Articolo 449 - CODICE CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 237/2019Depositata il 15/11/2019
Sono dichiarati inammissibili gli interventi del Centro Studi "Rosario Livatino", della libera associazione di volontariato "Vita è" e dell'Avvocatura per i diritti LGBTI nel giudizio di legittimità costituzionale avente ad oggetto la norma risultante dal combinato disposto degli artt. 250 e 449 cod. civ. e 29, comma 2, del d.P.R. n. 396 del 2000. Detti soggetti non sono stati parti nel giudizio a quo e non sono titolari di interessi direttamente riconducibili all'oggetto del giudizio stesso, sebbene di meri indiretti, e più generali, interessi, connessi ai loro scopi statutari. Per costante giurisprudenza costituzionale, la partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo , oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale). A tale disciplina è possibile derogare - senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità - soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura. Pertanto, l'incidenza sulla posizione soggettiva dell'interveniente non deve derivare, come per tutte le altre situazioni sostanziali governate dalla legge denunciata, dalla pronuncia della Corte sulla legittimità costituzionale della legge stessa, ma dall'immediato effetto che tale pronuncia produce sul rapporto sostanziale oggetto del giudizio principale. ( Precedenti citati: sentenze n. 13 del 2019, n. 217 del 2018 e n. 180 del 2018; ordinanze allegate alle sentenze n. 141 del 2019, n. 194 del 2018, n. 29 del 2017, n. 286 del 2016, n. 243 del 2016 e n. 84 del 2016 ).
Norme citate
- codice civile-Art. 250
- codice civile-Art. 449
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 29, comma 2
- legge-Art. 5
- legge-Art. 8
Parametri costituzionali
- norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (7/10/2008)-Art. 3
- norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (7/10/2008)-Art. 4
Pronuncia 237/2019Depositata il 15/11/2019
Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per difetto di rilevanza per erroneità del presupposto interpretativo, della questione di legittimità costituzionale della «norma che si desume» dagli artt. 250 e 449 cod. civ.; 29, comma 2, e 44, comma 1, del d.P.R. n. 396 del 2000; 5 e 8 della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non consente di formare in Italia un atto di nascita in cui vengano riconosciute come genitori di un cittadino di nazionalità straniera due persone dello stesso sesso, quando la filiazione sia stabilita sulla base della legge applicabile in base all'art. 33 della legge n. 218 del 1995. Dalla legislazione e dalle pronunce costituzionali citate dal giudice a quo resiste, infatti, a censura l'affermazione, assunta in premessa dal rimettente, che «allo stato», nel nostro ordinamento, è «escluso che genitori di un figlio possano essere due persone dello stesso sesso».
Norme citate
- codice civile-Art. 250
- codice civile-Art. 449
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 29, comma 2
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 44, comma 1
- legge-Art. 5
- legge-Art. 8
Pronuncia 237/2019Depositata il 15/11/2019
È dichiarata inammissibile la questione di legittimità costituzionale - sollevata dal Tribunale di Pisa in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 30 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 3 e 7 della Convenzione sui diritti del fanciullo - della «norma che si desume» dagli artt. 250 e 449 cod. civ.; 29, comma 2, e 44, comma 1, del d.P.R. n. 396 del 2000; 5 e 8 della legge n. 40 del 2004, nella parte in cui non consente di formare in Italia un atto di nascita in cui vengano riconosciute come genitori di un cittadino di nazionalità straniera due persone dello stesso sesso, quando la filiazione sia stabilita sulla base della legge applicabile in base all'art. 33 della legge n. 218 del 1995. Il rimettente non chiarisce se la "norma desunta", della quale auspica la caducazione, sia: (a) la stessa norma interna sulla eterogenitorialità, di cui egli presupponga la necessaria applicabilità in sede di formazione (ma non anche, peraltro, di trascrizione) dell'atto di nascita di un minore cittadino straniero; ovvero (b) una norma sulla "azione amministrativa", regolatrice dell'attività dell'ufficiale di stato civile, che gli impedirebbe di formare l'atto di nascita di un minore straniero in cui si riconosca al medesimo uno status previsto dalla sua legge nazionale, ma non da quella italiana. Né il giudice a quo prende in esame le disposizioni, maggiormente attinenti al tema dell'incidente di costituzionalità, con le quali il legislatore ha individuato le norme di applicazione necessaria nella specifica materia della filiazione (artt. 33, comma 4, e 36- bis della legge n. 218 del 1995).
Norme citate
- codice civile-Art. 250
- codice civile-Art. 449
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 29, comma 2
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 44, comma 1
- legge-Art. 5
- legge-Art. 8
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 24
- Costituzione-Art. 30
- Costituzione-Art. 117
- convenzione ONU diritti del fanciullo-Art. 3
- convenzione ONU diritti del fanciullo-Art. 7
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.