Articolo 138 - COSTITUZIONE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 198/2020Depositata il 13/08/2020
È manifestamente inammissibile, per difetto di piena corrispondenza con la delibera di autorizzazione a proporre ricorso della Giunta regionale, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Regione Basilicata a seguito dell'approvazione, con delibera legislativa dell'8 ottobre 2019, della legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari, dell'inserimento dell'art. 1- bis , comma 3, nel testo del d.l. n. 26 del 2020 (che prevede la fissazione della data per la celebrazione del relativo referendum confermativo contestualmente a quella per le elezioni in alcune Regioni e per elezioni amministrative, nel c.d. election day ), nonché dell'emanazione del d.P.R. 17 luglio 2020 (di indizione del citato referendum ), con riferimento a tale decreto presidenziale e alle connesse censure relative alla fissazione della data per la celebrazione del referendum contestualmente a quella per le indicate elezioni. La delibera della Giunta regionale è, infatti, testualmente e inequivocabilmente limitata solo alla impugnativa della delibera legislativa dell'8 ottobre 2019.
Parametri costituzionali
Pronuncia 198/2020Depositata il 13/08/2020
È dichiarato inammissibile, per carenza del requisito soggettivo previsto dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Regione Basilicata, per violazione degli artt. 3, 6, 48, 51, 57, commi primo e terzo, 131 e 114, Cost. e la «compressione e invasione dei poteri di rappresentatività parlamentare attribuiti dalla Costituzione alla Regione Basilicata», nonché la violazione degli artt. 72, commi primo e quarto, 77, secondo comma, 138 e 139, Cost., nei confronti del Consiglio dei ministri, del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Ministri dell'interno e della giustizia, della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, nonché della Regione autonoma Trentino Alto-Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in seguito all'approvazione in data 8 ottobre 2019 da parte del Parlamento della legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari. Né la Regione né singoli organi di essa possono essere considerati "poteri dello Stato" ai quali sia riconoscibile la legittimazione passiva: anche quando esercita poteri rientranti nello svolgimento di attribuzioni determinanti la propria sfera di autonomia costituzionale o di funzioni ad essa delegate, la Regione, infatti, non agisce come soggetto appartenente al complesso di autorità costituenti lo Stato, nell'accezione propria dell'art. 134 Cost. Né il ricorso per conflitto tra poteri dello Stato potrebbe convertirsi in ricorso per conflitto di attribuzione tra la Regione e lo Stato, perché palese, al di là di ogni altro profilo, l'intervenuto decorso del prescritto termine di decadenza di sessanta giorni. ( Precedenti citati: ordinanze n. 479 del 2005, n. 82 del 1978, n. 10 del 1967 nonché ordinanza 24 maggio 1990, senza numero ). La Corte costituzionale è chiamata, nella fase del giudizio sull'ammissibilità di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, a stabilire in camera di consiglio, senza contraddittorio, se concorrano i requisiti di ordine soggettivo e oggettivo prescritti dall'art. 37, primo comma, della legge n. 87 del 1953, e cioè se il conflitto risulti essere insorto tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere a cui appartengono e sia diretto a delimitare la sfera di attribuzioni dei poteri interessati, determinata da norme costituzionali. ( Precedente citato: ordinanza n. 256 del 2016 ). Sotto il profilo soggettivo, la nozione di "potere dello Stato", ai fini della legittimazione a sollevare conflitto di attribuzione ( ex art. 37 della legge n. 87 del 1953), abbraccia tutti gli organi ai quali sia riconosciuta e garantita dalla Costituzione una quota di attribuzioni costituzionali o sia affidata una pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita. ( Precedenti citati: ordinanze n. 17 del 2019, n. 88 del 2012, n. 87 del 2012 e n. 17 del 1978 ). Secondo la Corte costituzionale, deve negarsi in radice che gli enti territoriali possano qualificarsi come "potere dello Stato" nell'accezione propria dell'art. 134 Cost., essendo essi distinti dallo Stato, pur concorrendo tutti a formare la Repubblica nella declinazione risultante dall'art. 114, primo comma, Cost. ( Precedenti citati: ordinanze n. 11 del 2011, n. 264 del 2010, n. 84 del 2009 e n. 479 del 2005 ).
Pronuncia 195/2020Depositata il 13/08/2020
È dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione attiva, il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, promosso dal Comitato promotore del referendum confermativo sul testo di legge costituzionale in materia di riduzione del numero dei parlamentari - approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019 -, per violazione dagli artt. 1 e 138 Cost., promosso nei confronti della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, del Presidente della Repubblica e del Governo, sorto in relazione all'art. 1- bis , comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, conv. con modif. nella legge n. 59 del 2020, nonché al d.P.R. 17 luglio 2020, in ragione dell'abbinamento - in applicazione del principio di concentrazione delle consultazioni elettorali, di cui all'art. 7 del d.l. n. 98 del 2011, come conv. (c.d. election day ) -, nelle date del 20 e 21 settembre 2020, della votazione per il referendum indicato a quella per le elezioni suppletive, regionali e amministrative, già rinviate a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il ricorrente ha agito al di fuori delle proprie attribuzioni costituzionali in relazione alle modalità di svolgimento del procedimento referendario, perché la Costituzione non attribuisce al Comitato promotore del referendum , che nel giudizio in esame agisce in rappresentanza di una minoranza parlamentare, una funzione di generale tutela del miglior esercizio del diritto di voto da parte dell'intero corpo elettorale. Già in sede di mera delibazione degli argomenti del ricorrente, infatti, emerge che essi - a fronte della situazione eccezionale legata all'epidemia -, non adducono circostanze, che dovrebbero risultare esse stesse eccezionali, in ragione delle quali l'accorpamento impugnato inciderebbe sul diritto all'effettuazione del voto referendario e sul suo esercizio, per cui non appare la possibilità che esso sia influenzato da posizioni politiche diverse, giacché sempre le forze politiche hanno dato indicazioni agli elettori anche sui referendum costituzionali. Del resto, la logica referendaria è intrecciata a quella della democrazia rappresentativa, non separata da essa; né può dirsi che la contestualità tra differenti campagne elettorali comporti, di per sé, una penalizzazione degli spazi d'informazione dedicati alla campagna referendaria; d'altra parte, l'eventuale maggiore affluenza alle urne nelle Regioni e nei Comuni ove si tengono elezioni non pregiudica, in quanto tale, lo svolgimento del voto referendario, per il quale non è previsto, tra l'altro, un quorum strutturale . ( Precedenti citati: sentenza n. 118 del 2015 e ordinanza n. 169 del 2011 ). Sotto il profilo della legittimazione attiva a proporre conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, la giurisprudenza costituzionale è costante nel riconoscere la legittimazione del Comitato promotore del referendum, in quanto titolare, nell'ambito della procedura referendaria, di una funzione costituzionalmente rilevante e garantita, in rappresentanza dei soggetti legittimati ad avanzare la richiesta di referendum . ( Precedenti citati: ordinanze n. 169 del 2011, n. 172 del 2009, n. 38 del 2008, n. 198 del 2005, n. 195 del 2003, n. 137 del 2000, n. 49 del 1998, n. 172 del 1997, n. 171 del 1997, n. 131 del 1997, n. 9 del 1997, n. 226 del 1995, n. 118 del 1995, n. 69 del 1978 e n. 17 del 1978 ). Rientra nella sfera delle attribuzioni del comitato promotore del referendum la pretesa allo svolgimento delle operazioni di voto referendario, una volta compiuta la procedura di verifica della legittimità e della costituzionalità delle relative domande; ma non anche - in assenza di situazioni eccezionali - la pretesa di interferire sulla scelta governativa, tra le molteplici, legittime opzioni, della data all'interno del periodo prestabilito. ( Precedenti citati: ordinanze n. 169 del 2011, n. 38 del 2008, n. 198 del 2005 e n. 131 del 1997 ). Il Consiglio dei ministri è titolare di un ampio potere di valutazione sia in ordine al momento di indizione del referendum , sia per quanto attiene alla fissazione della data della consultazione referendaria, purché le operazioni di voto si svolgano nell'intervallo temporale determinato dalla legge e individuato dall'art. 15, primo comma, della legge n. 352 del 1970.
Norme citate
- decreto-legge-Art. 1 BIS, comma 3
- legge-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 138
- Costituzione-Art. 1
Pronuncia 277/2017Depositata il 20/12/2017
È dichiarato inammissibile - per carenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dall'art. 37 della legge n. 87 del 1953 - il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso nei confronti del Governo dal CODACONS, dal senatore Bartolomeo Pepe e da Giovanni Pignoloni, nella qualità di cittadino elettore, in relazione alla delibera del Consiglio dei ministri 10 ottobre 2017 e all'atto del Governo, con i quali è stata autorizzata e poi posta, alla Camera dei deputati, la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti né articoli aggiuntivi, degli artt. 1, 2 e 3 del testo unificato delle proposte di legge n. 2352 e abbinate A/R, concernenti l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, per asserita lesione delle prerogative del corpo elettorale (artt. 1, 2, 3, 24, 48, 49, 51, 56, 71, 92, 111, 113, 117, 138 Cost., 13 della CEDU, 3 del Protocollo addizionale alla CEDU) e per violazione del divieto di porre la questione di fiducia su una legge elettorale (artt. 49 e 116, comma 4, del Regolamento della Camera e 72 Cost., in combinato disposto). A prescindere dalla incertezza della prospettazione dei ricorrenti, dovuta al carattere cumulativo e congiunto del ricorso e alla circostanza che le censure sono presentate senza considerazione della diversità delle rispettive qualificazioni, il CODACONS e il cittadino elettore non sono legittimati a sollevare conflitto, in quanto nessuno dei due può qualificarsi potere dello Stato ai sensi dell'art. 134 Cost., ed in quanto - sotto il profilo oggettivo - la posizione della questione di fiducia è inidonea a ledere direttamente la libertà di voto e la sovranità dei cittadini. Neppure il senatore è legittimato, nel caso di specie, a ricorrere per conflitto, posto che pretende inammissibilmente di rappresentare, in un conflitto promosso contro il Governo, l'intero organo cui appartiene, e che, in ogni caso, un membro del Senato non può lamentare la violazione del procedimento parlamentare svoltosi presso la Camera, non riguardando tale procedimento alcuna competenza o prerogativa di un senatore, configurandosi perciò come meramente ipotetica la lamentata lesione e come preventivo il relativo conflitto. Soggetti ed organi diversi dallo Stato-apparato possono essere parti di un conflitto tra poteri, ai sensi dell'art. 134 Cost. e dell'art. 37 della legge n. 87 del 1953, solo se titolari di una pubblica funzione costituzionalmente rilevante e garantita. ( Precedente citato: ordinanza n. 17 del 1978 ). Il CODACONS non è titolare di funzioni costituzionalmente rilevanti, bensì delle sole situazioni soggettive spettanti alle organizzazioni proprie della società civile. ( Precedente citato : ordinanza n. 256 del 2016 ). Il singolo cittadino, seppure vanti la qualità di elettore, non è investito di funzioni [costituzionalmente rilevanti] tali da legittimarlo a sollevare conflitto di attribuzione. (Precedenti citati: ordinanze n. 256 del 2016, n. 121 del 2011, n. 85 del 2009, n. 434 del 2008, n. 284 del 2008, n. 189 del 2008 e n. 296 del 2006) . Gli atti che si innestano nel procedimento legislativo sono inidonei a ledere la sfera di soggetti estranei alle Camere. ( Precedenti citati: ordinanze n. 121 del 2011, n. 120 del 2009, n. 172 del 1997, n. 45 del 1983 e, con particolare riferimento alla posizione della questione di fiducia da parte del Governo, n. 44 del 1983 ). La posizione della questione di fiducia è inidonea a ledere direttamente la libertà di voto e la sovranità dei cittadini, potendo semmai, in astratto, incidere sulle attribuzioni costituzionali dei membri del Parlamento, che rappresentano la Nazione senza vincolo di mandato (art. 67 Cost.). Resta impregiudicata la configurabilità di attribuzioni individuali di potere costituzionale per la cui tutela il singolo parlamentare sia legittimato a promuovere un conflitto tra poteri dello Stato. ( Precedenti citati: sentenza n. 225 del 2001; ordinanze n. 149 del 2016, n. 222 del 2009, n. 177 del 1998 ) .
Norme citate
- deliberazione del Consiglio dei ministri-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 1
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 49
- Costituzione-Art. 51
- Costituzione-Art. 56
- Costituzione-Art. 71
- Costituzione-Art. 72
- Costituzione-Art. 92
- Costituzione-Art. 111
- Costituzione-Art. 113
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 138
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 13
- Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3
- Regolamento Camera-Art. 49
- Regolamento Camera-Art. 116
Pronuncia 28/2017Depositata il 27/01/2017
A partire dalla sentenza n. 16 del 1978, la giurisprudenza costituzionale ha individuato quattro distinti complessi di ragioni di inammissibilità del referendum abrogativo, ritenendo inammissibili: 1) le richieste che incorrono in una delle cause di inammissibilità testualmente indicate dal secondo comma dell'art. 75 Cost. (leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali), la cui interpretazione non deve limitarsi a quella letterale ma deve, invece, essere integrata con quella logico-sistematica, affinché siano sottratte al referendum anche le disposizioni produttive di effetti collegati in modo così stretto all'ambito di operatività delle leggi espressamente indicate dall'art. 75, che la preclusione debba ritenersi sottintesa; 2) quelle aventi ad oggetto una pluralità di domande eterogenee e carenti di una matrice razionalmente unitaria; 3) quelle aventi ad oggetto non un atto avente forza di legge ordinaria, ma la Costituzione, le leggi di revisione costituzionale, le altre leggi costituzionali di cui all'art. 138 Cost.; 4) quelle aventi ad oggetto le disposizioni legislative ordinarie a contenuto costituzionalmente obbligato. ( Precedente citato: sentenza n. 16 del 1978 ). Il carattere "costituzionalmente rilevante" della disciplina oggetto di richiesta abrogativa non assurge a valore discriminante in sede di vaglio di ammissibilità di un quesito referendario.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 75
- Costituzione-Art. 138
Pronuncia 118/2015Depositata il 25/06/2015
È costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 5, 114, 138 e 139 Cost., la legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 16, che prevede l'indizione di un referendum consultivo avente, come quesito, l'indipendenza del Veneto. Sebbene l'ordinamento repubblicano riconosce i principi di pluralismo sociale e istituzionale e l'autonomia territoriale, questi non possono essere estremizzati fino alla frammentazione dell'ordinamento e non possono essere invocati a giustificazione di iniziative volte a interpellare gli elettori, sia pure a scopo meramente consultivo, su prospettive di secessione in vista della istituzione di un nuovo soggetto sovrano. Il referendum anzidetto, quindi, non solo riguarda scelte fondamentali di livello costituzionale, come tali precluse ai referendum regionali, ma suggerisce sovvertimenti istituzionali radicalmente incompatibili con i fondamentali principi di unità e indivisibilità della Repubblica. (Restano assorbiti gli altri motivi di ricorso). Sull'impugnazione di una legge regionale, da parte dello Stato, a prescindere dalla produzione di effetti concreti e dalla realizzazione di conseguenze pratiche, v., ex plurimis , le citate sentenze 45/2011, 407/2002 e 332/1998. Sulle questioni sulle quali la Regione può attivare la partecipazione delle popolazioni del proprio territorio tramite referendum consultivo, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 496/2000, 470/1992 e 256/1989. Sulla disciplina dei referendum regionali, v. ex plurimis , le citate sentenze nn. 81/2015, 64/2015, 81/2012, 379/2004 e 372/2004. Sul rapporto tra statuto regionale e leggi regionali, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 188/2011 e 4/2010. Sull'impossibilità, per i referendum regionali, di coinvolgere scelte di livello costituzionale, v., ex plurimis , la citata sentenza n. 365/2007.
Norme citate
- legge della Regione Veneto-Art.
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 114
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 138
- Costituzione-Art. 139
- Costituzione-Art. 81
Pronuncia 118/2015Depositata il 25/06/2015
È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 26 e 27 dello Statuto della Regione Veneto e, dunque, dell'art. 123 Cost., l'art. 2, comma 1, numeri 2) e 3), della legge regionale 19 giugno 2014, n. 15, che prevedono un referendum consultivo con quesiti diretti a realizzare un assetto finanziario in cui i tributi riscossi sul territorio regionale, o versati dai cittadini veneti, sarebbero trattenuti almeno per l'ottanta per cento dalla regione e, nella parte incamerata dalla amministrazione centrale, dovrebbero essere utilizzati almeno per l'ottanta per cento nel territorio regionale in termini di beni e servizi. Il referendum e le conseguenti iniziative prospettano, quindi, la distrazione di una cospicua percentuale della finanza pubblica generale, per indirizzarla ad esclusivo vantaggio della Regione e dei suoi abitanti. I due quesiti - interferendo palesemente con la materia tributaria - contrastano con lo statuto regionale che, in armonia con la Costituzione, non ammette referendum consultivi attinenti a leggi tributarie. (Restano assorbiti gli ulteriori profili di illegittimità costituzionale). Sulla violazione dei principi costituzionali in tema di coordinamento della finanza pubblica, v., ex plurimis , le citate sentenze nn. 6/2015, 12/2014, 12/1995 e 2/1994.
Norme citate
- legge della Regione Veneto-Art. 2, comma 1
- legge della Regione Veneto-Art. 2, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 123
- Costituzione-Art. 3
- statuto regione Veneto-Art. 26
- statuto regione Veneto-Art. 27
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 116
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 119
- Costituzione-Art. 138
- Costituzione-Art. 75
Pronuncia 118/2015Depositata il 25/06/2015
Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, comma 2, 3 e 4 della legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 15 - impugnati, in riferimento agli artt. 3, 5, 116, 117, 119, 123 e 138 Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri - la quale prevede un referendum consultivo avente ad oggetto l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alla Regione. Atteso che il quesito diretto agli elettori risulta legittimo, ne consegue che non può essere censurata per intero la legge regionale poiché permane la necessità di salvaguardare le residue disposizioni contenute nella stessa, trattandosi di disposizioni strumentali all'attuazione del referendum.
Norme citate
- legge della Regione Veneto-Art. 1
- legge della Regione Veneto-Art. 2, comma 2
- legge della Regione Veneto-Art. 2, comma 3
- legge della Regione Veneto-Art. 2, comma 4
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 116
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 119
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 138
- statuto regione Veneto-Art. 26
- statuto regione Veneto-Art. 27
- Costituzione-Art. 123
Pronuncia 50/2015Depositata il 26/03/2015
Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale - promosse dalle Regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia, in riferimento agli artt. 1, 3, 5, 48, 114, 117, commi primo, secondo, lett. p ), terzo e quarto, 118, 119, 120, 123, primo comma, 133, commi primo e secondo, 136 e 138 Cost. - dei commi 5, 7, 8, 9, 10, 11, lett. b ) e c ), 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 25, 42 e 48 nonché, nei sensi di cui in motivazione, del comma 6, dell'art. 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni). La mancata espressa previsione della "istituzione delle città metropolitane" nell'ambito di materia riservato alla legislazione esclusiva dello Stato dall'art. 117, secondo comma, lett. p ), Cost. (che contempla la "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane") non ne comporta l'automatica attribuzione alla competenza regionale residuale, di cui al successivo quarto comma. Argomentando a contrario , si dovrebbe pervenire, per assurdo, alla conclusione che la singola Regione sarebbe legittimata a fare ciò che lo Stato "non potrebbe fare", in un ambito che verosimilmente non può considerarsi di competenza regionale residuale, poiché la Città metropolitana è ente di rilevanza nazionale ed anche sovranazionale ai fini dell'accesso a specifici fondi comunitari. D'altro canto, le Città metropolitane istituite dalla legge n. 56 del 2014 sono destinate a subentrare integralmente alle omonime Province esistenti, la cui istituzione è di competenza statale. Inoltre, il legislatore statale ha inteso realizzare una significativa riforma di sistema della geografia istituzionale della Repubblica, in vista di una semplificazione dell'ordinamento degli enti territoriali, senza arrivare alla soppressione di quelli previsti in Costituzione. Ciò giustifica la mancata applicazione delle puntuali regole procedurali contenute nell'art. 133 Cost., essendo stato rispettato il principio, ivi espresso, del necessario coinvolgimento delle popolazioni locali interessate, anche se con forme diverse e successive, al fine di consentire l'avvio della riforma in condizioni di omogeneità sull'intero territorio nazionale. Anche il modello di governo di secondo grado adottato dalla suddetta legge per le neo istituite Città metropolitane supera il vaglio di costituzionalità, poichè la natura costituzionalmente necessaria degli enti previsti dall'art. 114 Cost. come "costitutivi della Repubblica" ed il carattere autonomistico ad essi impresso dall'art. 5 Cost. non implicano l'automatica indispensabilità che gli organi di governo di tutti questi enti siano direttamente eletti. D'altra parte, la materia "legislazione elettorale" delle Città metropolitane - devoluta alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lett. p ), Cost. - non si riferisce specificatamente ed esclusivamente ad un procedimento di elezione diretta, attesa anche la natura polisemantica dell'espressione usata dal Costituente, come tale riferibile a diversi modelli di "legislazione elettorale". Infine, non sussiste la denunciata incompatibilità della normativa de qua con l'art. 3, comma 2, della Carta europea dell'autonomia locale, nella parte in cui quest'ultima prevederebbe che almeno uno degli organi collegiali sia ad elezione popolare diretta. Invero, la norma sovranazionale, nel richiedere che i membri delle assemblee siano "freely elected", ha sì un rilievo centrale quale garanzia della democraticità del sistema delle autonomie locali, ma va intesa nel senso sostanziale dell'esigenza di una effettiva rappresentatività dell'organo rispetto alle comunità interessate. In questa prospettiva, non è esclusa la possibilità di una elezione indiretta, purchè siano previsti meccanismi alternativi che comunque permettano di assicurare una reale partecipazione dei soggetti portatori degli interessi coinvolti. Tali meccanismi, nella specie, sussistono, essendo imposta la sostituzione di coloro che sono componenti " ratione muneris " dell'organo indirettamente eletto, quando venga meno il munus . - Per l'affermazione che il termine "sovranità" non è riconducibile al concetto di sovranità popolare, di cui al secondo comma dell'art. 1 Cost., né agli istituti di democrazia diretta e al sistema rappresentativo che si esprime anche nella diretta partecipazione popolare nei diversi enti territoriali, v. la citata sentenza n. 365/2007. - Per la non totale equiparazione tra i diversi livelli di governo territoriale, v. la citate sentenze nn. 365/2007, 274/2003 e la citata ordinanza n. 144/2009. - Per l'affermazione che un meccanismo elettivo di secondo grado è pienamente compatibile con il principio democratico e con quello autonomistico, poichè il carattere rappresentativo ed elettivo degli organi di governo del territorio non viene meno in caso di elezioni di secondo grado, "che, del resto, sono prevedute dalla Costituzione proprio per la più alta carica dello Stato", v. la citata sentenza n. 96/1968. - Sulla natura della Carta europea dell'autonomia locale di documento di mero indirizzo, v. la citata sentenza n. 325/2010.
Norme citate
- legge-Art. 1, comma 5
- legge-Art. 1, comma 6
- legge-Art. 1, comma 7
- legge-Art. 1, comma 8
- legge-Art. 1, comma 9
- legge-Art. 1, comma 10
- legge-Art. 1, comma 11
- legge-Art. 1, comma 12
- legge-Art. 1, comma 13
- legge-Art. 1, comma 14
- legge-Art. 1, comma 15
- legge-Art. 1, comma 16
- legge-Art. 1, comma 17
- legge-Art. 1, comma 18
- legge-Art. 1, comma 19
- legge-Art. 1, comma 21
- legge-Art. 1, comma 22
- legge-Art. 1, comma 25
- legge-Art. 1, comma 42
- legge-Art. 1, comma 48
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 1
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 114
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 118
- Costituzione-Art. 119
- Costituzione-Art. 120
- Costituzione-Art. 123
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 133
- Costituzione-Art. 133
- Costituzione-Art. 136
- Costituzione-Art. 138
- Carta europea dell'autonomia locale-Art. 3
- Carta europea dell'autonomia locale-Art. 9
Pronuncia 50/2015Depositata il 26/03/2015
Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale - promosse dalle Regioni Lombardia, Veneto, Campania e Puglia, in riferimento agli artt. 1, 3, 5, 48, 97, 114, 117, commi primo, secondo, lett, p ), terzo e quarto, 118, secondo comma, 119, 120, 123, primo comma, 133, commi primo e secondo, 136 e 138 Cost. - dei commi da 54 a 83 dell'art. 1 della legge 7 aprile 2014, n. 56 (Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni), che disciplinano il nuovo modello ordinamentale delle Province, in attesa che giunga a definitiva approvazione il progetto di legge costituzionale che ne prevede la futura soppressione e conseguente eliminazione dal novero degli enti autonomi riportati nell'art. 114 Cost. In primo luogo, non è pertinente il richiamo all'art. 138 Cost., in quanto il procedimento ivi disciplinato è obbligatorio nel solo caso di soppressione delle Province, e non anche in quello di riordino dell'ente medesimo. Inoltre, come per le Città metropolitane, le censure relative al modello di governo di secondo grado, parimenti adottato per il riordinato ente Provincia, non sono condivisibili sia poiché la natura costituzionalmente necessaria ed il carattere autonomistico di tali enti non implica la necessaria diretta elettività dei relativi organi di governo, sia perché, in ogni caso, spetta alla competenza dello Stato - nella materia "legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di [...] province" (art. 117, secondo comma, lett. p ), Cost.) - ogni altro denunciato aspetto disciplinatorio. Quanto, infine, alla proroga del commissariamento delle Province, la stessa non è sine die , in quanto per quelle già oggetto di commissariamento, il commissario, a partire dal 1° luglio 2014, muta natura, dando vita, pur nella coincidenza della persona fisica, ad un organo diverso che, privo dei poteri commissariali, è chiamato a garantire, a titolo gratuito, la gestione della fase transitoria dell'ente solo "per l'ordinaria amministrazione e per gli atti urgenti ed indifferibili". - Per l'obbligatorietà delle procedure previste dall'art. 138 Cost., v. la citata sentenza n. 220/2013.
Norme citate
- legge-Art. 1, comma 54
- legge-Art. 1, comma 55
- legge-Art. 1, comma 56
- legge-Art. 1, comma 57
- legge-Art. 1, comma 58
- legge-Art. 1, comma 60
- legge-Art. 1, comma 61
- legge-Art. 1, comma 62
- legge-Art. 1, comma 63
- legge-Art. 1, comma 64
- legge-Art. 1, comma 65
- legge-Art. 1, comma 67
- legge-Art. 1, comma 69
- legge-Art. 1, comma 70
- legge-Art. 1, comma 71
- legge-Art. 1, comma 72
- legge-Art. 1, comma 73
- legge-Art. 1, comma 74
- legge-Art. 1, comma 75
- legge-Art. 1, comma 76
- legge-Art. 1, comma 77
- legge-Art. 1, comma 78
- legge-Art. 1, comma 79
- legge-Art. 1, comma 81
- legge-Art. 1, comma 83
- legge-Art. 1, comma 59
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 1
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 5
- Costituzione-Art. 48
- Costituzione-Art. 97
- Costituzione-Art. 114
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 117
- Costituzione-Art. 123
- Costituzione-Art. 118
- Costituzione-Art. 119
- Costituzione-Art. 120
- Costituzione-Art. 133
- Costituzione-Art. 136
- Costituzione-Art. 133
- Carta europea dell'autonomia locale-Art. 3
- Costituzione-Art. 138
- Carta europea dell'autonomia locale-Art. 9
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.