Articolo 54 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 56/2022Depositata il 08/03/2022
Le misure previste nel d.lgs. n. 235 del 2012 (c.d. "Legge Severino"), in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, così come quelle antecedentemente già previste dalla legge n. 55 del 1990 e dalla legge n. 16 del 1992, non costituiscono sanzioni o effetti penali della condanna, ma sono piuttosto da ricollegare al venir meno di un requisito soggettivo per l'accesso alle cariche in questione o per il loro mantenimento. Ciò a tutela degli interessi costituzionali protetti dagli artt. 54, secondo comma, e 97, secondo comma, Cost., da bilanciare con quelli sottesi agli artt. 48 e 51 Cost. ( Precedenti: S. 230/2021 - mass. 44404; S. 35/2021- mass. 43709; S. 36/2019 - mass. 41664; S. 214/2017 - mass. 39492; S. 276/2016 - mass. 39476; S. 236/2015 - mass. 38615; S. 25/2002 - mass. 26763; S. 132/2001 - mass. 26201; S. 206/1999; S. 141/1996 - mass. 22377; S. 295/1994 - mass. 20718; S. 184/1994 - mass. 20662; S. 118/1994 - mass. 20510; S. 407/1992 - mass. 18908; O. 46/2020 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 51
Pronuncia 255/2021Depositata il 23/12/2021
Esiste una sfera di prerogative che spettano al singolo parlamentare e che esse possono essere difese con lo strumento del ricorso per conflitto tra poteri dello Stato, a condizione che vi sia una violazione manifesta della prerogativa, rilevabile nella sua evidenza già in sede di sommaria delibazione. ( Precedenti: O. 188/2021 - mass. 44209; O. 67/2021 - mass. 43797; O. 66/2021 - mass. 43780; O. 197/2020 - mass. 42909; O. 176/2020 - mass. 42352; O. 129/2020 - mass. 43535; O. 60/2020 - mass. 41938; O. 275/2019 - mass. 40942; O. 274/2019 - mass. 40941; O. 17/2019 - mass. 41933 ). La violazione manifesta della prerogativa del singolo parlamentare non può riguardare esclusivamente la scorretta applicazione dei regolamenti parlamentari e delle prassi di ciascuna Camera. ( Precedenti: O.193/2021; O. 188/2021 - mass. 44209; O. 186/2021 - mass. 44181 e n. 86 del 2020 - mass. 43341 ). La spiccata autonomia di cui godono gli organi costituzionali impone di escludere che la decretazione d'urgenza possa formulare condizioni atte ad interferire con (fino potenzialmente ad impedire) lo svolgimento dell'attività propria dell'organo. ( Precedente: S. 129/1981 ). L'essenza della garanzia contro l'interferenza di altri poteri che la Costituzione riconosce alle Camere è data dalla esclusività della capacità qualificatoria che il regolamento parlamentare possiede, anche quanto allo svolgimento dei lavori. ( Precedente: S. 379/1996 - mass. 22940 ). (Nel caso di specie, è dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso da Gianluigi Paragone, in qualità di senatore, nei confronti del Senato e del Governo, in relazione all'adozione, da parte del Collegio dei questori, della delibera con la quale è stato previsto che i senatori posseggano ed esibiscano la certificazione verde. Il ricorso ha omesso di dimostrare adeguatamente se quest'ultima e i presupposti che la consentono siano tali da costituire un effettivo impedimento all'esercizio delle attribuzioni proprie del senatore. L'atto oggetto del conflitto si limita, infatti, ad adottare una specifica interpretazione dell'art. 67 regol. Senato; inoltre il ricorrente, affermando che il modus procedendi osservato dagli organi del Senato avrebbe infranto la riserva di regolamento posta dall'art. 64 Cost. a garanzia della autodichia delle Camere, non rivendica la lesione di una sua propria prerogativa, ma di una competenza dell'intero Senato. ( Precedente: O. 67/2021 - mass. 43797 ).
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 1
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 64
- Costituzione-Art. 67
Pronuncia 11/2020Depositata il 05/02/2020
È dichiarata non fondata, per erronea interpretazione della norma censurata, la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal Collegio arbitrale di Catania, in riferimento agli artt. 2, 3, 54, 35, 41, 47 Cost., nonché agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 3 TUE, 16 CDFUE e 49 TFUE - dell'art. 8, comma 1, lett. c ), della legge n. 362 del 1991, nella parte in cui prevede che la partecipazione alle società di capitali titolari dell'esercizio di una farmacia privata sia incompatibile con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato. Alla stregua dei criteri ermeneutici di cui all'art. 12 delle Preleggi, è possibile pervenire alla conclusione per cui la causa di incompatibilità ivi prevista non sia riferibile ai soci di società di capitali titolari di farmacie, che si limitino ad acquisirne quote, senza essere coinvolti nella gestione della farmacia. La disposizione censurata fa, infatti, riferimento al soggetto che gestisce la farmacia o comunque sia coinvolto nella gestione, come risulta dalla sua rubrica, dal sistema delle sanzioni interdittive (per loro natura applicabili solo al socio coinvolto nella gestione) e dalla disciplina del subentro di terzi mortis causa. Inoltre, sul piano sistematico, tale esegesi è confortata dal fatto che l'incompatibilità in esame non è coerente con il nuovo quadro normativo che da una impostazione professionale-tecnica della titolarità e gestione delle farmacie è passato ad una impostazione economico-commerciale (legge n. 124 del 2017). Essendo, dunque, consentita la titolarità di farmacie private in capo anche a società di capitali, di cui possono far parte anche soci non farmacisti, né in alcun modo coinvolti nella gestione della farmacia o della società, è conseguente che a tali soggetti non sia più riferibile l'incompatibilità con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato.
Norme citate
- legge-Art. 8, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 35
- Costituzione-Art. 41
- Costituzione-Art. 47
- Costituzione-Art. 117
- trattato unione europea-Art. 3
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 16
- Trattato sul funzionamento dell'Unione europea-Art. 49
- Costituzione-Art. 11
Pronuncia 258/2017Depositata il 07/12/2017
Il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi, imposto al cittadino dall'art. 54, primo comma, Cost., trova concreta espressione, per lo straniero, nel giuramento prescritto dall'art. 10 della legge n. 91 del 1992 per la trascrizione del decreto di concessione della cittadinanza italiana, la cui prestazione costituisce manifestazione solenne di adesione ai valori repubblicani. Detto giuramento è quindi atto personale, che attiene direttamente al diritto costituzionale in ragione dei valori incorporati nella sua prestazione, e come tale non può essere reso da un rappresentante legale in sostituzione dell'interessato, secondo le norme del codice civile.
Norme citate
- legge-Art. 10
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 54
Pronuncia 48/2014Depositata il 13/03/2014
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, secondo comma, cod. proc. civ., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 54, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui non prevede che il giudice di pace - che ritenga di non poter essere o apparire imparziale a causa del proprio trattamento economico fondato sul "cottimo" ai sensi dell'art. 11, comma 2, della legge n. 374 del 1991, cioè basato su un certo compenso per ogni procedimento definito o cancellato dal ruolo - possa astenersi senza autorizzazione del capo dell'ufficio. La prospettazione della questione è contraddittoria, in quanto, in base alle stesse argomentazioni del rimettente, anche la dichiarazione di astensione, quale risulterebbe possibile in esito all'intervento additivo invocato, sarebbe contrastata dall'interesse economico del giudicante a non astenersi per non perdere il compenso. Inoltre, risultano generiche le censure con le quali è dedotta la violazione degli artt. 3 e 54, secondo comma, Cost. Infine, il quesito è rivolto a sollecitare un intervento non costituzionalmente obbligato, oltre che largamente creativo, in un ambito, quale quello della disciplina del processo e della conformazione degli istituti processuali, riservato all'ampia discrezionalità del legislatore col solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute. - Per la manifesta inammissibilità di identica questione, sollevata dal medesimo rimettente, v. la citata ordinanza n. 128/2013.
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 111
Pronuncia 128/2013Depositata il 05/06/2013
E' manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 51, secondo comma, cod. proc. civ., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 54, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui non prevede che il giudice di pace - che ritenga di non poter essere o apparire imparziale a causa del proprio trattamento economico fondato sul "cottimo" ai sensi dell'art. 11, comma 2, della legge n. 374 del 1991, cioè basato su un certo compenso per ogni procedimento definito o cancellato dal ruolo - possa astenersi senza autorizzazione del capo dell'ufficio. A suo avviso, quanto previsto dell'art. 11, comma 2, della legge n. 374 del 1991 - secondo cui «Ai magistrati onorari che esercitano la funzione di giudice di pace è corrisposta un'indennità [...] di euro 56,81 per ogni altro processo assegnato e comunque definito o cancellato dal ruolo» - farebbe sorgere nel giudicante un interesse personale a decidere, nel minor tempo possibile, il maggior numero di cause, circostanza che ne pregiudicherebbe l'imparzialità. La questione risulta: 1) priva di rilevanza perché il remittente l'ha sollevata senza aver preventivamente formulato al capo dell'ufficio richiesta di autorizzazione all'astensione (che, se accolta, gli avrebbe consentito di essere spogliato del processo, così ottenendo il medesimo risultato cui è finalizzato l'incidente di costituzionalità); 2) prospettata in modo contraddittorio, in quanto, in base alle stesse argomentazioni del rimettente, anche la richiesta di autorizzazione all'astensione sarebbe contrastata dall'interesse economico del giudicante a non astenersi per non perdere il compenso; 3) supportata da argomentazioni generiche, sia per la dedotta violazione dell'art. 3 Cost. (che si limita a dire che è espressivo del canone di «ragionevolezza), sia per il prospettato contrasto con l'art. 54, secondo comma, Cost., di cui si limita a richiamare l'incipit «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore»; 4) diretta a chiedere a questa Corte un intervento non costituzionalmente obbligato, oltre che largamente creativo, come tale riservato al legislatore, perché riguardante un ambito, quale quello della disciplina del processo e della conformazione degli istituti processuali, caratterizzato dall'ampia discrezionalità spettante al legislatore col solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute. - Sull'ampia discrezionalità - col solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute - da riconoscere al legislatore nella disciplina del processo e della conformazione degli istituti processuali, ordinanza n. 240/2012.
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 111
Pronuncia 148/2012Depositata il 07/06/2012
In relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 2, 7, 9, 19, 20, 21, 27 e 32, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, va rigettato l'assunto in virtù del quale le disposizioni impugnate troverebbero giustificazione, ai sensi dei principi fondamentali della solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.), dell'uguaglianza economica e sociale (art. 3, secondo comma, Cost.), dell'unitarietà della Repubblica (art. 5 Cost.), della responsabilità internazionale dello Stato (art. 10 Cost.) dell'appartenenza all'Unione europea (art. 11 Cost.), nonché i principi del concorso di tutti alle spese pubbliche (art. 53 Cost.), di sussidiarietà (art. 118 Cost.), della responsabilità finanziaria (art. 119 Cost.), della tutela dell'unità giuridica ed economica (art. 120 Cost.) e gli «altri doveri espressi dalla Costituzione (artt. 41-47, 52, 54)», nella necessità di far fronte a difficoltà economiche del nostro Paese di tale gravità da mettere a repentaglio la stessa salus rei publicae e da consentire, perciò, una deroga temporanea alle regole costituzionali di distribuzione delle competenze fra Stato e Regioni. Deve essere dunque ribadita l'inderogabilità dell'ordine costituzionale delle competenze legislative, anche nel caso in cui ricorrano situazioni eccezionali.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 14, comma 1
- decreto-legge-Art. 14, comma 2
- decreto-legge-Art. 14, comma 7
- decreto-legge-Art. 14, comma 9
- decreto-legge-Art. 14, comma 32
- legge-Art.
- decreto-legge-Art. 14, comma 19
- decreto-legge-Art. 14, comma 20
- decreto-legge-Art. 14, comma 21
- decreto-legge-Art. 14, comma 27
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 10
- Costituzione-Art. 11
- Costituzione-Art. 41
- Costituzione-Art. 42
- Costituzione-Art. 43
- Costituzione-Art. 44
- Costituzione-Art. 45
- Costituzione-Art. 46
- Costituzione-Art. 47
- Costituzione-Art. 52
- Costituzione-Art. 53
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 118
- Costituzione-Art. 119
- Costituzione-Art. 120
Pronuncia 355/2010Depositata il 15/12/2010
Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 30- ter , periodi secondo, terzo e quarto, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, inserito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141, sollevata in relazione agli artt. 3, 24, primo comma, 25, 54, 81, quarto comma, 97, primo comma, 103, secondo comma, e 111 Cost., in quanto i remittenti prospettano due questioni, senza porle in rapporto tra loro di subordinazione: una, relativa alla limitazione del danno all'immagine della pubblica amministrazione soltanto nelle ipotesi di fatti di reato specificamente indicati; l'altra, relativa all'introduzione di due diverse forme di tutela innanzi a sedi giurisdizionali differenti e cioè alla Corte dei conti per le fattispecie costituenti anche reato e all'autorità giudiziaria ordinaria in tutti gli altri casi, con il che avendo i giudici a quibus omesso di chiarire quale sia l'interpretazione della norma censurata da essi fatta propria, siffatta omissione, oltre a conferire carattere sostanzialmente ancipite alla loro prospettazione, rende perplessa la motivazione sulla rilevanza. Resta assorbita l'eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 17, comma 30
- legge-Art.
- decreto-legge-Art. 1, comma 1
- legge-Art.
Parametri costituzionali
Pronuncia 355/2010Depositata il 15/12/2010
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 30- ter , periodi secondo e terzo, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, art. 17, inserito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), n. 1, del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, nella legge 3 ottobre 2009, n. 141, sollevata in relazione agli artt. 54 e 97 Cost. Il legislatore, nell'esercizio non manifestamente irragionevole della sua discrezionalità, ha ritenuto che la tutela dell'immagine della pubblica amministrazione sia adeguatamente assicurata mediante il riconoscimento del risarcimento del danno soltanto in presenza di condotte che integrino gli estremi di fatti di reato che tendono proprio a tutelare, tra l'altro, il buon andamento e l'imparzialità dell'azione amministrativa. In altri termini, il legislatore ha inteso riconoscere la tutela risarcitoria nei casi in cui il dipendente pubblico ponga in essere condotte che, incidendo negativamente sulle stesse regole, di rilevanza costituzionale, di funzionamento dell'attività amministrativa, sono suscettibili di recare un vulnus all'immagine dell'amministrazione, intesa quale percezione esterna che i consociati hanno del modello di azione pubblica. Sotto altro profilo, neppure può ritenersi che una modulazione del giudizio di responsabilità, che tenga conto dei diversi interessi in gioco, possa in qualche modo incidere negativamente sulle regole di efficienza, efficacia e imparzialità dell'azione amministrativa.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 17, comma 30
- legge di conversione-Art.
- decreto-legge-Art. 1, comma 1
- legge-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 97
Pronuncia 109/2009Depositata il 09/04/2009
Sono manifestamente inammissibili, in quanto del tutto prive di motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 15, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sollevate in riferimento agli artt. 53, 54 e 112 della Costituzione, nella parte in cui prevede l'esclusione, ad ogni effetto, della punibilità per i reati tributari in esso elencati, nel caso di perfezionamento della definizione dei processi verbali di constatazione da cui risultano i reati medesimi.
Norme citate
- legge-Art. 15, comma 7
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 53
- Costituzione-Art. 54
- Costituzione-Art. 112
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.