Articolo 2126 - CODICE CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 101/1995Depositata il 31/03/1995
L'assegnazione temporanea di un dipendente pubblico a mansioni superiori per esigenze straordinarie di servizio e' un mezzo indispensabile per assicurare il buon andamento dell'amministrazione, di per se' quindi non in contrasto con i principi dell'art. 97 Cost.; al lavoratore spetta in tal caso un trattamento retributivo corrispondente alle funzioni di fatto espletate, in forza del principio di proporzionalita' retributiva la cui applicabilita' all'impiego pubblico non puo' essere messa in discussione. La protrazione dell'assegnazione a funzioni superiori oltre il termine (generalmente trimestrale) fissato dalla legge non da' luogo, nel settore pubblico, all'automatica acquisizione della qualifica superiore (come invece previsto dalla disciplina privatistica del codice civile), ma non puo' giustificare una restrizione dell'applicabilita' del principio costituzionale di equivalenza della retribuzione al lavoro effettivamente prestato, salvo che venga dimostrato che l'assegnazione alle funzioni superiori e' avvenuta con abuso d'ufficio e con la "connivenza" del dipendente: nel qual caso, la pretesa al piu' favorevole trattamento economico dovrebbe essere respinta 'ex' art. 2126 cod. civ.. (Non fondatezza - in riferimento all'art. 97 Cost. - della questione di costituzionalita' degli artt. 2126 e 2129 cod. civ., in quanto applicabili anche all'impiego pubblico, nella parte in cui non prevedono per tale settore limiti di operativita' temporale). - v. S. n. 236/1992, nonche' S. nn. 57/1989, 296/1990 e O. nn. 408/1990, 337/1993. red.: L.I. rev.: S.P.
Norme citate
- codice civile-Art. 2127
- codice civile-Art. 2126
Parametri costituzionali
Pronuncia 12/1994Depositata il 26/01/1994
L'art. 2126 cod. civ. - in base al quale, nei rapporti privati di lavoro, per consolidata giurisprudenza, il lavoratore che abbia svolto, di fatto, mansioni superiori alla sua qualifica, ha diritto, in ogni caso, alla corrispondente retribuzione- e' applicabile ai prestatori di lavoro dipendenti da enti pubblici, quali il personale delle UU.SS.LL, non per virtu' propria, bensi' in forza e nei limiti dell'art. 2129 cod. civ.. Pertanto, la ordinanza di rimessione, con la quale si e' sottoposto al giudizio della Corte, per violazione di piu' principi costituzionali, il solo art. 2126 in quanto applicabile anche all'impiego pubblico, "almeno nella parte in cui non prevede per il settore sanitario limiti di operativita' temporale", appare viziata da errata identificazione della norma impugnata. La questione, inoltre, risulta prospettata "in astratto", senza alcuna verifica della sua concreta pregiudizialita' per la definizione del giudizio principale, ai sensi dell'art. 23, secondo comma, l. n. 87 del 1953. (Manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale del citato art. 2126, cod. civ., sollevata in riferimento agli artt. 3, 4, 32, 36, 97 e 98 Cost.). red.: A.M.M. rev.: S.P.
Norme citate
- codice civile-Art. 2126
Pronuncia 121/1993Depositata il 29/03/1993
Il diritto al trattamento di fine rapporto e al trattamento previdenziale, in quanto prestazioni aventi natura di retribuzione differita, e' garantito dall'art. 36 Cost. relativamente alla loro adeguatezza e sufficienza, solamente per il lavoratore subordinato, dovendosi precisare che tale diritto, nel caso di un rapporto che abbia assunto in via di mero fatto - ed in contrasto con l'atto che lo ha costituito - le modalita' di svolgimento concreto proprie del rapporto di lavoro subordinato, e' salvaguardato dall'art. 2126 cod. civ..
Norme citate
- codice civile-Art. 2126
Parametri costituzionali
Pronuncia 296/1990Depositata il 19/06/1990
Nel sancire il diritto alla retribuzione, l'art. 36 Cost. presuppone la liceita' del lavoro prestato. Peraltro, come anche riconosce la Cassazione (Sez. un. civ. n. 1609 del 1976) l'illiceita' che, ai sensi dell'art. 2126, primo comma, cod. civ., priva il lavoro prestato della tutela collegata al rapporto di lavoro non puo' ravvisarsi nella violazione della mera ristretta legalita', ma nel contrasto con norme fondamentali e generali o con principi basilari pubblicistici dell'ordinamento. Deve trattarsi, cioe', dell'illiceita' in senso forte (illiceita' della causa) prevista dall'art. 1343 cod. civ., non semplicemente dell'illegalita' che invalida il negozio o l'atto costitutivo del rapporto a norma dell'art. 1418, primo comma, cod. civ..
Norme citate
- codice civile-Art. 1418, comma 1
- codice civile-Art. 1343
- codice civile-Art. 2126
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.