Articolo 73 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per difetto di motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Taranto, rispettivamente, in riferimento agli artt. 70, 72, 73, 77 e 97 Cost. e 41 CDFUE, e agli artt. 60, 65, 66, 67 e 136 Cost., 3 Prot. addiz. CEDU e 41 CDFUE - dell'art. 103 del d.l. n. 34 del 2020, conv. con modif., nella legge n. 77 del 2020, nonché dell'intero d.l. e della legge di conversione. Il rimettente non spiega in qual modo né l'art. 103 - che prevede un procedimento per l'emersione, in particolari settori, di rapporti di lavoro irregolari, anche con cittadini stranieri - né le altre disposizioni del citato decreto-legge, che concernono materie estranee all'immigrazione, interferiscano con la decisione dei giudizi a quibus . Né lo stesso precisa se la procedura di regolarizzazione sia stata promossa, riportandosi invece alla errata tesi secondo cui le ricorrenti non potessero beneficiarne. ( Precedenti: O. 280/2020 - mass. 43593, O. 210/2020 - mass. 42932; O. 92 del 2020 - mass. 43389 ).
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 34- bis del d.l. n. 50 del 2017, come conv., resta estranea l'esame dell'ulteriore questione proposta dalla parte costituita in giudizio, in riferimento agli artt. 72 e 73, terzo comma, Cost. Ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, infatti, la perimetrazione delle questioni di legittimità costituzionale è definita unicamente dall'ordinanza di rimessione. ( Precedenti citati: sentenze n. 222 del 2018, n. 327 del 2010 e n. 50 del 2010 ).
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 4, lett. c ), primo periodo, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), impugnato, in riferimento agli artt. 3, 24, 72, 73, terzo comma, 103, 113, 117, commi primo e terzo, e 120 Cost. ed in relazione all'art. 6 CEDU, in quanto prevede che il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Abruzzo dà esecuzione al programma operativo per l'esercizio 2010, ferma restando la validità degli atti e dei provvedimenti già adottati e la salvezza degli effetti e dei rapporti giuridici sorti sulla base della sua attuazione. Premesso che nel giudizio di ottemperanza è rilevante la questione relativa ad una norma incidente sul diritto riconosciuto da una sentenza assistita dalla forza del giudicato e non più suscettibile di riesame nel merito, la disposizione censurata è contenuta in un atto normativo promulgato successivamente alla sentenza oggetto del giudizio principale, la quale è stata appellata e costituisce tuttora oggetto di esame da parte del giudice del gravame. La pendenza del processo di impugnazione, benché non preclusiva della proponibilità del giudizio di ottemperanza, riveste, nondimeno, peculiare rilievo poiché la questione, nei termini in cui è stata sollevata, rinviene il suo indefettibile presupposto logico-giuridico nella definitività dell'accertamento dell'illegittimità degli atti del Commissario, nella specie ancora controversa. Il rimettente, inoltre, nel riferire che il giudice del gravame ha dichiarato improcedibili le domande cautelari di sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado in base alla normativa sopravvenuta che ha trasfuso gli impugnati atti amministrativi in una fonte di rango legislativo, si dimostra consapevole dell'esigenza, in caso di accoglimento della questione, di recuperare l'interesse delle parti a chiedere nuovamente la tutela cautelare, ma omette di esplicitare modi e tempi di tale recupero. Sussistono, altresì, sopravvenienze normative (artt. 15, comma 13, lett. c , del d.l. n. 95 del 2012 e 1 del d.l. n. 158 del 2012) per le quali si pone il problema della delibazione dell'eventuale incidenza sulla situazione giuridica azionata e della spettanza della stessa al giudice dell'impugnazione o a quello dell'ottemperanza. Pertanto, alla luce dell'oggetto del giudizio di ottemperanza e della peculiarità della fattispecie, tenuto conto della pendenza del processo di appello e del contenuto dell'ordinanza resa sulle domande cautelari, la mancata considerazione di tutti i richiamati profili si risolve nel difetto di una plausibile motivazione in ordine alla rilevanza della questione. - Per la declaratoria di manifesta inammissibilità, per difetto di una plausibile motivazione sulla rilevanza, di un'identica questione sollevata dallo stesso rimettente, v. la citata ordinanza n. 173/2013. - Per l'affermazione che è rilevante la questione di legittimità costituzionale proposta nel giudizio di ottemperanza in riferimento ad una norma incidente sul diritto riconosciuto da una sentenza che, quando essa è sollevata, è assistita dalla forza del giudicato e non è più suscettibile di riesame nel merito, v. le citate sentenze nn. 280/2012, 273/2012 e 267/2007.
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 17, comma 4, lett. c ), primo periodo, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (che contiene la previsione che il commissario ad acta dia esecuzione al programma operativo per l'esercizio 2010, ferma restando la validità degli atti e dei provvedimenti già adottati e la salvezza degli effetti e dei rapporti giuridici sorti sulla base della sua attuazione), sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 72, 73, terzo comma, 103, 113, 117, primo e terzo comma, e 120 Cost. ed in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Infatti, alla luce dell'oggetto del giudizio di ottemperanza - in occasione del quale è stata sollevata la questione - e della peculiarità della fattispecie in esame, tenuto conto della pendenza del processo di appello e del contenuto dell'ordinanza resa sulla domanda di sospensione dell'esecutività della sentenza di primo grado, la mancata considerazione di tutti i profili sopra richiamati ad opera del remittente si risolve in difetto di una plausibile motivazione in ordine alla rilevanza della questione, con conseguente manifesta inammissibilità della stessa.
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 38, della legge 23 agosto 2004, n. 243, censurato in riferimento agli artt. 3, 24, 73, 97 e 101 Cost., dal momento che il giudice a quo ha adottato un'unica ordinanza di rimessione relativamente a due distinti giudizi e detta ordinanza difetta della descrizione della fattispecie.
Nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, la proposizione del ricorso in epoca successiva all?esaurimento dell??iter? processuale, in assenza di un termine perentorio per la proposizione del medesimo, di per sé non incide sulla proponibilità del ricorso stesso, con cui si lamenta la lesione delle attribuzioni dell?organo parlamentare, né ciò può comportare il venir meno dell?interesse a ricorrere, che nella specie riposa sull?interesse dell?organo parlamentare a non vedere affermato, senza controllo della Corte, un criterio concreto di componimento, ai fini del riconoscimento di un impedimento a presenziare all?udienza a causa di lavori parlamentari, delle istanze contrapposte volte a dare rilievo alla funzione parlamentare ed a quella della giurisdizione penale, entrambe di rilevanza costituzionale, ancorché sia trascorso un lungo periodo (oltre tre anni ) dalla pronuncia che disconosceva l?impedimento parlamentare allegato alla proposizione del ricorso (nella specie, il ricorso è stato proposto dalla Camera dei deputati, con atto depositato il 25 maggio 2001, contro il Tribunale di Taranto, prima sezione penale, la Corte d?appello di Lecce, seconda sezione distaccata di Taranto e la Corte di cassazione, quinta sezione penale, in relazione alle pronunce dei vari Organi emesse nell?ambito del processo nei confronti di un componente dell?assemblea parlamentare).
Non spettava all?Autorità giudiziaria e, nella specie, al Tribunale di Taranto, prima sezione penale, alla Corte d?Appello di Lecce, prima sezione staccata di Taranto, ed alla Corte di cassazione, quinta sezione penale, senza una valutazione del caso concreto che tenesse conto, oltre che delle esigenze connesse all?attività di propria pertinenza, anche degli interessi, costituzionalmente tutelati, di altri poteri, che vengano in considerazione ai fini dell?applicazione delle regole comuni, il potere di negare la validità dell?impedimento addotto a giustificazione dell?assenza del deputato componente della Camera dei deputati, con ciò ledendo le attribuzioni costituzionali della ricorrente Camera dei deputati. - V. sentenze citate nn. 225/2001 e 263/2003.
Alla pronuncia di parziale accoglimento del ricorso, tuttavia, non può seguire l?annullamento dei provvedimenti impugnati, poiché l?esaurimento della vicenda processuale, con la formazione del giudicato, impedisce una pronuncia idonea a riaprire la vicenda, rimettendo in discussione rapporti e situazioni giuridiche consolidatisi per effetto del giudicato.
Manifesta inammissibilità - per difetto del carattere di incidentalità - della questione di leigttimità costituzionale dell'art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 2000, n. 49, sollevata in riferimento all'art. 73, terzo comma, della Costituzione, concernente il termine di opzione per il rapporto esclusivo da parte dei dirigenti sanitari. Infatti il 'petitum' del giudizio principale (declaratoria di insussistenza dell'obbligo dell'esercizio dell'opzione stabilito dalla norma impugnata) coincide con la proposizione della questione di legittimità costituzionale, non essendo possibile individuare, una volta venuta meno la norma censurata, quale provvedimento ulteriore dovrebbe essere emesso dal giudice 'a quo' per realizzare la tutela della situazione giuridica fatta valere dal ricorrente nel processo principale. - Sul necessario carattere di incidentalità del giudizio di costituzionalità, v. citata sent. 17/1999.
Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale riferite a talune disposizioni della legge 30 novembre 1998, n. 419 e del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, proposte con ricorsi regionali e provinciali in riferimento a vari parametri costituzionali; questioni prospettate sotto il profilo dell'eccesso di delega e del carattere di previsioni di estremo dettaglio attribuito alle norme statali censurate, come tali incidenti sulle competenze regionali e provinciali in materia sanitaria. Risulta, infatti, evidente la sopravvenuta carenza di interesse delle ricorrenti a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione - in un quadro, quindi, profondamente rinnovato nella ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni e province autonome -; infatti, da un lato, fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha modificato il Titolo V della Costituzione, le norme statali impugnate non hanno prodotto alcun effetto invasivo della sfera di attribuzioni regionali, mentre, dall'altro lato, proprio a partire da tale data le medesime norme possono essere sostituite, nei limiti delle rispettive competenze, da un'apposita legislazione regionale.