Pronuncia 53/2025

Sentenza

Collegio

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D'ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 299, primo comma, del codice civile, promosso dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia, sezione prima civile, sul ricorso proposto da F. M. e N. R. con ordinanza del 30 maggio 2024, iscritta al n. 159 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 2024. Udita nella camera di consiglio del 10 febbraio 2025 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta; deliberato nella camera di consiglio del 10 febbraio 2025.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 299, primo comma, del codice civile, sollevate, in riferimento agli artt. 2 e 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Reggio Emilia, sezione prima civile, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2025. F.to: Giovanni AMOROSO, Presidente Emanuela NAVARRETTA, Redattrice Igor DI BERNARDINI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 18 aprile 2025 Il Cancelliere F.to: Igor DI BERNARDINI

Relatore: Emanuela Navarretta

Data deposito: Fri Apr 18 2025 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: AMOROSO

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Massime

Giudizio costituzionale in via incidentale - Prospettazione della questione - Funzione - Individuazione di contenuto e verso delle censure - Possibilità, per la Corte costituzionale, di individuare la pronuncia di accoglimento più idonea al petitum. (Classif. 112003).

Il petitum dell’ordinanza di rimessione ha la funzione di chiarire il contenuto e il verso delle censure mosse dal giudice rimettente, ma non vincola questa Corte, che, ove ritenga fondate le questioni, rimane libera di individuare la pronuncia più idonea alla reductio ad legitimitatem della disposizione censurata. (Precedente: S. 46/2024 - mass. 46030).

Nome - In genere - Disciplina del cognome - Nucleo dell'identità giuridica e sociale della persona - Piena disponibilità del titolare - Esclusione - Effetti dell'attribuzione - Segno distintivo dell'identità personale, anche a prescindere dalla correlazione con lo status filiationis. (Classif. 161001).

Il cognome, insieme con il prenome, rappresenta il nucleo dell’identità giuridica e sociale della persona: le conferisce identificabilità, nei rapporti di diritto pubblico, come di diritto privato, e incarna la rappresentazione sintetica della personalità individuale, che nel tempo si arricchisce progressivamente di significati. (Precedenti: S. 135/2023 - mass. 45621; S. 131/2022 - mass. 44782; S. 286/2016 - mass. 39316; S. 268/2002 - mass. 27097; S. 120/2001 - mass. 26183; S. 297/1996 - mass. 22689; S. 13/1994 - mass. 20206).Nella sua funzione identificativa, il nome – che è composto dal cognome e dal prenome ed è per legge attribuito (art. 6 cod. civ.) – è sottratto alla piena disponibilità del titolare, il cui consenso può essere solo il presupposto di eventuali modifiche, disposte o per provvedimento giudiziale o per provvedimento del prefetto. Nella sua funzione identitaria, il cognome, unitamente al prenome, configura un segno distintivo che, a partire dal momento in cui viene attribuito, determina un meccanismo di progressiva stratificazione e di consolidamento dell’identità personale, sicché proprio in tale diritto si radicano le ragioni della tutela del cognome. (Precedente: S. 135/2023 - mass. 45621).Se, per un verso, il cognome originariamente si incardina nello status filiationis, per un altro verso, a mano a mano che l’identità personale si costruisce intorno a quel segno, è lo stesso diritto all’identità personale a rendere il cognome capace di resistere, di norma, ai mutamenti di status. (Precedenti: S. 135/2023 - mass. 45621; S. 131/2022 - mass. 44782; S. 268/2002; S. 120/2001 - mass. 26183; S. 297/1996 - mass. 22689; S. 13/1994).

Adozione e affidamento - In genere - Adozione di maggiorenni - Cognome dell'adottato - Possibilità, con la sentenza di adozione, di sostituire, anziché di aggiungere o di anteporre, il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore di età - Omessa previsione - Denunciata violazione del diritto all'identità personale e irragionevole disparità di trattamento rispetto alla disciplina dell'adozione piena del minore d'età - Non fondatezza delle questioni. (Classif. 006001).

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal Tribunale di Reggio Emilia, sez. prima civile, in riferimento agli artt. 2 e 3, primo comma, Cost., dell’art. 299, primo comma, cod. civ., il quale prevede che l’adottato assume il cognome dell’adottante e lo antepone al proprio, senza consentire, con la sentenza di adozione, di sostituire, anziché di aggiungere o di anteporre, il cognome dell’adottante a quello dell’adottato maggiore di età, se entrambi nel manifestare il consenso all’adozione si sono espressi a favore di tale effetto e i genitori biologici dell’adottato siano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale. Non è leso il diritto all’identità personale, perché la duplice funzione identificativa e identitaria del cognome, intorno al quale, unitamente al prenome, si stratifica nel tempo il diritto all’identità personale, rende non irragionevole la scelta legislativa di escludere la possibile sostituzione, e dunque la cancellazione, del cognome originario dell’adottato, che per (almeno) diciotto anni ha rappresentato il segno distintivo della sua identità personale. Finanche nell’adozione del minore in casi particolari, nel cui contesto la costruzione dell’identità personale intorno all’originario cognome è per definizione meno consolidata, la tutela dell’originario cognome è tratto essenziale della identità personale, per cui non è irragionevole la scelta di preservare il legame del minore col proprio passato; rilievo, questo, che vale tanto più nel caso dell’adottato maggiore d’età, il quale altrimenti sarebbe esposto al rischio di subire condizionamenti da parte dell’adottante, tanto più ove si considerino i benefici che l’adozione civile apporta all’adottato sul piano successorio. E se è vero che l’adozione di persona maggiore d’età ha conosciuto un’evoluzione sotto il profilo funzionale, tale da ravvisarvi un istituto plurifunzionale – all’originaria e primaria funzione volta a procurare un figlio a chi non l’ha avuto in natura e nel matrimonio (adoptio in hereditatem), si sono aggiunte istanze di tipo solidaristico – non determina, tuttavia, una perdita di autonomia dell’istituto, né crea una imprescindibile attrazione verso la disciplina dell’adoptio plena del minore. Nemmeno è fondata la seconda questione, concernente la ritenuta irragionevole disparità di trattamento tra il minorenne adottato dalla famiglia affidataria, che assume solo il cognome degli adottanti, e il maggiorenne che viene adottato dai precedenti affidatari e che non potrebbe acquisire quel solo cognome, perché proprio dal confronto tra un istituto concepito intorno al minorenne e un altro plasmato in funzione del maggiorenne emerge l’evidente disomogeneità tra le due fattispecie poste a confronto. Deve piuttosto rilevarsi che la vicenda oggetto del giudizio principale lascia trapelare l’esigenza di tenere conto di un possibile interesse del tutto peculiare: l’interesse a cancellare il cognome che attesta la propria origine naturale, poiché, nonostante la funzione identitaria da esso lungamente svolta, l’interessato percepisce che quel segno reca una memoria per lui pregiudizievole, in quanto capace di rinnovare il ricordo di un abbandono. Sennonché, simile interesse è tale da dover coinvolgere esclusivamente la persona, che quel cognome ha portato, e può trovare tutela in altre previsioni dell’ordinamento, come l’istituto della rettificazione (art. 89, comma 1, del d.P.R. n. 396 del 2000), indice di una possibile discrasia fra la oggettiva funzione identitaria, che si è via via stratificata intorno al cognome, unitamente al prenome, e possibili significati aggiuntivi associati a quel segno, che possono dare fondamento alla richiesta di prendere le distanze dalla propria originaria identità. (Precedenti: S. 5/2024 - mass. 45935; S. 135/2023 - mass. 45621; S. 120/2001 - mass. 26183; S. 500/2000 - mass. 25840; S. 240/1998 - mass. 24026; S. 53/1994 - mass. 20328; S. 89/1993 - mass. 19244; O. 170/2003 - mass. 27726).