualificare come diritto singolare. Da esso vengono garantite forme di indipendenza e prerogative ben più ampie di quelle concesse ai Consigli regionali, negandosi in conseguenza la piena equiparazione delle assemblee legislative regionali alle assemblee parlamentari, considerato che diversamente dalle funzioni assegnate alle Camere, le attribuzioni dei Consigli si inquadrano nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello di sovranità. ( Precedenti: S. 198/2021 - mass. 44317; S. 279/2008 - mass. 32710 ; S. 110/1970 - mass. 5101 ; S. 6/1970 - mass. 4804 ; S. 143/1968 - mass. 3081 ; S. 14/1965 - mass. 2305 ; S. 66/1964 - mass. 2178 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Trento in riferimento agli artt. 64, 66, 68 e 69 Cost., degli artt. 2 e 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, che, rispettivamente, prevedevano, prima della avvenuta abrogazione da parte della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 7 del 2019, la riduzione del 20% dell'importo degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, spettanti in ragione della carica di consigliere regionale precedentemente rivestita dal beneficiario o dai superstiti, e un limite di 9.000 euro alla cumulabilità con altro trattamento vitalizio erogato dal Parlamento nazionale o europeo o da altra Regione sull'importo degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, spettanti in ragione della carica di consigliere regionale precedentemente rivestita dal beneficiario o dai superstiti. I parametri evocati risultano inconferenti).
Norme citate
- legge della Regione autonoma Trentino Alto Adige-Art. 2
- legge della Regione autonoma Trentino Alto Adige-Art. 3
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 64
- Costituzione-Art. 66
- Costituzione-Art. 68
- Costituzione-Art. 69
Pronuncia 60/2020Depositata il 26/03/2020
Sono dichiarati inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato - promossi con separati ricorsi dai Presidenti, dai componenti dei gruppi parlamentari presso la Camera dei deputati «Forza Italia - Berlusconi Presidente», «Lega Salvini Premier» e «Fratelli d'Italia», nonché dai medesimi gruppi - nei confronti complessivamente del Governo, del Presidente e della V^ Commissione permanente (Bilancio, Tesoro e programmazione), della Conferenza dei capigruppo, del Presidente, dell'Assemblea e dei relatori della Camera dei deputati, nonché degli organi corrispondenti presso il Senato, per violazione degli artt. 67, 68, 69, 70, 71, 72, 81 e 94 Cost. - avverso la legge n. 160 del 2019 e il relativo iter di approvazione, ai fini dell'accertamento dell'avvenuta violazione delle prerogative costituzionali spettanti agli stessi ricorrenti, chiedendo altresì l'annullamento dei relativi atti, ivi compresa la legge n. 160 del 2019. Nel caso di specie - in cui si censura l'approvazione del disegno di legge di bilancio a seguito della presentazione al Senato di un maxi-emendamento, su cui il Governo ha posto la questione di fiducia, cui ha fatto seguito un esame in tempi ridotti alla Camera, ove nel corso del dibattito in Assemblea è stata ancora posta la questione di fiducia sull'art. 1, nel testo approvato dal Senato - non sono state prospettate evidenti lesioni delle prerogative dei parlamentari, in quanto dalla sequenza oggettiva dei fatti non emerge un irragionevole squilibrio fra le esigenze in gioco nelle procedure parlamentari e, quindi, un vulnus delle attribuzioni dei parlamentari grave e manifesto. Il documento di economia e finanza (DEF), infatti, era stato approvato da un Governo diverso da quello che ha poi presentato il disegno di legge di bilancio, insediatosi solo nel settembre del 2019, cosa da cui è derivata una presentazione tardiva del progetto di bilancio alle Camere (avvenuta il 2 novembre 2019), con allungamento dei tempi d'esame in prima lettura al Senato, comunque espressivo di un'interlocuzione parlamentare. Il disegno di legge di bilancio è stato così trasmesso alla Camera il 17 dicembre 2019, periodo che, pur ridotto, ha comunque consentito una fase di esame in Commissione Bilancio, tanto che i deputati hanno presentato 1130 emendamenti (e 800 in Assemblea), mentre la loro mancata votazione e reiezione è stata anche conseguenza della scelta delle opposizioni di non partecipare ai lavori della Commissione, in seguito alla decisione del Governo di fornire parere contrario - come era nella sua indiscussa facoltà - sul complesso degli emendamenti, al fine di evitare l'esercizio provvisorio. ( Precedenti citati: ordinanza n. 17 del 2019 ). Il singolo parlamentare può ritenersi legittimato a sollevare conflitto di attribuzione solo quando siano prospettate violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione; di conseguenza, è necessario che il parlamentare alleghi e comprovi una sostanziale negazione o un'evidente menomazione della funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente, a tutela della quale è apprestato il rimedio giurisdizionale ex art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953. Le circostanze giustificative del conflitto tra poteri dello Stato promosso dal singolo parlamentare richiamate dalla Corte costituzionale nell'ordinanza n. 17 del 2019, trattandosi di ragioni riferite a uno specifico caso concreto, non costituiscono una tassonomia esaustiva di elementi giustificativi. ( Precedente specifico citato: ordinanza n. 17 del 2019 ).
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.