Articolo 143 - CODICE CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 4/2011Depositata il 05/01/2011
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis , 156- bis e 231 del codice civile, nella parte in cui non consentono che le persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio, per contrasto con l'art. 2 Cost. Invero, con la sentenza n. 138 del 2010, la Corte ha già dichiarato inammissibile analoga questione perché diretta ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata; con la successiva ordinanza n. 276 del 2010 ne ha dichiarato, poi, la manifesta inammissibilità; né risultano allegati profili diversi o ulteriori rispetto a quelli già scrutinati. Per l'inammissibilità e la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 2 Cost., delle norme censurate dall'odierno rimettente, v. citate sentenza n. 138/2010 e ordinanza n. 276/2010.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 4/2011Depositata il 05/01/2011
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis , 156- bis e 231 del codice civile, nella parte in cui non consentono che le persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio, per contrasto con gli artt. 3 e 29, primo comma, Cost. Infatti, con la sentenza n. 138 del 2010, la medesima questione è stata dichiarata non fondata, sia perché l'art. 29 Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso, e questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica sia perché (in ordine all'art. 3 Cost.) le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio. Gli argomenti addotti nella detta pronuncia sono stati ribaditi nella successiva ordinanza n. 276 del 2010, di manifesta infondatezza. Identiche considerazioni valgono anche con riguardo all'art. 231 cod. civ., censurato dall'attuale rimettente insieme con le altre norme. Per l'infondatezza e la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 29, primo comma, Cost., delle norme censurate dall'odierno rimettente, v. citate sentenza n. 138/2010 e ordinanza n. 276/2010. Sulla manifesta infondatezza di questioni già dichiarate non fondate, in caso di mancata prospettazione di nuovi argomenti di censura v., citate, ex plurimis , ordinanze n. 42, n. 34 e n. 16 del 2009.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 276/2010Depositata il 22/07/2010
È manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati, in riferimento all'art. 2 Cost., nella parte in cui non consentono il matrimonio tra persone del medesimo sesso. La sentenza n. 138 del 2010 ha già dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 2 Cost., delle norme censurate dall'odierno rimettente, perché diretta ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata; né risultano allegati profili diversi o ulteriori, idonei a superare gli argomenti addotti nella precedente decisione. Per l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 2 Cost., delle norme censurate dall'odierno rimettente, v. la citata sentenza n. 138/2010.
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- dichiarazione universale dei diritti dell'uomo-Art. 12
- dichiarazione universale dei diritti dell'uomo-Art. 16
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 8
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 12
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 7
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 9
- -Art.
Pronuncia 276/2010Depositata il 22/07/2010
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., nella parte in cui non consentono il matrimonio tra persone del medesimo sesso. La sentenza n. 138 del 2010 ha già dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., delle norme censurate dall'odierno rimettente, sia perché l'art. 29 Cost. si riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come unione tra persone di sesso diverso, e questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, sia perché (in ordine all'art. 3 Cost.) le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio. Né risultano allegati profili diversi o ulteriori, idonei a superare gli argomenti addotti nella precedente decisione. Per la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., delle norme censurate dall'odierno rimettente, v. la citata sentenza n. 138/2010. Per la manifesta infondatezza di questioni identiche ad altre già precedentemente dichiarate non fondate, in assenza di argomenti o profili diversi o ulteriori addotti dal rimettente, v., ex plurimis , le citate ordinanze n. 42/2009, n. 34/2009 e n. 16/2009.
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 29
- dichiarazione universale dei diritti dell'uomo-Art. 12
- dichiarazione universale dei diritti dell'uomo-Art. 16
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 8
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 12
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 7
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 9
Pronuncia 138/2010Depositata il 15/04/2010
Nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 117, primo comma, Cost., devono essere dichiarati inammissibili gli interventi dell'Associazione radicale Certi Diritti e dei signori C. M. e G. V., P. G. B. e C. G. R., R. F. R. P. C. e R. Z., in quanto spiegati da soggetti non aventi la qualità di parte nei giudizi a quibus , né titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in causa e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura. Sulla legittimazione a partecipare al giudizio incidentale di costituzionalità, v., ex plurimis , l'ordinanza letta all'udienza del 31 marzo 2009, confermata con sentenza n. 151/2009, nonché le seguenti citate decisioni: sentenze n. 94/2009, n. 96/2008, n. 245/2007, ordinanze n. 119/2008 e n. 414/2007.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 138/2010Depositata il 15/04/2010
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati, in relazione agli artt. 2 e 117, primo comma, Cost., nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. I rimettenti hanno, infatti, richiesto una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata, poiché l'art. 2 Cost. non impone di pervenire ad una declaratoria d'illegittimità della normativa censurata, estendendo alle unioni omosessuali la disciplina del matrimonio civile per colmare il vuoto conseguente al fatto che il legislatore non si è posto il problema del matrimonio omosessuale. Sebbene nella nozione di formazione sociale di cui al menzionato parametro sia da annoverare anche l'unione omosessuale, spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali, restando riservata alla Corte, attraverso il controllo di ragionevolezza, la possibilità d'intervenire a tutela di specifiche situazioni, per le quali può riscontrarsi la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale. Quanto alla dedotta violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., vengono in rilievo, quali norme interposte, per il principio di specialità, gli artt. 12 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, i quali non impongono la piena equiparazione delle unioni omosessuali e delle unioni matrimoniali tra uomo e donna, poiché il rinvio alle leggi nazionali conferma che la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento. Per l'inammissibilità (manifesta) di questioni dirette ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata, v., ex plurimis , le citate ordinanze n. 243/2009, n. 316/2008, n. 185/2007 e n. 463/2002. In materia di convivenza more uxorio , v. le citate sentenze n. 559/1989 e n. 404/1988.
Norme citate
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 2
- Costituzione-Art. 117
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 8
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 12
- convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 14
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 7
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 9
- Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 21
Pronuncia 138/2010Depositata il 15/04/2010
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. L'interpretazione dei concetti di famiglia e di matrimonio non può spingersi fino al punto d'incidere sul nucleo dell'art. 29 Cost., modificandolo in modo tale da includervi fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanato. I costituenti, elaborando l'art. 29 Cost., tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile del 1942 secondo cui i coniugi devono essere persone di sesso diverso. Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un'interpretazione creativa. La censurata normativa, che contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima con riferimento all'art. 3 Cost., perché essa trova fondamento nell'art. 29 Cost. e non dà luogo ad un'irragionevole discriminazione, non potendo le unioni omosessuali essere ritenute omogenee al matrimonio. Né risulta pertinente il richiamo di uno dei rimettenti alla legge n. 164 del 1982, poiché la condizione della persona cui venga attribuito, in forza di sentenza passata in giudicato, un sesso diverso da quello enunciato dall'atto di nascita, a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali, é del tutto differente da quella omosessuale e, perciò, inidonea a fungere da tertium comparationis . Nel transessuale, infatti, l'esigenza fondamentale da soddisfare è quella di far coincidere il soma con la psiche ed a questo effetto è indispensabile, di regola, l'intervento chirurgico che, con la conseguente rettificazione anagrafica, riesce in genere a realizzare tale coincidenza. La persona è ammessa al matrimonio per l'avvenuto intervento di modificazione del sesso, autorizzato dal tribunale. Il riconoscimento del diritto di sposarsi a coloro che hanno cambiato sesso, quindi, costituisce semmai un argomento per confermare il carattere eterosessuale del matrimonio, quale previsto nel vigente ordinamento. In relazione alla disciplina posta dalla legge n. 164 del 1982, v. la citata sentenza n. 161/1985.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 61/2006Depositata il 16/02/2006
E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 143- bis , 236, 237, secondo comma, 262, 299, terzo comma, del codice civile, e degli artt. 33 e 34 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, censurati, in riferimento agli artt. 2, 3 e 29, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui prevedono che il figlio legittimo acquisti automaticamente il cognome del padre, anche quando vi sia in proposito una diversa volontà dei coniugi, legittimamente manifestata. Infatti, l'intervento che si invoca con l'ordinanza di rimessione richiede una operazione manipolativa esorbitante dai poteri della Corte. Nonostante l'attenzione del rimettente a circoscrivere il petitum , viene comunque lasciata aperta una serie di opzioni, che vanno da quella di rimettere la scelta del cognome esclusivamente alla volontà dei coniugi, ovvero di consentire ai coniugi che abbiano raggiunto un accordo di derogare ad una regola pur sempre valida, a quella di richiedere che la scelta dei coniugi debba avvenire una sola volta, con effetto per tutti i figli, ovvero debba essere espressa all'atto della nascita di ciascuno. Tenuto conto del vuoto di regole che determinerebbe una caducazione della disciplina denunciata, non è ipotizzabile neppure una pronuncia che, accogliendo la questione di costituzionalità, demandi ad un futuro intervento del legislatore la successiva regolamentazione organica della materia. - Nel richiamare i propri precedenti in materia, ossia le ordinanze n. 176 e n. 586/1988, la Corte ha rimarcato che l'attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell'ordinamento e con il valore costituzionale dell'eguaglianza fra uomo e donna.
Norme citate
- codice civile-Art. 143 -BIS
- codice civile-Art. 236
- codice civile-Art. 237, comma 2
- codice civile-Art. 262
- codice civile-Art. 299, comma 3
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 33
- decreto del Presidente della Repubblica-Art. 34
Parametri costituzionali
Pronuncia 586/1988Depositata il 19/05/1988
La mancata previsione della facolta' per la madre di trasmettere il proprio cognome ai figli legittimi e per questi di assumere anche il cognome materno, non contrasta ne' con l'art.29 Cost., in quanto viene utilizzata una regola radicata nel costume sociale, come criterio di tutela dell'unita' della famiglia fondata sul matrimonio ne' con l'art. 3 Cost., in riferimento ai figli adottivi, poiche' la preclusione vale anche per questi ultimi, secondo la corretta interpretazione dell'art.27, L. n. 164/1983. Peraltro, l'opportunita' di introdurre un diverso sistema di determinazione del nome (quale nella specie, quello del doppio cognome) ugualmente idoneo a salvaguardarne l'unita' senza comprimere l'eguaglianza dei coniugi, la scelta in ordine ad esso e le relative modalita' tecniche rientrano nella decisione che compete esclusivamente al legislatore. (Manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 73 del r.d. 9 luglio 1939 n. 1238 sull'ordinamento dello stato civile, 6, 143 bis, 236, 237, secondo comma, e 262, secondo comma, cod. civ., in riferimento agli artt. 2, 3 e 29 Cost.). - cfr. O. n. 176/1988.
Norme citate
Parametri costituzionali
Pronuncia 76/1987Depositata il 05/03/1987
E' manifestamente inammissibile - in quanto sollevata da autorita` giudiziaria non ancora investita del potere decisorio del processo a quo (e quindi, in via eventuale e comunque prematuramente, con conseguente difetto della rilevanza) - la questione di legittimita` costituzionale dell'art. 73 r.d. 9 luglio 1939, n. 1238 e degli artt. 6, 143 bis, 236, 237, secondo comma, 262, secondo comma, cod.civ., "nella parte in cui non prevedono per il figlio legittimo la facolta` di assumere anche il cognome materno e per la madre quella di trasmettere ai figli legittimi il proprio cognome", in riferimento agli artt. 2, 3, 29 Cost.. (Nella specie il tribunale a quo - innanzi al quale erano state rimesse le parti, con sentenza della Corte di Appello, ex art. 354 cpv. cod.proc.civ. - aveva proposto la detta impugnativa prima di essere di fatto reinvestito della causa, per di piu` in pendenza del termine per il ricorso per cassazione avverso la sentenza di rinvio). - S. nn. 300/1983; 117/1984 e 140/1984; 254/1985.
Norme citate
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.