Articolo 44 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
In relazione alla questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, commi 1, 2, 7, 9, 19, 20, 21, 27 e 32, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, va rigettato l'assunto in virtù del quale le disposizioni impugnate troverebbero giustificazione, ai sensi dei principi fondamentali della solidarietà politica, economica e sociale (art. 2 Cost.), dell'uguaglianza economica e sociale (art. 3, secondo comma, Cost.), dell'unitarietà della Repubblica (art. 5 Cost.), della responsabilità internazionale dello Stato (art. 10 Cost.) dell'appartenenza all'Unione europea (art. 11 Cost.), nonché i principi del concorso di tutti alle spese pubbliche (art. 53 Cost.), di sussidiarietà (art. 118 Cost.), della responsabilità finanziaria (art. 119 Cost.), della tutela dell'unità giuridica ed economica (art. 120 Cost.) e gli «altri doveri espressi dalla Costituzione (artt. 41-47, 52, 54)», nella necessità di far fronte a difficoltà economiche del nostro Paese di tale gravità da mettere a repentaglio la stessa salus rei publicae e da consentire, perciò, una deroga temporanea alle regole costituzionali di distribuzione delle competenze fra Stato e Regioni. Deve essere dunque ribadita l'inderogabilità dell'ordine costituzionale delle competenze legislative, anche nel caso in cui ricorrano situazioni eccezionali.
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell?art. 3 della legge 12 giugno 1962, n. 567, sollevata in riferimento agli artt. 3, 42 e 44 della Costituzione, posto che, se da un lato la questione è prospettata in maniera perplessa, dall'altro lato il primo capoverso della norma impugnata è già stato dichiarato illegittimo con la sentenza n. 318 del 2002, con la conseguenza che l?intero articolo ? i cui successivi commi sono strettamente dipendenti dal primo ? risulta ormai insuscettibile di ulteriore autonoma applicazione. ? Sull'inammissibilità di questioni sollevate in maniera perplessa, v. le richiamate sentenza n. 446/2002 e ordinanza n. 342/2002.
E' costituzionalmente illegittimo, per eccesso di delega, il decreto legislativo 4 settembre 2002, n. 198, il quale nel realizzare la delega contenuta nell'art. 1, comma 2, della legge n. 443 del 2001, per la individuazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale, non ha introdotto il previsto programma da formularsi su proposta dei Ministri competenti, sentite le Regioni interessate ovvero su proposta delle Regioni sentiti i Ministri competenti. - Sulla possibilità di proporre il vizio di eccesso di delega nel giudizio promosso in via principale, v. citate sentenze n. 353/2001, n. 503/2000, n. 408/1998, n. 87/1996. - Per la correzione di errore materiale occorso nella epigrafe di questa sentenza, vedi ordinanza n. 22/2004.
La norma di cui all?art. 1-bis, commi 2, 3 e 4, del decreto legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito con modificazioni, nella legge 11 dicembre 2000, n. 365, contenendo disposizioni relative ad una procedura di adozione di progetti di piani stralcio da completarsi entro un termine perentorio, ha carattere eccezionale ed acceleratorio, nonché temporaneo e provvisorio ed è giustificata dall?urgenza. Il parere della Regione, ancorché da emettere, per maggiore rapidità, in sede di conferenza programmatica, non cambia natura, valore ed effetti ai fini delle determinazioni finali e conserva la sua individualità ed il suo peso, non restando assorbito, quando non sia conforme, in quello espresso dalla conferenza programmatica, la quale non è organo collegiale che esprima la propria volontà a maggioranza e non emette una determinazione necessariamente unitaria. Non è pertanto fondata la relativa questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento agli articoli 3, 5, 9, 97, 117 e 118 della Costituzione. ? In tema di urgenza determinata da rischi per calamità naturali, la quale, interessando diverse regioni, esige un indirizzo unitario, citata, per riferimenti, la sentenza n. 10/1986. ? In tema di procedure di carattere "temporaneo e provvisorio", citata la sentenza n. 201/1987.
E' costituzionalmente illegittimo l'art. 2, comma 2, della legge 11 dicembre 2000, n. 365, di conversione del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279. La materia del taglio dei boschi rientrava, infatti, espressamente nella competenza regionale dell'agricoltura e foreste (art. 117 della Costituzione nel testo anteriore alla riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione); l'attribuzione ai comuni di funzioni diverse da quelle esclusivamente locali nella materia non poteva essere disposta con legge statale, occorrendo un intervento legislativo della Regione.
Sono costituzionalmente illegittimi - in riferimento agli artt. 3, 42 e 44 della Costituzione - gli articoli 9 e 62 della legge 3 maggio 1982, n. 203, i quali prevedono un meccanismo di determinazione del canone di equo affitto basato sul reddito dominicale stabilito a norma del regio decreto-legge 4 aprile 1939, n. 589 convertito, con modificazioni, in legge 29 giugno 1939, n. 976. Infatti detto meccanismo di determinazione del canone di equo affitto, risulta privo, ormai, di qualsiasi razionale giustificazione, sia perché esistono dati catastali più recenti ed attendibili ai quali fare eventualmente riferimento sia perché in ogni caso, a distanza di oltre un sessantennio dal suo impianto, quel catasto ha perso qualsiasi idoneità a rappresentare le effettive e diverse caratteristiche dei terreni agricoli, cosicché non può sicuramente essere posto a base di una disciplina dei contratti agrari rispettosa della garanzia costituzionale della proprietà terriera privata e tale da soddisfare, nello stesso tempo, la finalità della instaurazione di equi rapporti sociali. - Con riguardo alle previgenti discipline del canone di equo affitto, v. citate sentenze di illegittimità costituzionale n. 155/1972 e n. 153/1977. - Con riguardo alla normativa dichiarata incostituzionale, v. citata precedente sentenza di non fondatezza n. 139/1984.
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1168 del codice civile, concernente la disciplina dell'azione di reintegrazione nel possesso "nei limiti in cui è applicabile ad atti della pubblica amministrazione", per essere la motivazione dell'ordinanza di rimessione priva dei requisiti di inequivocità e chiarezza necessari per un'adeguata valutazione della rilevanza e della fondatezza. - Sui requisiti di chiarezza ed univocità dell'ordinanza di rimessione, si veda l'ordinanza n. 68/2000. M.R.
Manifesta inammissibilita' - per mancata indicazione dei termini della fattispecie concrete oggetto del giudizio principale - della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 9 e 62 della legge 3 maggio 1982, n. 203 impugnati, in riferimento agli artt. 3, 42 e 44 della Costituzione, nella parte in cui, imponendo di prendere a base del calcolo per la determinazione del canone il reddito dominicale stabilito a norma del r.d.l. 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976, pur con i previsti coefficienti di rivalutazione, non consentirebbero di giungere alla quantificazione di un canone che non sia irrisorio. L.T.
La previsione, nella legge della Regione Umbria 17 maggio 1994, n. 14 (art. 20, comma 2-bis), di un indennizzo, a carico dei titolari di concessioni per l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, da corrispondere ai proprietari dei terreni coattivamente inclusi nelle aziende stesse, e, in particolare, il criterio fissato in ordine all'entita' dell'indennizzo - pari cioe' a quattro volte il reddito dominicale -, non contrasta con i principi di ragionevolezza e di proporzionalita' desumibili dall'art. 3 della Costituzione. L'indennizzo in questione si pone, infatti, quale prestazione sinallagmatica al sacrificio imposto al proprietario o al conduttore del fondo, tenendo conto dei vantaggi che ricavano i soggetti interessati alla costituzione dell'azienda faunistico-venatoria dalla prevista inclusione coattiva dei fondi e considerando che, quest'ultima - come si evince dalla sua 'ratio' - agevola la costituzione delle aziende faunistico-venatorie, in nome del superiore interesse pubblico alla tutela ambientale e faunistica - finalita', questa, perseguita anche dalla legislazione statale (e, in ispecie, dalla legge quadro sulla caccia dell'11 febbraio 1992, n. 157). Ne' la norma denunciata puo' essere ritenuta in contrasto con gli artt. 42, secondo comma, e 44, primo comma, della Costituzione, in quanto la funzione sociale della proprieta' puo' giustificare per l'interesse pubblico anche ragionevoli limiti ablatori di certe utilita' economiche, purche' non assumano carattere espropriativo (nel qual caso, peraltro, la questione di legittimita' si porrebbe in relazione al terzo comma dell'art. 42 Cost., non richiamato nell'ordinanza di rimessione). Pertanto non e' fondata la questione di legittimita' dell'art. 20, comma 2-bis, della legge della Regione Umbria 17 maggio 1994, n. 14, sollevata in riferimento agli artt. 3, 42, secondo comma, e 44, prinmo comma. - sulla funzione sociale della proprieta', sentenza n. 391/1989.
Manifesta inammissibilita' della questione, poiche' la stessa si presenta impropriamente come azione diretta contro una legge. Infatti - posto che, nella fattispecie, non e' dato scorgere, una volta venute meno le norme censurate, quale provvedimento ulteriore dovrebbe essere emesso dal Commissario agli usi civici per rimuovere la denunciata turbativa a danno della Amministrazione ricorrente, essendosi nel giudizio principale richiesto solo di stabilire <