Articolo 299 - CODICE CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 131/2022Depositata il 31/05/2022
La carenza di un'adeguata e autonoma illustrazione delle ragioni per le quali la norma censurata integrerebbe una violazione del parametro costituzionale evocato è causa di inammissibilità delle questioni sollevate. ( Precedente: S. 30/2021 - mass. 43625 ). (Nel caso di specie, sono dichiarate inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte d'appello di Potenza in riferimento agli artt. 2, 3, 29, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, degli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., dell'art. 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939 e degli artt. 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000. Il giudice a quo afferma apoditticamente la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, limitandosi a una sintetica elencazione delle disposizioni costituzionali che si ritengono violate e compendiando tali affermazioni con una lacunosa citazione di stralci della giurisprudenza costituzionale e sovranazionale).
Norme citate
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 29
- Costituzione-Art. 117
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 8
- Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 14
Pronuncia 131/2022Depositata il 31/05/2022
È dichiarata, in via consequenziale ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, costituzionalmente illegittima la norma desumibile dagli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge n. 184 del 1983, e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, nella parte in cui prevede che il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, alla nascita, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto. Tale norma è presupposta dal complesso di disposizioni indicate: innanzitutto l'art. 299, terzo comma, cod. civ., sull'adozione da parte dei coniugi del maggiore d'età, il quale disponeva e dispone attualmente, che «l'adottato assume il cognome del marito». Parimenti, l'art. 27, comma 1, della legge n. 184 del 1983, il quale stabilisce che l'adottato assume e trasmette il cognome degli adottanti, il quale viene univocamente riferito a quello del marito. Ancora, risultava e risulta tuttora presupposta l'attribuzione del cognome del padre dalla norma che vieta di assegnare al bambino lo stesso nome del padre o del fratello o della sorella viventi, disciplina che si rinviene attualmente nell'art. 34 del d.P.R. n. 396 del 2000. Infine, deve ascriversi alle disposizioni che presuppongono la norma di sistema lo stesso art. 262, primo comma, secondo periodo, cod. civ.
Norme citate
- codice civile-Art. 262, comma 1
- codice civile-Art. 299, comma 3
- legge-Art. 27, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
- legge-Art. 27
Pronuncia 131/2022Depositata il 31/05/2022
È dichiarato, in via consequenziale ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953 costituzionalmente illegittimo l'art. 299, terzo comma, cod. civ., nella parte in cui prevede che «l'adottato assume il cognome del marito», anziché prevedere che l'adottato assume i cognomi degli adottanti, nell'ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l'accordo, raggiunto nel procedimento di adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto.
Norme citate
- codice civile-Art. 299, comma 3
Parametri costituzionali
- legge-Art. 27
Pronuncia 131/2022Depositata il 31/05/2022
Dichiarati costituzionalmente illegittimi gli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge n. 184 del 1983 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, nella parte in cui prevedono la prevalenza del cognome paterno nell'assegnazione di quello del figlio, a corollario va' formulato un duplice invito al legislatore. In primo luogo, si rende necessario un intervento impellente, finalizzato a impedire che l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome. A fronte sia della sentenza costituzionale n. 286 del 2016, che di varie fonti normative le quali, a partire dal 2006, hanno contribuito al diffondersi di doppi cognomi, nonché della conseguente prassi amministrativa che ha allentato i requisiti sulla base dei quali è ammesso il cambio del cognome anche con l'aggiunta di un secondo cognome (di regola è quello della madre), occorre preservare la funzione del cognome, identitaria e di identificazione, a livello giuridico e sociale, nei rapporti di diritto pubblico e di diritto privato, che non è compatibile con un meccanismo moltiplicatore dei cognomi nel succedersi delle generazioni. La necessità, dunque, di garantire la funzione del cognome, e di riflesso l'interesse preminente del figlio, indica l'opportunità di una scelta, da parte del genitore - titolare del doppio cognome che reca la memoria di due rami familiari - di quello dei due che vuole sia rappresentativo del rapporto genitoriale, sempre che i genitori non optino per l'attribuzione del doppio cognome di uno di loro soltanto. In secondo luogo, spetta al legislatore valutare l'interesse del figlio a non vedersi attribuito - con il sacrificio di un profilo che attiene anch'esso alla sua identità familiare - un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle. Ciò potrebbe ben conseguirsi riservando le scelte relative all'attribuzione del cognome al momento del riconoscimento contemporaneo del primo figlio della coppia (o al momento della sua nascita nel matrimonio o della sua adozione), onde renderle poi vincolanti rispetto ai successivi figli riconosciuti contemporaneamente dagli stessi genitori (o nati nel matrimonio o adottati dalla medesima coppia).
Norme citate
- codice civile-Art. 262, comma 1
- codice civile-Art. 299, comma 3
- legge-Art. 27, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Pronuncia 131/2022Depositata il 31/05/2022
Il cognome, una volta assunto, incarna in sé il nucleo della nuova identità giuridica e sociale, il che comporta che possibili vicende che incidano sullo status filiationis o istanze di modifica dello stesso cognome siano regolate da discipline distinte rispetto a quelle relative al momento attributivo. Pertanto, poiché tutte le norme dichiarate costituzionalmente illegittime con la presente sentenza - gli artt. 262, primo comma, e 299, terzo comma, cod. civ., 27, comma 1, della legge n. 184 del 1983 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, nella parte in cui prevedono la prevalenza del cognome paterno nell'assegnazione di quello del figlio - riguardano il momento attributivo del cognome al figlio, ciò comporta che la medesima sentenza, dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, troverà applicazione alle ipotesi in cui l'attribuzione del cognome non sia ancora avvenuta, comprese quelle in cui sia pendente un procedimento giurisdizionale finalizzato a tale scopo.
Norme citate
- codice civile-Art. 262, comma 1
- legge-Art. 27, comma 1
- codice civile-Art. 299, comma 3
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
È dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione, l'intervento dell'Associazione Rete per la Parità nel giudizio incidentale di costituzionalità avente ad oggetto la norma (desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939, 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000) che prevede l'automatica attribuzione del cognome paterno al figlio nato in costanza di matrimonio, pur in presenza di una diversa contraria volontà dei genitori. L'interveniente - che non è parte del giudizio a quo - non riveste la posizione di terzo legittimato a partecipare al giudizio incidentale, non essendo quest'ultimo destinato a produrre, nei suoi confronti, effetti immediati e neppure indiretti. Per costante giurisprudenza, la partecipazione al giudizio incidentale di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo , oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale). A tale disciplina è possibile derogare - senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio - soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura. Perché l'intervento sia ammissibile, l'eventuale declaratoria di incostituzionalità della legge deve, quindi, produrre sulla posizione soggettiva degli intervenienti lo stesso effetto che produce sul rapporto oggetto del giudizio a quo . ( Precedenti citati: sentenze n. 76 del 2016, n. 221 del 2015, n. 162 del 2014 e relative ordinanze dibattimentali, n. 293 del 2011, n. 118 del 2011, n. 138 del 2010 e relativa ordinanza dibattimentale; ordinanze n. 240 del 2014, n. 156 del 2013; ordinanze allegate alla sentenza n. 134 del 2013 e all'ordinanza n. 318 del 2013; ordinanza n. 150 del 2012 e relativa ordinanza dibattimentale ).
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
- norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (7/10/2008)-Art. 3
- norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (7/10/2008)-Art. 4
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
Non vi è ragione di dubitare dell'attuale vigenza e forza imperativa della norma in base alla quale il cognome del padre si estende ipso iure al figlio. Sebbene non abbia trovato corpo in una disposizione espressa, essa è presupposta e desumibile dalle disposizioni, regolatrici di fattispecie diverse, individuate dal rimettente (artt. 237, 262 e 299 cod. civ., 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000; nonché, solo a fini esplicativi, art. 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939, abrogato dall'art. 110 del citato d.P.R.), e la sua perdurante immanenza nel sistema, come traduzione in regola dello Stato di un'usanza consolidata nel tempo, è stata già riconosciuta sia dalla giurisprudenza costituzionale, sia dalla giurisprudenza di legittimità. ( Precedenti citati: sentenze n. 61 del 2006 e n. 176 del 1988; ordinanze n. 145 del 2007 e n. 586 del 1988 ).
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
L'estensione ipso iure del cognome del padre al figlio è censurata dalla rimettente Corte d'appello di Genova per la sola parte in cui non consente ai genitori - i quali ne facciano concorde richiesta al momento della nascita - di attribuire al figlio anche il cognome materno. Essendo la Corte chiamata a risolvere la questione come formulata dal rimettente, l'accertamento della illegittimità della norma censurata è, pertanto, limitato alla sola ipotesi in cui sia presente una comune volontà dei coniugi di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
È dichiarata costituzionalmente illegittima - per violazione degli artt. 2, 3 e 29 Cost. - la norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939, 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, nella parte in cui non consente ai coniugi, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno. La norma censurata dalla Corte d'appello di Genova, impedendo alla madre di attribuire al figlio, sin dalla nascita, il proprio cognome, e al figlio di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno, pregiudica il diritto all'identità personale del minore e, al contempo, costituisce un'irragionevole disparità di trattamento fra i coniugi, in nessun modo giustificata dalla finalità di salvaguardia dell'unità familiare. La piena ed effettiva realizzazione del diritto all'identità personale - che ha copertura costituzionale assoluta e che nel nome trova il suo primo ed immediato riscontro - e il riconoscimento del paritario rilievo di entrambe le figure genitoriali nel processo di costruzione dell'identità personale impongono l'affermazione del diritto del figlio ad essere identificato, sin dalla nascita, attraverso l'attribuzione del cognome di entrambi i genitori. La diversità di trattamento dei coniugi nell'attribuzione del cognome ai figli, in quanto espressione di una superata concezione patriarcale della famiglia e dei rapporti fra coniugi, non è compatibile né con il principio di uguaglianza, né con il principio di "eguaglianza morale e giuridica dei coniugi", poiché la perdurante mortificazione del diritto della madre a che il figlio acquisti anche il suo cognome - lungi dal garantire - contraddice, ora come allora, quella finalità di salvaguardia dell'unità familiare (art. 29, secondo comma, Cost.), individuata quale ratio giustificatrice, in generale, di eventuali deroghe alla parità dei coniugi. ( Precedenti citati: ordinanze n. 176 del 1988 e n. 586 del 1988, sulla possibilità per il legislatore di introdurre un criterio di trasmissione del cognome più rispettoso dell'autonomia dei coniugi e capace di conciliare i due principi sanciti dall'art. 29 Cost.; sentenza n. 61 del 2006, sulla incompatibilità della norma in esame con l'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi e sulla sua incoerenza con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'uguaglianza tra uomo e donna ). Il valore dell'identità della persona, nella pienezza e complessità delle sue espressioni, e la consapevolezza della valenza, pubblicistica e privatistica, del diritto al nome, quale punto di emersione dell'appartenenza del singolo a un gruppo familiare, portano ad individuare nei criteri di attribuzione del cognome del minore profili determinanti della sua identità personale, che si proietta nella sua personalità sociale, ai sensi dell'art. 2 Cost. ( Precedenti citati: sentenze n. 297 del 1996, sul cognome come autonomo segno distintivo della identità personale; sentenze n. 120 del 2001 e n. 268 del 2002, sul cognome come tratto essenziale della personalità; sentenza n. 278 del 2013, sul cognome quale "elemento significativo nel sistema costituzionale di tutela della persona"; Corte EDU 7 gennaio 2014, Cusan e Fazzo c. Italia, secondo cui l'impossibilità per i genitori di attribuire al figlio, alla nascita, il cognome della madre, anziché quello del padre, integra violazione dell'art. 14 - divieto di discriminazione - in combinato disposto con l'art. 8 - diritto al rispetto della vita privata e familiare - della CEDU ). La finalità di salvaguardia dell'unità familiare, di cui all'art. 29, secondo comma, Cost., non giustifica diversità di trattamento dei coniugi, in quanto è proprio l'eguaglianza che garantisce quella unità e, viceversa, è la diseguaglianza a metterla in pericolo, rafforzandosi l'unità nella misura in cui i reciproci rapporti fra i coniugi sono governati dalla solidarietà e dalla parità. ( Precedente citato: sentenza n. 133 del 1970 ).
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
Pronuncia 286/2016Depositata il 21/12/2016
Dichiarata l'illegittimità costituzionale in parte qua della norma desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 cod. civ., 72, primo comma, del r.d. n. 1238 del 1939, 33 e 34 del d.P.R. n. 396 del 2000, per violazione degli artt. 2, 3 e 29 Cost., rimane assorbita l'ulteriore censura riferita all'art. 117, primo comma, Cost.
Norme citate
- codice civile-Art. 237
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299
- regio decreto-Art. 72, comma 1
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.