Articolo 75 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
La Corte costituzionale è chiamata a giudicare sull'ammissibilità della richiesta di referendum alla luce sia dei criteri desumibili dall'art. 75, secondo comma, Cost., sia del complesso dei valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture od ai temi delle richieste referendarie, stabilendo se, ad integrazione delle ipotesi che l'indicata disposizione costituzionale ha previsto in maniera puntuale ed espressa, non s'impongano altre ragioni, costituzionalmente rilevanti, in nome delle quali si renda indispensabile precludere il ricorso al corpo elettorale. ( Precedenti: S. 10/2020 - mass. 42254; S. 16/1978 - mass. 14196 ).
Il giudizio sull'ammissibilità del quesito referendario si propone di verificare che non sussistano eventuali ragioni di inammissibilità sia indicate, o rilevabili in via sistematica, dall'art. 75, secondo comma, Cost., attinenti alle disposizioni oggetto del quesito referendario; sia relative ai requisiti concernenti la formulazione del quesito referendario, come desumibili dall'interpretazione logico-sistematica della Costituzione: omogeneità, chiarezza e semplicità, completezza, coerenza, idoneità a conseguire il fine perseguito, rispetto della natura ablativa dell'operazione referendaria. ( Precedenti: S. 17/2016 - mass. 38712; S. 174/2011 - mass. 35668; S. 137/1993 - mass. 19268; S. 48/1981 ). I requisiti di chiarezza, omogeneità e univocità del quesito, costantemente ritenuti necessario presupposto affinché il corpo elettorale possa esercitare una scelta libera e consapevole, sono desumibili dalla finalità incorporata nel quesito, cioè dalla finalità obiettivamente ricavabile in base alla sua formulazione e all'incidenza del referendum sul quadro normativo di riferimento. ( Precedenti: S. 28/2017 - mass. 39531; S. 17/2016 - mass. 38712; S. 24/2011 - mass. 35369 ). La tecnica del ritaglio di frammenti normativi e di singole parole, se si risolve in una abrogazione parziale della legge, non è di per sé causa di inammissibilità del quesito. A volte, essa è necessaria per consentire la riespansione di una compiuta disciplina già contenuta in nuce nel tessuto normativo, ma compressa per effetto dell'applicabilità delle disposizioni oggetto del referendum . Allorquando, invece, attraverso il ritaglio dei frammenti normativi, si persegue l'effetto di sostituire la disciplina investita dalla domanda referendaria con un'altra disciplina assolutamente diversa ed estranea al contesto normativo, che il quesito ed il corpo elettorale non possono creare ex novo né direttamente costruire, risulta tradita la funzione meramente abrogativa assegnata all'istituto di democrazia diretta previsto dall'art. 75 Cost. e la richiesta referendaria si rivela inammissibile, perché surrettiziamente propositiva. ( Precedenti: S. 26/2017 - mass. 39549; S. 28/2011 - mass. 35383; S. 16/2008 - mass. 32090; S. 15/2008 - mass. 32083; S. 34/2000 - mass. 25168; S. 33/2000 - mass. 25138; S. 13/1999 - mass. 24412 ).
È dichiarata ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del d.lgs. n. 25 del 2006, limitatamente alle seguenti parti: art. 8, comma 1, limitatamente alle parole «esclusivamente» e «relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 7, comma 1, lettera a )»; art. 16, comma 1, limitatamente alle parole: «esclusivamente» e «relative all'esercizio delle competenze di cui all'articolo 15, comma 1, lettere a ), d ) ed e )», richiesta dichiarata legittima, con ordinanza pronunciata il 1° dicembre 2021 dall'Ufficio centrale per il referendum , costituito presso la Corte di cassazione. Non sussiste alcuna delle cause di inammissibilità indicate nell'art. 75 Cost. e sono rispettati i requisiti di chiarezza, omogeneità e univocità del quesito, che è espressione di una matrice razionalmente unitaria, essendo l'intento referendario quello di abrogare i frammenti normativi che precludono la partecipazione dei membri laici del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei Consigli giudiziari alle deliberazioni inerenti a carriere e status dei magistrati. La proposta referendaria, pur utilizzando la tecnica del ritaglio di frammenti normativi e di singole parole, non contraddice la natura abrogativa dell'istituto, né è surrettiziamente propositiva, in quanto essa appare diretta a sottrarre dall'ordinamento un certo contenuto normativo - la limitazione della sfera di competenza dei componenti laici dei Consigli in questione - affinché esso venga sostituito con quanto sopravvive all'abrogazione, per effetto della fisiologica espansione delle norme residue). ( Precedente: S. 36/1997 ).
La Corte costituzionale è chiamata a giudicare sull'ammissibilità della richiesta di referendum alla luce dei criteri desumibili sia dall'art. 75, secondo comma, Cost., sia dal complesso dei valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture o ai temi delle richieste referendarie, stabilendo se, ad integrazione delle ipotesi che l'indicata disposizione costituzionale ha previsto in maniera puntuale ed espressa, non s'impongano altre ragioni, costituzionalmente rilevanti, in nome delle quali si renda indispensabile precludere il ricorso al corpo elettorale. ( Precedenti: S. 10/2020 - mass. 42254; S. 16/1978 - mass. 14196 ).
È dichiarata ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione delle seguenti disposizioni: art. 192, comma 6, del r.d. n. 12 del 1941, limitatamente alle parole: «, salvo che per tale passaggio esista il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura»; art. 18, comma 3, della legge n. 1 del 1963; art. 23, comma 1, del d.lgs. n. 26 del 2006, limitatamente alle parole: «nonché per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa»; art. 11, comma 2, del d.lgs. n. 160 del 2006, limitatamente alle parole: «riferita a periodi in cui il magistrato ha svolto funzioni giudicanti o requirenti»; art. 13 del d.lgs. n. 160 del 2006, riguardo alla rubrica del medesimo, limitatamente alle parole: «e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa», e ai commi 1, limitatamente alle parole: «il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti,», 3, 4, 5 e 6; art. 3, comma 1, del d.l. n. 193 del 2009, come conv., limitatamente alle parole: «Il trasferimento d'ufficio dei magistrati di cui al primo periodo del presente comma può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa previsto dall'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160»; richiesta dichiarata legittima dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione. Non sussiste alcuna delle cause di inammissibilità indicate nell'art. 75 Cost. e il quesito referendario non investe disposizioni il cui contenuto normativo risulti costituzionalmente vincolato. Esso, inoltre, presenta carattere omogeneo e completo, matrice unitaria, struttura binaria e, pur riguardando una pluralità di disposizioni, le previsioni da esso coinvolte sono accomunate dalla eadem ratio . Risulta, infine, evidente il carattere non surrettiziamente propositivo del quesito ed irrilevante la circostanza che possano essere rimaste estranee alla richiesta referendaria elementi normativi marginali, in quanto è affidato alla discrezionalità del legislatore ed all'interpretazione sistematica della giurisprudenza, in caso di esito positivo del referendum , il compito di ricondurre la disciplina ad unità ed armonia. ( Precedenti: S. 27/2017 - mass. 39526; S. 28/2011 - mass. 35383; S. 37/2000 - mass. 25169; S. 34/2000 - mass. 25168; S. 42/1997 - mass. 23120; S. 38/1997 - mass. 23117; S. 47/1991 - mass. 16928; S. 16/1978 - mass. 14196 ).
Il giudizio di ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo si propone di verificare che non sussistano eventuali ragioni di inammissibilità sia indicate, o rilevabili in via sistematica, dall'art. 75, secondo comma, Cost., attinenti alle disposizioni oggetto del quesito referendario; sia relative ai requisiti concernenti la formulazione del quesito referendario, come desumibili dall'interpretazione logico-sistematica della Costituzione, quali omogeneità, chiarezza e semplicità, completezza, coerenza, idoneità a conseguire il fine perseguito, rispetto della natura ablativa dell'operazione referendaria. ( Precedenti: S. 17/2016 - mass. 38712; S. 174/2011 - mass. 35667; S. 137/1993 - mass. 19268; S. 48/1981; S. 70/1978; S. 16/1978 - mass. 14196 ).
La richiesta referendaria è atto privo di motivazione, sicché il quesito va interpretato esclusivamente in base alla sua formulazione ed all'incidenza del referendum sul quadro normativo di riferimento. Solo mediante questo accertamento obiettivo, infatti, è possibile verificare, conformemente ai caratteri del giudizio di ammissibilità e senza che possano venire in rilievo profili di illegittimità costituzionale della legge oggetto della richiesta referendaria o della normativa di risulta, se dalle disposizioni di cui si propone l'abrogazione si possa trarre con chiarezza una matrice razionalmente unitaria, vale a dire un criterio ispiratore fondamentalmente comune o un principio, la cui eliminazione o permanenza viene fatta dipendere dalla risposta del corpo elettorale. ( Precedenti: S. 51/2022; S. 25/2011; S. 47/1991; S. 17/2016 - mass. 38712; S. 13/2012 - mass. 36044; S. 25/1981 - mass. 9398; S. 16/1978 - mass. 14201 ). (Nel caso di specie, è dichiarata ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'art. 274, comma 1, lett. c , cod. proc. pen., limitatamente alle parole: «o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni», richiesta dichiarata legittima con ordinanza del 29 novembre 2021 dall'Ufficio centrale per il referendum , costituito presso la Corte di cassazione. Non sussiste alcuna delle cause di inammissibilità indicate nell'art. 75 Cost. e sono rispettati i requisiti di chiarezza, omogeneità e univocità del quesito, che è espressione di una matrice razionalmente unitaria e privo di quei connotati di manipolatività idonei a denotare un carattere surrettiziamente propositivo dell'alternativa posta al corpo elettorale. Esso infatti, benché si avvalga della tecnica del ritaglio, investe un frammento normativo dotato di un autonomo contenuto precettivo, e non manca di includere alcuna disposizione funzionalmente collegata a quella di cui si chiede l'abrogazione, sicché non vengono minate né la sua coerenza, né la sua completezza. Né, infine, sussistono ragioni ostative all'ammissibilità del quesito derivanti dalla natura costituzionalmente necessaria o vincolata della disposizione di cui si chiede l'abrogazione). ( Precedenti: S. 10/2020 - mass. 42252; S. 13/2012 - mass. 36045; S. 26/2011- mass. 35378; S. 35/2000 - mass. 25151; S. 33/2000 - mass. 25138; S. 30/1997 - mass. 23124; S. 13/1995; S. 36/1993 - mass. 19071 ).
Il giudizio di ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo si propone di verificare che non sussistano eventuali ragioni di inammissibilità sia indicate dall'art. 75, secondo comma, Cost. o rilevabili dal complesso dei valori di ordine costituzionale, attinenti alle disposizioni oggetto del quesito referendario; sia relative ai requisiti concernenti la formulazione del quesito referendario, quali chiarezza, omogeneità, univocità, nonché matrice razionalmente unitaria. Non sono inoltre ammissibili richieste referendarie che siano surrettiziamente propositive, né è consentita l'abrogazione totale mediante referendum di leggi costituzionalmente necessarie, la cui mancanza creerebbe un grave vulnus nell'assetto costituzionale dei poteri dello Stato, e di quelle a contenuto costituzionalmente vincolato, il cui nucleo normativo non può venire alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti della Costituzione stessa o di altre leggi costituzionali. ( Precedenti: S. 10/2020 - mass. 42253; S. 26/2017 - mass. 39550; S. 6/2015 - mass. 38219; S. 12/2014 - mass. 37603; S. 13/2012 - mass. 36045; S. 26/2011 - mass. 35378; S. 45/2005 - mass. 29123; S. 43/2003 - mass. 27562; S. 42/2000; S. 38/2000 - mass. 25171; S. 34/2000 - mass. 25168; S. 33/2000 - mass. 25138; S. 13/1999 - mass. 24412; S. 36/1997 - mass. 23115; S. 35/1997; S. 33/1997 - mass. 23112; S. 47/1991 - mass. 16928; S. 65/1990; S. 64/1990; S. 63/1990; S. 29/1987 - mass. 4043; S. 27/1987 - mass. 4039; S. 28/1981 - mass. 14300; S. 26/1981 - mass. 14932; S. 25/1981 - mass. 9398; S. 22/1981 - mass. 14317; S. 16/1978 - mass. 14196 ). (Nel caso di specie, è dichiarata ammissibile la richiesta di referendum popolare - promossa dai Consigli regionali delle Regioni Lombardia, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Liguria, Sicilia, Umbria, Veneto e Piemonte e dichiarata legittima con ordinanza del 29 novembre 2021 dall'Ufficio centrale per il referendum , costituito presso la Corte di cassazione - per l'abrogazione dell'intero testo del d.lgs. n. 235 del 2012, in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. Il quesito referendario sottoposto al giudizio di ammissibilità è chiaro e univoco nell'obiettivo che intende perseguire, risulta dotato di una matrice razionalmente unitaria e non presenta carattere manipolativo o propositivo. La richiesta inoltre non rientra in alcuna delle ipotesi per le quali l'indicazione testuale del secondo comma dell'art. 75 Cost. non consente il ricorso all'istituto referendario, poiché la normativa sull'incandidabilità non può essere qualificata né come legge a contenuto costituzionalmente vincolato, né come legge costituzionalmente necessaria).
Secondo il costante orientamento della Corte costituzionale, non solo la richiesta referendaria non può investire una delle leggi indicate nell'art. 75 Cost. o comunque riconducibili ad esse, ma è necessario che il quesito da sottoporre al giudizio del corpo elettorale consenta una scelta libera e consapevole, richiedendosi pertanto i caratteri della chiarezza, dell'omogeneità, dell'univocità del medesimo quesito, oltre che l'esistenza di una sua matrice razionalmente unitaria ( Precedenti: S. 10/2020 - mass. 42254; S. 17/2016 - mass. 38712 ; S. 16/1978 - mass. 14196 ). Nel quesito referendario ciò che rileva è il suo contenuto oggettivo, e non già la finalità soggettiva assunta dal Comitato promotore. Il referendum non consente di scindere il quesito e, quindi, non offre possibilità di soluzioni intermedie tra il rifiuto e l'accettazione integrale della proposta abrogativa ( Precedente: S. 12/2014 ). Non può essere inibita alla Corte costituzionale la valutazione della normativa di risulta allorché quest'ultima presenti elementi di grave contraddittorietà rispetto al fine obiettivo dell'iniziativa referendaria tali da pregiudicare la chiarezza e la comprensibilità del quesito per l'elettore. ( Precedenti: S. 24/2011 - mass. 35368; S. 15/2008 - mass. 32084; S. 45/2005 - mass. 29123) . (Nel caso di specie, è dichiarata inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione, nell'art. 73 t.u. stupefacenti, nel comma 1, dell'inciso «coltiva» nel comma 4, delle parole «la reclusione da due a sei anni e» e nell'art. 74 , nel comma 1, delle parole «a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni». Mentre, per la dichiarata intenzione del Comitato, il quesito referendario depenalizzerebbe la coltivazione domestica "rudimentale" della canapa indiana, in realtà esso produrrebbe un risultato, per un verso, più esteso, e per l'altro, illusorio. Sotto il primo profilo, la disciplina dei reati sugli stupefacenti - in ragione del fenomeno della reviviscenza che ha fatto seguito alla sentenza n. 32 del 2014 - è tornata ad applicarsi nella versione precedente alla novella del 2006. Ne deriva che l'esito positivo della richiesta referendaria andrebbe a depenalizzare direttamente la coltivazione delle piante da cui si estraggono le droghe "pesanti", di cui alle Tabelle I e III dell'art. 14, e, indirettamente, quella della pianta di cannabis, ricompresa nella Tabella II, peraltro anche nella dimensione agricola. Sotto il secondo profilo, rimarrebbe, invece, immutata la rilevanza penale della condotta di coltivazione non autorizzata di piante, tra cui la canapa, ex art. 28 dello stesso t.u. stupefacenti. Tale discrasia risulta fuorviante per il corpo elettorale, ridondando in difetto di chiarezza e univocità del quesito. La medesima richiesta referendaria è diretta anche all'eliminazione - per le condotte di rilievo penale aventi ad oggetto droghe "leggere" - della pena della reclusione, residuando la sola multa. Va al riguardo sottolineata la vistosa contraddittorietà - la quale ridonda in difetto di chiarezza, giacché il quesito chiederebbe all'elettore di operare una scelta illogica e contraddittoria - che conseguirebbe alla proposta eliminazione, derivandone un'irriducibile antinomia con il successivo comma 5, che applica la sanzione congiunta della reclusione e della multa per i medesimi fatti, se ritenuti di «lieve entità»). ( Precedenti: S. 23/2016; S. 27/1997: S. 28/1993 - mass. 19087 ).
Il giudizio di ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo si propone di verificare che non sussistano eventuali ragioni di inammissibilità sia indicate, o rilevabili in via sistematica, dall'art. 75, secondo comma, Cost., attinenti alle disposizioni oggetto del quesito referendario; sia relative ai requisiti concernenti la formulazione del quesito referendario, come desumibili dall'interpretazione logico-sistematica della Costituzione, quali omogeneità, chiarezza e semplicità, completezza, coerenza, idoneità a conseguire il fine perseguito, rispetto della natura ablativa dell'operazione referendaria. ( Precedenti: S. 17/2016 - mass. 38712; S. 174/2011 - mass. 35667; S. 137/1993 - mass. 19268 ). La richiesta referendaria è atto privo di motivazione e, pertanto, l'obiettivo dei sottoscrittori del referendum va desunto non dalle dichiarazioni eventualmente rese dai promotori (dichiarazioni, oltretutto, aventi spesso un contenuto diverso in sede di campagna per la raccolta delle sottoscrizioni, rispetto a quello delle difese scritte od orali espresse in sede di giudizio di ammissibilità), ma esclusivamente dalla finalità "incorporata nel quesito", cioè dalla finalità obiettivamente ricavabile in base alla sua formulazione ed all'incidenza del referendum sul quadro normativo di riferimento. ( Precedenti: S. 28/2017 - mass. 39531; S. 24/2011 - mass. 35369 ). Sono irrilevanti in sede di giudizio di ammissibilità del referendum i propositi e gli intenti dei promotori circa la futura disciplina legislativa che potrebbe o dovrebbe eventualmente sostituire quella abrogata; né ad una richiesta referendaria abrogativa, quale è quella prevista dall'art. 75 Cost., è possibile di per sé attribuire un significato ricostruttivo di una nuova e diversa disciplina. Ciò che conta è la domanda abrogativa, che va valutata nella sua portata oggettiva e nei suoi effetti diretti, per esaminare, tra l'altro, se essa abbia per avventura un contenuto non consentito perché in contrasto con la Costituzione. ( Precedente: S. 17/1997 - mass. 23174 ).