Articolo 2621 - CODICE CIVILE
Massime della Corte Costituzionale
Pronuncia 196/2007Depositata il 14/06/2007
Va ordinata la restituzione degli atti ai giudici rimettenti, a causa del sopravvenuto mutamento del quadro normativo, nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2621 e 2622 c.c., come sostituiti dall'art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, censurati in riferimento agli artt. 3, 10, 11, 117 Cost., all'art. 6 della Direttiva CEE, 9 marzo 1968, n. 151 nonché all'art. 10 del Trattato CEE. Invero, successivamente alle ordinanze di rimessione, è intervenuta la legge 28 dicembre 2005, n. 262, il cui art. 30 ha sostituito le norme impugnate, modificando l'assetto delle figure criminose in rapporto a diversi profili investiti dalle censure di costituzionalità, sicché si rende necessario verificare se - anche alla luce dei principi in tema di successione delle leggi penali (concernendo i giudizi principali fatti commessi sotto il vigore dell'originaria disciplina di cui all'art. 2621, numero 1, cod. civ. e, dunque, in epoca anteriore ad entrambi gli interventi novativi succedutisi nel tempo) - le questioni sollevate restino o meno rilevanti alla luce dello ius superveniens .
Norme citate
- codice civile-Art. 2621
- codice civile-Art. 2622
- decreto legislativo-Art. 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 10
- Costituzione-Art. 11
- Costituzione-Art. 117
- direttiva CEE-Art. 6
- trattato cee-Art. 10
Pronuncia 70/2006Depositata il 24/02/2006
Restituzione degli atti ai giudici rimettenti, a causa del sopravvenuto mutamento del quadro normativo, nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 2621 e 2622 del codice civile, come modificati dal decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, "nella parte in cui non consentono l'effettività, a mezzo di idoneo meccanismo processuale, della adeguata sanzione penale prevista dalla direttiva medesima e nella parte in cui non prevedono adeguato mezzo processuale in grado di consentire la celebrazione del processo penale entro i termini di prescrizione dei reati previsti dalle stesse norme". Il mutato quadro legislativo, infatti, incide in modo evidente sull'oggetto dei giudizi di costituzionalità, donde la necessità di una nuova valutazione sul punto da parte dei giudici rimettenti circa la rilevanza delle questioni sollevate alla luce del ius superveniens nonché dei principi in tema di successione delle leggi penali (discutendosi, nei giudizi principali, di fatti commessi sotto il vigore dell'originaria disciplina di cui all'art. 2621, numero 1, cod. civ.).
Norme citate
- decreto legislativo-Art.
- codice civile-Art. 2621
- codice civile-Art. 2622 COME SOSTITUITI
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 10
- Costituzione-Art. 11
- Costituzione-Art. 117
- direttiva CEE-Art.
Pronuncia 165/2004Depositata il 01/06/2004
Rinvio delle cause a nuovo ruolo nel giudizio relativo alla questione di legittimità costituzionale degli artt. 2621 e 2622 del codice civile, sollevata in riferimento agli artt. 10, 11 e 117 della Costituzione e in relazione alla direttiva 68/151/CEE del 9 marzo 1968, nella parte in cui non prevedono un «adeguato mezzo processuale» atto a consentire la definizione del processo penale entro i termini di prescrizione dei reati previsti dalle stesse norme. Deve accogliersi, infatti, la richiesta di rinvio formulata dall'Avvocatura generale dello Stato, in vista della decisione della Corte di giustizia delle Comunità europee nelle cause C-387/02, C-391/02 e C-403/02, stante la sostanziale coincidenza fra il presente quesito di costituzionalità, attinente all'asserito contrasto delle norme impugnate con il diritto comunitario, e quello che costituisce oggetto delle predette cause.
Norme citate
- codice civile-Art. 2621
- codice civile-Art. 2622
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 10
- Costituzione-Art. 11
- Costituzione-Art. 117
- direttiva CEE-Art.
Pronuncia 161/2004Depositata il 01/06/2004
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2621 e 2622 del codice civile, come sostituiti dall?art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui tali norme - le quali delineerebbero una «fattispecie a formazione progressiva», reprimendo l?una la «dichiarazione infedele», e l?altra «la dichiarazione infedele a cui consegua un danno specifico e concreto per singoli soci e creditori» - forniscono risposte repressive assai diverse tra loro, costituendo la prima un illecito contravvenzionale (art. 2621 cod. civ.) e la seconda un illecito di natura delittuosa (art. 2622 cod. civ.), a fronte dell?identità del dolo specifico - di inganno dei soci o del pubblico e di ingiusto profitto - che invece caratterizza le due figure criminose. Il rimettente, infatti, nel formulare il quesito di costituzionalità - che investe, nella sostanza, il trattamento sanzionatorio della figura contravvenzionale -, oltre a non specificare in quale direzione dovrebbe concretamente esplicarsi l'intervento correttivo della Corte, offre una motivazione insufficiente, implausibile e contraddittoria circa la sua rilevanza nel procedimento ?a quo?; a) omettendo di spiegare per quale ragione la falsità oggetto del procedimento principale integrerebbe, oltre alla contravvenzione, anche il delitto; b) non precisando per quale ragione lo stesso ravvisi il difetto della condizione di procedibilità del delitto per mancanza di querela pur a fronte di taluni indici, forniti dallo stesso rimettente nell'ordinanza di rimessione, che lascerebbero viceversa propendere per la sua sussistenza; c) assumendo che l'eventuale remissione della querela per il delitto impedirebbe di configurare l?ipotesi contravvenzionale, stante il rapporto di specialità che intercorrerebbe tra le due norme impugnate, dopo avere viceversa affermato che la mancata proposizione della querela per il delitto lascerebbe comunque salva la possibilità di perseguire 'ex officio' come contravvenzione il falso dannoso per i soci o i creditori.
Norme citate
- codice civile-Art. 2621
- codice civile-Art. 2622 COME SOSTITUITI
- decreto legislativo-Art. 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 161/2004Depositata il 01/06/2004
Manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2621 del codice civile, come sostituito dall?art. 1 del decreto legislativo n. 61 del 2002, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, nella parte in cui, nel configurare il reato di false comunicazioni sociali come contravvenzione, offrirebbe una risposta sanzionatoria inadeguata rispetto alle caratteristiche oggettive e soggettive dell?illecito, determinando altresì una irragionevole disparità di trattamento della fattispecie criminosa considerata rispetto ad altri reati di frode lesivi del medesimo interesse alla trasparenza del mercato e impedendo di perseguire, ai sensi degli artt. 9 e 10 cod. pen., i fatti commessi all?estero i cui effetti lesivi dell?interesse pubblico alla trasparenza del mercato si determinino nel territorio dello Stato. Il rimettente, infatti, nel formulare il presente quesito di costituzionalità - che investe, nella sostanza, il trattamento sanzionatorio della figura contravvenzionale -, oltre a non specificare in quale direzione dovrebbe concretamente esplicarsi l'intervento correttivo della Corte, offre una motivazione insufficiente, implausibile e contraddittoria circa la sua rilevanza nel procedimento ?a quo?: a) omettendo di spiegare per quale ragione la falsità oggetto del procedimento principale integrerebbe, oltre alla contravvenzione, anche il delitto di cui all'art. 2622 cod. civ.; b) non precisando per quale ragione lo stesso ravvisi il difetto della condizione di procedibilità del delitto per mancanza di querela pur a fronte di taluni indici, forniti dallo stesso rimettente nell'ordinanza di rimessione, che lascerebbero viceversa propendere per la sua sussistenza; c) assumendo che l'eventuale remissione della querela per il delitto impedirebbe di configurare l?ipotesi contravvenzionale, stante il rapporto di specialità che intercorrerebbe tra le due norme impugnate, dopo avere viceversa affermato che la mancata proposizione della querela per il delitto lascerebbe comunque salva la possibilità di perseguire ?ex officio? come contravvenzione il falso dannoso per i soci o i creditori.
Norme citate
- codice civile-Art. 2621 COME SOSTITUITO
- decreto legislativo-Art. 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 161/2004Depositata il 01/06/2004
Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell?art. 11, comma 1, lettera a), numero 1), della legge 3 ottobre 2001, n. 366, e dell?art. 2621, terzo e quarto comma, del codice civile, come sostituito dall?art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, sollevate in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 117 della Costituzione ed all?art. 8 della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, fatta a Parigi il 17 dicembre 1997, in quanto: a) la prima delle due disposizioni impugnate conterrebbe una «delega in bianco» in materia penale, poiché la previsione di generiche «soglie quantitative», non accompagnata dall?indicazione di specifici parametri di riferimento, non sarebbe idonea ad indirizzare in alcun modo l?attività normativa del legislatore delegato; b) la seconda delle due disposizioni, subordinando la punibilità del reato di false comunicazioni sociali al necessario superamento di determinate "soglie quantitative", da un lato consentirebbe alle soglie di punibilità introdotte dal citato decreto legislativo - in mancanza della fissazione di direttive nella legge delega - di integrare il contenuto precettivo della norma penale, in contrasto con il principio della riserva assoluta di legge e senza che il legislatore abbia, tra l'altro, spiegato le ragioni delle sue scelte, limitandosi a fornire giustificazioni «non veritiere» o non pertinenti rispetto all?oggetto della delega; da un altro lato lascerebbe irragionevolmente esenti da pena fatti idonei a pregiudicare gravemente la capacità informativa delle comunicazioni sociali, in contrasto, tra l'altro, con l'esigenza ? fatta propria dalla citata convenzione OCSE ? di impedire la creazione di «fondi neri» utilizzabili a scopo di corruttela. Ed infatti ? non potendosi condividere l?assunto del rimettente, secondo cui le anzidette soglie di punibilità si presterebbero ad essere ricomprese nella categoria normativa delle c.d. norme penali di favore, integrando piuttosto le stesse requisiti essenziali di tipicità del fatto ?, alla richiesta rimozione delle censurate soglie di punibilità a carattere percentuale, in modo da estendere l?ambito di applicazione della norma incriminatrice di cui all?art. 2621 cod. civ. a fatti che attualmente non vi sono compresi, osta il secondo comma dell?art. 25 Cost., il quale - per costante giurisprudenza costituzionale - nell?affermare il principio secondo cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso, esclude che la Corte costituzionale possa introdurre in via additiva nuovi reati o che l?effetto di una sua sentenza possa essere quello di ampliare o aggravare figure di reato già esistenti, trattandosi di interventi riservati in via esclusiva alla discrezionalità del legislatore. Tale profilo d'inammissibilità preclude l?esame nel merito anche delle censure di violazione dell?art. 76 della Costituzione. ? Sul fatto che, in virtù del principio secondo cui nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso, la Corte costituzionale non possa introdurre in via additiva nuovi reati o che l?effetto di una sua sentenza non possa essere quello di ampliare o aggravare figure di reato già esistenti, trattandosi di interventi riservati in via esclusiva alla discrezionalità del legislatore, v. le richiamate sentenze n. 49/2002, n. 183, n. 508 e n. 580/2000, n. 411/1995. ? Sulla possibilità di sottoporre a sindacato di costituzionalità, anche in 'malam partem', le c.d. norme penali di favore, ossia le norme che stabiliscono, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico più favorevole di quello che risulterebbe dall?applicazione di norme generali o comuni, v. le richiamate sentenze n. 25/1994, n. 167 e n. 194/1993, n. 148/1983.
Norme citate
- codice civile-Art. 2621, comma 3
- codice civile-Art. 2621, comma 4
- decreto legislativo-Art. 1
- legge-Art. 11, comma 1
Parametri costituzionali
- Costituzione-Art. 25
- Costituzione-Art. 76
- Costituzione-Art. 3
- Costituzione-Art. 117
- convenzione OCSE (Parigi 17/12/1997)-Art.
Pronuncia 161/2004Depositata il 01/06/2004
E' inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell?art. 2621, terzo e quarto comma, del codice civile, come sostituito dall?art. 1 del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, nella parte in cui subordina la sussistenza del reato ad un'alterazione «sensibile» della rappresentazione della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società o del gruppo di appartenenza. Ed infatti, posto che, secondo la prevalente opinione, il criterio dell?«alterazione sensibile» resta inoperante rispetto alle falsità che rimangono al di sotto delle c.d. soglie percentuali, le quali si traducono in altrettante presunzioni 'iuris et de iure' di ?non significatività? dell?alterazione, la circostanza che - per espressa affermazione del giudice 'a quo' - gli imputati dovrebbero essere nel caso di specie assolti in ragione della mancata contestazione del superamento delle soglie numeriche, rende dunque irrilevante la questione relativa al requisito dell?alterazione sensibile, trattandosi di elemento di fattispecie che non viene comunque in rilievo nel giudizio 'a quo'.
Norme citate
- codice civile-Art. 2621, comma 3
- codice civile-Art. 2621, comma 4
- decreto legislativo-Art. 1
Parametri costituzionali
Pronuncia 369/2002Depositata il 18/07/2002
Restituzione al giudice rimettente degli atti relativi alla questione di legittimità costituzionale dell'art. 223, secondo comma, numero 1), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sollevata, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, nella parte in cui, richiamando l'art. 2621 del codice civile, non richiede, per la configurabilità del delitto di bancarotta fraudolenta, un nesso causale tra le false comunicazione sociali ed il successivo fallimento della società. Infatti, successivamente all'ordinanza di rimessione, sono sopravvenute modifiche normative che investono sia la norma incriminatrice censurata sia quella da essa richiamata, sicché si rende necessario il riesame della rilevanza della questione.
Norme citate
- decreto legislativo-Art. 4
- codice civile-Art. 2621
- regio decreto-Art. 223, comma 2
- codice civile-Art. 2622
Parametri costituzionali
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.