Articolo 237 - CODICE CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 131/2022Depositata il 31/05/2022
La carenza di un'adeguata e autonoma illustrazione delle ragioni per le quali la norma censurata integrerebbe una violazione del parametro costituzionale evocato è causa di inammissibilità delle questioni sollevate. ( Precedente: S. 30/2021 - mass. 43625 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte d'appello di Potenza in riferimento agli artt. 2, 3, 29, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, degli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., dell'art. 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939 e degli artt. 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000. Il giudice a quo afferma apoditticamente la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, limitandosi a una sintetica elencazione delle disposizioni costituzionali che si ritengono violate e compendiando tali affermazioni con una lacunosa citazione di stralci della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale).
Norme citate
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 29
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 8
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 14
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
È dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione, l'intervento dell'Associazione Rete per la Parità nel giudizio incidentale di costituzionalità avente ad oggetto la norma (desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939, 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000) che prevede l'automatica attribuzione del cognome paterno al figlio nato in costanza di matrimonio, pur in presenza di una diversa contraria volontà dei genitori. L'interveniente - che non è parte del giudizio a quo - non riveste la posizione di terzo legittimato a partecipare al giudizio incidentale, non essendo quest'ultimo destinato a produrre, nei suoi confronti, effetti immediati e neppure indiretti. Per costante giurisprudenza, la partecipazione al giudizio incidentale di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo , oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale). A tale disciplina è possibile derogare - senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio - soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura. Perché l'intervento sia ammissibile, l'eventuale declaratoria di incostituzionalità della legge deve, quindi, produrre sulla posizione soggettiva degli intervenienti lo stesso effetto che produce sul rapporto oggetto del giudizio a quo . ( Precedenti citati: sentenze n. 76 del 2016, n. 221 del 2015, n. 162 del 2014 e relative ordinanze dibattimentali, n. 293 del 2011, n. 118 del 2011, n. 138 del 2010 e relativa ordinanza dibattimentale; ordinanze n. 240 del 2014, n. 156 del 2013; ordinanze allegate alla sentenza n. 134 del 2013 e all'ordinanza n. 318 del 2013; ordinanza n. 150 del 2012 e relativa ordinanza dibattimentale ).
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
- norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (7/10/2008)-Art. 3
- norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (7/10/2008)-Art. 4
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
Non vi è ragione di dubitare dell'attuale vigenza e forza imperativa della norma in base alla quale il cognome del padre si estende ipso iure al figlio. Sebbene non abbia trovato corpo in una disposizione espressa, essa è presupposta e desumibile dalle disposizioni, regolatrici di fattispecie diverse, individuate dal rimettente (artt. 237, 262 e 299 cod. civ., 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000; nonché, solo a fini esplicativi, art. 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939, abrogato dall'art. 110 del citato d.P.R.), e la sua perdurante immanenza nel sistema, come traduzione in regola dello Stato di un'usanza consolidata nel tempo, è stata già riconosciuta sia dalla giurisprudenza costituzionale, sia dalla giurisprudenza di legittimità. ( Precedenti citati: sentenze n. 61 del 2006 e n. 176 del 1988; ordinanze n. 145 del 2007 e n. 586 del 1988 ).
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
L'estensione ipso iure del cognome del padre al figlio è censurata dalla rimettente Corte d'appello di Genova per la sola parte in cui non consente ai genitori - i quali ne facciano concorde richiesta al momento della nascita - di attribuire al figlio anche il cognome materno. Essendo la Corte chiamata a risolvere la questione come formulata dal rimettente, l'accertamento della illegittimità della norma censurata è, pertanto, limitato alla sola ipotesi in cui sia presente una comune volontà dei coniugi di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
È dichiarata costituzionalmente illegittima - per violazione degli artt. 2, 3 e 29 Cost. - la norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939, 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno. La norma censurata dalla Corte d'appello di Genova, impedendo alla madre di attribuire al figlio, sin dalla nascita, il proprio cognome, e al figlio di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno, pregiudica il diritto all'identità personale del minore e, al contempo, costituisce un'irragionevole disparità di trattamento fra i coniugi, in nessun modo giustificata dalla finalità di salvaguardia dell'unità familiare. La piena ed effettiva realizzazione del diritto all'identità personale - che ha copertura costituzionale assoluta e che nel nome trova il suo primo ed immediato riscontro - e il riconoscimento del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali nel processo di costruzione dell'identità personale impongono l'affermazione del diritto del figlio ad essere identificato, sin dalla nascita, attraverso l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori. La diversità di trattamento dei coniugi nell'attribuzione del cognome ai figli, in quanto espressione di una superata concezione patriarcale della famiglia e dei rapporti fra coniugi, non è compatibile né con il principio di uguaglianza, né con il principio di "eguaglianza morale e giuridica dei coniugi", poiché la perdurante mortificazione del diritto della madre a che il figlio acquisti anche il suo cognome - lungi dal garantire - contraddice, ora come allora, quella finalità di salvaguardia dell'unità familiare (art. 29, secondo comma, Cost.), individuata quale ratio giustificatrice, in generale, di eventuali deroghe alla parità dei coniugi. ( Precedenti citati: ordinanze n. 176 del 1988 e n. 586 del 1988, sulla possibilità per il legislatore di introdurre un criterio di trasmissione del cognome più rispettoso dell'autonomia dei coniugi e capace di conciliare i due principi sanciti dall'art. 29 Cost.; sentenza n. 61 del 2006, sulla incompatibilità della norma in esame con l'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi e sulla sua incoerenza con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna ). Il valore dell'identità della persona, nella pienezza e complessità delle sue espressioni, e la consapevolezza della valenza, pubblicistica e privatistica, del diritto al nome, quale punto di emersione dell'appartenenza del singolo a un gruppo familiare, portano ad individuare nei criteri di attribuzione del cognome del minore profili determinanti della sua identità personale, che si proietta nella sua personalità sociale, ai sensi dell'art. 2 Cost. ( Precedenti citati: sentenze n. 297 del 1996, sul cognome come autonomo segno distintivo della identità personale; sentenze n. 120 del 2001 e n. 268 del 2002, sul cognome come tratto essenziale della personalità; sentenza n. 278 del 2013, sul cognome quale "elemento significativo nel sistema costituzionale di tutela della persona"; Corte EDU 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo c. Italia, secondo cui l'impossibilità per i genitori di attribuire al figlio, alla nascita, il cognome della madre, anziché quello del padre, integra violazione dell'art. 14 - divieto di discriminazione - in combinato disposto con l'art. 8 - diritto al rispetto della vita privata e familiare - della CEDU ). La finalità di salvaguardia dell'unità familiare, di cui all'art. 29, secondo comma, Cost., non giustifica diversità di trattamento dei coniugi, in quanto è proprio l'eguaglianza che garantisce quella unità e, viceversa, è la diseguaglianza a metterla in pericolo, rafforzandosi l'unità nella misura in cui i reciproci rapporti fra i coniugi sono governati dalla solidarietà e dalla parità. ( Precedente citato: sentenza n. 133 del 1970 ).
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
Dichiarata l'illegittimità costituzionale in parte qua della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939, 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, per violazione degli artt. 2, 3 e 29 Cost., rimane assorbita l'ulteriore censura riferita all'art. 117, primo comma, Cost.
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
Pronuncia 61/2006Depositata il 16/02/2006
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 143- bis , 236, 237, secondo comma, 262, 299, terzo comma, del codice civile, e degli artt. 33 e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, censurati, in riferimento agli artt. 2, 3 e 29, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui prevedono che il figlio legittimo acquisti automaticamente il cognome del padre, anche quando vi sia in proposito una diversa volontà dei coniugi, legittimamente manifestata. Infatti, l'intervento che si invoca con l'ordinanza di rimessione richiede una operazione manipolativa esorbitante dai poteri della Corte. Nonostante l'attenzione del rimettente a circoscrivere il petitum , viene comunque lasciata aperta una serie di opzioni, che vanno da quella di rimettere la scelta del cognome esclusivamente alla volontà dei coniugi, ovvero di consentire ai coniugi che abbiano raggiunto un accordo di derogare ad una regola pur sempre valida, a quella di richiedere che la scelta dei coniugi debba avvenire una sola volta, con effetto per tutti i figli, ovvero debba essere espressa all'atto della nascita di ciascuno. Tenuto conto del vuoto di regole che determinerebbe una caducazione della disciplina denunciata, non è ipotizzabile neppure una pronuncia che, accogliendo la questione di costituzionalità, demandi ad un futuro intervento del legislatore la successiva regolamentazione organica della materia. - Nel richiamare i propri precedenti in materia, ossia le ordinanze n. 176 e n. 586/1988, la Corte ha rimarcato che l'attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'eguaglianza fra uomo e donna.
Norme citate
- codice civile-Art. 143 -BIS
- codice civile-Art. 236
- codice civile-Art. 237, comma 2
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299, comma 3
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
Pronuncia 586/1988Depositata il 19/05/1988
La mancata previsione della facolta' per la madre di trasmettere il proprio cognome ai figli legittimi e per questi di assumere anche il cognome materno, non contrasta ne' con l'art.29 Cost., in quanto viene utilizzata una regola radicata nel costume sociale, come criterio di tutela dell'unita' della famiglia fondata sul matrimonio ne' con l'art. 3 Cost., in riferimento ai figli adottivi, poiche' la preclusione vale anche per questi ultimi, secondo la corretta interpretazione dell'art.27, L. n. 164/1983. Peraltro, l'opportunita' di introdurre un diverso sistema di determinazione del nome (quale nella specie, quello del doppio cognome) ugualmente idoneo a salvaguardarne l'unita' senza comprimere l'eguaglianza dei coniugi, la scelta in ordine ad esso e le relative modalita' tecniche rientrano nella decisione che compete esclusivamente al legislatore. (Manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 73 del r.d. 9 luglio 1939 n. 1238 sull'ordinamento dello stato civile, 6, 143 bis, 236, 237, secondo comma, e 262, secondo comma, cod. civ., in riferimento agli artt. 2, 3 e 29 Cost.). - cfr. O. n. 176/1988.
Norme citate
- codice civile-Art. 237, comma 2
- codice civile-Art. 6
- codice civile-Art. 262, comma 2
- codice civile-Art. 143 BIS
- regio decreto-Art. 73
- codice civile-Art. 236
Parametri costituzionali
Pronuncia 76/1987Depositata il 05/03/1987
E' manifestamente inammissibile - in quanto sollevata da autorita` giudiziaria non ancora investita del potere decisorio del processo a quo (e quindi, in via eventuale e comunque prematuramente, con conseguente difetto della rilevanza) - la questione di legittimita` costituzionale dell'art. 73 r.d. 9 luglio 1939, n. 1238 e degli artt. 6, 143 bis, 236, 237, secondo comma, 262, secondo comma, cod.civ., "nella parte in cui non prevedono per il figlio legittimo la facolta` di assumere anche il cognome materno e per la madre quella di trasmettere ai figli legittimi il proprio cognome", in riferimento agli artt. 2, 3, 29 Cost.. (Nella specie il tribunale a quo - innanzi al quale erano state rimesse le parti, con sentenza della Corte di Appello, ex art. 354 cpv. cod.proc.civ. - aveva proposto la detta impugnativa prima di essere di fatto reinvestito della causa, per di piu` in pendenza del termine per il ricorso per cassazione avverso la sentenza di rinvio). - S. nn. 300/1983; 117/1984 e 140/1984; 254/1985.
Norme citate
- codice civile-Art. 6
- codice civile-Art. 143 BIS
- codice civile-Art. 237, comma 2
- regio decreto-Art. 73
- codice civile-Art. 262, comma 2
- codice civile-Art. 236
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.