Articolo 106 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
I singoli organi giurisdizionali - e quindi anche il giudice di pace - sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione, in relazione al carattere diffuso che connota il potere di cui sono espressione, e alla loro competenza a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, ma tale legittimazione sussiste limitatamente all'esercizio dell'attività giurisdizionale assistita da garanzia costituzionale. ( Precedenti: O. 35/2022 - mass. 44519; O. 19/2021 - mass. 43577; O. 148/2020 - mass. 43530; O. 84/2020 - mass. 43340; O. 82/2020 - mass. 43323; O. 69/2020 - mass. 43150; O. 139/2016 - mass. 38914; O. 296/2013 - mass. 37496; O. 151/2013 - mass. 37166; O. 25/2013 - mass. 36921; O. 366/2008 - mass. 32908; O. 338/2007 - mass. 31674; O. 22/2000 - mass. 25134; O. 340/1999 - mass. 24977; O. 244/1999 - mass. 24798; O. 87/1978 - mass. 12752 ). Presupposto per la sollevazione del conflitto di attribuzione da parte del singolo giudice è che questi sia attualmente investito del processo, in relazione al quale soltanto i singoli giudici si configurano come organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengano, dal momento che il carattere diffuso, che connota gli organi giurisdizionali in ordine a tale competenza, viene in rilievo solo con riferimento al concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali. ( Precedenti: O. 285/2011 - mass. 35892; O. 127/2006 - mass. 30292; O. 144/2000 - mass. 25308 ). (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione attiva, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sollevato da Cristina Piazza, in qualità di Giudice di pace presso l'Ufficio del Giudice di pace di Bologna, nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministero della giustizia, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, per violazione degli artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, secondo comma, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 104, primo comma, 105, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47 CDFUE; alle clausole 2, 4 e 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE; alla direttiva 2003/88/CE, in relazione ai commi da 629 a 633 dell'art. 1 della legge n. 234 del 2021, che, nel modificare l'art. 29 del d.lgs. n. 116 del 2017, condizionano la conferma a tempo indeterminato, sino al compimento dei settanta anni di età, dei magistrati onorari in servizio alla data di entrata in vigore di quest'ultimo al superamento di una procedura valutativa, con attribuzione, in caso di esito positivo, di un trattamento economico parametrato a quello di un funzionario amministrativo, anziché a quello dei magistrati professionali. L'atto di promovimento non indica alcun processo in corso di svolgimento ed affidato per la trattazione e decisione alla ricorrente, la quale neppure motiva in ordine all'incidenza delle disposizioni censurate su attribuzioni costituzionali da esercitare in relazione a uno o più procedimenti; in tal modo il giudizio per conflitto tra poteri è utilizzato dalla stessa come una sorta di ricorso diretto, eccentrico rispetto ai mezzi di tutela offerti dall'ordinamento, in funzione di difesa di propri, asseriti, diritti tutelati dalla Costituzione). ( Precedenti: O. 32/2022 - mass. 44518; O. 254/2021 - mass. 44436; O. 279/2011 - mass. 35882 ).
Sono dichiarate manifestamente inammissibili, per difetto di rilevanza, le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice di pace di Lanciano con riferimento agli artt. 3, 4, primo comma, 36, primo comma, 38, 97, secondo e quarto comma, 101, secondo comma, 104, primo comma, 106, primo e secondo comma, 107, primo comma, 108, primo comma, 111, primo e secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 15, 20, 21, 30, 31, 34 e 47 CDFUE, alle clausole 1, 4 e 5 dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP del 18 marzo 1999, recepito dalla direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999, nonché in relazione agli artt. 1, 2, 4, 12, 24 ed E della Carta sociale europea - degli artt. da 1 a 33 del d.lgs. n. 116 del 2017, nella parte in cui tali disposizioni sono estese ai giudici di pace già in servizio alla data di entrata in vigore del decreto, dell'art. 5 della legge n. 57 del 2016, laddove affida il coordinamento dell'ufficio del Giudice di pace al presidente del Tribunale, dell'art. 11, comma 4- ter , della legge n. 374 del 1991, nella parte in cui stabilisce che l'importo di euro 72.000 lordi annui costituisca il tetto massimo e non la retribuzione lorda annuale comunque spettante al giudice di pace in servizio alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 116 del 2017, dell'art. 119 del d.l. n. 18 del 2020, come conv., nella parte in cui riconosce ai magistrati onorari un contributo economico inadeguato per il periodo di sospensione dell'attività giudiziaria nei mesi di marzo-maggio 2020, dell'art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, laddove non estende anche ai Giudici di pace la procedura di stabilizzazione e di superamento del precariato prevista per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni in regime di rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato, degli artt. 42, comma 2, e 83 del d.l. n. 18 del 2020, dell'art. 3 del d.l. n. 28 del 2020, dell'art. 14, comma 4, del d.l. n. 34 del 2020, come convertiti, in combinato disposto, nella parte in cui «hanno paralizzato e paralizzano l'attività giurisdizionale di questo giudice di pace» nel periodo dal 9 marzo 2020 al 31 gennaio 2021. Le disposizioni censurate non hanno collegamento con l'oggetto del giudizio principale, costituito da una pretesa risarcitoria di un danno da circolazione stradale.
Sono dichiarati costituzionalmente illegittimi, per violazione dell'art. 106, primo e secondo comma, Cost., gli artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del d.l. n. 69 del 2013, conv., con modif., in legge n. 98 del 2013, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a quando non sarà completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall'art. 32 del d.lgs. n. 116 del 2017. Le disposizioni censurate dalla Corte di cassazione istituiscono e disciplinano nell'ambito della magistratura onoraria la nuova figura dei giudici ausiliari d'appello, conferendogli lo status di componenti dei collegi. Esse - che prevedono la nomina di un numero complessivo massimo in origine determinato in 400 giudici ausiliari (art. 63), entro il limite di 40 per ufficio (art. 65), per cinque anni prorogabili una sola volta per il medesimo periodo, seguendo il procedimento contemplato per la nomina (art. 67), e salva la conferma annuale (art. 71) e la limitazione di cui all'art. 62, fermo restando che i giudici togati costituiscono la maggioranza del collegio, del quale può fare parte un solo giudice ausiliario (art. 68), prevedendo garanzie della loro autonomia e imparzialità (artt. 69 e 70), cosicché essi acquisiscono lo stato giuridico di magistrati onorari (art. 72) - violano il parametro evocato, il quale delinea un sistema generale di reclutamento mediante pubblico concorso, come strumentale all'indipendenza della magistratura, non diversamente dalla garanzia dell'inamovibilità (art. 107, primo comma, Cost.), evitando ogni discriminazione, anche di genere, e assicurando la qualificazione tecnico-professionale. Accertata l'illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate, si pone, tuttavia, l'esigenza di tener conto dell'innegabile impatto complessivo che la decisione è destinata ad avere sull'ordinamento giurisdizionale e sul funzionamento della giustizia nelle corti d'appello, visto l'apporto dei giudici ausiliari allo smaltimento o al contenimento dell'arretrato del contenzioso civile. Occorre allora che la declaratoria di illegittimità lasci al legislatore un sufficiente lasso di tempo che assicuri la necessaria gradualità nella completa attuazione della normativa costituzionale. A tal fine la reductio ad legitimitatem può farsi con la sperimentata tecnica della pronuncia additiva, inserendo nella normativa censurata un termine finale entro (e non oltre) il quale il legislatore è chiamato a intervenire. Un'analoga prescrizione limitativa è possibile nell'attuale contesto normativo, che vede una riforma in progress della magistratura onoraria (d.lgs. n. 116 del 2017), la cui completa entrata in vigore è già differita per vari aspetti al 31 ottobre 2025 (art. 32 di tale decreto legislativo) e che è attualmente oggetto di iniziative di ulteriore riforma all'esame del Parlamento, così riconoscendo alla disciplina censurata - per l'incidenza dei concorrenti valori di rango costituzionale - una temporanea tollerabilità costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 267 del 2020, n. 174 del 2012, n. 60 del 2006, n. 103 del 1998, n. 150 del 1993, n. 1 del 1967, n. 99 del 1964, n. 108 del 1962 e n. 33 del 1960; ordinanze n. 479 del 2000 e n. 272 del 199 9). L'esercizio - da parte di un magistrato onorario, seppur in via eccezionale e transitoria - di attività giurisdizionale collegiale è compatibile con la prescrizione dell'art. 106, secondo comma, Cost., nei limiti in cui lo svolgimento delle funzioni collegiali avvenga in via eccezionale e temporanea, dovendosi trattare pur sempre di un'assegnazione precaria e occasionale, riferita a singole udienze o singoli processi, al fine di scongiurare il rischio dell'emergere di una nuova categoria di magistrati. La funzione della interpretazione ed applicazione della legge richiede il possesso della tecnica giuridica da parte dei giudici togati. ( Precedente citato: sentenza n. 76 del 1961 ). In generale, a fronte della violazione dei parametri evocati nel sindacato di legittimità costituzionale, è possibile che sussistano altri valori costituzionali di pari - e finanche superiore - livello, i quali risulterebbero in sofferenza ove gli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale risalissero (retroattivamente, come di regola) fin dalla data di efficacia della norma oggetto della pronuncia. Il bilanciamento di questi valori è stato operato dalla Corte costituzionale in varie pronunce, anche eccezionalmente modulando nel tempo gli effetti della decisione; possibilità questa non preclusa dall'eventualità che, in un giudizio incidentale, una dichiarazione di illegittimità costituzionale, la quale di ciò tenga conto, risulti non essere utile, in concreto, alle parti nel processo principale, atteso che la rilevanza della questione va valutata, al fine della sua ammissibilità, al momento dell'ordinanza di rimessione. ( Precedenti citati: sentenze n. 152 del 2020, n. 246 del 2019, n. 10 del 2015, n. 13 del 2004, n. 50 del 1989, n. 266 del 1988 e n. 156 del 1963 ).
Va dichiarata la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge n. 374 del 1991, nella parte in cui non prevede che il giudice competente per materia a dirimere ogni controversia sulle spettanze economiche del giudice di pace ivi previste sia il tribunale in funzione di giudice del lavoro, innanzitutto - quanto alla lamentata violazione del principio di uguaglianza per il differente trattamento riservato ai magistrati ordinari - perché non possono assimilarsi le posizioni dei giudici onorari e dei magistrati che svolgono professionalmente ed in via esclusiva funzioni giudiziarie e perché la ricostruzione del quadro normativo operata dal giudice a quo appare incompleta e contraddittoria; inoltre, quanto al richiamato art. 111 Cost., in ragione della discrezionalità e insindacabilità delle scelte del legislatore - che non siano caratterizzate da una manifesta irragionevolezza - nella disciplina di istituti processuali e infine, con riferimento agli altri parametri costituzionali (artt. 4, 25, 35, 97 e 106 della Cost.), per la loro evidente inconferenza.
Non spetta al Ministro della giustizia non dar corso alla controfirma del decreto del Presidente della Repubblica di conferimento dell'ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo sulla base di deliberazione del Consiglio superiore della magistratura; conseguentemente deve essere annullata la determinazione del Ministro della giustizia, contenuta nella nota del 25 ottobre 2002, di rifiuto di dar corso alla controfirma del decreto del Presidente della Repubblica di conferimento del predetto ufficio direttivo. Infatti, in conseguenza di tale rifiuto, nonostante sia stata svolta, da parte del Consiglio superiore, una adeguata attività di concertazione, ispirata al principio di leale collaborazione, con approfondimenti e verifiche, completa attività istruttoria e valutazioni motivate in ordine alle ragioni addotte dal Ministro ? cui non spettano nella procedura in questione particolari poteri di rinvio o di riesame ricadendo sullo stesso il dovere di adottare l'atto di propria competenza ?, non si è potuto convenire sulla proposta tra Consiglio superiore e Ministro essendo trascorso un periodo di tempo di gran lunga superiore ad ogni ragionevole aspettativa tenuto conto della durata della vacanza del posto direttivo da coprire. ? Sulla partecipazione e sui poteri del Ministro della giustizia nella procedura di conferimento degli uffici direttivi, e sul metodo basato sulla leale collaborazione, v. richiamo specifico alle sentenze n. 379/1992; n. 142/1973; n. 168/1968.
Manifesta inammissibilità - essendo l'impugnazione rivolta ad un intero testo di legge, con riferimento a tutte le norme sulla giurisdizione contenute in Costituzione - della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 e dell'intero testo della legge 21 novembre 1991, n. 374, censurato, per violazione sia degli artt. 102, primo e secondo comma, e 106, primo e secondo comma, sia della VII disposizione transitoria e di tutte le norme della Sezione I del Titolo IV della Parte Seconda della Costituzione, sotto il profilo che, l'istituzione di un ufficio giudiziario formato esclusivamente da magistrati onorari, non nominati per concorso, avrebbe creato un giudice speciale.
Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 39, 43, 44 e 47 l. 21 novembre 1991, n. 374 (Istituzione del giudice di pace), dell'art. 1 l. n. 374 del 1991 e, per conseguenza, dell'intero testo della legge medesima - sollevate con riferimento, rispettivamente, agli artt. 24, 25 e alla VII disp. trans. della Costituzione, agli artt. 102, commi primo e secondo, 106, commi primo e secondo, e alla VII disp. trans. Cost., e a tutte le norme della Sezione I del Titolo IV della Parte Seconda della Costituzione - in quanto le questioni stesse risultano prospettate in termini ambigui, perplessi e comunque contraddittori. red.: S. Di Palma
E' manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 102, 106, commi primo e secondo, e 97 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 90, comma 5, l. 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), come mod. dall'art. 9 d.l. 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della l. 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo), conv., con modificazioni, nella l. 20 dicembre 1995 n. 534 - il quale prevede, per tutti gli affari pendenti alla data del 30 aprile 1995, la possibilita' di disporre la supplenza dei magistrati professionali chiamati a comporre il collegio giudicante del tribunale, in materia civile, con vice pretori onorari - in quanto identica questione e' stata gia' dichiarata non fondata con la sentenza n. 103 del 1998, ed in quanto anche il d.lgs. 19 febbraio 1998 n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) ha confermato la natura eccezionale e transitoria della disposizione impugnata. - S. n. 103/1998. red.: S. Di Palma
Non e' fondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento agli artt. 3, 102, 106, primo e secondo comma, e 97 Cost., nei confronti dell'art. 90, comma 5, della legge 26 novembre 1990, n. 353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile) - come modificato dall'art. 9 del d.l. 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della legge n. 353 del 1990), convertito nella legge 20 dicembre 1995, n. 534 - in virtu' del quale nei giudizi civili pendenti innanzi al tribunale alla data del 30 aprile 1995, per sopperire alle finalita' dell'esaurimento delle controversie accumulatesi, e' in facolta' del presidente del tribunale "disporre le supplenze di cui all'art. 105 dell'ordinamento giudiziario anche in assenza delle condizioni ivi previste", con la conseguenza che in caso di mancanza di impedimento di alcuno dei giudici necessari per costituire il collegio, anche quando sia dato provvedere alla sostituzione - come previsto dalla disposizione dell'art. 97 dell'ordinamento giudiziario, a cui l'art. 105 rinvia - "con magistrati di altre sezioni", possono essere chiamati ad integrare il collegio giudicante - come nel caso di specie - vice pretori onorari della stessa sede. Alla luce delle considerazioni svolte nella sentenza della Corte costituzionale n. 99 del 1964 - con la quale gia' si escluse che il citato art. 105 dell'ordinamento giudiziario si ponesse in contrasto con l'art. 106 Cost. - e che si pongono a canone nell'interpretazione dell'ora impugnato art. 90, comma 5, va infatti rilevato che anche in tale disposizione la prevista supplenza consiste in una assegnazione precaria ed occasionale, che la distingue nettamente dalla nomina, e che non puo' e non deve incidere sullo "stato" del magistrato tanto da trasformare l'incarico in un sostanziale incardinamento nell'ufficio, e il magistrato addetto ad un ufficio monocratico - qual e' il vice pretore onorario - in magistrato appartenente ad un organo collegiale. E va sottolineato altresi' che ad integrare il collegio mediante la supplenza, secondo la previsione dell'art. 97, quarto comma, dell'ordinamento giudiziario - che va tuttora osservata - puo' essere chiamato solo un vice pretore onorario, e solo "per singole udienze o singoli processi"; che la disposizione impugnata risponde senza dubbio a "esigenze eccezionali dell'amministrazione della giustizia" e che con il termine posto alla sua efficacia dalla legge 22 luglio 1997, n. 27 (Istituzione delle sezioni stralcio e nomina dei giudici onorari aggregati) la necessita' della supplenza verra' meno quando le sezioni stralcio entreranno in funzione. E poiche' pur con l'impiego, eccezionale e ad un tempo limitato, dei vicepretori onorari, consentito con la prevista supplenza, resta pur sempre garantita, attraverso gli istituti - nel caso bastevoli - della astensione e della ricusazione, l'imparzialita' della funzione giudicante, non puo' dirsi che con la contestata normativa si sia dato luogo ad una discriminazione, lesiva del principio di eguaglianza, tra le parti dei processi civili, cosi' come e' da escludersi che i principi per cui le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso, il divieto di istituire giudici straordinari, e gli altri precetti costituzionali invocati siano stati violati. - V. S. n. 99/1964 (gia' citata nel testo). red.: S. Pomodoro
Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, riferita agli artt. 3, 97, primo comma, 101, 106, secondo comma, e 107, terzo comma, della Costituzione, dell'art. 669 'ter', secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui, nell'individuare il giudice competente per i provvedimenti cautelari proposti 'ante causam', prescrive che "se competente per la causa di merito e' il giudice di pace, la domanda si propone al pretore", in quanto l'esclusione della competenza del giudice di pace rappresenta una scelta del legislatore che non travalica il limite di ragionevolezza imposto al suo potere di conformare il processo, e nei confronti del quale non sono invocabili i principi costituzionali relativi al buon andamento della pubblica amministrazione o all'ordinamento giudiziario, con riguardo allo 'status' e al reclutamento dei giudici. red.: F. Mangano