Pronuncia 138/2010

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis del codice civile, promossi dal Tribunale di Venezia con ordinanza del 3 aprile 2009 e dalla Corte d'appello di Trento con ordinanza del 29 luglio 2009, iscritte ai nn. 177 e 248 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 26 e 41, prima serie speciale, dell'anno 2009. Visti gli atti di costituzione di G. M. ed altro, di E. O. ed altri nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, dell'Associazione radicale Certi Diritti, e di C. M. ed altri (fuori termine); udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 2010 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo; uditi gli avvocati Alessandro Giadrossi per l'Associazione radicale Certi Diritti e per M. G. ed altro, Ileana Alesso e Massimo Clara per l'Associazione radicale Certi Diritti, per G. M. ed altro e per C. M. ed altri, Vittorio Angiolini, Vincenzo Zeno-Zencovich e Marilisa D'Amico per l'Associazione radicale Certi Diritti, per G. M. ed altro e per E. O. ed altri e l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi: a) dichiara inammissibile, in riferimento agli articoli 2 e 117, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis del codice civile, sollevata dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di appello di Trento con le ordinanze indicate in epigrafe; b) dichiara non fondata, in riferimento agli articoli 3 e 29 della Costituzione la questione di legittimità costituzionale degli articoli sopra indicati del codice civile sollevata dal Tribunale di Venezia e dalla Corte di appello di Trento con le medesime ordinanze. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 2010. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Alessandro CRISCUOLO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 15 aprile 2010. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA Allegato: ordinanza letta alludienza del 23 marzo 2010 ORDINANZA Visti gli atti relativi al giudizio di legittimità costituzionale introdotto con ordinanza della Corte di appello di Trento depositata il 29 luglio 2009 (n. 248 R.O. del 2009); rilevato che in tale giudizio è intervenuta lAssociazione Radicale Certi Diritti, in persona del Segretario e legale rappresentante p.t., con atto depositato il 3 novembre 2009; che nel medesimo giudizio sono intervenuti, con atto depositato il 25 febbraio 2010, i signori C. M. e G. V., P. G. B. e C. G. R., R. F. R. P. C. e R. Z., tutti di sesso maschile; che né lAssociazione Radicale, né i signori di cui allintervento in data 25 febbraio 2010 sono stati parti nel giudizio a quo; che, per costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (oltre al Presidente del Consiglio dei Ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale), le sole parti del giudizio principale, mentre lintervento di soggetti estranei a questo è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis: ordinanza letta alludienza del 31 marzo 2009, confermata con sentenza n. 151 del 2009; sentenze n. 94 del 2009, n. 96 del 2008, n. 245 del 2007; ordinanza n. 414 del 2007); che lammissibilità dellintervento ad opera di un terzo, titolare di un interesse soltanto analogo a quello dedotto nel giudizio principale contrasterebbe con il carattere incidentale del giudizio di legittimità costituzionale, in quanto laccesso delle parti a detto giudizio avverrebbe senza la previa verifica della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione da parte del giudice a quo; che, pertanto, sia lintervento dellAssociazione Radicale Certi Diritti sia quello spiegato con latto depositato il 25 febbraio 2010 devono essere dichiarati inammissibili, indipendentemente dal carattere tardivo di questultimo (ordinanza n. 119 del 2008). per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibili gli interventi dellAssociazione Radicale Certi Diritti e dei signori C. M. e G. V., P. G. B. e C. G. R., R. F. R. P. C. e R. Z. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente

Relatore: Alessandro Criscuolo

Data deposito: Thu Apr 15 2010 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: AMIRANTE

Caricamento annuncio...

Massime

Costituzione ed intervento - Interventi di soggetti che non rivestono la qualità di parte nei giudizi a quibus né sono titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in causa - Inammissibilità.

Nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati in riferimento agli artt. 2, 3, 29 e 117, primo comma, Cost., devono essere dichiarati inammissibili gli interventi dell'Associazione radicale Certi Diritti e dei signori C. M. e G. V., P. G. B. e C. G. R., R. F. R. P. C. e R. Z., in quanto spiegati da soggetti non aventi la qualità di parte nei giudizi a quibus , né titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in causa e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura. Sulla legittimazione a partecipare al giudizio incidentale di costituzionalità, v., ex plurimis , l'ordinanza letta all'udienza del 31 marzo 2009, confermata con sentenza n. 151/2009, nonché le seguenti citate decisioni: sentenze n. 94/2009, n. 96/2008, n. 245/2007, ordinanze n. 119/2008 e n. 414/2007.

Matrimonio - Eterosessualità dei coniugi quale connotazione dell'istituto matrimoniale delineato dalla disciplina codicistica (artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis , 156- bis ) - Possibilità che persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso - Mancata previsione - Ritenuta lesione del diritto di contrarre matrimonio quale diritto fondamentale ed inviolabile della persona, nonché violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali - Richiesta di pronuncia additiva intesa ad introdurre una disciplina non costituzionalmente obbligata in materia riservata alla discrezionalità del legislatore - Inammissibilità della questione.

E' inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati, in relazione agli artt. 2 e 117, primo comma, Cost., nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. I rimettenti hanno, infatti, richiesto una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata, poiché l'art. 2 Cost. non impone di pervenire ad una declaratoria d'illegittimità della normativa censurata, estendendo alle unioni omosessuali la disciplina del matrimonio civile per colmare il vuoto conseguente al fatto che il legislatore non si è posto il problema del matrimonio omosessuale. Sebbene nella nozione di formazione sociale di cui al menzionato parametro sia da annoverare anche l'unione omosessuale, spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali, restando riservata alla Corte, attraverso il controllo di ragionevolezza, la possibilità d'intervenire a tutela di specifiche situazioni, per le quali può riscontrarsi la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale. Quanto alla dedotta violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., vengono in rilievo, quali norme interposte, per il principio di specialità, gli artt. 12 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, i quali non impongono la piena equiparazione delle unioni omosessuali e delle unioni matrimoniali tra uomo e donna, poiché il rinvio alle leggi nazionali conferma che la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento. Per l'inammissibilità (manifesta) di questioni dirette ad ottenere una pronunzia additiva non costituzionalmente obbligata, v., ex plurimis , le citate ordinanze n. 243/2009, n. 316/2008, n. 185/2007 e n. 463/2002. In materia di convivenza more uxorio , v. le citate sentenze n. 559/1989 e n. 404/1988.

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 2
  • Costituzione-Art. 117
  • convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 8
  • convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 12
  • convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma 04/11/1950)-Art. 14
  • Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 7
  • Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 9
  • Carta dei diritti fondamentali U.E.-Art. 21

Matrimonio - Eterosessualità dei coniugi quale connotazione dell'istituto matrimoniale delineato dalla disciplina codicistica (artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis , 156- bis ) - Possibilità che persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso - Mancata previsione - Denunciata irragionevole disparità di trattamento tra soggetti omosessuali rispetto ai transessuali, nonché violazione della tutela della famiglia quale "società naturale" - Esclusione - Non fondatezza della questione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143- bis e 156- bis cod. civ., impugnati, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso. L'interpretazione dei concetti di famiglia e di matrimonio non può spingersi fino al punto d'incidere sul nucleo dell'art. 29 Cost., modificandolo in modo tale da includervi fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanato. I costituenti, elaborando l'art. 29 Cost., tennero presente la nozione di matrimonio definita dal codice civile del 1942 secondo cui i coniugi devono essere persone di sesso diverso. Questo significato del precetto costituzionale non può essere superato per via ermeneutica, perché non si tratterebbe di una semplice rilettura del sistema o di abbandonare una mera prassi interpretativa, bensì di procedere ad un'interpretazione creativa. La censurata normativa, che contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima con riferimento all'art. 3 Cost., perché essa trova fondamento nell'art. 29 Cost. e non dà luogo ad un'irragionevole discriminazione, non potendo le unioni omosessuali essere ritenute omogenee al matrimonio. Né risulta pertinente il richiamo di uno dei rimettenti alla legge n. 164 del 1982, poiché la condizione della persona cui venga attribuito, in forza di sentenza passata in giudicato, un sesso diverso da quello enunciato dall'atto di nascita, a seguito di intervenute modificazioni dei suoi caratteri sessuali, é del tutto differente da quella omosessuale e, perciò, inidonea a fungere da tertium comparationis . Nel transessuale, infatti, l'esigenza fondamentale da soddisfare è quella di far coincidere il soma con la psiche ed a questo effetto è indispensabile, di regola, l'intervento chirurgico che, con la conseguente rettificazione anagrafica, riesce in genere a realizzare tale coincidenza. La persona è ammessa al matrimonio per l'avvenuto intervento di modificazione del sesso, autorizzato dal tribunale. Il riconoscimento del diritto di sposarsi a coloro che hanno cambiato sesso, quindi, costituisce semmai un argomento per confermare il carattere eterosessuale del matrimonio, quale previsto nel vigente ordinamento. In relazione alla disciplina posta dalla legge n. 164 del 1982, v. la citata sentenza n. 161/1985.