Articolo 132 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 278/2011Depositata il 21/10/2011
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, impugnato, in riferimento all'art. 132, primo comma, Cost., nella parte in cui prevede che la richiesta di referendum per il distacco da una Regione di una o più Province ovvero di uno o più Comuni, se diretta alla creazione di una Regione a se stante, debba essere corredata delle deliberazioni rispettivamente dei Consigli provinciali e dei Consigli comunali delle Province e dei Comuni di cui si propone il distacco. Infatti, il mancato accoglimento del preliminare profilo di illegittimità costituzionale, concernente la necessità che la medesima richiesta sia altresì corredata delle deliberazioni di tanti Consigli provinciali o comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco, rende inammissibile - sulla base della descrizione della vicenda processuale fatta dal rimettente, che sottolinea l'assenza di qualsivoglia deliberazione da parte degli enti locali rappresentativi della restante popolazione regionale - la questione sollevata con il secondo profilo, attesa l'impossibilità che la relativa pronuncia abbia, conseguentemente, rilievo nel giudizio a quo .
Norme citate
- legge-Art. 42, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 132
Pronuncia 278/2011Depositata il 21/10/2011
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, impugnato, in riferimento all'art. 132, primo comma, Cost., nella parte in cui prevede che la richiesta di referendum per il distacco da una Regione di una o più Province ovvero di uno o più Comuni, se diretta alla creazione di una Regione a se stante, debba essere, altresì, corredata delle deliberazioni di tanti Consigli provinciali o comunali che rappresentino almeno un terzo della restante popolazione della Regione dalla quale è proposto il distacco. Il distacco di enti locali da una Regione per la creazione di una nuova Regione (art. 132, primo comma, Cost.) ed il distacco finalizzato all'aggregazione ad una Regione esistente (art. 132, secondo comma, Cost.) sono fenomeni giuridici non comparabili poiché il primo - diversamente dal secondo che riguarda ambiti spaziali relativamente contenuti e non determina una modificazione del complessivo assetto regionale dello Stato - coinvolge necessariamente l'intero assetto della Regione cedente. Infatti, dovendo la nuova Regione avere un minimo di un milione di abitanti, lo scorporo di una così ingente quantità di cittadini è destinato ad incidere sul tessuto politico, sociale, economico ed amministrativo sia della porzione di territorio che si distacca dalla Regione sia della residua parte di essa: non solo sarebbe necessaria la gravosa istituzione della struttura politico-amministrativa della nuova Regione ma si verificherebbe anche un sensibile ridimensionamento dell'analoga struttura della Regione "cedente". Inoltre, mentre per il distacco e l'aggregazione di Province o Comuni da una Regione ad un'altra è sufficiente la legge ordinaria (ancorché rinforzata da uno speciale aggravamento procedurale), la creazione di una nuova Regione esige l'adozione di una legge costituzionale caratterizzata da preliminari peculiarità procedimentali. Il ricorso a questa fonte del diritto prevede, come suo corollario, la possibilità che, verificandosi le condizioni fissate dall'art. 138 Cost., la legge stessa, prima di entrare in vigore, sia sottoposta a referendum che coinvolgerebbe l'intero corpo elettorale statale. L'incomparabilità dei suddetti fenomeni giuridici giustifica il più ampio confine dell'espressione «popolazioni interessate» contenuta nell'art. 132, primo comma, Cost., tale che, stante la maggiore pervasività degli interessi coinvolti, essa non vada riferita alle sole popolazioni per le quali vi sarebbe una variazione di status regionale ma anche a quelle che, pur immodificata tale loro condizione, indubbiamente subirebbero gli effetti della variazione di quella degli altri. Anche il tenore letterale dell'art. 132 Cost. spinge a questa interpretazione. Infatti, mentre nel secondo comma si fa menzione delle Province e dei Comuni "interessati" alla modifica, nel primo comma il riferimento è ai Consigli comunali delle "popolazioni interessate": un'espressione linguistica solo apparentemente simile, ma che viene a comprendere un più vasto ambito di applicazione. Risulta, pertanto, conforme al dettato costituzionale prevedere che, anche nella fase di promovimento della procedura referendaria volta al distacco di determinati territori da una Regione ed alla creazione di una nuova Regione, siano coinvolte, in quanto interessate, anche le popolazioni della restante parte della Regione originaria. Sulla legittimazione dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione a sollevare questione incidentale di legittimità costituzionale, v., ex multis , le citate ordinanze nn. 14/2009 e 1/2009. Per la declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua dell'art. 42, secondo comma, della legge n. 352 del 1970 per violazione dell'art. 132, secondo comma, Cost., v. la citata sentenza n. 334/2004, ove è evidenziato «il possibile polimorfismo del concetto di "popolazioni interessate"». In materia di variazioni territoriali degli enti locali, con particolare riguardo al concetto di "popolazioni interessate", v. le citate sentenze nn. 47/2003 e n. 94/2000. Con riferimento all'aggravamento procedurale che caratterizza la legge ordinaria rinforzata prevista dall'art. 132, secondo comma, Cost., v. la citata sentenza n. 246/2010.
Norme citate
- legge-Art. 42, comma 2
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 132
Pronuncia 11/2011Depositata il 12/01/2011
In relazione alla fase del giudizio di delibazione, senza contraddittorio, dell'ammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione, va dichiarata l'inammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Comune di Colle Santa Lucia nei confronti del Consiglio dei ministri, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, dei Presidenti di entrambe le Camere, nonché dei deputati Karl Zeller, Gianclaudio Bressa e del senatore Gianvittore Vaccari. Infatti, sotto il profilo soggettivo, il conflitto è palesemente inammissibile in quanto deve escludersi che un ente locale possa essere riconosciuto quale «potere dello Stato»; né può ritenersi che tale figura, pur essendo esterna all'organizzazione dello Stato, eserciti un potere che rientri nello «svolgimento di più ampie funzioni, i cui atti finali siano imputati allo Stato-autorità». Difetta altresì il requisito oggettivo del conflitto, dal momento che il ricorrente lamenta la lesione delle proprie prerogative unicamente in relazione a fasi successive a quella concernente la celebrazione del referendum ex art. 132, secondo comma, Cost., alla quale soltanto si riferiscono il diritto di iniziativa e di autodeterminazione del Comune di Colle Santa Lucia, e che costituisce il momento iniziale del procedimento decisionale complesso previsto per la variazione territoriale cui esso aspirerebbe. Infine, il ricorso risulta finalizzato non già al ripristino del corretto confine fra le diverse attribuzioni costituzionali coinvolte, quanto piuttosto ad ottenere una pronuncia che tenga luogo degli atti tuttora mancanti al completamento della procedura di variazione territoriale di cui all'art. 132 Cost., estranea alla giurisdizione attribuita alla Corte. Per l'inammissibilità di un ricorso per conflitto in tutto analogo a quello scrutinato, vedi, citata, ordinanza n. 264 del 2010.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 132
- legge-Art. 45
- legge-Art. 37
- legge-Art. 37
Pronuncia 264/2010Depositata il 21/07/2010
In relazione alla fase del giudizio di delibazione, senza contraddittorio, dell'ammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione, va dichiarata l'inammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Comune di Livinallongo del Col di Lana (BL) nei confronti del Consiglio dei ministri, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, dei Presidenti di entrambe le Camere, nonché dei deputati Karl Zeller, Gianclaudio Bressa e del senatore Gianvittore Vaccari. Infatti, sotto il profilo soggettivo, il conflitto è palesemente inammissibile in quanto deve escludersi che un ente locale possa essere riconosciuto quale «potere dello Stato»; né può ritenersi che tale figura, pur essendo «esterna all'organizzazione dello Stato», eserciti un potere che rientri nello «svolgimento di più ampie funzioni, i cui atti finali siano imputati allo Stato-autorità». Difetta altresì il requisito oggettivo del conflitto, dal momento che il ricorrente lamenta la lesione delle proprie prerogative unicamente in relazione a fasi successive a quella concernente la celebrazione del referendum ex art. 132, secondo comma, Cost., alla quale soltanto si riferiscono il diritto di iniziativa e di autodeterminazione del Comune di Livinnalongo del Col di Lana e che costituisce il momento iniziale del procedimento decisionale complesso previsto per la variazione territoriale cui esso aspirerebbe. Infine, il ricorso risulta finalizzato non già al ripristino del corretto confine fra le diverse attribuzioni costituzionali coinvolte, quanto piuttosto ad ottenere una pronuncia che tenga luogo degli atti tuttora mancanti al completamento della procedura di variazione territoriale di cui all'art. 132 Cost., estranea alla giurisdizione attribuita alla Corte. Sulla non riconoscibilità dell'ente locale quale «potere dello stato», v. citata ordinanza n. 84/2009. In senso analogo, con specifico riferimento alla Provincia, v. citate ordinanze n. 380/1993 e n. 101/1970.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 132
- legge-Art. 45
- legge-Art. 37
- legge-Art. 37
Pronuncia 246/2010Depositata il 08/07/2010
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale della legge 3 agosto 2009, n. 117 (Distacco dei Comuni di Casteldieci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla Regione Marche e loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini), sollevata in riferimento all'art. 132, secondo comma, della Costituzione e al principio di leale collaborazione. Con riferimento alla asserita violazione del secondo comma dell'art. 132 della Costituzione, in quanto nel corso del procedimento parlamentare di approvazione della legge medesima, il parere, reso in senso contrario al distacco, emesso dalla Assemblea legislativa della Regione Marche ai sensi della citata disposizione costituzionale non è stato oggetto di sostanziale considerazione risultante da atti ufficiali e conoscibili, come, invece, avrebbe richiesto l'art. 132 della Costituzione, deve affermarsi che la sicura incidenza che i pareri espressi dalle Regioni vengono ad avere nell'ambito della procedura prevista dal secondo comma dell'art. 132 Cost. non può comunque concretizzarsi nell'esistenza a carico del Parlamento di ulteriori oneri procedimentali susseguenti alla espressione del parere ed alla sua acquisizione in sede parlamentare. La norma costituzionale infatti, l'unica che possa porre dei vincoli di carattere procedimentale all'operato degli organi legislativi, non prescrive che, esauritasi la prima delle due fasi in cui si articola lo speciale procedimento di cui all'art. 132, secondo comma, della Costituzione (cioè quella avente ad oggetto la consultazione referendaria e la espressione del parere dei Consigli regionali interessati), la seconda fase (quella cioè che ha inizio con la presentazione del disegno di legge), si svolga secondo forme sostanzialmente diverse rispetto a quelle legislative ordinarie. Richiedere, pertanto, che gli organi parlamentari «rendano conoscibili le specifiche ragioni in forza delle quali ess(i) si siano eventualmente determinat(i) in senso difforme rispetto ai punti di vista espressi dalle Regioni interessate», o che abbiano oneri motivazionali, equivarrebbe ad inserire un ulteriore aggravamento della procedura non richiesto dalla disposizione che si assume violata. Egualmente infondato è il motivo di censura svolto sotto il profilo della violazione del principio di leale collaborazione, essendo stato il ricordato parere negativo solamente acquisito agli atti, senza che la Regione che lo ha reso sia stata posta in condizione di conoscere i motivi che hanno spinto le Camere a discostarsi da esso, così risultando violate le regole di reciproco rispetto attraverso le quali devono svolgersi le relazioni tra i soggetti cui spettano poteri riconosciuti dalla Costituzione. Invero, salva ed impregiudicata la assai dubbia congruità del parametro invocato nei confronti di una fattispecie avente ad oggetto lo svolgimento della funzione legislativa, non può non osservarsi che la previsione di un onere di informazione - il cui contenuto formale e sostanziale non è, peraltro, univocamente chiarito dalla stessa Regione ricorrente - gravante sulle Camere, in favore del Consiglio regionale che abbia reso il parere ai sensi dell'art. 132, secondo comma, della Costituzione, si risolverebbe in un appesantimento della procedura di approvazione della legge che dispone la variazione territoriale, non giustificato da alcuna norma di rango costituzionale. In tema, v. citata sentenza n. 334/2004. In tema di principio di leale collaborazione invocato nei confronti di una fattispecie avente a oggetto lo svolgimento della funzione legislativa, v. citate sentenze n. 247/2009, n. 371, n. 222 e n. 159/2008.
Norme citate
- legge-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 132
Pronuncia 85/2009Depositata il 20/03/2009
È inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto da un cittadino, in qualità di firmatario e presentatore alla Camera dei deputati della petizione popolare n. 12 del 28 aprile 2008, avente ad oggetto "Aggregazione ad altre regioni dei comuni che ne hanno fatto richiesta ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione", nonché in qualità di elettore del Comune di Chiavari. Non sussiste, infatti, il requisito soggettivo del conflitto, in quanto, secondo il consolidato indirizzo della Corte, in nessun caso il singolo cittadino può ritenersi investito di una funzione costituzionalmente rilevante tale da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione ai sensi degli artt. 134 Cost. e 37 della legge n. 87 del 1953; e neppure sussiste l'elemento oggettivo, dal momento che il ricorrente lamenta esclusivamente l'eventuale lesione di competenze proprie ed altrui, mirando sostanzialmente ad ottenere una sorta di accesso diretto alla Corte costituzionale per la tutela di diritti soggettivi. - Per l'inammissibilità di ricorsi alla Corte costituzionale proposti da singoli cittadini, v., citate, ordinanza s.n. del 27 luglio 1988, ordinanze nn. 189, 284 e 434 del 2008, n. 296 del 2006, n. 57 del 1971. In riferimento a tali pronunce - e alle "altre eventualmente costituenti giurisprudenza applicabile" per la decisione del ricorso - l'odierno ricorrente lamentava, altresì, la violazione del "diritto costituzionale alla conoscibilità ... delle opinioni dissenzienti e concorrenti, eventualmente manifestate dai componenti del collegio della Corte costituzionale giudicante".
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 50
- Costituzione-Art. 132
- legge costituzionale-Art. 5
- legge-Art. 37
- legge-Art. 37
Pronuncia 14/2009Depositata il 23/01/2009
È inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto da una persona, nella qualità di delegato effettivo del Comune di Meduna di Livenza e da altra persona nella qualità di delegato supplente del medesimo Comune, nonché di Presidente del comitato promotore referendario per l'aggregazione del Comune di Meduna di Livenza alla Regione Friuli-Venezia Giulia, a seguito dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione con la quale è stata dichiarata legittima la richiesta di referendum per il distacco del Comune di Meduna di Livenza dalla Regione Veneto e per la sua aggregazione alla Regione Friuli-Venezia Giulia. Difettano, invero, i requisiti formali e sostanziali necessari alla qualificazione del ricorso come conflitto di attribuzione tra poteri. Infatti, quanto al requisito soggettivo, l'ordinamento non riconosce al delegato comunale la titolarità di alcuna attribuzione costituzionale, tanto meno quella di rappresentante del corpo elettorale comunale, in relazione ai procedimenti referendari territoriali. È del pari privo di legittimazione attiva il Presidente del comitato referendario ex articolo 132, secondo comma, della Costituzione, il quale deve essere assimilato ai poteri di istituzioni autonome e non sovrane, quali sono gli enti territoriali interessati. Quanto al requisito oggettivo, il ricorso risulta, in realtà, direttamente finalizzato ad ottenere la dichiarazione di incostituzionalità di varie disposizioni legislative disciplinanti la procedura referendaria territoriale e si risolve nella proposizione di conflitto avverso un atto legislativo in assenza del necessario presupposto, attesa la possibilità di sollevare la relativa questione incidentale nell'ambito del giudizio che si svolge avanti all'Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione. Inoltre, il conflitto risulta sollevato avverso atti che al momento del deposito del ricorso non erano ancora venuti ad esistenza e proposto, pertanto, in un momento in cui non poteva ritenersi perpetrata, neppure asseritamente, alcuna lesione. - Sul difetto di legittimazione attiva al conflitto del delegato comunale, v., citate, ordinanze n. 1 del 2009, n. 434, n. 189 e n. 99 del 2008, n. 296 e 69 del 2006. - Sul difetto di legittimazione attiva al conflitto del rappresentante del comitato promotore del referendum di cui all'articolo 132, secondo comma, della Costituzione, v. citate, ordinanze n. 479 del 2005 e n. 82 del 1978 nonché ordinanze n. 1 del 2009 e n. 434 del 2008. - In tema di conflitto che insorga in relazione ad atti legislativi, v. citata ordinanza n. 343 del 2003.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 132
- legge-Art. 37
- legge-Art. 37
Pronuncia 1/2009Depositata il 16/01/2009
È inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dai delegati, "effettivo" e "supplente", del Comune di S. Michele al Tagliamento dalla Regione Veneto, anche in qualità di rappresentanti del locale comitato promotore del referendum nei confronti dell'Ufficio Centrale per il referendum , del Consiglio dei ministri e del Presidente della Repubblica. Difetta, innanzitutto, l'elemento soggettivo del conflitto, proposto dal delegato comunale (effettivo o supplente), dal momento che ad esso non può essere riconosciuta alcuna attribuzione costituzionale in relazione ai procedimenti referendari concernenti il distacco dei Comuni da una Regione e la loro aggregazione ad altra Regione, tanto meno quella di rappresentante del corpo elettorale comunale, in alcuna fase del suddetto procedimento, sia essa quella relativa alla verifica della legittimità della richiesta referendaria da parte dell'Ufficio centrale per il referendum , oppure quella concernente la proclamazione dei risultati referendari, ovvero quella ad essa successiva. I ricorrenti sono, inoltre, privi di legittimazione al conflitto anche nella qualità di rappresentanti del comitato referendario ex art. 132, secondo comma, Cost., in quanto tali soggetti non costituiscono potere dello Stato, essendo estranei a tale articolazione della Repubblica (art. 114 Cost.), e neppure sono titolari di alcuna funzione concorrente con quelle proprie dei poteri dello Stato-apparato. Neppure sussiste l'elemento oggettivo del conflitto, in quanto i ricorrenti non prospettano alcuna lesione di attribuzioni costituzionalmente garantite a seguito della lamentata lesione del diritto di autodeterminazione della comunità locale interessata al referendum di variazione territoriale ad opera degli atti censurati, dato che la lesione viene fatta discendere dalle norme che regolano il procedimento referendario e in relazione alle quali si chiede alla Corte di sollevare avanti a sé questione di legittimità costituzionale; sicché il ricorso risulta finalizzato non già a sollevare un conflitto di attribuzione, quanto ad ottenere la dichiarazione di illegittimità costituzionale di talune disposizioni legislative, attraverso una sorta di accesso diretto alla Corte costituzionale, precluso nella specie, sussistendo la possibilità di prospettare questione incidentale nell'ambito del giudizio che si svolge avanti all'Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione, attesa la natura giuridica del medesimo e la funzione da questo svolta. Sul difetto dell'elemento soggettivo del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal delegato comunale (effettivo o supplente), v. citate ordinanze n. 189 e n. 99/2008; n. 296 e 69/2006. Sul difetto dell'elemento soggettivo del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal rappresentante del comitato referendario ex art. 132, secondo comma, Cost., v. citate ordinanze n. 99/2008, n. 479/2005 e n. 82/1978. Sulla condizione necessaria (mancanza di un giudizio nel quale possa essere sollevata la relativa questione incidentale) per proporre conflitto su atto legislativo, ove da questo possano derivare lesioni dirette all'ordine costituzionale delle competenze, v. citata ordinanza n. 343/2003.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 64
- Costituzione-Art. 75
- Costituzione-Art. 102
- Costituzione-Art. 111
- Costituzione-Art. 132
- legge-Art. 37
- legge-Art. 37
Pronuncia 434/2008Depositata il 23/12/2008
E' inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto da una persona, nella qualità di delegato dei Comuni di Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana e Rotzo, nonché di rappresentante del «Comitato per il referendum per il passaggio dello Altipiano dei Sette Comuni alla Provincia di Trento» e di elettore del Comune di Enego, a seguito della mancata presentazione al Parlamento, da parte del Ministro dell'interno, entro sessanta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del risultato del referendum (che ha approvato la proposta di distacco dei Comuni di Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusiana, Roana e Rotzo dalla Regione Veneto e la loro aggregazione alla Regione Trentino-Alto Adige), del disegno di legge di cui all'art. 132, secondo comma, Cost. in ossequio all'art. 45, quarto comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352. Difetta, invero, il requisito soggettivo di un conflitto tra poteri dello Stato, poiché l'ordinamento non riconosce al delegato comunale la titolarità di alcuna attribuzione costituzionale, tanto meno quella di rappresentante del corpo elettorale comunale, in relazione ai procedimenti referendari concernenti il distacco dei Comuni da una Regione e la loro aggregazione ad altra Regione, né con riguardo alla fase di proclamazione dei risultati referendari, né nella fase ad essa successiva. Del pari privo di legittimazione attiva al conflitto è anche il rappresentante del comitato promotore del referendum di cui all'art. 132, secondo comma, Cost., in quanto soggetto non equiparabile agli organi statali competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e sfornito della titolarità di alcuna funzione concorrente con quelle proprie attribuite a poteri dello Stato-apparato. Sussiste, infine, anche il difetto di legittimazione attiva del ricorrente quale elettore di uno dei Comuni interessati alla variazione territoriale, in quanto, secondo il consolidato indirizzo della Corte, "in nessun caso il singolo cittadino può ritenersi investito di una funzione costituzionalmente rilevante tale da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione ai sensi degli artt. 134 Cost. e 37 legge n. 87 del 1953". - Sul difetto di legittimazione attiva al conflitto del delegato comunale, v., citate, ordinanze n. 99 e n. 189/2008, n. 69 e n. 296/2006. - Sulla configurazione del comitato promotore del referendum di cui all'art. 75 Cost. come potere dello Stato, v., citata, sentenza n. 69/1978. - Sul difetto di legittimazione attiva al conflitto del rappresentante del comitato promotore del referendum di cui all'art. 132, secondo comma, Cost., v. citata, ordinanza n. 99/2008; a proposito del comitato promotore di referendum abrogativo di una legge provinciale, v. citata, ordinanza n. 82/1978; riguardo i promotori del referendum sullo statuto regionale ai sensi dell'art. 123 Cost., v, citata, ordinanza n. 479/2005. - Sul difetto di legittimazione attiva del ricorrente quale elettore di uno dei Comuni interessati alla variazione territoriale, v. citate, ordinanze n. 189 e n. 284/2008; n. 296/2006, s.n. 27 luglio 1988, n. 57/1971.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 132
- legge-Art. 45
- legge-Art. 37
- legge-Art. 37
Pronuncia 189/2008Depositata il 30/05/2008
E' inammissibile il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dal "delegato supplente" nonché elettore del Comune di Pedemonte, e dal rappresentante del comitato promotore referendario "Torniamo in Trentino" nei confronti dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, del Presidente della Repubblica e del Governo in relazione all'ordinanza del predetto Ufficio centrale del 2 ottobre 2007, con cui è stata dichiarata la legittimità della richiesta referendaria, ai sensi dell'art. 43 della legge 25 maggio 1970 n. 352, per il distacco del Comune di Pedemonte dalla Regione Veneto e la sua aggregazione alla Regione Trentino-Alto Adige, e del decreto del Presidente della Repubblica, emanato in data 21 dicembre 2007, di convocazione dei relativi comizi elettorali. Difetta, invero, il requisito soggettivo di un conflitto tra poteri dello Stato, sia del delegato effettivo (o di quello supplente) in quanto nella fase anteriore allo svolgimento del referendum le attribuzioni di detto delegato sono circoscritte al deposito presso la cancelleria della Corte di cassazione della richiesta di referendum , secondo quanto disposto dall'art. 42 della legge 25 maggio 1970, n. 352; sia di chi agisca nella affermata qualità di elettore del Comune di Pedemonte in relazione al procedimento referendario concernente il distacco di detto Comune dalla Regione Veneto; sia del rappresentante del locale comitato promotore del referendum , dal momento che esso, a differenza del comitato promotore del referendum di cui all'art. 75 Cost., «non è contemplato da alcuna disposizione normativa, essendo l'iniziativa referendaria attribuita dalla legge ai Comuni interessati», mentre, dal punto di vista oggettivo il ricorso risulta, nella sostanza, rivolto, non già a sollevare un conflitto di attribuzione, quanto, piuttosto, ad ottenere la dichiarazione di illegittimità costituzionale di talune disposizioni legislative, attraverso una sorta di ricorso diretto alla Corte costituzionale. - Sul difetto di legittimazione del delegato effettivo (o supplente), v. citate, le ordinanze nn. 69 e 296/2006, 99/2008. - Sul difetto di legittimazione del cittadino elettore, v., citata, ordinanza n. 296/2006. - Sul difetto di legittimazione attiva del rappresentante del comitato promotore del referendum ex art. 132, secondo comma, Cost., v., citata, ordinanza n. 99/2008.
Norme citate
- ordinanza ufficio per il referendum - Corte cassaz-Art.
- deliberazione del Consiglio dei ministri-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 132
- legge-Art. 42
- legge-Art. 37
- legge-Art. 37
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.