Pronuncia 150/2021

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici : Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), e dell'art. 595, terzo comma, del codice penale, promossi dal Tribunale ordinario di Salerno, sezione seconda penale, con ordinanza del 9 aprile 2019 e dal Tribunale ordinario di Bari, sezione prima penale, con ordinanza del 16 aprile 2019, iscritte, rispettivamente, ai numeri 140 e 149 del registro ordinanze 2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, numeri 38 e 40, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visto l'atto di costituzione di P. N., nonché gli atti di intervento del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti (CNOG) e del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 2021 il Giudice relatore Francesco Viganò; uditi gli avvocati Francesco Paolo Chioccarelli per P. N. e Giuseppe Vitiello per il CNOG, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021, e gli avvocati dello Stato Maurizio Greco e Salvatore Faraci per il Presidente del Consiglio dei ministri; deliberato nella camera di consiglio del 22 giugno 2021.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa); 2) dichiara l'illegittimità costituzionale, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), dell'art. 30, comma 4, della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato); 3) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 595, terzo comma, del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 21 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), dal Tribunale ordinario di Salerno, sezione seconda penale, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 4) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 595, terzo comma, cod. pen., sollevata, in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost., dal Tribunale di Salerno, sezione seconda penale, con l'ordinanza indicata in epigrafe; 5) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 595, terzo comma, cod. pen., sollevata, in riferimento all'art. 25 Cost., dal Tribunale di Salerno, sezione seconda penale, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 giugno 2021. F.to: Giancarlo CORAGGIO, Presidente Francesco VIGANÒ, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2021. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA

Relatore: Francesco Viganò

Data deposito: Mon Jul 12 2021 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: CORAGGIO

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Massime

Prospettazione della questione incidentale - Motivazione stringata, ma sufficiente, del rimettente - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 595, terzo comma, cod. pen. e 13 della legge n. 47 del 1948, promosso dal Tribunale di Salerno, non è fondata l'eccezione di inammissibilità per insufficiente motivazione sulla rilevanza. Per quanto stringata, la descrizione dei fatti contestati agli imputati (nelle rispettive qualità di autore dell'articolo e di direttore responsabile del quotidiano) compiuta nell'ordinanza di rimessione è sufficiente a comprendere che essi corrispondono alla figura legale del delitto di diffamazione, aggravato ai sensi dell'art. 13 citato. La rilevanza - in via condizionata all'accoglimento delle questioni sollevate sull'art. 13 della legge n. 47 del 1948 - sussiste anche rispetto all'aggravante di cui all'art. 595, terzo comma, cod. pen., che punisce, tra l'altro, la diffamazione compiuta a mezzo della stampa. Per quanto tale aggravante sia destinata, nell'attuale quadro normativo, ad essere assorbita in quella di cui all'indicato art. 13, che si pone rispetto ad essa quale lex specialis , l'auspicato accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale formulate dal rimettente rispetto a quest'ultima disposizione renderebbe nuovamente applicabile, nel caso di specie, l'aggravante generale di cui all'art. 595, terzo comma, cod. pen., in concorso con quella prevista dal secondo comma, con conseguente applicazione, ai fini della commisurazione della pena, dell'art. 63, quarto comma, cod. pen.

Norme citate

Prospettazione della questione incidentale - Ordinanza che rinvia alle ragioni di cui in motivazione per l'individuazione del petitum - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 595, terzo comma, cod. pen. e 13 della legge n. 47 del 1948, promosso dal Tribunale di Salerno, non è fondata l'eccezione di inammissibilità per oscurità del petitum . Il dispositivo dell'ordinanza di rimessione rinvia espressamente alle «ragioni di cui in motivazione»; e dalla motivazione si evince come il rimettente non solleciti in alcun luogo una pronuncia manipolativa sulle pene previste, né una pronuncia additiva in ordine alla delimitazione delle condotte che esse sanzionano; bensì denunci l'incompatibilità tout court con i parametri costituzionali e convenzionali evocati di entrambe le disposizioni censurate, che comminano una pena detentiva per il delitto di diffamazione anche al di fuori dei casi eccezionali in cui tale pena potrebbe essere giustificata. Il petitum dell'ordinanza è, pertanto, interpretabile come diretto alla radicale ablazione di entrambe le disposizioni censurate. Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, l'ordinanza di rimessione delle questioni di legittimità costituzionale non necessariamente deve concludersi con un dispositivo recante altresì un petitum , essendo sufficiente che dal tenore complessivo della motivazione emergano con chiarezza il contenuto ed il verso delle censure. ( Precedenti citati: sentenza n. 123 del 2021, n. 176 del 2019 e n. 175 del 2018 ).

Norme citate

Rilevanza della questione incidentale - Richiesta di estensione della pronuncia di accoglimento anche a norma applicabile a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata in via principale - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, promosso dal Tribunale di Salerno, non è fondata l'eccezione di inammissibilità, secondo cui l'eventuale accoglimento delle questioni formulate a proposito dell'art. 13 non eliminerebbe i profili di denunciata illegittimità costituzionale, dal momento che la pena detentiva resterebbe comunque prevista dall'art. 595 cod. pen. Il rimettente - del tutto coerentemente - estende le questioni anche all'art. 595, terzo comma, cod. pen., che diverrebbe applicabile laddove fosse dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, censurato in prima battuta.

Norme citate

  • legge-Art. 13

Interpretazione della norma censurata - Interpretazione secundum constitutionem - Motivata esclusione da parte del rimettente - Attinenza al merito della relativa motivazione - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 595, terzo comma, cod. pen. e 13 della legge n. 47 del 1948, promosso dal Tribunale di Salerno, non è fondata l'eccezione di inammissibilità per omessa sperimentazione, da parte del rimettente, di un'interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni censurate. Il giudice a quo espressamente esclude di potere interpretare tali disposizioni nel senso dell'applicazione della pena detentiva esclusivamente alle condotte diffamatorie a mezzo stampa che rivestano i caratteri dell'eccezionalità. Quanto poi, in particolare, all'art. 595, terzo comma, cod. pen., che prevede la reclusione soltanto in via alternativa, il rimettente sottolinea come a suo giudizio già la stessa previsione astratta della pena detentiva - e dunque la sua comminazione legislativa - limiti eccessivamente il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, a prescindere dunque dalla decisione del giudice di applicarla o meno nel caso concreto. Se e in che misura queste valutazioni siano condivisibili, attiene al merito, e non all'ammissibilità delle questioni. Ai fini dell'ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale promosse in via incidentale è sufficiente che il giudice abbia esplorato, e consapevolmente scartato, la possibilità di una interpretazione conforme alla Costituzione. ( Precedenti citati: sentenze n. 32 del 2021, n. 32 del 2020 e n. 189 del 2019 ).

Norme citate

Prospettazione della questione incidentale - Adeguata motivazione sulla rilevanza - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, promosso dal Tribunale di Bari, non è fondata l'eccezione d'inammissibilità per difetto di motivazione sulla rilevanza. Il giudice a quo chiarisce infatti che, impregiudicata ogni valutazione circa la sussistenza della responsabilità dell'imputato, il fatto di cui quest'ultimo è accusato consiste nell'avere consentito, nella propria qualità di direttore di un quotidiano, la pubblicazione di un articolo in cui si attribuiva alla persona offesa un fatto determinato, nonostante l'intervenuta assoluzione della stessa persona offesa da ogni addebito con sentenza passata in giudicato. Tanto basta per considerare applicabile nel giudizio principale l'art. 13 indicato.

Norme citate

  • legge-Art. 13

Prospettazione della questione incidentale - Espressa indicazione del petitum - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, promosso dal Tribunale di Bari, non è fondata l'eccezione d'inammissibilità per oscurità del petitum . Esso è espressamente formulato nel dispositivo, e mira univocamente alla modificazione dell'attuale quadro sanzionatorio dell'indicato art. 13, imperniato sulla previsione cumulativa di una pena detentiva e di una pena pecuniaria, in modo tale da rendere alternative le due pene.

Norme citate

  • legge-Art. 13

Prospettazione della questione incidentale - Adeguata motivazione sulla rilevanza - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, promosso dal Tribunale di Bari, non è fondata l'eccezione d'inammissibilità perché l'accoglimento del petitum non eliminerebbe il vizio di illegittimità costituzionale lamentato. Il rimettente, infatti, ritiene che il vizio risieda nell'indefettibilità dell'applicazione della sanzione detentiva, che verrebbe per l'appunto eliminata ove il quadro sanzionatorio fosse modificato nel senso dell'alternatività tra le due pene: ciò che consentirebbe al giudice di evitare di dover irrogare la reclusione, al di fuori dei casi eccezionali in cui tale sanzione sarebbe consentita anche secondo il diritto convenzionale.

Norme citate

  • legge-Art. 13

Interpretazione della norma censurata - Interpretazione secundum constitutionem - Motivata esclusione da parte del rimettente - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, promosso dal Tribunale di Bari, non è fondata l'eccezione d'inammissibilità per omessa sperimentazione di una interpretazione conforme. Il rimettente, infatti, esclude espressamente, con motivazione particolarmente estesa, di poter interpretare la disposizione censurata in modo tale da evitare l'applicazione della pena detentiva, da essa prevista, nelle ipotesi in cui tale pena risulterebbe in contrasto con la giurisprudenza della Corte EDU.

Norme citate

  • legge-Art. 13

Reati e pene - Diffamazione a mezzo stampa aggravata dall'attribuzione di un fatto determinato - Trattamento sanzionatorio - Pena detentiva, congiunta a pena pecuniaria - Violazione del principio della libertà di espressione enunciato dalla CEDU, come interpretato dalla Corte EDU e del diritto di manifestare il proprio pensiero - Illegittimità costituzionale - Necessità di una complessiva riforma della disciplina vigente.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 21 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 10 CEDU, l'art. 13 della legge n. 47 del 1948. La norma censurata dal Tribunale di Salerno - lex specialis rispetto alle due aggravanti previste dall'art. 595 cod. pen., secondo e terzo comma - prevede una circostanza aggravante per il delitto di diffamazione, integrata nel caso in cui la condotta sia commessa col mezzo della stampa e consista nell'attribuzione di un fatto determinato; in tal caso la pena prevista è quella della reclusione da uno a sei anni e della multa non inferiore a euro 258, da applicare in via cumulativa, a meno che non sussistano, nel caso concreto, circostanze attenuanti giudicate prevalenti o, almeno, equivalenti all'aggravante in esame. Proprio l'indefettibilità dell'applicazione della pena detentiva, escluse le ipotesi indicate, rende la disposizione incompatibile con il diritto a manifestare il proprio pensiero; la necessaria irrogazione della sanzione detentiva (indipendentemente poi dalla possibilità di una sua sospensione condizionale, o di una sua sostituzione con misure alternative alla detenzione rispetto al singolo condannato) è divenuta infatti ormai incompatibile con l'esigenza di non dissuadere, per effetto del timore della sanzione privativa della libertà personale, la generalità dei giornalisti dall'esercitare la propria cruciale funzione di controllo sull'operato dei pubblici poteri, anche in considerazione del diritto vivente, che condiziona l'operatività della causa di giustificazione del diritto di cronaca nella sua forma putativa (art. 59, quarto comma, cod. pen.) al requisito dell'assenza di colpa nel controllo delle fonti: ammettendo conseguentemente la responsabilità del giornalista anche nell'ipotesi in cui egli abbia confidato, seppur per un errore evitabile, nella verità del fatto attribuito alla persona offesa. La dichiarazione di illegittimità costituzionale non crea alcun vuoto di tutela al diritto alla reputazione individuale contro le offese arrecate a mezzo della stampa, che continua a essere protetto dal combinato disposto del secondo e del terzo comma dello stesso art. 595 cod. pen., il cui alveo applicativo si riespanderà in seguito alla presente pronuncia. Né la decisione implica che il legislatore debba ritenersi costituzionalmente vincolato a mantenere anche per il futuro una sanzione detentiva per i casi più gravi di diffamazione, anche se resta attuale la necessità di una complessiva riforma della disciplina vigente, allo scopo di individuare complessive strategie sanzionatorie in grado, da un lato, di evitare ogni indebita intimidazione dell'attività giornalistica; e, dall'altro, di assicurare un'adeguata tutela della reputazione individuale contro illegittime - e talvolta maliziose - aggressioni poste in essere nell'esercizio di tale attività. ( Precedenti citati: sentenze n . 242 del 2019 e n. 37 del 2019; ordinanze n. 132 del 2020 e n. 207 del 2018 ). La libertà di stampa è pietra angolare dell'ordine democratico. ( Precedente citato: sentenza n. 84 del 1969 ).

Norme citate

  • legge-Art. 13

Parametri costituzionali

Thema decidendum - Accoglimento della questione di legittimità costituzionale in riferimento a uno dei profili evocati - Assorbimento degli ulteriori profili di censura evocati.

Accolta, per violazione degli artt. 21 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 10 CEDU, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, sotto il profilo della lesione alla libera manifestazione del pensiero, restano assorbiti gli ulteriori profili di censura evocati dal rimettente a proposito della medesima disposizione.

Norme citate

  • legge-Art. 13

Parametri costituzionali

Thema decidendum - Accoglimento della questione di legittimità costituzionale promossa da uno dei rimettenti - Superfluità dell'esame della questione formulata sulla medesima disposizione da altro rimettente.

Accolta, per violazione degli artt. 21 e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 10 CEDU, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge n. 47 del 1948, promossa dal Tribunale di Salerno, si rende superfluo l'esame della questione formulata dal Tribunale di Bari sulla medesima disposizione, mirante a sostituire il regime di cumulatività di reclusione e multa previsto dalla disposizione medesima con un regime di alternatività tra le due sanzioni.

Norme citate

  • legge-Art. 13

Parametri costituzionali

Reati e pene - Diffamazione aggravata perché recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico - Trattamento sanzionatorio - Pena detentiva alternativa a pena pecuniaria - Denunciata violazione del principio della libertà di espressione enunciato dalla CEDU, come interpretato dalla Corte EDU e del diritto di manifestare il proprio pensiero - Non fondatezza delle questioni, nei sensi di cui in motivazione.

Sono dichiarate non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Salerno in riferimento agli artt. 3, 21 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 10 CEDU, dell'art. 595, terzo comma, cod. pen., che configura una circostanza aggravante del delitto di diffamazione, integrata allorché l'offesa sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico. La previsione in via soltanto alternativa della pena detentiva da parte della norma censurata non può ritenersi di per sé in contrasto con la libertà di manifestazione del pensiero. Aggressioni illegittime alla reputazione compiute attraverso la stampa, o attraverso gli altri mezzi di pubblicità cui si riferisce l'art. 595, terzo comma, cod. pen. - la radio, la televisione, le testate giornalistiche online e gli altri siti internet, i social media, e così via -, possono infatti incidere grandemente sulla vita privata, familiare, sociale, professionale, politica delle vittime. E tali danni sono suscettibili, oggi, di essere enormemente amplificati proprio dai moderni mezzi di comunicazione. Questi pregiudizi debbono essere prevenuti dall'ordinamento con strumenti idonei, necessari e proporzionati, nel quadro di un indispensabile bilanciamento con le contrapposte esigenze di tutela della libertà di manifestazione del pensiero, e del diritto di cronaca e di critica in particolare, in modo da schermare il rischio di indebita intimidazione esercitato su chi svolga la professione giornalistica. Tra questi strumenti non può in assoluto escludersi la sanzione detentiva, sempre che la sua applicazione sia limitata ai casi in cui la diffamazione si caratterizzi per la sua eccezionale gravità, tra cui possono annoverarsi i discorsi d'odio e l'istigazione alla violenza, ma anche campagne di disinformazione condotte attraverso la stampa, internet o i social media, caratterizzate dalla diffusione di addebiti gravemente lesivi della reputazione della vittima, e compiute nella consapevolezza da parte dei loro autori della - oggettiva e dimostrabile - falsità degli addebiti stessi.. Al di fuori di quei casi eccezionali, la prospettiva del carcere resterà esclusa per il giornalista, così come per chiunque altro che abbia manifestato attraverso la stampa o altri mezzi di pubblicità la propria opinione; restando aperta soltanto la possibilità che siano applicate pene diverse dalla reclusione, nonché rimedi e sanzioni civili o disciplinari. Pertanto, la disposizione censurata deve essere interpretata nel senso che essa attribuisce al giudice un potere discrezionale che deve essere esercitato tenendo conto dei criteri di commisurazione della pena indicati nell'art. 133 cod. pen., ma anche - e ancor prima - delle indicazioni derivanti dalla Costituzione e dalla CEDU; e ciò anche al fine di evitare la pronuncia di condanne penali che potrebbero successivamente dar luogo a una responsabilità internazionale dello Stato italiano per violazioni della Convenzione. Tale interpretazione consente di escludere anche il contrasto della disposizione censurata con l'art. 3 Cost. ( Precedente citato: sentenza n. 68 del 2017 ). Se è vero che la libertà di espressione - in particolare sub specie di diritto di cronaca e di critica esercitato dai giornalisti - costituisce pietra angolare di ogni ordinamento democratico, non è men vero che la reputazione individuale è del pari un diritto inviolabile, strettamente legato alla stessa dignità della persona. ( Precedente citato: ordinanza n. 132 del 2020 ).

Parametri costituzionali

Reati e pene - Diffamazione aggravata perché recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico - Trattamento sanzionatorio - Pena detentiva alternativa a pena pecuniaria - Denunciata violazione del principio di offensività - Manifesta infondatezza della questione.

È dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 595, terzo comma, cod. pen., sollevata dal Tribunale di Salerno in riferimento all'art. 25 Cost., che configura una circostanza aggravante del delitto di diffamazione, integrata allorché l'offesa sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico. La sanzione detentiva censurata non viola il principio di offensività, perché la diffamazione è delitto tutt'altro che inoffensivo, essendo posto a tutela di un diritto fondamentale, quale la reputazione della persona, di primario rilievo nell'ordinamento costituzionale; mentre il carattere proporzionato o sproporzionato della sanzione comminata dal legislatore per un fatto comunque offensivo deve piuttosto essere vagliato sotto il profilo della sua compatibilità con altri parametri costituzionali, tra cui segnatamente la libertà di manifestazione del pensiero.

Parametri costituzionali

Reati e pene - Diffamazione aggravata perché recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico - Trattamento sanzionatorio - Pena detentiva alternativa a pena pecuniaria - Denunciata violazione del principio di rieducazione della pena - Insussistenza - Non fondatezza della questione.

È dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Tribunale di Salerno in riferimento all'art. 27, terzo comma, Cost., dell'art. 595, terzo comma, cod. pen., che configura una circostanza aggravante del delitto di diffamazione, integrata allorché l'offesa sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico. Il rimettente assume la contrarietà alla CEDU della pena detentiva nelle ipotesi di diffamazione a mezzo stampa, e dunque la sua non irrogabilità in concreto; mai tuttavia, nella giurisprudenza costituzionale, la necessaria finalità rieducativa della pena è stata utilizzata a sostegno di dichiarazioni di illegittimità costituzionale miranti a censurare l'ineffettività di comminatorie edittali rispetto agli stessi scopi preventivi della pena, in considerazione della inapplicabilità della pena in essa prevista. L'evocazione, quale parametro violato, dell'art. 27, terzo comma, Cost., è pertinente nel quadro di censure miranti a denunciare il carattere manifestamente sproporzionato della pena prevista dal legislatore rispetto alla gravità del fatto di reato.

Parametri costituzionali

Reati e pene - Diffamazione commessa attraverso trasmissioni consistenti nell'attribuzione di un fatto determinato - Applicazione delle sanzioni previste da norma dichiarata costituzionalmente illegittima - Illegittimità costituzionale in via consequenziale.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, l'art. 30, comma 4, della legge n. 223 del 1990, il quale prevede che nel caso di reati di diffamazione commessi attraverso trasmissioni consistenti nell'attribuzione di un fatto determinato, si applicano ai soggetti di cui al comma 1 le sanzioni previste dall'art. 13 n. 47 del 1948, in quanto quest'ultimo è stato già dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Norme citate

  • legge-Art. 30, comma 4

Parametri costituzionali

  • legge-Art. 27