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Pronuncia 122/2017

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettere a) e c), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto, nel procedimento di sorveglianza a carico di E. C., con ordinanza del 29 aprile 2016, iscritta al n. 108 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio dell'8 febbraio 2017 il Giudice relatore Franco Modugno.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettere a) e c), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevate, in riferimento agli artt. 15, 21, 33, 34 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 3 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 2017. F.to: Paolo GROSSI, Presidente Franco MODUGNO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 26 maggio 2017. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Franco Modugno

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: GROSSI

Massime

Interpretazione della norma censurata - Orientamento interpretativo più volte affermato dalla Cassazione - Valore di diritto vivente - Facoltà del giudice di chiederne lo scrutinio di legittimità costituzionale, anziché adottare una diversa interpretazione Secundum constitutionem - Sussistenza - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità basata sull'assunto che le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e c), della legge n. 354 del 1975 sollevate dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto mirerebbero ad "aggirare" l'orientamento, affermatosi nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui la normativa censurata legittima l'amministrazione penitenziaria a vietare ai detenuti in regime speciale di ricevere dall'esterno e di inviare all'esterno libri e periodici. Il rimettente ha preso atto che tale orientamento interpretativo è incontestabilmente consolidato come "diritto vivente", sicché non gli è rimproverabile di non aver optato per una diversa interpretazione secundum constitutionem (da lui stesso in precedenza sperimentata senza successo), atteso che il relativo onere sussiste solo in assenza di un contrario "diritto vivente". ( Precedente citato: sentenza n. 113 del 2015 ). Secondo la giurisprudenza costituzionale, in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo - se pure è libero di non uniformarvisi e di proporre una diversa esegesi del dato normativo, essendo la "vivenza" di una norma una vicenda per definizione aperta, ancor più quando si tratti di adeguarne il significato a precetti costituzionali - ha alternativamente la facoltà di assumere l'interpretazione censurata in termini di "diritto vivente" e di richiederne, su tale presupposto, il controllo di compatibilità con i parametri costituzionali. ( Precedenti citati: sentenze n. 200 del 2016, n. 126 del 2015 e n. 242 del 2014; ordinanza n. 191 del 2013 ).

Norme citate

  • legge-Art. 41 BIS, comma 2
  • legge-Art. 41 BIS, comma 2

Ordinamento penitenziario - Detenuti in regime speciale - Misure limitative adottabili nei loro confronti dall'amministrazione penitenziaria - Divieto di inviare all'esterno e di ricevere dall'esterno libri e riviste a stampa - Denunciata violazione della libertà di manifestazione del pensiero e del diritto allo studio - Insussistenza - Incidenza della misura non sul diritto ad acquisire le pubblicazioni, ma sulle modalità di acquisizione - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e c), della legge n. 354 del 1975, censurato dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto - in riferimento agli artt. 21, 33 e 34 Cost. - nella parte in cui, secondo il "diritto vivente", consente all'amministrazione penitenziaria (anziché nei singoli casi all'autorità giudiziaria, nelle forme e in base ai presupposti di cui all'art. 18-ter ordin. penit.) di adottare, nei confronti dei detenuti in regime speciale, il divieto di ricevere dall'esterno e di spedire all'esterno libri e riviste a stampa. L'adozione di tale misura non viola la libertà di manifestazione del pensiero (intesa nel suo significato passivo di diritto di essere informati) né il diritto allo studio, poiché non limita il diritto dei detenuti in regime speciale a ricevere e a tenere con sé le pubblicazioni di propria scelta, ma incide solo sulle modalità attraverso le quali dette pubblicazioni possono essere acquisite, imponendo di servirsi esclusivamente dell'istituto penitenziario, onde evitare che il libro o la rivista si trasformi in un veicolo di comunicazioni occulte con l'esterno, di problematica rilevazione da parte del personale addetto al controllo. Né gli eventuali inconvenienti che potrebbero derivare dalla "burocratizzazione" del canale di acquisizione delle pubblicazioni compromettono in misura costituzionalmente apprezzabile i diritti in questione, trovando in ogni caso ragionevole giustificazione alla luce delle esigenze poste a base del regime speciale. Fermo restando che l'anzidetta misura, nella sua concreta operatività, non deve tradursi in una negazione surrettizia del diritto (attraverso lungaggini e "barriere di fatto", su cui il magistrato di sorveglianza potrà esercitare la sua funzione di controllo), l'eventuale vulnus dei diritti del detenuto comunque non deriverebbe dalla norma, ma dalla sua non corretta applicazione, estranea al sindacato di legittimità costituzionale. ( Precedenti citati: sentenze n. 143 del 2013 e n. 376 del 1997; ordinanze n. 417 del 2004 e n. 192 del 1998, sulle finalità dello speciale regime ex art. 41-bis, comma 2; sentenze n. 112 del 1993, n. 826 del 1988 e n. 148 del 1981, sul diritto di essere informati ). In ordine al diritto dei detenuti di conoscere liberamente le manifestazioni di pensiero che circolano nella società esterna, la sua tutela - tanto costituzionale (art. 21 Cost.) quanto legislativa (artt. 18, sesto comma, e 18-ter, comma 1, lett. a, ordin. penit.) - è riferita alla facoltà del detenuto di scegliere con piena libertà i testi con i quali informarsi, senza che l'autorità amministrativa possa esercitare su essi una censura, restando invece indifferenti i mezzi mediante i quali gli viene garantito il diritto di entrare in possesso delle pubblicazioni desiderate. Analogo discorso vale, mutatis mutandis, per il diritto allo studio, che trova specifico riconoscimento in ambito penitenziario, quale componente primaria del percorso rieducativo del detenuto (artt. 19 ordin. penit., 41 e seguenti del d.P.R. n. 230 del 2000).

Norme citate

  • legge-Art. 41 BIS, comma 2
  • legge-Art. 41 BIS, comma 2

Corrispondenza (libertà e segretezza della) - Libertà di comunicazione - Valore integrativo del fondamentale principio di inviolabilità della persona.

La libertà di comunicazione rappresenta - al pari della libertà di domicilio (art. 14 Cost.) - una integrazione e una precisazione del fondamentale principio di inviolabilità della persona, sancito dall'art. 13 Cost., in quanto espressione della "socialità" dell'essere umano, ossia della sua naturale aspirazione a collegarsi spiritualmente con i propri simili.

Ordinamento penitenziario - Detenuti in regime speciale - Misure limitative adottabili nei loro confronti dall'amministrazione penitenziaria - Divieto di inviare all'esterno e di ricevere dall'esterno libri e riviste a stampa - Denunciata violazione delle garanzie a tutela della libertà della corrispondenza - Insussistenza - Limitazione non lesiva della libertà riconosciuta al detenuto di comunicare tramite la corrispondenza epistolare - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e c), della legge n. 354 del 1975, censurato dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto - in riferimento all'art. 15 Cost. - nella parte in cui, secondo il "diritto vivente", consente all'amministrazione penitenziaria (anziché nei singoli casi all'autorità giudiziaria, nelle forme e in base ai presupposti di cui all'art. 18-ter ordin. penit.) di adottare, nei confronti dei detenuti in regime speciale, il divieto di ricevere dall'esterno e di spedire all'esterno libri e riviste a stampa. Anche ammettendo, a fronte dell'ampia formula dell'art. 15 Cost., che le comunicazioni siano da esso protette a prescindere dal mezzo materiale impiegato per la trasmissione del pensiero (e, dunque, anche se effettuate "in forma reale", ossia tramite lo scambio di oggetti "significanti", quali sarebbero, secondo il rimettente, le pubblicazioni a stampa, ma potrebbe essere qualsivoglia altro oggetto), la libertà di corrispondenza del detenuto è riconosciuta dall'ordinamento penitenziario - in coerenza con la condizione di legittima restrizione della libertà personale in cui egli versa - in quanto sia esplicata attraverso gli ordinari strumenti di comunicazione (in particolare, la corrispondenza epistolare, pur con le modalità e i controlli per essa previsti), e non anche nella forma anomala dello scambio diretto o per posta di oggetti aventi un significato convenzionale o estemporaneamente vicari dell'usuale supporto cartaceo. A tale prospettiva - correlata alle limitazioni imposte ai colloqui diretti con persone esterne all'ambiente carcerario e alla possibilità di ricevere e scambiare oggetti - resta palesemente estraneo il concorrente riconoscimento, ad opera degli artt. 18 e 18-ter ordin. penit., del diritto dei detenuti di ricevere (anche a mezzo posta) e di tenere con sé la stampa in libera vendita all'esterno, in quanto strumento per l'esercizio dei distinti diritti di informazione e di studio e non in quanto forma di corrispondenza nei sensi ipotizzati dal rimettente. (Precedente citato: sentenza n. 20 del 2017, sulla libertà di corrispondenza epistolare dei detenuti, salvi i limiti connessi alla necessità di affidarsi all'amministrazione penitenziaria per lo smistamento della posta). La legittima restrizione della libertà personale, cui è sottoposta la persona detenuta e che trova alla sua base un provvedimento giurisdizionale, non annulla affatto la tutela costituzionale dei diritti fondamentali, ma si riverbera inevitabilmente, in modo più o meno significativo, sulle modalità di esercizio delle altre libertà (tra cui quella di comunicazione) costituzionalmente alla prima collegate. Chi si trova in stato di detenzione, pur privato della maggior parte della sua libertà, ne conserva sempre un residuo, che è tanto più prezioso in quanto costituisce l'ultimo ambito nel quale può espandersi la sua libertà individuale, e il cui esercizio, proprio per questo, non può essere rimesso alla discrezionalità dell'autorità amministrativa preposta all'esecuzione della pena detentiva. La tutela dei diritti costituzionali del detenuto opera, pur tuttavia, con le limitazioni che lo stato di detenzione necessariamente comporta. ( Precedenti citati: sentenze n. 20 del 2017, n. 26 del 1999, n. 212 del 1997 e n. 349 del 1993 ).

Norme citate

  • legge-Art. 41 BIS, comma 2
  • legge-Art. 41 BIS, comma 2

Parametri costituzionali

Ordinamento penitenziario - Detenuti in regime speciale - Misure limitative adottabili nei loro confronti dall'amministrazione penitenziaria - Divieto di inviare all'esterno e di ricevere dall'esterno libri e riviste a stampa - Denunciata violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti nonché del diritto alla vita privata e familiare e alla segretezza della corrispondenza, sanciti dalla CEDU - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a) e c), della legge n. 354 del 1975, censurato dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto - in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 3 e 8 CEDU - nella parte in cui, secondo il "diritto vivente", consente all'amministrazione penitenziaria (anziché nei singoli casi all'autorità giudiziaria, nelle forme e in base ai presupposti di cui all'art. 18-ter ordin. penit.) di adottare, nei confronti dei detenuti in regime speciale, il divieto di ricevere dall'esterno e di spedire all'esterno libri e riviste a stampa. In presenza di una immutata libertà di corrispondenza epistolare e di scelta dei testi con cui informarsi e istruirsi, la predetta misura non determina livelli di sofferenza e di svilimento della persona tali da integrare violazione del divieto dei trattamenti inumani o degradanti sancito dall'art. 3 della CEDU, il cui carattere assoluto renderebbe comunque incongruo - ai fini della legittimità convenzionale della misura in esame - l'auspicato intervento del giudice. Quanto all'evocato art. 8 della CEDU, la limitazione dei canali di ricezione della stampa e il divieto di trasmetterla all'esterno non solo non incidono affatto sulla segretezza della corrispondenza del detenuto (diversamente dal visto di controllo), ma neppure violano il diritto al rispetto della vita privata e familiare, poiché non comprimono la libertà di corrispondere a mezzo posta riconosciuta ai detenuti tramite l'ordinaria corrispondenza epistolare, utilizzando la quale essi possono continuare ad intrattenere relazioni affettive con i familiari. Né a diversa conclusione condurrebbe il ritenere che, nella prospettiva della CEDU, la misura in esame configuri un'ingerenza sul diritto al rispetto della vita familiare del detenuto, atteso che il potere dell'amministrazione penitenziaria di adottarla ha una base legale (identificata dal "diritto vivente" nell'art. 41-bis, comma 2-quater, lett. a e c, ordin. penit.); che la durata della misura si modella su quella propria del regime speciale cui accede; che le sue finalità rientrano nel novero degli scopi legittimi previsti dal par. 2 dell'art. 8 della CEDU; e che sussiste il requisito della proporzionalità rispetto allo scopo, già ravvisato dalla Corte di Strasburgo rispetto a restrizioni, anch'esse legate al regime detentivo speciale, ben più incisive, come quelle inerenti ai colloqui personali con i familiari.

Norme citate

  • legge-Art. 41 BIS, comma 2
  • legge-Art. 41 BIS, comma 2

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 117
  • Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 3
  • Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 8