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Pronuncia 169/2021

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge 27 febbraio 2015, n. 18 (Disciplina della responsabilità civile dei magistrati), promossi dal Giudice istruttore del Tribunale ordinario di Salerno con due ordinanze del 29 giugno e del 13 agosto 2020, iscritte, rispettivamente, al n. 141 del registro ordinanze 2020 e al n. 13 del registro ordinanze 2021 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2020 e n. 7, prima serie speciale, dell'anno 2021. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 28 aprile 2021 il Giudice relatore Franco Modugno; deliberato nella camera di consiglio del 27 maggio 2021.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge 27 febbraio 2015, n. 18 (Disciplina della responsabilità civile dei magistrati), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 101, secondo comma, 104, primo comma, e 108 della Costituzione, dal Giudice istruttore del Tribunale ordinario di Salerno con le ordinanze indicate in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 maggio 2021. F.to: Giancarlo CORAGGIO, Presidente Franco MODUGNO, Redattore Filomena PERRONE, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2021. Il Cancelliere F.to: Filomena PERRONE

Relatore: Franco Modugno

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CORAGGIO

Massime

Giudice rimettente - Giudice istruttore nell'ambito del giudizio per il risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio della funzione giurisdizionale - Legittimazione a censurare la norma che impone l'obbligo di trasmissione degli atti al titolare dell'azione disciplinare - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per difetto di legittimazione del giudice a quo , formulata nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, della legge n. 117 del 1988, come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge n. 18 del 2015. Benché le cause previste dalla legge n. 117 del 1988 siano devolute al tribunale in composizione collegiale (art. 50- bis , primo comma, n. 7, cod. proc. civ.), non è implausibile la tesi del rimettente secondo la quale - una volta svincolata dal vaglio di ammissibilità e collegata alla semplice proposizione della domanda risarcitoria - la trasmissione degli atti al titolare dell'azione disciplinare dovrebbe essere disposta dal giudice istruttore, in quanto assegnatario del procedimento, donde la sua legittimazione a censurare, sul piano della legittimità costituzionale, la norma dalla quale il relativo obbligo deriva. Secondo costante giurisprudenza costituzionale, nei giudizi civili attribuiti al tribunale in composizione collegiale, il giudice istruttore non può sollevare questioni di legittimità costituzionale delle norme da applicare per la definizione della controversia, la cui identificazione e valutazione spetta al collegio, ma può bene sollevare questioni relative a norme che egli stesso debba applicare per adottare provvedimenti attribuiti alla sua competenza. ( Precedenti citati: sentenze n. 204 del 1997 e n. 84 del 1996; ordinanze n. 266 del 2014, n. 552 del 2000 e n. 295 del 1996 ).

Norme citate

  • legge-Art. 9, comma 1
  • legge-Art. 6, comma 1

Prospettazione della questione incidentale - Motivazione plausibile del rimettente sulla rilevanza - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per difetto di rilevanza, formulata nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, della legge n. 117 del 1988, come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge n. 18 del 2015. Benché il giudice istruttore non abbia alcuna competenza rispetto all'azione disciplinare nei confronti dei magistrati, nella prospettiva ermeneutica del rimettente la rimozione dell'obbligo di esercizio dell'azione disciplinare per i fatti che hanno dato causa all'azione di risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio della funzione giurisdizionale travolgerebbe automaticamente anche l'obbligo - ad esso "servente" - di trasmissione degli atti al procuratore generale presso la Corte di cassazione, posto altrimenti a carico del rimettente stesso. ( Precedenti citati: sentenze n. 96 del 2020 e n. 109 del 2017 ).

Norme citate

  • legge-Art. 9, comma 1
  • legge-Art. 6, comma 1

Prospettazione della questione incidentale - Individuazione del petitum - Sufficiente chiarezza del tipo di intervento richiesto alla Corte costituzionale - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per equivocità e inadeguatezza del petitum , formulata nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, della legge n. 117 del 1988, come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge n. 18 del 2015. Sia dal dispositivo, sia dal tenore complessivo delle ordinanze di rimessione, emerge con chiarezza come il giudice a quo non intenda affatto riesumare il vecchio istituto del c.d. filtro di ammissibilità dell'azione risarcitoria per i danni cagionati nell'esercizio della funzione giurisdizionale. Quel che il rimettente chiede è l'ablazione pura e semplice dell'obbligo di esercizio dell'azione disciplinare delineato dalla norma censurata e, conseguentemente, dell'obbligo di trasmissione degli atti ad esso strumentale. ( Precedente citato: sentenza n. 164 del 2017 ).

Norme citate

  • legge-Art. 9, comma 1
  • legge-Art. 6, comma 1

Responsabilità civile - Responsabilità dei magistrati per i danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie - Obbligo di trasmissione degli atti della causa civile per danni al Procuratore generale presso la Corte di cassazione per l'esercizio dell'azione disciplinare (abolizione del c.d. "filtro di ammissibilità") - Denunciata irragionevolezza, disparità di trattamento, violazione dei principi di soggezione del giudice solo alla legge, nonché di autonomia, indipendenza, terzietà e imparzialità della magistratura, sia ordinaria sia delle giurisdizioni speciali - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Giudice istruttore del Tribunale di Salerno in riferimento agli artt. 3, 101, secondo comma, 104, primo comma, e 108 Cost. - dell'art. 9, comma 1, della legge n. 117 del 1988, come modificato dall'art. 6, comma 1, della legge n. 18 del 2015, nella parte in cui - secondo l'unica interpretazione che il rimettente ricava non implausibilmente dal disposto della norma censurata - impone al tribunale investito dell'azione contro lo Stato per il risarcimento dei danni conseguenti a condotte o provvedimenti di un magistrato di trasmettere immediatamente copia degli atti al Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al fine dell'obbligatorio esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del magistrato per i fatti che hanno dato causa alla domanda risarcitoria. L'obbligo di trasmissione degli atti non lede i valori costituzionali evocati, giacché - alla luce di una interpretazione sistematica che tenga conto della ratio della riforma di cui alla legge n. 18 del 2015, che ha abolito il c.d. "filtro di ammissibilità" e della disciplina di riferimento - la norma censurata non impone al Procuratore generale presso la Corte di cassazione l'indefettibile esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del magistrato per la mera proposizione della domanda risarcitoria. Poiché i presupposti per l'esercizio, sia pure obbligatorio, dell'azione disciplinare non sono stati rivisitati dalla modifica della legge n. 117 del 1988, da un lato il suo promovimento richiede l'acquisizione della notizia circostanziata di un fatto riconducibile ad una delle ipotesi tipiche previste dalla legge, e non può fondarsi sulla semplice notizia della pendenza di una causa risarcitoria; dall'altro lato, ove pure la domanda risarcitoria presenti le caratteristiche di una notizia circostanziata di illecito disciplinare, ciò non esclude la necessità di svolgere accertamenti predisciplinari, intesi a verificare che quella notizia abbia una qualche consistenza e non attenga, altresì, a un fatto di scarsa rilevanza, ai sensi dell'art. 3-bis del d.lgs. n. 109 del 2006.

Norme citate

  • legge-Art. 9, comma 1
  • legge-Art. 6, comma 1