Articolo 116 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
È dichiarato estinto - per rinuncia al ricorso in mancanza di costituzione in giudizio della resistente - il processo relativo alla questione di legittimità costituzionale, promossa dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in riferimento agli artt. 3, 5, 77, 116 e 117, terzo comma, Cost., e all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, in relazione agli artt. 4, 5, 7, 48 e 49 dello statuto speciale, del comma 4- bis dell'art. 11 del d.l. n. 35 del 2019, conv., con modif., nella legge n. 60 del 2019. (Nella specie, la rinuncia è motivata sul presupposto dell'abrogazione della disposizione impugnata). Ai sensi dell'art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, la rinuncia al ricorso, in mancanza della costituzione della resistente, comporta l'estinzione del processo. ( Precedenti citati: ordinanze n. 226 del 2020, n. 244 del 2018, n. 60 del 2018, n. 55 del 2018, n. 223 del 2017, n. 146 del 2017, n. 112 del 2017 e n. 100 del 2017 ).
È dichiarato estinto - per rinuncia al ricorso, accettata dal Presidente del Consiglio dei ministri costituito in giudizio - il processo relativo alle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 829 e 830, primo periodo, della legge n. 205 del 2017, impugnato dalla Regione siciliana in riferimento agli artt. 3, 5, 116, 117, terzo comma, 119, primo e quarto comma, e 120 Cost., all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, agli artt. 20 e 43 dello statuto reg. Siciliana e al principio di leale collaborazione. (Nella specie, la rinuncia è motivata dall'adempimento dell'accordo di finanza pubblica stipulato tra lo Stato e la Regione Siciliana). La rinuncia al ricorso in via principale, accettata dalla controparte costituita, determina, ai sensi dell'art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l'estinzione del processo.
Accolti i ricorsi riuniti per conflitto di attribuzione proposti dalla Regione autonoma Sardegna nei confronti dello Stato in relazione ai decreti del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) 21 settembre 2016 e 8 maggio 2017, per contrasto con gli artt. 7, 8, 54 e 56 dello statuto speciale della Regione autonoma Sardegna nonché con gli artt. 15 e 18 del d.lgs. n. 114 del 2016, restano assorbite le altre censure proposte dalla Regione autonoma ricorrente in riferimento agli artt. 5, 116, 117 e 119 Cost.
È dichiarato costituzionalmente illegittimo - per violazione degli artt. 3, 5 e 116 Cost., degli artt. 7 e 8 dello statuto speciale per la Sardegna e del principio di leale collaborazione - l'art. 1, comma 851, della legge n. 205 del 2017, nella parte in cui, nel triennio 2018-2020, non riconosce alla Regione autonoma Sardegna adeguate risorse per consentirle una fisiologica programmazione, nelle more del compimento, secondo i canoni costituzionali, della trattativa finalizzata alla stipula dell'accordo di finanza pubblica. La norma impugnata lede le competenze regionali, sottraendo alla programmazione triennale della Regione ricorrente una cospicua quantità di risorse, riconoscendole un contributo - pari a 15 milioni di euro per il solo esercizio 2019 - incongruente con il fisiologico finanziamento delle funzioni regionali. La norma è, inoltre, intrinsecamente irragionevole, risultando l'esigua consistenza dello stanziamento in contraddizione con il suo obiettivo, sotto il profilo della coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, rispetto ai lunghi tempi dell'irrisolta vertenza "entrate" e alla dimensione finanziaria degli obiettivi richiamati dalla medesima norma. Fermo restando l'istituto dell'accordo come strumento attuativo del principio di leale collaborazione tra Stato e autonomia speciale nella materia finanziaria, e impregiudicata la possibilità che la trattativa possa riprendere con immediato esito costituzionalmente conforme, deve essere comunque assicurato per il triennio 2018-2020 un tempestivo, ragionevole e proporzionato contributo dello Stato, che anticipi, nel corso dell'esercizio 2019, gli effetti dell'accordo in itinere nel caso in cui quest'ultimo non venga stipulato con tempestività e che sia determinato tramite la ponderazione di elementi ricavabili dalla vigente legislazione e dalla giurisprudenza costituzionale (tra i quali la dimensione della finanza della Regione rispetto alla finanza pubblica complessiva, le funzioni esercitate e relativi oneri, gli svantaggi strutturali permanenti, i costi dell'insularità, il valore medio dei contributi alla stabilità della finanza pubblica allargata imposti, il finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e il principio dell'equilibrio tendenziale o dinamico per quel che riguarda la tempestiva copertura del contributo afferente agli esercizi 2019 e 2020 e a quella ex post dell'esercizio 2018). ( Precedenti citati: sentenze n. 101 del 2018, n. 61 del 2018, n. 247 del 2017, n. 154 del 2017, n. 188 del 2016, n. 10 del 2016, n. 155 del 2015, n. 19 del 2015, n. 10 del 2015, n. 266 del 2013, n. 250 del 2013 e n. 118 del 2012 ). Se possono essere adottate, senza violare la Costituzione, riduzioni delle risorse spettanti alle Regioni, il limite intrinseco di tale processo riduttivo è l'impossibilità di svolgere correttamente le funzioni [ad esse assegnate] e ciò vale tanto più in presenza di un sistema di finanziamento che non è mai stato interamente e organicamente coordinato con il riparto delle funzioni; più in generale, la giurisprudenza costituzionale ammette che la legge dello Stato possa, nell'ambito di manovre di finanza pubblica, anche determinare riduzioni nella disponibilità finanziaria delle Regioni, purché non tali da produrre uno squilibrio incompatibile con le esigenze complessive della spesa regionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 138 del 1999, n. 307 del 1983, n.123 del 1992 e n. 370 del 1993 ). La proporzionalità e la conseguente conformità a Costituzione dei prelievi a carico delle autonomie territoriali sono strettamente dipendenti dal sincronico raffronto con le singole manovre di finanza pubblica che li dispongono, dovendosi evitare il consolidamento automatico di contributi e accantonamenti assunti in contesti economici inerenti a pregressi esercizi. ( Precedente citato: sentenza n. 154 del 2017 ). Gli oneri conseguenti alle pronunzie di incostituzionalità adottate nella materia del diritto del bilancio possono essere traslati su esercizi successivi laddove quello in corso non consenta proficue rimodulazioni conformi all'art. 81 Cost. e agli altri precetti costituzionali di ordine finanziario; tuttavia le diacroniche rimodulazioni derivanti dalle pronunzie della Corte costituzionale non possono essere rinviate ad libitum, ma devono essere adottate tempestivamente e comunque entro la prima manovra di finanza pubblica utile, perché altrimenti gli interessi costituzionalmente tutelati rimarrebbero nella sostanza privi di garanzia. ( Precedenti citati: sentenze n. 188 del 2016 e n. 155 del 2015 ). L'equilibrio complessivo [della finanza pubblica allargata] deve essere congruente e coordinato con quello della singola componente aggregata se non si vuole compromettere la programmazione e la scansione pluriennale dei particolari obiettivi che compongono la politica della Regione, e, quindi, il superiore interesse alla realizzazione del menzionato equilibrio complessivo trova il suo limite nella correlata esigenza di sana gestione finanziaria dell'ente che vi è soggetto e, con riguardo alle autonomie territoriali, nell'esigenza di garantire adeguatamente il finanziamento delle funzioni assegnate. La giurisprudenza costituzionale ha desunto dall'art. 3 Cost. un canone di razionalità della legge svincolato da una normativa di raffronto, essendo sufficiente un sindacato di conformità a criteri di coerenza logica, teleologica e storico-cronologica, per cui il principio di ragionevolezza è leso quando si accerti l'esistenza di una irrazionalità intra legem, intesa come contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata. ( Precedenti citati: sentenze n. 86 del 2017, n. 87 del 2012, n. 245 del 2007, n. 416 del 2000 e n. 89 del 1996 ).
Sono dichiarate non fondate - per erroneità del presupposto interpretativo - le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 392 e 394, della legge n. 232 del 2016, promosse dalla Regione autonoma Sardegna, in riferimento agli artt. 5, 116, 117, terzo comma, e 119, Cost., agli artt. 7 e 8, della legge cost. n. 3 del 1948, e all'art. 9 della legge n. 243 del 2012, nonché all'art. 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 della CEDU, che tutelano l'affidamento. L'imposizione alla Regione autonoma Sardegna di ulteriori contributi alla finanza pubblica non viola le clausole dell'accordo stipulato con lo Stato in data 21 luglio 2014, ascritto al coordinamento dinamico della finanza pubblica, concernente le singole misure finanziarie adottate per il governo di quest'ultima, come tali soggette a periodico adeguamento. Ciò esclude la possibilità di riconoscere, in generale, un affidamento tutelabile in ordine all'immutabilità delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, fermo il metodo pattizio per le autonomie speciali, anche perché l'accordo non esclude espressamente l'imposizione di ulteriori contributi al risanamento dei conti pubblici. ( Precedente citato: sentenza n. 154 del 2017 ). Muove dall'erroneo presupposto che le intese condizionino anche l'an dell'imposizione del contributo alle autonomie speciali la censura per cui l'indubbiato comma 394 dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016 avrebbe ridotto i «margini di negoziabilità», imponendo a carico delle Regioni ad autonomia differenziata l'obbligo di assicurare il contributo a loro carico previsto dall'intesa dell'11 febbraio 2016. Alle intese bilaterali - salvi altri vincoli di matrice pattizia (che, allo stato, riguardano solo la posizione delle autonomie della Regione Trentino-Alto Adige) - è rimessa esclusivamente la definizione del quantum gravante su ciascuna autonomia speciale e delle modalità di contribuzione. ( Precedente citato: sentenza n. 154 del 2017 ).
Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 505, 510, 512 (nel testo antecedente alle modifiche apportate dall'art. 1, comma 419, lett. a, della legge n. 232 del 2016), 515 (nel testo antecedente e in quello successivo alle modifiche apportate dall'art. 1, comma 419, lett. a, della legge n. 232 del 2016), 516, 517, 548 e 549 della legge n. 208 del 2015, promosse in via cautelativa dalle Province autonome di Bolzano e di Trento in riferimento (complessivamente) agli artt. 8, n. 1), 9, n. 10), 16, 79, 79, comma 4, 80 e 81 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, all'art. 34, comma 3, della legge n. 724 del 1994, al d.lgs. n. 268 del 1992, all'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 e all'intero d.lgs. n. 266 del 1992, al d.P.R. n. 197 del 1980, all'art. 2 del d.P.R. n. 474 del 1975, e agli artt. 116, 117, commi terzo e quarto, e 119, primo comma, Cost., in combinazione con l'art. 10 della legge costituzionale n. 10 del 2001. Le norme impugnate - che, a fini di trasparenza e razionalizzazione, impongono alle amministrazioni pubbliche e agli enti del servizio sanitario nazionale la programmazione biennale degli acquisti di importo superiore a 1 milione di euro, la necessità di apposita autorizzazione per gli acquisti in deroga alle convenzioni stipulate da Consip spa, e la centralizzazione degli approvvigionamenti di beni e di servizi informatici e di connettività nonché delle categorie merceologiche del settore sanitario - non sono immediatamente applicabili alle ricorrenti, poiché non contengono un riferimento testuale ed espresso alle Province autonome, idoneo a vanificare la portata precettiva della clausola di salvaguardia di cui all'art. 1, comma 922, della stessa legge n. 208 del 2015. In virtù di tale clausola, i censurati vincoli - che, investendo un aggregato rilevante della spesa corrente, sono riconducibili a un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica interferente con la potestà legislativa provinciale in materia di organizzazione degli uffici e di "tutela della salute" - non operano direttamente per le Province autonome, in capo alle quali permane, invece, l'obbligo di adeguamento della normativa provinciale ai principi fondamentali dettati dalla legge statale, così come prescritto dall'art. 79, comma 4, secondo periodo, dello statuto, alla cui stregua le Province autonome devono provvedere alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato adeguando la propria legislazione attraverso la procedura prevista dall'art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 e adottando, conseguentemente, autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa. La disciplina della razionalizzazione e della centralizzazione degli acquisti, pur diversamente modulata nel volgere degli anni, non supera i limiti di un principio di coordinamento adottato entro l'ambito della discrezionalità del legislatore statale e finalizzato al contenimento della spesa. Tale disciplina, difatti, incide sulla spesa pubblica ai fini del conseguimento di obiettivi di risparmio e, nel perseguire obiettivi di trasparenza e di riduzione dei costi, lascia inalterato il profilo dell'esercizio proprio delle funzioni spettanti a ciascuna amministrazione coinvolta. ( Precedenti citati: sentenze n. 152 del 2015, n. 124 del 2015, n. 417 del 2005 e n. 36 del 2004; sentenza n. 162 del 2007, con particolare riguardo alla spesa sanitaria ).
È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, impugnato dalla Regione Sardegna - in riferimento agli artt. 3 e 116 Cost. - in quanto la salvaguardia (prevista nel quinto periodo) del solo accordo stipulato il 15 ottobre 2014 dallo Stato con le autonomie del Trentino-Alto Adige, e non anche di quello stipulato con la Regione ricorrente il 21 luglio 2014, comporterebbe violazione del principio di eguaglianza, a fronte del riconoscimento costituzionale dell'autonomia differenziata di tutte le Regioni a statuto speciale, e non solo di alcune di esse. La peculiarità del c.d. patto di garanzia concluso dallo Stato con la Regione Trentino-Alto Adige e con le Province autonome è idonea a giustificarne l'isolata menzione, fermo restando che il rilievo di tale accordo, per gli specifici e concreti contenuti che presenta, non è in grado di incidere sul principio dell'eguale riconoscimento e della parità di posizione di tutte le autonomie differenziate rispetto alle richieste di contribuire agli equilibri della finanza pubblica.
È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 48- bis e 50 dello statuto valdostano, l'art. 1, comma 7, della legge 15 dicembre 2014, n. 186, nella parte in cui si applica alla Regione autonoma Valle d'Aosta. La norma impugnata prevede che affluiscano in un apposto capitolo d'entrata del bilancio dello Stato i proventi derivanti dall'attuazione delle procedure di collaborazione volontaria disposte per il recupero di quanto dovuto, anche a titolo di sanzione, in materia di imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive, imposta regionale sulle attività produttive e imposta sul valore aggiunto, nonché per eventuali violazioni relative alla dichiarazione dei sostituti d'imposta, con riferimento ad attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute anche all'estero. Tale gettito, al contrario di quanto previsto dalla norma de qua , va integralmente attribuito all'ordinamento finanziario della ricorrente, non valendo in contrario la deroga prevista dall'art. 8 della legge n. 690 del 1981, che prevede la possibilità di riversare al bilancio statale i proventi derivanti dalle maggiorazioni di aliquote e dalle altre modificazioni di tributi, solo se destinati alla copertura di nuove o maggiori spese a carico del bilancio statale. La disciplina impugnata infatti non determina alcuna maggiorazione di aliquota né una generale modifica dei tributi, occupandosi, a legislazione fiscale immutata, di recuperare il gettito tributario originariamente dovuto ed illecitamente sottratto. Né essa si giustifica per la necessità di immettere nuovamente le somme percepite nel circuito dell'economia lecita, poiché la concreta devoluzione del gettito è neutrale, realizzandosi la suddetta finalità sia nel caso di destinazione delle somme percepite allo Stato che alla Regione. Inoltre, risulta priva di pregio la considerazione che le entrate in questione non sarebbero percette nel territorio valdostano, non solo perché il gettito tributario deriva sia dalla procedura di collaborazione volontaria internazionale che da quella nazionale; ma anche perché la disciplina delle dette procedure non innova l'ordinamento quanto a modalità di pagamento dei tributi, onde la configurabilità della loro percezione nel territorio della Regione ricorrente. Infine, la disposizione impugnata è stata determinata unilateralmente, senza intesa, mentre lo Stato può prescindere dall'accordo con la Regione su questioni afferenti all'assetto delle reciproche relazioni finanziarie nelle sole ipotesi giustificate dalla tempistica della manovra finanziaria e dalla temporaneità di tale soluzione, come ad esempio il rispetto senza indugi dei vincoli di bilancio previsti o concordati in seno all'Unione europea. (Restano assorbiti gli altri motivi di censura) Sull'esigenza che la compartecipazione regionale non venga pregiudicata da interventi normativi che, senza determinare un mutamento della disciplina delle modalità di pagamento dei tributi, dirottino il relativo afflusso da uffici finanziari situati nel territorio regionale ad uffici ubicati all'esterno di esso solo per contingenti esigenze amministrative, v. la citata sentenza n. 116/2010. Sulla possibilità per lo Stato di prescindere dall'accordo con la Regione e di assumere determinazioni normative unilaterali afferenti all'assetto delle reciproche relazioni finanziarie, nelle sole ipotesi giustificate dalla tempistica della manovra finanziaria e dalla temporaneità di tale soluzione, v. la citata sentenza n. 19/2015. Sull'illegittimità delle disposizioni che modificano il regime dell'autonomia speciale senza adottare le procedure statutarie previste, v. le citate sentenze nn. 125/2015 e 133/2010.
E' manifestamente inammissibile, in riferimento all'art. 116, terzo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 1, con l'allegata tabella A, e 5, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. 7 settembre 2012, n. 156 (Revisione delle circoscrizioni giudiziarie - Uffici dei giudici di pace, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148), impugnati limitatamente all'inclusione dell'Ufficio del Giudice di pace di Borgo San Dalmazzo tra le sedi soppresse e all'accorpamento delle relative competenze all'Ufficio del Giudice di pace di Cuneo. Il procedimento previsto dall'invocato parametro costituzionale - a norma del quale la legge dello Stato può attribuire alle Regioni a statuto ordinario ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia - richiede, infatti, l'approvazione di una legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, con voto favorevole delle Camere a maggioranza assoluta dei propri componenti e sulla base di un'intesa fra lo Stato e la Regione stessa. Nella specie, alla Regione Piemonte, con il detto procedimento, non è stata riconosciuta la maggiore autonomia dedotta dal giudice a quo . Sul procedimento previsto dall'art. 116 Cost. per l'attribuzione alle Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, v. la citata sentenza n. 118/2015.
Sono estinti i processi relativi alle questioni di legittimità costituzionale - promossi, in riferimento a plurimi parametri costituzionali e statutari, dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige e dalla Regione autonoma Sardegna - dell'art. 1, commi 448, da 454 a 466 e 472, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013). Infatti, la rinuncia delle parti ricorrenti accettata dalla controparte costituita determina, ai sensi dell'art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, l'estinzione dei processi.