Articolo 66 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 182/2022Depositata il 21/07/2022
Con riferimento ai rapporti di durata, e alle modificazioni peggiorative che su di essi incidono secondo il meccanismo della c.d. retroattività impropria, il legislatore dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorché l'oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti; ciò a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non trasmodi in un regolamento irrazionalmente lesivo del legittimo affidamento dei cittadini. Onde valutare il requisito della "giustificazione sul piano della ragionevolezza" occorre prendere le mosse dalle ragioni che hanno condotto il legislatore regionale all'adozione delle disposizioni censurate. ( Precedenti: S. 136/2022 - mass. 44799; S. 234/2020 - mass. 43234; S. 236/2017 - mass. 42146 ). Anche il legittimo affidamento è soggetto al normale bilanciamento proprio di tutti i principi e diritti costituzionali. ( Precedenti: S. 136/2022 - mass. 44799; S. 241/2019 - mass. 41717 ). L'esigenza di ripristinare criteri di equità e di ragionevolezza e di rimuovere le sperequazioni e le incongruenze, insite in un trattamento di favore, è da ritenersi preponderante rispetto alla tutela dell'affidamento. ( Precedente: S. 136/2022 - mass. 44799 ). Ogni intervento del legislatore deve essere scrutinato nella sua singolarità e in relazione al quadro storico in cui si inserisce. ( Precedente: S. 234/2020 - mass. 43231 ). L'effettività delle condizioni di crisi di un sistema previdenziale consente di salvaguardare anche il principio dell'affidamento, nella misura in cui il prelievo non risulti sganciato dalla realtà economico-sociale, di cui i pensionati stessi sono partecipi e consapevoli. ( Precedente: S. 173/2016 - mass . 38978 ). In tema di trattamenti vitalizi dei consiglieri regionali, va considerato idoneo, sul piano della ragionevole giustificazione, l'intento di contenimento della spesa e quello di sostenibilità del regime dei predetti trattamenti, che risponde a esigenze di sobrietà da assecondare attraverso il ridimensionamento di trattamenti retti da un regime connotato da indici di particolare favore quanto: a età e contribuzione minima necessaria per maturare il diritto all'assegno; ad ammontare della contribuzione gravante sul consigliere in rapporto alla sua misura; alla possibilità di cumularlo con altro trattamento vitalizio (in tutto o in parte) e di quiescenza altrimenti maturato, in passato anche in virtù di contribuzioni figurative. ( Precedente: S. 136/2022 - mass. 44799 ). La corresponsione di una indennità per i consiglieri regionali si giustifica perché - in un regime democratico a larga base popolare e nell'ambito del quale il potere non è riservato ai ceti che si trovino in condizioni economiche di vantaggio - il legislatore, nell'esercizio della sua discrezionalità, ha l'obbligo di porre in essere tutte quelle condizioni che appaiono indispensabili per consentire anche ai non abbienti l'accesso alle cariche pubbliche e l'esercizio delle funzioni a queste connesse, in attuazione dei principi ricavabili dagli artt. 3, secondo comma, e 69 Cost. ( Precedenti: S. 454/1997 - mass. 23705; S. 24/1968 - mass. 2783 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 2 del 2015, sollevate dal Tribunale di Trieste, in riferimento agli artt. 3, 48, 51, 53, 64, 66, 67, 68 e 69 Cost., che prevedono la riduzione dell'assegno vitalizio e la sua quota di reversibilità secondo le percentuali progressive dalle allegate Tabelle A e B, stabilendo comunque che l'importo non possa essere comunque inferiore a 1.500 euro mensili lordi. L'iniziativa legislativa censurata è motivata da finalità di contenimento dei costi, a sua volta supportata da esigenze di sostenibilità del sistema dei vitalizi e di coordinamento interregionale, nonché da ragioni di equità a fronte di un trattamento normativo vantaggioso. Né essa trasmoda in una disciplina lesiva del legittimo affidamento. Né, nel caso in esame, si rinvengono i tratti distintivi della fattispecie tributaria. La scelta legislativa di incidere pro futuro sull'ammontare dell'assegno vitalizio corrisposto agli ex consiglieri regionali e ai loro superstiti, infatti, non si atteggia come prelievo a loro carico, in ragione dell'indice di capacità contributiva espresso da tale trattamento, bensì quale misura di razionalizzazione della spesa previdenziale e di complessivo riequilibrio del sistema, così da sottrarla alla logica che permea l'imposizione tributaria, la quale postula il ricorrere di una disciplina legale finalizzata in via prevalente a provocare una decurtazione patrimoniale del soggetto passivo svincolata da ogni modificazione del rapporto sinallagmatico. Quanto all'asserito pregiudizio dell'accesso alle cariche di rappresentanza democratica e di garanzia d'indipendenza, a presidio dei principi di libertà di scelta dei propri rappresentanti da parte degli elettori, di accesso alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, di libero esercizio delle funzioni di consigliere regionale, va ribadita la posizione peculiare del Parlamento nazionale sui Consigli regionali. Né, infine, si può ritenere che, nella fattispecie, la discrezionalità del legislatore, anche regionale, circa la compiuta disciplina delle implicazioni d'ordine economico connesse all'attività pubblica svolta sia stata esercitata in maniera manifestamente irragionevole o arbitraria. ( Precedenti: S. 263/2020 - mass. 43283; S. 240/2019 - mass. 41641; S. 289/1994 - mass. 20939 ).
Norme citate
- legge Regione autonoma Friuli Venezia Giulia-Art. 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 136/2022Depositata il 03/06/2022
Al Parlamento nazionale deve essere riconosciuta una posizione costituzionale del tutto peculiare, in ragione della quale le norme che si riferiscono ad esso od ai suoi membri sono da qualificare come diritto singolare. Da esso vengono garantite forme di indipendenza e prerogative ben più ampie di quelle concesse ai Consigli regionali, negandosi in conseguenza la piena equiparazione delle assemblee legislative regionali alle assemblee parlamentari, considerato che diversamente dalle funzioni assegnate alle Camere, le attribuzioni dei Consigli si inquadrano nell'esplicazione di autonomie costituzionalmente garantite, ma non si esprimono a livello di sovranità. ( Precedenti: S. 198/2021 - mass. 44317; S. 279/2008 - mass. 32710 ; S. 110/1970 - mass. 5101 ; S. 6/1970 - mass. 4804 ; S. 143/1968 - mass. 3081 ; S. 14/1965 - mass. 2305 ; S. 66/1964 - mass. 2178 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Trento in riferimento agli artt. 64, 66, 68 e 69 Cost., degli artt. 2 e 3 della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 5 del 2014, che, rispettivamente, prevedevano, prima della avvenuta abrogazione da parte della legge reg. Trentino-Alto Adige n. 7 del 2019, la riduzione del 20% dell'importo degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, spettanti in ragione della carica di consigliere regionale precedentemente rivestita dal beneficiario o dai superstiti, e un limite di 9.000 euro alla cumulabilità con altro trattamento vitalizio erogato dal Parlamento nazionale o europeo o da altra Regione sull'importo degli assegni vitalizi, diretti e di reversibilità, spettanti in ragione della carica di consigliere regionale precedentemente rivestita dal beneficiario o dai superstiti. I parametri evocati risultano inconferenti).
Norme citate
- legge della Regione autonoma Trentino Alto Adige-Art. 2
- legge della Regione autonoma Trentino Alto Adige-Art. 3
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 64
- Costituzione-Art. 66
- Costituzione-Art. 68
- Costituzione-Art. 69
Pronuncia 76/2022Depositata il 24/03/2022
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per difetto di motivazione sulla rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Taranto, rispettivamente, in riferimento agli artt. 70, 72, 73, 77 e 97 Cost. e 41 CDFUE, e agli artt. 60, 65, 66, 67 e 136 Cost., 3 Prot. addiz. CEDU e 41 CDFUE - dell'art. 103 del d.l. n. 34 del 2020, conv. con modif., nella legge n. 77 del 2020, nonché dell'intero d.l. e della legge di conversione. Il rimettente non spiega in qual modo né l'art. 103 - che prevede un procedimento per l'emersione, in particolari settori, di rapporti di lavoro irregolari, anche con cittadini stranieri - né le altre disposizioni del citato decreto-legge, che concernono materie estranee all'immigrazione, interferiscano con la decisione dei giudizi a quibus . Né lo stesso precisa se la procedura di regolarizzazione sia stata promossa, riportandosi invece alla errata tesi secondo cui le ricorrenti non potessero beneficiarne. ( Precedenti: O. 280/2020 - mass. 43593, O. 210/2020 - mass. 42932; O. 92 del 2020 - mass. 43389 ).
Norme citate
- decreto-legge-Art. 103
- legge-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 60
- Costituzione-Art. 65
- Costituzione-Art. 66
- Costituzione-Art. 67
- Costituzione-Art. 70
- Costituzione-Art. 72
- Costituzione-Art. 73
- Costituzione-Art. 77
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 136
- Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 41
Pronuncia 256/2021Depositata il 23/12/2021
Al singolo parlamentare spetta una sfera di prerogative che - qualora risultino lese da altri organi parlamentari - possono essere difese con lo strumento del ricorso per conflitto tra poteri dello Stato, a condizione che vi sia una violazione manifesta della prerogativa, rilevabile nella sua evidenza già in sede di sommaria delibazione e che, in ogni caso, non può riguardare esclusivamente la scorretta applicazione dei regolamenti parlamentari e delle prassi di ciascuna Camera. ( Precedenti: O. 188/2021 - mass. 44209; O. 186/2021 - mass. 44181; O. 193/2021 - mass. 44327; O. 67/2021 - mass. 43797; O. 66/2021 - mass. 43780; O. 197/2020 - mass. 42909; O. 176/2020 - mass. 42352; O. 129/2020 - mass. 43535; O. 86/2020 - mass. 43341; O. 60/2020 - mass. 41938; O. 275/2019 - mass. 40942; O. 274/2019 - mass. 40941; O. 17/2019 - mass. 41931 - mass. 41933 ). (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile - per difetto di prospettazione di violazioni manifeste delle prerogative del singolo parlamentare e per attinenza dell'asserito vizio alla corretta applicazione dei regolamenti parlamentari - il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dall'onorevole Pino Cabras e da altri sette deputati nei confronti del Governo della Repubblica, della Camera dei deputati, dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati e del Collegio dei questori della Camera dei deputati, avente ad oggetto l'adeguamento della normativa, introdotta mediante d.l. n. 127 del 2021, relativa all'obbligo della certificazione verde COVID-19, c.d. Green pass . Tale normativa preserva integralmente la libera valutazione di opportunità della Camera in ordine all' an , al quando e al quomodo del processo di adeguamento; in ogni caso, gli atti oggetto del conflitto assunti dagli organi della Camera si limitano ad adottare una specifica interpretazione dell'art. 60 regol. Camera, non sindacabile a mezzo del conflitto di attribuzione, con conseguente rigetto della sollecitazione all'autorimessione della questione relativa al d.l. n. 127 del 2021).
Norme citate
- decreto legge-Art. 1, comma 1
- decreto legge-Art. 9 QUINQUES
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 1
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 32
- Costituzione-Art. 64
- Costituzione-Art. 66
- Costituzione-Art. 67
- Costituzione-Art. 71
- Costituzione-Art. 72
- Costituzione-Art. 117
- Regolamento Camera-Art. 16
- Regolamento UE-Art.
- Regolamento UE-Art.
Pronuncia 48/2021Depositata il 26/03/2021
Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 18- bis , commi 1 e 2, del d.P.R. n. 361 del 1957, non è accolta l'eccezione d'inammissibilità perché il giudice a quo difetterebbe in modo macroscopico e manifesto di giurisdizione in materia elettorale, riservando l'art. 66 Cost. alle Camere ogni controversia e contestazione relativa al riguardo, intendendosi incluso in questa definizione il procedimento elettorale preparatorio. L'affermazione del rimettente circa l'esistenza della propria giurisdizione sul ricorso che ha dato origine alle questioni non solo non risulta implausibile, ma si rivela conforme al quadro costituzionale, in cui al riconoscimento di un diritto deve necessariamente accompagnarsi la garanzia della sua tutela in sede giurisdizionale, anche per le elezioni politiche, mediante la previsione di un rito ad hoc , che assicuri una giustizia pre-elettorale tempestiva. In mancanza di tale rito, l'azione di accertamento di fronte al giudice ordinario - sempre che sussista l'interesse ad agire (art. 100 cod. proc. civ.) - risulta l'unico rimedio possibile per consentire la verifica della pienezza del diritto di elettorato passivo e la sua conformità alla Costituzione. ( Precedente citato: sentenza n. 236 del 2010 ). Per costante giurisprudenza costituzionale, la motivazione del rimettente sulla propria giurisdizione nel giudizio principale deve essere non implausibile. ( Precedenti citati: sentenze n. 267 del 2020, n. 99 del 2020, n. 44 del 2020 e n. 24 del 2020, n. 52 del 2018 e n. 39 del 2018 ). Se è vero che una tutela dei diritti effettiva richiede l'accesso a un giudice, il diritto in particolare alla tutela giurisdizionale va ascritto tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con lo stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio. ( Precedenti citati: sentenze n. 35 del 2017, n. 110 del 2015, n. 238 del 2014, n. 182 del 2014, n. 1 del 2014, n. 119 del 2013, n. 26 del 1999, n. 18 del 1982, n. 82 del 1996 e n. 47 del 1970; ordinanza n. 165 del 2016 ).
Norme citate
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 18 BIS, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 18 BIS, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 66
Pronuncia 48/2021Depositata il 26/03/2021
Il tenore dell'art. 66 Cost. non sottrae affatto al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti, la competenza a conoscere della violazione del diritto di elettorato passivo nella fase antecedente alle elezioni, quando non si ragiona né di componenti eletti di un'assemblea parlamentare né dei loro titoli di ammissione. Se, infatti, la "grande regola" del diritto al giudice e alla tutela giurisdizionale effettiva dei propri diritti, in quanto scelta che appartiene ai grandi principi di civiltà del tempo presente, non può conoscere eccezioni, salvo quelle strumentali alla necessità di garantire l'indipendenza del Parlamento, non vi sono ragioni per attribuire all'art. 66 Cost. il significato di estendere, anziché ridurre, quelle eccezioni. Spetta naturalmente alla giurisprudenza comune tenere in conto questa interpretazione, quanto alla conseguente lettura delle disposizioni di legge ordinaria che con l'art. 66 Cost. fanno sistema, e fra queste, soprattutto, dell'art. 87 del d.P.R. n. 361 del 1957. ( Precedenti citati: sentenze n. 262 del 2017, n. 25 del 2008, n. 288 del 2007, n. 160 del 1997, n. 141 del 1996, n. 344 del 1993, n. 539 del 1990, n. 571 del 1989 e n. 235 del 1988 ). Le questioni attinenti le candidature, che vengono ammesse o respinte dagli uffici competenti, nel procedimento elettorale preparatorio, riguardano un diritto soggettivo, tutelato per di più da una norma costituzionale, come tale rientrante, in linea di principio, nella giurisdizione del giudice ordinario. Pertanto, la forza precettiva dell'art. 66 Cost. non copre il contenzioso pre-elettorale, che perciò ben può essere escluso dal suo perimetro di efficacia. ( Precedente citato: sentenza n. 259 del 2009 ). Nell'ambito del c.d. contenzioso elettorale preparatorio rientrano le controversie relative a tutti gli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, nel quale è inclusa la fase dell'ammissione delle liste o di candidati, e che si distingue da quello occasionato dal procedimento elettorale vero e proprio, che invece comprende le controversie relative alle operazioni elettorali e alla successiva proclamazione degli eletti. ( Precedente citato: sentenza n. 236 del 2010 ). Il controllo effettuato dalle Camere sulla convalida della elezione dei propri componenti si configura come unica eccezione al sistema generale di tutela giurisdizionale in materia di elezioni. ( Precedenti citati: sentenze n. 259 del 2009 e n. 113 del 1993 ). Nel caso del diritto di elettorato passivo, per ciò che concerne le elezioni politiche nazionali, manca una disciplina legislativa che assicuri accesso tempestivo alla tutela giurisdizionale nei confronti di decisioni in ipotesi lesive dell'esistenza stessa del diritto, nel cui ambito è ben possibile ricorrere al giudice avverso analoghe decisioni e, in quella sede, eccepire le pertinenti questioni di legittimità costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 214 del 2017, n. 276 del 2016 e n. 236 del 2015 ). In materia elettorale, l'attività di controllo svolta dagli Uffici centrali circoscrizionali e dall'Ufficio centrale nazionale ha natura amministrativa, benché siano collocati presso le Corti d'appello e la Corte di cassazione, evidente risultando la carenza, sia sotto il profilo funzionale sia sotto quello strutturale, di un nesso organico di compenetrazione istituzionale che consenta di ritenere che essi costituiscano sezioni specializzate degli uffici giudiziari presso cui sono costituiti. ( Precedenti citati: sentenze n. 259 del 2009, n. 29 del 2003, n. 104 del 2006, n. 164 del 2008 e n. 387 del 1996; ordinanze n. 196 del 2020, n. 512 del 2000 e n. 117 del 2006 ). È impossibile riconoscere ai partiti politici la natura di poteri dello Stato. ( Precedente citato: ordinanza n. 79 del 2006 ).
Norme citate
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 87
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 66
Pronuncia 86/2020Depositata il 07/05/2020
È dichiarato inammissibile, per carenza del requisito oggettivo, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato - promosso dal senatore Gregorio De Falco in riferimento agli artt. 3, 24, 48, 51, 57, 66, 72 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU e all'art. 3 del Prot. addiz. CEDU - nei confronti del Senato della Repubblica e, se dichiarato ammissibile, della senatrice Emma Pavanelli, per aver proceduto alla proclamazione di quest'ultima, candidata nelle liste del MoVimento 5 Stelle (M5S) in una Regione diversa da quella in cui doveva essere assegnato il seggio, a causa della avvenuta elezione di tutti i candidati della lista del medesimo MoVimento in quella Regione. Il ricorrente non comprova la sostanziale negazione o l'evidente menomazione della funzione costituzionalmente ad egli attribuita - a tutela della quale solo è apprestato il rimedio giurisdizionale - non essendo sufficiente la rivendicazione di un generico interesse del singolo parlamentare alla legittimità del procedimento di assegnazione del seggio rimasto vacante. Egli invece si duole della menomazione di attribuzioni che dovrebbero competere a un organo terzo (l'Ufficio elettorale regionale o quello centrale), in luogo del quale lo stesso ricorrente non è legittimato a far valere la denunciata lesione delle attribuzioni e, in ogni caso, le censure mosse attengono a violazioni o scorrette applicazioni dei regolamenti parlamentari e delle prassi di ciascuna Camera, che non possono trovare ingresso nei giudizi per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato. ( Precedenti citati: sentenza n. 379 del 1996; ordinanze n. 17 del 2019 e n. 149 del 2016 ). Secondo la giurisprudenza costituzionale, la legittimazione del singolo parlamentare al ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato è riconosciuta a tutela delle attribuzioni costituzionali di cui agli artt. 67, 68, 69, 71, primo comma, e 72 Cost., inerenti al diritto di parola, di proposta e di voto, che gli spettano come singolo rappresentante della Nazione, individualmente considerato, da esercitare in modo autonomo e indipendente, non rimuovibili né modificabili a iniziativa di altro organo parlamentare. Il singolo parlamentare può ritenersi legittimato a sollevare il conflitto solo quando siano prospettate violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione e, di conseguenza, è necessario che, a fondamento della propria legittimazione, il parlamentare alleghi e comprovi una sostanziale negazione o un'evidente menomazione della funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente, a tutela della quale è apprestato il rimedio giurisdizionale innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953. ( Precedenti citati: ordinanze n. 60 del 2020, n. 275 del 2019, n. 274 del 2019, n. 17 del 2019 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 51
- Costituzione-Art. 57
- Costituzione-Art. 66
- Costituzione-Art. 72
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 6
- Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3
Pronuncia 29/2003Depositata il 04/02/2003
Il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale - a tutti garantita (art. 24 Cost.) e affidata agli organi previsti (artt. 101 e ss. Cost.) -, il cui nucleo essenziale costituisce un «principio supremo» dell'ordinamento costituzionale, non consente che il «giudizio definitivo» sulle cause di ineleggibilità e incompatibilità sia riservato esclusivamente ai Consigli regionali - anche di Regioni a statuto speciale - ossia alle assemblee degli eletti, delle quali fanno parte soggetti portatori di interessi anche individuali: ciò che significherebbe negare il «diritto al giudice» e costruire un'anacronistica esenzione dei consigli regionali dalla giurisdizione. Né vale invocare a fondamento di tale esenzione l'art. 66 Cost. - in virtù del quale spetta alle Camere il giudizio sui titoli di ammissione dei propri membri in conformità ad una tradizione che affonda le sue radici nell'esigenza, propria dei più antichi sistemi rappresentativi, di difendere l'autonomia della rappresentanza elettiva -, la cui forza derogatoria dal regime comune non potrebbe estendersi al di là della specifica situazione regolata, e neppure potrebbe essere richiamato il potere delle regioni - che non è messo in discussione - concernente la disciplina sostanziale dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità relativi alle cariche elettive regionali; potere ben diverso da quello di disciplinare l'esercizio della giurisdizione nella stessa materia, che non spetta alle Regioni a statuto speciale e ordinario, rimanendo riservato alla competenza del legislatore statale, il quale ovviamente lo esercita nei limiti e secondo le norme della Costituzione, e quindi senza poter a sua volta derogare al diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale. Per conseguenza, spetta allo Stato, e per esso ai competenti organi giurisdizionali, giudicare in sede giurisdizionale sulla sussistenza di cause sopravvenute di incompatibilità con la carica di membro del Consiglio regionale sardo e sulla conseguente decadenza del consigliere. Pertanto non è fondato il ricorso della Regione Sardegna promosso in relazione ad alcuni provvedimenti giurisdizionali resi dal Tribunale e dalla Corte d'appello di Cagliari, impugnati in quanto vertenti sulla decadenza di un consigliere regionale sardo per sopraggiunta incompatibilità con la carica, successivamente assunta, di parlamentare nazionale. - Sul principio che esclude una deroga alla giurisdizione in favore dei consigli regionali, in tema di cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità e di reclami elettorali, vengono richiamate le sentenze n. 66/1964, n. 115/1972, n. 113/1993. - Sul diritto ad un giudice indipendente e imparziale, v. richiamo alla sentenza n. 93/1965 e sulla sua natura di «principio supremo», sentenza n. 18/1982, egualmente richiamata. - Sulla posizione delle assemblee elettive nazionali e di quelle regionali, v. richiamo alla sentenza n. 106/2002.
Norme citate
- sentenza del Tribunale di Cagliari-Art.
- sentenza del Tribunale di Cagliari-Art.
- regolamento interno Consiglio reg. Sardegna-Art. 17
- sentenza della Corte d'appello di Cagliari-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 66
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 122
- Costituzione-Art. 122
- Costituzione-Art. 101
- statuto regione Sardegna-Art. 17
- legge costituzionale-Art. 3
- legge costituzionale-Art. 2
- legge costituzionale-Art.
Pronuncia 29/2003Depositata il 04/02/2003
Sono inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione proposti dalla Regione Sardegna in relazione a provvedimenti giurisdizionali resi dal Tribunale e dalla Corte d'appello di Cagliari, dai quali - secondo la Regione ricorrente - sarebbe derivata la lesione delle proprie attribuzioni: in particolare tra l'altro, per avere, essi, indebitamente disapplicato le disposizioni legislative e regolamentari regionali in tema di procedura di contestazione e decadenza dalla carica di consigliere regionale. I motivi di ricorso addotti attengono infatti non già ai confini - che si assumano violati - dell'esercizio della funzione giurisdizionale, ma a supposti errori nella individuazione o nella interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie. Come tali, essi si traducono in denunce di semplici 'errores in judicando', e non di lesioni delle attribuzioni costituzionalmente spettanti alla Regione. - Per analoghi motivi di inammissibilità, v. sentenze citate n. 285/1990, n. 99/1991 e n. 27/1999.
Norme citate
- sentenza della Corte d'appello di Cagliari-Art.
- sentenza del Tribunale di Cagliari-Art.
- sentenza del Tribunale di Cagliari-Art.
- legge della Regione autonoma Sardegna-Art. 82
- legge-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 66
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 122
- Costituzione-Art. 122
- Costituzione-Art. 101
- statuto regione Sardegna-Art. 17
- legge costituzionale-Art. 3
- legge costituzionale-Art. 2
- legge costituzionale-Art.
Pronuncia 512/2000Depositata il 20/11/2000
Manifesta inammissibilita' - in quanto da parte del giudice rimettente viene sollecitata, nella sostanza, una radicale riforma legislativa, eccedente i compiti della Corte - della questione di legittimita' costituzionale degli articoli 16, quarto comma, e 87 del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, in combinato disposto tra loro, censurati, in riferimento agli articoli 25 ('recte': 24), 113 e 66 della Costituzione, in quanto non prevederebbero la possibilita' di azione giudiziaria nei confronti della decisione emessa dall'Ufficio centrale nazionale sull'opposizione proposta contro il provvedimento del Ministero dell'interno di ricusazione di un contrassegno elettorale presentato per le elezioni politiche. A.M.M.
Norme citate
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 16, comma 4
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 87
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 66
- Costituzione-Art. 113
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