Articolo 57 - COSTITUZIONE

Il Senato della Repubblica e' eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori elettivi e' di ((duecento)), ((quattro)) dei quali eletti nella circoscrizione Estero. ((20)) Nessuna Regione ((o Provincia autonoma)) puo' avere un numero di senatori inferiore a ((tre)); il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno. ((20)) ((La ripartizione dei seggi tra le Regioni o le Province autonome, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla loro popolazione, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei piu' alti resti)). ((20))
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Massime della Corte Costituzionale

Trovate 8 massime

Pronuncia 198/2020Depositata il 13/08/2020

Ricorso per conflitto tra poteri dello Stato - Mancata piena corrispondenza tra la delibera della Giunta regionale di autorizzazione a promuovere il conflitto e il ricorso - Manifesta inammissibilità del ricorso, nella parte in cui eccede la delibera.

È manifestamente inammissibile, per difetto di piena corrispondenza con la delibera di autorizzazione a proporre ricorso della Giunta regionale, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Regione Basilicata a seguito dell'approvazione, con delibera legislativa dell'8 ottobre 2019, della legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari, dell'inserimento dell'art. 1- bis , comma 3, nel testo del d.l. n. 26 del 2020 (che prevede la fissazione della data per la celebrazione del relativo referendum confermativo contestualmente a quella per le elezioni in alcune Regioni e per elezioni amministrative, nel c.d. election day ), nonché dell'emanazione del d.P.R. 17 luglio 2020 (di indizione del citato referendum ), con riferimento a tale decreto presidenziale e alle connesse censure relative alla fissazione della data per la celebrazione del referendum contestualmente a quella per le indicate elezioni. La delibera della Giunta regionale è, infatti, testualmente e inequivocabilmente limitata solo alla impugnativa della delibera legislativa dell'8 ottobre 2019.

Pronuncia 198/2020Depositata il 13/08/2020

Costituzione e leggi costituzionali - Approvazione di legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari - Indizione, con decreto-legge, del referendum confermativo per i giorni 20 e 21 settembre 2020 - Abbinamento alle elezioni suppletive, amministrative e regionali dell'anno 2020 (c.d. election day) - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri proposto dalla Regione Basilicata - Lamentata lesione della rappresentatività parlamentare riconosciuta alla Regione Basilicata, disparità di trattamento tra Regioni e rispetto alle Province autonome di Trento e di Bolzano, lesione delle minoranze linguistiche, del principio di uguaglianza nella partecipazione alla vita politica, nonché assenza dei presupposti di necessità e di urgenza - Carenza del requisito soggettivo del conflitto - Impossibilità dell'eventuale conversione in ricorso per conflitto di attribuzione tra enti - Inammissibilità del ricorso.

È dichiarato inammissibile, per carenza del requisito soggettivo previsto dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Regione Basilicata, per violazione degli artt. 3, 6, 48, 51, 57, commi primo e terzo, 131 e 114, Cost. e la «compressione e invasione dei poteri di rappresentatività parlamentare attribuiti dalla Costituzione alla Regione Basilicata», nonché la violazione degli artt. 72, commi primo e quarto, 77, secondo comma, 138 e 139, Cost., nei confronti del Consiglio dei ministri, del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Ministri dell'interno e della giustizia, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, nonché della Regione autonoma Trentino Alto-Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in seguito all'approvazione in data 8 ottobre 2019 da parte del Parlamento della legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari. Né la Regione né singoli organi di essa possono essere considerati "poteri dello Stato" ai quali sia riconoscibile la legittimazione passiva: anche quando esercita poteri rientranti nello svolgimento di attribuzioni determinanti la propria sfera di autonomia costituzionale o di funzioni ad essa delegate, la Regione, infatti, non agisce come soggetto appartenente al complesso di autorità costituenti lo Stato, nell'accezione propria dell'art. 134 Cost. Né il ricorso per conflitto tra poteri dello Stato potrebbe convertirsi in ricorso per conflitto di attribuzione tra la Regione e lo Stato, perché palese, al di là di ogni altro profilo, l'intervenuto decorso del prescritto termine di decadenza di sessanta giorni. ( Precedenti citati: ordinanze n. 479 del 2005, n. 82 del 1978, n. 10 del 1967 nonché ordinanza 24 maggio 1990, senza numero ). La Corte costituzionale è chiamata, nella fase del giudizio sull'ammissibilità di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, a stabilire in camera di consiglio, senza contraddittorio, se concorrano i requisiti di ordine soggettivo e oggettivo prescritti dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, e cioè se il conflitto risulti essere insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere a cui appartengono e sia diretto a delimitare la sfera di attribuzioni dei poteri interessati, determinata da norme costituzionali. ( Precedente citato: ordinanza n. 256 del 2016 ). Sotto il profilo soggettivo, la nozione di "potere dello Stato", ai fini della legittimazione a sollevare conflitto di attribuzione ( ex art. 37 della legge n. 87 del 1953), abbraccia tutti gli organi ai quali sia riconosciuta e garantita dalla Costituzione una quota di attribuzioni costituzionali o sia affidata una pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita. ( Precedenti citati: ordinanze n. 17 del 2019, n. 88 del 2012, n. 87 del 2012 e n. 17 del 1978 ). Secondo la Corte costituzionale, deve negarsi in radice che gli enti territoriali possano qualificarsi come "potere dello Stato" nell'accezione propria dell'art. 134 Cost., essendo essi distinti dallo Stato, pur concorrendo tutti a formare la Repubblica nella declinazione risultante dall'art. 114, primo comma, Cost. ( Precedenti citati: ordinanze n. 11 del 2011, n. 264 del 2010, n. 84 del 2009 e n. 479 del 2005 ).

Pronuncia 86/2020Depositata il 07/05/2020

Elezioni - Elezione del Senato della Repubblica - Attribuzione a Emma Pavanelli, candidata del MoVimento 5 Stelle (M5S) nella Regione Umbria, del seggio non assegnato nella Regione Siciliana, in conseguenza dell'esaurimento dei candidati presenti nelle liste del M5S - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal senatore Gregorio De Falco nei confronti del Senato della Repubblica e, se dichiarato ammissibile, della senatrice Emma Pavanelli - Lamentata violazione delle prerogative spettanti ai singoli parlamentari, dell'indipendenza dell'organo chiamato a proclamare i risultati elettorali, dell'elezione a base regionale del Senato, dell'uguaglianza del voto, nonché degli obblighi convenzionali - Carenza del requisito oggettivo - Inammissibilità del ricorso.

È dichiarato inammissibile, per carenza del requisito oggettivo, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato - promosso dal senatore Gregorio De Falco in riferimento agli artt. 3, 24, 48, 51, 57, 66, 72 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 CEDU e all'art. 3 del Prot. addiz. CEDU - nei confronti del Senato della Repubblica e, se dichiarato ammissibile, della senatrice Emma Pavanelli, per aver proceduto alla proclamazione di quest'ultima, candidata nelle liste del MoVimento 5 Stelle (M5S) in una Regione diversa da quella in cui doveva essere assegnato il seggio, a causa della avvenuta elezione di tutti i candidati della lista del medesimo MoVimento in quella Regione. Il ricorrente non comprova la sostanziale negazione o l'evidente menomazione della funzione costituzionalmente ad egli attribuita - a tutela della quale solo è apprestato il rimedio giurisdizionale - non essendo sufficiente la rivendicazione di un generico interesse del singolo parlamentare alla legittimità del procedimento di assegnazione del seggio rimasto vacante. Egli invece si duole della menomazione di attribuzioni che dovrebbero competere a un organo terzo (l'Ufficio elettorale regionale o quello centrale), in luogo del quale lo stesso ricorrente non è legittimato a far valere la denunciata lesione delle attribuzioni e, in ogni caso, le censure mosse attengono a violazioni o scorrette applicazioni dei regolamenti parlamentari e delle prassi di ciascuna Camera, che non possono trovare ingresso nei giudizi per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato. ( Precedenti citati: sentenza n. 379 del 1996; ordinanze n. 17 del 2019 e n. 149 del 2016 ). Secondo la giurisprudenza costituzionale, la legittimazione del singolo parlamentare al ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato è riconosciuta a tutela delle attribuzioni costituzionali di cui agli artt. 67, 68, 69, 71, primo comma, e 72 Cost., inerenti al diritto di parola, di proposta e di voto, che gli spettano come singolo rappresentante della Nazione, individualmente considerato, da esercitare in modo autonomo e indipendente, non rimuovibili né modificabili a iniziativa di altro organo parlamentare. Il singolo parlamentare può ritenersi legittimato a sollevare il conflitto solo quando siano prospettate violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione e, di conseguenza, è necessario che, a fondamento della propria legittimazione, il parlamentare alleghi e comprovi una sostanziale negazione o un'evidente menomazione della funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente, a tutela della quale è apprestato il rimedio giurisdizionale innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953. ( Precedenti citati: ordinanze n. 60 del 2020, n. 275 del 2019, n. 274 del 2019, n. 17 del 2019 ).

Parametri costituzionali

Pronuncia 271/2010Depositata il 22/07/2010

Elezioni - Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia - Sistema elettorale - Distribuzione nelle varie circoscrizioni dei seggi attribuiti a ciascuna lista sul piano nazionale - Rispetto del numero dei seggi preventivamente attribuito alle singole circoscrizioni in relazione alla popolazione residente, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 18 del 1979 - Mancata previsione - Denunciata violazione di numerosi parametri - Richiesta di intervento additivo riservato al legislatore in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata - Inammissibilità della questione.

È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 21, comma 1, n. 3, della legge 24 gennaio 1979, n. 18 (Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia), impugnato, in riferimento agli artt. 1, 3, 48, 49, 51, 56, 57 e 97 Cost., nonché in riferimento agli artt. 10, 11 e 117 Cost., in relazione agli artt. 1, 2 e 7 dell'Atto di Bruxelles e agli artt. 10, 11, 39 e 40 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo [ recte : Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea], nella parte in cui regola la distribuzione nelle varie circoscrizioni dei seggi attribuiti a ciascuna lista sul piano nazionale, senza rispettare il numero dei seggi preventivamente attribuito alle singole circoscrizioni, in relazione alla popolazione residente, ai sensi dell'art. 2 della legge n. 18 del 1979. Il legislatore ha adottato in materia un sistema elettorale proporzionale a collegio unico nazionale, articolato in circoscrizioni, nell'ambito delle quali devono essere presentate le liste. Nella disciplina convivono due esigenze: da un lato, l'assegnazione dei seggi nel collegio unico nazionale in proporzione ai voti validamente espressi; dall'altro, la distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni in proporzione alla popolazione. Esse riflettono, rispettivamente, il criterio della proporzionalità politica (che premia la partecipazione alle consultazioni elettorali e l'esercizio del diritto di voto) e il principio della rappresentanza territoriale, determinata in base alla popolazione (ma astrattamente determinabile anche in base ai cittadini, o agli elettori, o in base a una combinazione di tali criteri). Le riferite esigenze, difficilmente armonizzabili, non possono essere fra loro perfettamente conciliate. Esistono, tuttavia, diversi possibili meccanismi correttivi che, senza modificare la ripartizione proporzionale dei seggi in sede di collegio unico nazionale, riducono lo scarto fra seggi conseguiti nelle circoscrizioni in base ai voti validamente espressi e seggi ad esse spettanti in base alla popolazione. Questi meccanismi conseguono tale obiettivo al prezzo di alterare, in maggiore o minore misura, il rapporto proporzionale fra voti conseguiti e seggi attribuiti a ciascuna lista nell'ambito della singola circoscrizione. Il legislatore non ha, tuttavia, introdotto un meccanismo correttivo, sicché il riparto dei seggi fra le circoscrizioni continua ad avvenire in proporzione ai voti validi, a prescindere dalla previa assegnazione in ragione della popolazione. Tanto premesso, il rimettente ha sollecitato alla Corte una pronuncia che abbia come effetto l'introduzione di un sistema di distribuzione dei seggi fra le circoscrizioni che, a differenza di quello vigente, sia rispettoso del riparto previamente effettuato in base alla popolazione ai sensi dell'art. 2 della legge n. 18 del 1979. Tuttavia, il giudice a quo non ha precisato quale dei possibili sistemi dovrebbe essere introdotto per contemperare il principio della proporzionalità politica con quello della rappresentanza territoriale. In ogni caso, spetta al legislatore individuare la soluzione più idonea a porre rimedio alla lamentata incongruenza della disciplina censurata. In presenza di una pluralità di soluzioni, nessuna delle quali costituzionalmente obbligata, la Corte non può, infatti, sostituirsi al legislatore in una scelta ad esso riservata. Sull'inammissibilità, anche manifesta, di questioni rivolte a sollecitare un intervento additivo, in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, v., fra le più recenti, le seguenti citate decisioni: sentenza n. 58/2010, ordinanze n. 59/2010 e n. 22/2010.

Norme citate

  • legge-Art. 21, comma 1

Parametri costituzionali

Pronuncia 230/2007Depositata il 21/06/2007

Regioni - Variazioni territoriali - Richiesta di 'referendum' per il distacco dalla Regione Piemonte e l'aggregazione alla Regione Valle d'Aosta del Comune di Carema - Ordinanza dell'Ufficio centrale per il 'referendum' presso la Corte di Cassazione dichiarativa della legittimità della richiesta, deliberazione del Consiglio dei ministri di approvazione del decreto di indizione del 'referendum' e decreto del Presidente della Repubblica di indizione del 'referendum' per il giorno 18 marzo 2007 - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Valle d'Aosta - Denunciata lesione delle competenze statutarie regionali, della tutela delle minoranze linguistiche, nonché incidenza sul piano dell'attribuzione dei seggi senatoriali su base regionale - Rinuncia al ricorso - Mancata costituzione in giudizio della parte resistente - Estinzione del processo.

Va dichiarata, per rinuncia al ricorso in assenza di costituzione della parte resistente, l'estinzione del processo instaurato per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, emessa il 28 settembre 2006, dichiarativa della legittimità della richiesta di referendum per il distacco del Comune di Carema dalla Regione Piemonte e per la relativa aggregazione alla Regione Valle d'Aosta; della deliberazione del Consiglio dei ministri del 22 dicembre 2006, con la quale è stato approvato il decreto di indizione del referendum sul distacco del Comune di Carema dalla Regione Piemonte e la sua aggregazione alla Regione Valle d'Aosta, da svolgersi il 18 marzo 2007; del decreto del Presidente della Repubblica, adottato in data 22 dicembre 2006 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale , serie generale, n. 2, del 3 gennaio 2007, con il quale è stato indetto, per il giorno 18 marzo 2007, il referendum sul distacco del Comune di Carema dalla Regione Piemonte e la sua aggregazione alla Regione Valle d'Aosta, per ritenuta lesione degli artt. 6, 57, terzo comma, 116, primo comma, della Costituzione, nonché degli artt. 1, secondo comma, 44, terzo comma, e 50 dello statuto speciale della Regione Valle d'Aosta. - Provvedimenti citati: sentenza n. 167/2006; ordinanze n. 217/2005, n. 245/1998 e n. 524/1995.

Norme citate

  • ordinanza ufficio per il referendum - Corte cassaz-Art.
  • deliberazione del Consiglio dei ministri-Art.
  • decreto del Presidente della Repubblica-Art.

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 6
  • Costituzione-Art. 57
  • Costituzione-Art. 116
  • statuto regione Valle d'Aosta-Art. 1
  • statuto regione Valle d'Aosta-Art. 44
  • statuto regione Valle d'Aosta-Art. 50
  • norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (16/3/1956 e s.m.)-Art. 27

Pronuncia 66/2007Depositata il 09/03/2007

Regioni - Variazioni territoriali - Richiesta di 'referendum' per il distacco del Comune di Noasca dalla Regione Piemonte e per la relativa aggregazione alla Regione Valle d'Aosta - Ordinanza dell'Ufficio centrale per il 'referendum' presso la Corte di cassazione dichiarativa della legittimità della richiesta - Conseguenti deliberazione del Consiglio dei ministri di approvazione del decreto di indizione del 'referendum' e decreto del Presidente della Repubblica di indizione del 'referendum' per il giorno 8 ottobre 2006 - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Valle d'Aosta - Asserita penalizzazione della Regione in sede di attribuzione dei seggi senatoriali su base regionale - Violazione prospettata in modo ipotetico - Inammissibilità della censura.

In relazione al conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Valle d'Aosta nei confronti dello Stato, in relazione a tre atti prodromici alla celebrazione del referendum , di cui all'art. 132, secondo comma, della Costituzione, per il distacco del Comune di Noasca dalla Regione Piemonte e la conseguente aggregazione dello stesso alla Regione ricorrente (e cioè l'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione con cui è stata dichiarata la legittimità della richiesta di referendum ; la deliberazione del Consiglio dei ministri, con cui è stata approvata l'indizione del referendum ; il decreto del Presidente della Repubblica, con cui il referendum è stato indetto per il giorno 8 ottobre 2006), va dichiarata l'inammissibilità della censura fondata sulla presunta violazione dell'art. 57, terzo comma, Cost., che attribuisce un seggio senatoriale alla Regione Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste prescindendo dal calcolo della popolazione residente, in quanto l'affermata violazione del parametro risulta prospettata in via meramente ipotetica (oltre che collegata a incerti elementi di fatto). - Nel medesimo senso, v. citate sentenze n. 72/2005, n. 137/1998, n. 211/1994, n. 153/1986.

Norme citate

  • ordinanza ufficio per il referendum - Corte cassaz-Art.
  • decreto del Presidente della Repubblica-Art.

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 57

Pronuncia 66/2007Depositata il 09/03/2007

Regioni - Variazioni territoriali - Richiesta di 'referendum' per il distacco del Comune di Noasca dalla Regione Piemonte e per la relativa aggregazione alla Regione Valle d'Aosta - Ordinanza dell'Ufficio centrale per il 'referendum' presso la Corte di cassazione dichiarativa della legittimità della richiesta - Conseguenti deliberazione del Consiglio dei ministri di approvazione del decreto di indizione del 'referendum' e decreto del Presidente della Repubblica di indizione del 'referendum' per il giorno 8 ottobre 2006 - Conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Valle d'Aosta - Richiesta alla Corte di autorimessione della questione relativa all'asserita illegittimità costituzionale della normativa concernente la fase successiva allo svolgimento del 'referendum' consultivo concluso con esito favorevole - Irrilevanza manifesta.

Non può essere accolta la richiesta alla Corte, formulata dal ricorrente, di autorimessione di questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 45 della legge 25 maggio 1970, n. 352 istante l'irrilevanza manifesta della stessa per difetto di pregiudizialità. Infatti, detta disposizione disciplina la fase successiva allo svolgimento del referendum consultivo previsto dall'art. 132, secondo comma, Cost. nell'ipotesi in cui esso abbia avuto esito favorevole, mentre il sollevato conflitto ha ad oggetto atti anteriori e prodromici allo stesso referendum e si inserisce in una fase precedente alla attivazione dell'iniziativa legislativa disciplinata dalla disposizione in parola, non venendo dunque in considerazione ai fini della decisione del conflitto.

Norme citate

  • legge-Art. 45

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 6
  • Costituzione-Art. 57
  • Costituzione-Art. 116
  • statuto regione Valle d'Aosta-Art. 1
  • legge-Art. 40
  • statuto regione Valle d'Aosta-Art. 50
  • norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (16/3/1956 e s.m.)-Art. 28

Pronuncia 5/1995Depositata il 12/01/1995

SENT. 5/95 F. ELEZIONI - ELEZIONI POLITICHE - SISTEMA ELETTORALE DEL SENATO DELLA REPUBBLICA - ASSEGNAZIONE DI UN QUARTO DEI SEGGI CON IL METODO PROPORZIONALE - RICHIESTA DI 'REFERENDUM' ABROGATIVO - INIDONEITA' DELLA NORMATIVA RISULTANTE DALL'EVENTUALE APPROVAZIONE DEL 'REFERENDUM' AD ASSICURARE, PUR IN CASO DI INERZIA DEL LEGISLATORE, LA PERMANENTE OPERATIVITA' DEL MECCANISMO ELETTORALE - INAMMISSIBILITA' DELLA RICHIESTA.

La richiesta di 'referendum' volta ad abrogare le norme del testo unico sull'elezione dei membri del Senato che prevedono l'assegnazione, con metodo proporzionale, di un quarto dei seggi attribuiti alla Regione, va dichiarata inammissibile, in quanto - pur essendo il quesito chiaro e univoco nella volonta' di dar vita a un sistema cd. "maggioritario secco" - la disciplina risultante dall'esito positivo del 'referendum' non sarebbe concretamente applicabile se non a seguito di un intervento legislativo che ridisegni la "mappa" dei collegi uninominali, adeguandone il numero a quello dei senatori previsto in Costituzione: donde, un impedimento (a tempo indeterminato) per il rinnovo dell'assemblea rappresentativa, cui dovrebbe rimediare necessariamente il legislatore. (Inammissibilita' della richiesta di 'referendum' popolare per l'abrogazione parziale del decreto legislativo 20 dicembre 1993 n. 533). - cfr. la precedente massima C. red.: L.I. rev.: S.P.

Norme citate

  • decreto legislativo-Art.

Parametri costituzionali

Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.