Articolo 98 - CODICE CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 4/2011Depositata il 05/01/2011
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis , 156- bis e 231 del codice civile, nella parte in cui non consentono che le persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio, per contrasto con l'art. 2 Cost. Invero, con la sentenza n. 138 del 2010, la Corte ha già dichiarato inammissibile analoga questione perché diretta ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata; con la successiva ordinanza n. 276 del 2010 ne ha dichiarato, poi, la manifesta inammissibilità; né risultano allegati profili diversi o ulteriori rispetto a quelli già scrutinati. Per l'inammissibilità e la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 2 Cost., delle norme censurate dall'odierno rimettente, v. citate sentenza n. 138/2010 e ordinanza n. 276/2010.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 4/2011Depositata il 05/01/2011
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis , 156- bis e 231 del codice civile, nella parte in cui non consentono che le persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio, per contrasto con gli artt. 3 e 29, primo comma, Cost. Infatti, con la sentenza n. 138 del 2010, la medesima questione è stata dichiarata non fondata, sia perché l'art. 29 Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso, e questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica sia perché (in ordine all'art. 3 Cost.) le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio. Gli argomenti addotti nella detta pronuncia sono stati ribaditi nella successiva ordinanza n. 276 del 2010, di manifesta infondatezza. Identiche considerazioni valgono anche con riguardo all'art. 231 cod. civ., censurato dall'attuale rimettente insieme con le altre norme. Per l'infondatezza e la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 29, primo comma, Cost., delle norme censurate dall'odierno rimettente, v. citate sentenza n. 138/2010 e ordinanza n. 276/2010. Sulla manifesta infondatezza di questioni già dichiarate non fondate, in caso di mancata prospettazione di nuovi argomenti di censura v., citate, ex plurimis , ordinanze n. 42, n. 34 e n. 16 del 2009.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 138/2010Depositata il 15/04/2010
Nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 117, primo comma, Cost., devono essere dichiarati inammissibili gli interventi dell'Associazione radicale Certi Diritti e dei signori C. M. e G. V., P. G. B. e C. G. R., R. F. R. P. C. e R. Z., in quanto spiegati da soggetti non aventi la qualità di parte nei giudizi a quibus , né titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in causa e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura. Sulla legittimazione a partecipare al giudizio incidentale di costituzionalità, v., ex plurimis , l'ordinanza letta all'udienza del 31 marzo 2009, confermata con sentenza n. 151/2009, nonché le seguenti citate decisioni: sentenze n. 94/2009, n. 96/2008, n. 245/2007, ordinanze n. 119/2008 e n. 414/2007.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 138/2010Depositata il 15/04/2010
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati, in relazione agli artt. 2 e 117, primo comma, Cost., nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. I rimettenti hanno, infatti, richiesto una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata, poiché l'art. 2 Cost. non impone di pervenire ad una declaratoria d'illegittimità della normativa censurata, estendendo alle unioni omosessuali la disciplina del matrimonio civile per colmare il vuoto conseguente al fatto che il legislatore non si è posto il problema del matrimonio omosessuale. Sebbene nella nozione di formazione sociale di cui al menzionato parametro sia da annoverare anche l'unione omosessuale, spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali, restando riservata alla Corte, attraverso il controllo di ragionevolezza, la possibilità d'intervenire a tutela di specifiche situazioni, per le quali può riscontrarsi la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale. Quanto alla dedotta violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., vengono in rilievo, quali norme interposte, per il principio di specialità, gli artt. 12 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, i quali non impongono la piena equiparazione delle unioni omosessuali e delle unioni matrimoniali tra uomo e donna, poiché il rinvio alle leggi nazionali conferma che la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento. Per l'inammissibilità (manifesta) di questioni dirette ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata, v., ex plurimis , le citate ordinanze n. 243/2009, n. 316/2008, n. 185/2007 e n. 463/2002. In materia di convivenza more uxorio , v. le citate sentenze n. 559/1989 e n. 404/1988.
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 8
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 12
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 14
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 7
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 9
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 21
Pronuncia 138/2010Depositata il 15/04/2010
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. L'interpretazione dei concetti di famiglia e di matrimonio non può spingersi fino al punto d'incidere sul nucleo dell'art. 29 Cost., modificandolo in modo tale da includervi fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanato. I costituenti, elaborando l'art. 29 Cost., tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile del 1942 secondo cui i coniugi devono essere persone di sesso diverso. Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un'interpretazione creativa. La censurata normativa, che contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima con riferimento all'art. 3 Cost., perché essa trova fondamento nell'art. 29 Cost. e non dà luogo ad un'irragionevole discriminazione, non potendo le unioni omosessuali essere ritenute omogenee al matrimonio. Né risulta pertinente il richiamo di uno dei rimettenti alla legge n. 164 del 1982, poiché la condizione della persona cui venga attribuito, in forza di sentenza passata in giudicato, un sesso diverso da quello enunciato dall'atto di nascita, a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali, é del tutto differente da quella omosessuale e, perciò, inidonea a fungere da tertium comparationis . Nel transessuale, infatti, l'esigenza fondamentale da soddisfare è quella di far coincidere il soma con la psiche ed a questo effetto è indispensabile, di regola, l'intervento chirurgico che, con la conseguente rettificazione anagrafica, riesce in genere a realizzare tale coincidenza. La persona è ammessa al matrimonio per l'avvenuto intervento di modificazione del sesso, autorizzato dal tribunale. Il riconoscimento del diritto di sposarsi a coloro che hanno cambiato sesso, quindi, costituisce semmai un argomento per confermare il carattere eterosessuale del matrimonio, quale previsto nel vigente ordinamento. In relazione alla disciplina posta dalla legge n. 164 del 1982, v. la citata sentenza n. 161/1985.
Norme citate
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.