Articolo 2110 - CODICE CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 87/2013Depositata il 16/05/2013
Dichiarazione di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli articoli 2110 cod. civ. e 3 del d.lgs. del Capo provvisorio dello Stato 31 ottobre 1947, n. 1304, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 32 e 38 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Arezzo. La questione - sollevata al dichiarato fine di colmare il vuoto normativo conseguente all'assenza di specifiche previsioni legislative in materia di tutela dei lavoratori che necessitano di trattamenti emodialitici - è inammissibile in ragione della natura dell'intervento che viene richiesto a questa Corte, che è di tipo additivo ma non costituzionalmente obbligato. Lo stesso remittente prospetta diverse soluzioni, che si pongono in un nesso di irrisolta alternatività, sì che la questione risulta ancipite ed è evidente che la scelta tra la pluralità di soluzioni nella specie possibili non può che essere riservata al legislatore. Ciò risulta confermato dal fatto che, con riferimento alla tutela del lavoratore affetto da malattia nell'ambito del rapporto di lavoro è necessario trovare un punto di equilibrio tra opposti interessi, in quanto oltre alla esigenza di tutela della salute del lavoratore (in correlazione anche alla sua capacità reddituale), come ragione che giustifica entro certi limiti la conservazione del posto di lavoro nonostante la sua incapacità di fornire la sua prestazione, viene in rilievo l'esigenza, contrapposta, di garanzia economica dell'imprenditore - per il profilo della misura dei limiti, economici e temporali, entro cui possa su di lui riversarsi il rischio di una malattia cronica o recidivante del dipendente - e, parallelamente, per il profilo del concorso pubblico al finanziamento del trattamento indennitario, il limite delle risorse disponibili ( ex plurimis , sentenze n. 248 del 2011, n. 94 del 2009, n. 354 del 2008, n. 425 del 2005).
Norme citate
- codice civile-Art. 2110
- decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato-Art. 3
Parametri costituzionali
Pronuncia 356/2010Depositata il 15/12/2010
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2110 cod. civ., impugnato, in riferimento agli artt. 3, 32 e 38 Cost., nella parte in cui limita a centottanta giorni all'anno il riconoscimento dell'indennità di malattia a favore del lavoratore che si sottopone a dialisi. Invero, la norma in esame - che si limita a garantire, in caso di malattia del lavoratore, il diritto al trattamento economico ed alla conservazione del posto di lavoro nella misura e nei tempi determinati dalla legge e dalle norme contrattuali - non individua il termine massimo indennizzabile per i periodi di malattia dei lavoratori, riservando tale disciplina ad altre fonti legali, ai contratti collettivi, agli usi ed all'equità. Il giudice a quo non ha tenuto conto delle ulteriori fonti applicabili nel caso di specie e, in particolare, del d.lgs. C.p.S. n. 1304 del 1947, il quale, in caso di malattia, pone a carico dell'allora Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro le Malattie (INAM), cui oggi è subentrato l'INPS, il pagamento della relativa indennità giornaliera, dovuta a decorrere dal quarto giorno di malattia e per un periodo massimo di 180 giorni in un anno. L'indicazione del medesimo periodo massimo indennizzabile è stata poi ripresa dagli artt. 104 e 105 del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da aziende del commercio, dei servizi e del terziario, stipulato il 24 luglio 2004. Pertanto, l'inconferenza della disposizione denunciata, il mancato esame da parte del rimettente delle suddette disposizioni e l'incompleta ricostruzione del quadro normativo di riferimento compromettono l' iter logico argomentativo posto a fondamento della sollevata censura e ne determinano l'inammissibilità, precludendone lo scrutinio. Sulla manifesta inammissibilità delle questioni per inesatta identificazione del quadro normativo di riferimento, v., ex plurimis , la citata ordinanza n. 92/2009.
Norme citate
- codice civile-Art. 2110
Parametri costituzionali
Pronuncia 193/1995Depositata il 26/05/1995
Gli artt. 2239 e 2240 cod. civ., nella parte in cui, non prevedendo l'applicabilita' al lavoro domestico dell'art. 2110, secondo comma, cod. civ., non consentono al giudice di determinare, secondo equita', in base a tale articolo, in caso di gravidanza della collaboratrice, il periodo decorso il quale il datore di lavoro ha diritto di recedere dal rapporto, non possono ritenersi lesivi degli artt. 3 e 37 Cost. - come sostenuto dal giudice 'a quo' - allorche', come nella specie, il licenziamento essendo stato comunicato alla lavoratrice in data anteriore a quella del certificato medico di gravidanza, manchi il presupposto formale costitutivo del divieto di licenziamento. In tale ipotesi, infatti, non essendo applicabile - come gia' precisato dalla Corte - la regola speciale dell'art. 2, secondo comma, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, per cui "il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza e puerperio", vale il principio opposto, che lega appunto la decorrenza del divieto alla data del certificato medico attestante lo stato di gravidanza. E poiche' tale principio, gia' applicato dalla precedente legge 26 agosto 1950, n. 860, e sicuramente desumibile dall'art. 3, comma primo, della Convenzione n. 103 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) (concernente la protezione della maternita' e ratificata dall'Italia, senza alcuna riserva, con legge 19 ottobre 1970, n. 864) trovando oltretutto conferma nell'art. 19 del contratto collettivo nazionale 15 luglio 1992 per la disciplina del rapporto di lavoro domestico, ha un fondamento legislativo, e' da escludere che al giudice nell'esercizio di un potere - come quello previsto dall'art. 2110 cod. civ. - spettantegli in mancanza di leggi, contratti collettivi e usi, sia consentito di obliterarlo in via di equita'. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 37 Cost., degli artt. 2239 e 2240 cod. civ.). - Sulla inapplicabilita' al rapporto di lavoro domestico dell'art. 2, secondo comma, legge n. 1204 del 1971, v. S. n. 86/1994. V. anche, riguardo al valore dell'art. 3 della Convenzione n. 103 dell'OIL come "criterio di interpretazione della legge nazionale vigente", Cass., n. 3508 del 1968. red.: S. Pomodoro
Norme citate
- codice civile-Art. 2239
- codice civile-Art. 2110
- codice civile-Art. 2240
Parametri costituzionali
Pronuncia 90/1984Depositata il 05/04/1984
Non e' fondata - in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost. - la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2110 cod. civ., secondo comma, nella parte in cui esclude, in caso di carcerazione preventiva del lavoratore, la sospensione del rapporto di lavoro subordinato fino alla sentenza definitiva. Invero, il confronto col pubblico impiego (nel quale e' prevista la sospensione cautelare obbligatoria) in termini di eguaglianza di trattamento, non e' utilmente proponibile in quanto, da un punto di vista generale, fra l'impiego pubblico e quello privato sussistono ancora, nonostante la tendenziale convergenza, differenza di generi, struttura e funzioni e, in particolare, nel primo la sospensione suddetta si correla non alla conservazione del posto ma alla tutela della pubblica amministrazione, mentre nel secondo, giusto l'attuale orientamento della Cassazione, la risoluzione si determina solo quando l'arresto del lavoratore si protragga a tal punto da costituire un giustificato motivo di licenziamento. E, d'altra parte, allorche' l'arresto venga disposto, come nella specie, con riferimento ad un illecito del tutto estraneo al rapporto di lavoro ed ai doveri verso il datore di lavoro, l'eventuale licenziamento non implica alcun anticipato giudizio sulla colpevolezza del lavoratore arrestato, in violazione dell'art. 27, comma secondo, Cost., ma presuppone soltanto che sussistano le obiettive ragioni di giustificazione del ricorso ex art. 3 della legge n. 604 del 1966.
Norme citate
- codice civile-Art. 2110, comma 2
Parametri costituzionali
Pronuncia 135/1969Depositata il 15/07/1969
L'art. 2242, primo comma, Codice civile, impugnato non preclude l'eventuale applicazione, al rapporto di lavoro domestico, di norme relative al rapporto di lavoro inerente all'esercizio di un'impresa. Le peculiari caratteristiche che distinguono il rapporto di lavoro domestico dal rapporto di lavoro che si svolge nell'organizzazione di un'impresa costituiscono la ragione della speciale disciplina del rapporto, contenuta, oltre che nelle norme del Codice civile, nella legge 18 gennaio 1952, n. 35, e nella legge 2 aprile 1958, n. 339. Tale disciplina trova la sua integrazione negli usi e nelle convenzioni, in quanto piu' favorevoli al lavoratore (art. 2240 Codice civile), ma non esclude, il ricorso alle norme relative al rapporto di lavoro in impresa, in quanto compatibili con la specialita' del rapporto di lavoro domestico, ai sensi dell'art. 2239 del Codice civile. E' competenza del giudice di merito valutare, tenuta presente l'intera legislazione regolatrice della materia, se nella specie vi e' ragione di ricorrere all'articolo 2110 del Codice civile e se le disposizioni ivi contenute siano compatibili con la disciplina del rapporto di lavoro domestico. Tale indagine non trova ostacolo nella norma di cui al primo comma dell'articolo 2242, la quale non ha contenuto negativo. Non deriva pertanto da essa ne' una ingiustificata discriminazione, a danno della categoria dei prestatori di lavoro domestico, ne' un ostacolo all'attuazione, a favore di essa, dei principi di cui all'art. 38 della Costituzione.
Norme citate
- codice civile-Art. 2240
- codice civile-Art. 2242, comma 1
- legge-Art.
- codice civile-Art. 2239
- legge-Art.
- codice civile-Art. 2110
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.