Pronuncia 221/2019

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: Giorgio LATTANZI; Giudici : Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 4, 5 e 12, commi 2, 9 e 10 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), promossi dal Tribunale ordinario di Pordenone e dal Tribunale ordinario di Bolzano, con ordinanze del 2 luglio 2018 e del 3 gennaio 2019, rispettivamente iscritte al n. 129 del registro ordinanze 2018 e al n. 60 del registro ordinanze 2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2018 e n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2019. Visti gli atti di costituzione di S. B. e altra, e di F. F. e altra, gli atti di intervento ad adiuvandum dell'Avvocatura per i diritti LGBTI, e dell'Associazione radicale Certi Diritti e altra nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 18 giugno 2019 il Giudice relatore Franco Modugno; uditi gli avvocati Susanna Lollini per l'Avvocatura per i diritti LGBTI, Filomena Gallo e Massimo Clara per l'Associazione radicale Certi Diritti e altra, Maria Antonia Pili per S. B. e altra, Alexander Schuster per F. F. e altra e l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 31, secondo comma, 32, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di Pordenone con l'ordinanza indicata in epigrafe; 2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5, limitatamente alle parole «di sesso diverso», e 12, comma 2, limitatamente alle parole «dello stesso sesso o», «anche in combinato disposto con i commi 9 e 10», nonché degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4 della legge n. 40 del 2004, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 31, secondo comma, e 32, primo comma, Cost., nonché agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, agli artt. 2, paragrafo 1, 17, 23 e 26 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato a New York il 19 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, e agli artt. 5, 6, 22, paragrafo 1, 23, paragrafo 1, e 25 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, dal Tribunale ordinario di Bolzano con l'ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2019. F.to: Giorgio LATTANZI, Presidente Franco MODUGNO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 ottobre 2019. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA Allegato:ordinanza letta all'udienza del 18 giugno 2019ORDINANZARilevato che nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tribunale ordinario di Pordenone, con ordinanza del 2 luglio 2018 (r.o. n. 129 del 2018), ha depositato atto di intervento l'Associazione nazionale di promozione sociale Avvocatura per i diritti LGBTI;che nel giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tribunale ordinario di Bolzano, con ordinanza del 3 gennaio 2019 (r.o. n. 60 del 2019), hanno depositato un unitario atto di intervento l'Associazione radicale Certi Diritti e l'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.Considerato che le associazioni intervenienti non rivestono la qualità di parti del giudizio principale;che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale è circoscritta, di norma, alle parti del giudizio a quo, oltre che al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale);che a tale disciplina è possibile derogare - senza venire in contrasto con il carattere incidentale del giudizio di costituzionalità - soltanto a favore di soggetti terzi che siano titolari di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di censura (ex plurimis, sentenze n. 13 del 2019, n. 217 e n. 180 del 2018, ordinanze allegate alle sentenze n. 248, n. 194 e n. 153 del 2018, n. 29 del 2017, n. 286 e n. 243 del 2016);che i presenti giudizi - che hanno ad oggetto gli artt. 1, commi 1 e 2; 4; 5 e 12, commi 2, 9 e 10, della legge 19 febbraio 2004 n. 40 - non sono destinati a produrre, nei confronti delle associazioni intervenienti, effetti immediati, neppure indiretti;che, pertanto, esse non sono legittimate a partecipare al giudizio dinanzi a questa Corte.per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALEdichiara inammissibili gli interventi spiegati:nel giudizio di legittimità costituzionale r.o. n. 129 del 2018 dall'Associazione nazionale di promozione sociale Avvocatura per i diritti LGBTI;nel giudizio di legittimità costituzionale r.o. n. 60 del 2019 dall'Associazione radicale Certi Diritti e dall'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica.F.to: Giorgio Lattanzi, Presidente

Relatore: Franco Modugno

Data deposito: Wed Oct 23 2019 00:00:00 GMT+0000 (Coordinated Universal Time)

Tipologia: S

Presidente: LATTANZI

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Massime

Thema decidendum - Deduzioni dalle parti costituite nel giudizio incidentale - Evocazione di parametri diversi ed ulteriori rispetto a quelli indicati nell'ordinanza di rimessione - Esclusione del loro esame.

Per costante giurisprudenza costituzionale, l'oggetto del giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale è limitato alle disposizioni e ai parametri indicati nelle ordinanze di rimessione: con la conseguenza che non possono essere presi in considerazione ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, sia eccepiti, ma non fatti propri dal giudice a quo, sia volti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto delle stesse ordinanze. (Nel caso di specie, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 4, 5 e 12, comma 2, della legge n. 40 del 2004, promosse dal Tribunale di Bolzano, non possono tenere conto delle deduzioni svolte dalle parti costituite, intese a dimostrare che le norme censurate contrastano anche con parametri diversi e ulteriori rispetto a quelli evocati dal giudice a quo). ( Precedenti citati: sentenze n. 141 del 2019, n. 194 del 2018, n. 161 del 2018, n. 12 del 2018 e n. 4 del 2018 ).

Norme citate

  • legge-Art. 5
  • legge-Art. 12, comma 2
  • legge-Art. 1, comma 1
  • legge-Art. 1, comma 2
  • legge-Art. 4

Giudice rimettente - Giudice ordinario in fase cautelare - Possibilità di sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale - Presupposti.

Per costante giurisprudenza costituzionale, la questione di legittimità costituzionale può essere sollevata anche in sede cautelare, sia quando il giudice non abbia ancora provveduto sull'istanza dei ricorrenti, sia quando abbia concesso la misura richiesta, purché tale concessione non si risolva nel definitivo esaurimento del potere del quale il giudice fruisce in quella sede. (Nel caso di specie, è ammissibile la questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, 4, 5 e 12, comma 2, della legge n. 40 del 2004, promosso dal Tribunale di Pordenone e dal Tribunale di Bolzano, entrambi investiti del ricorso cautelare proposto ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ). ( Precedenti citati: sentenze n. 84 del 2016, n. 96 del 2015, n. 162 del 2014 e n. 151 del 2009; ordinanza n. 150 del 2012 ).

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 1
  • legge-Art. 1, comma 2
  • legge-Art. 4
  • legge-Art. 5
  • legge-Art. 12, comma 2

Prospettazione della questione incidentale - Motivazione sulla non manifesta infondatezza - Esposizione adeguata delle ragioni del denunciato contrasto delle norme censurate con i parametri evocati - Ammissibilità della questione - Rigetto di eccezione preliminare.

Non è accolta l'eccezione di inammissibilità, per asserito difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza, delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10, della legge n. 40 del 2004. Il giudice a quo ha esposto in modo, primo visu , del tutto adeguato le ragioni del denunciato contrasto delle norme censurate con gli artt. 2, 3 e 32, primo comma, Cost. Quanto ai parametri residui (artt. 31, secondo comma, e 117, primo comma, Cost.), le deduzioni del rimettente, se pure alquanto stringate, permettono comunque sia di cogliere il nucleo delle censure, anche perché collegate a quelle relative agli altri parametri.

Norme citate

  • legge-Art. 5
  • legge-Art. 12, comma 2
  • legge-Art. 12, comma 9
  • legge-Art. 12, comma 10

Interpretazione della norma censurata - Interpretazione secundum constitutionem - Esclusione da parte dei rimettenti in ragione dell'univoco tenore letterale dell'enunciato normativo - Correttezza dell'operazione ermeneutica svolta.

Per costante giurisprudenza costituzionale l'onere di interpretazione conforme viene meno, lasciando il passo all'incidente di costituzionalità, allorché il tenore letterale della disposizione non consenta tale interpretazione. (Nel caso di specie, correttamente il Tribunale di Pordenone e il Tribunale di Bolzano escludono la praticabilità di una interpretazione conforme a Costituzione dei censurati artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10, della legge n. 40 del 2004, ritenendo che una simile operazione ermeneutica trovi un insormontabile ostacolo nell'univoco tenore letterale dell'enunciato normativo). ( Precedenti citati: sentenze n. 141 del 2019, n. 268 del 2017, n. 83 del 2017, n. 241 del 2016 e n. 36 del 2016; ordinanza n. 207 del 2018 ).

Norme citate

  • legge-Art. 5
  • legge-Art. 12, comma 2
  • legge-Art. 12, comma 9
  • legge-Art. 12, comma 10

Thema decidendum - Individuazione dei termini della questione incidentale - Desumibilità dal tenore complessivo dell'ordinanza di rimessione.

Nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10, della legge n. 40 del 2004, le censure del Tribunale di Pordenone debbono intendersi riferite alla parte in cui limitano l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie omosessuali formate da sole donne. Il rimettente non ha infatti incluso tra quelle sottoposte a scrutinio la disposizione di cui all'art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004, che vieta in assoluto, sotto minaccia di sanzione penale, la pratica della maternità surrogata (o gestazione per altri), attraverso la quale passa necessariamente la genitorialità artificiale delle coppie omosessuali maschili.

Norme citate

  • legge-Art. 5
  • legge-Art. 12, comma 2
  • legge-Art. 12, comma 9
  • legge-Art. 12, comma 10

Diritti inviolabili - Diritto alla genitorialità - Procreazione medicalmente assistita (PMA) - Accesso alle tecniche - Condizioni e limiti posti dalla legislazione vigente.

La possibilità, dischiusa dai progressi scientifici e tecnologici, di una scissione tra atto sessuale e procreazione, mediata dall'intervento del medico, pone il tema di fondo se sia configurabile - e in quali limiti - un "diritto a procreare" (o "alla genitorialità", che dir si voglia), comprensivo non solo dell'an e del quando, ma anche del quomodo, e dunque declinabile anche come diritto a procreare con metodi diversi da quello naturale, e se il desiderio di avere un figlio tramite l'uso delle tecnologie meriti di essere soddisfatto sempre e comunque sia, o se sia invece giustificabile la previsione di specifiche condizioni di accesso alle pratiche considerate: e ciò particolarmente in una prospettiva di salvaguardia dei diritti del concepito e del futuro nato. Le soluzioni adottate, in proposito, dalla legge n. 40 del 2004, sono di segno restrittivo, riflettendo due idee di base. La prima attiene alla funzione delle tecniche considerate, che la legge configura in apicibus, come rimedio alla sterilità o infertilità umana avente una causa patologica e non altrimenti rimovibile: escludendo chiaramente, con ciò, che la procreazione medicalmente assistita (PMA) possa rappresentare una modalità di realizzazione del "desiderio di genitorialità" alternativa ed equivalente al concepimento naturale, lasciata alla libera autodeterminazione degli interessati. La seconda direttrice attiene alla struttura del nucleo familiare scaturente dalle tecniche in questione, prevedendosi una serie di limitazioni di ordine soggettivo all'accesso alla PMA, alla cui radice si colloca il trasparente intento di garantire che il suddetto nucleo riproduca il modello della famiglia caratterizzata dalla presenza di una madre e di un padre. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), alterando le dinamiche naturalistiche del processo di generazione degli individui, aprono scenari affatto innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale, attorno ai quali è evidentemente costruita la disciplina degli artt. 29, 30 e 31 Cost., suscitando inevitabilmente, con ciò, delicati interrogativi di ordine etico. Vi è una differenza essenziale tra l'adozione e la procreazione medicalmente assistita (PMA). L'adozione presuppone l'esistenza in vita dell'adottando: essa non serve per dare un figlio a una coppia, ma precipuamente per dare una famiglia al minore che ne è privo. Nel caso dell'adozione, dunque, il minore è già nato ed emerge come specialmente meritevole di tutela - così nella circoscritta ipotesi di adozione non legittimante ritenuta applicabile alla coppia omosessuale - l'interesse del minore stesso a mantenere relazioni affettive già di fatto instaurate e consolidate: interesse che - in base al corrente indirizzo giurisprudenziale - va verificato in concreto (così come, del resto, per l'affidamento del minore nato da una precedente relazione eterosessuale). La PMA, di contro, serve a dare un figlio non ancora venuto ad esistenza a una coppia (o a un singolo), realizzandone le aspirazioni genitoriali. Il bambino, quindi, deve ancora nascere: non è, perciò, irragionevole - come si è detto - che il legislatore si preoccupi di garantirgli quelle che, secondo la sua valutazione e alla luce degli apprezzamenti correnti nella comunità sociale, appaiono, in astratto, come le migliori condizioni "di partenza". La nozione di formazione sociale, nel cui ambito l'art. 2 Cost. riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, deve intendersi riferita a ogni forma di comunità, semplice o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello pluralistico. Essa abbraccia anche l'unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone del medesimo sesso. Seppure la nozione di «formazione sociale» - nel cui ambito la disposizione costituzionale riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo - abbracci anche l'unione omosessuale, l'idea che una famiglia ad instar naturae - due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi e in età potenzialmente fertile - rappresenti, in linea di principio, il "luogo" più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato non può essere considerata di per sé arbitraria o irrazionale e dunque lesiva del diritto alla procreazione costituzionalmente garantito.

Procreazione medicalmente assistita (PMA) - Accesso alle tecniche - Divieto per le coppie composte da soggetti dello stesso sesso (nella specie: femminile) - Sanzioni in caso di inosservanza - Denunciata disparità di trattamento, nonché violazione del diritto alla genitorialità dell'individuo, alla protezione della maternità, della salute psico-fisica dell'individuo, al rispetto della vita familiare e all'orientamento sessuale tutelati anche in via convenzionale - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Pordenone in riferimento agli artt. 2, 3, 31, secondo comma, 32, primo comma, Cost., e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 8 e 14 della CEDU - degli artt. 5 e 12, commi 2, 9 e 10, della legge n. 40 del 2004, nonché degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4, della stessa legge, che, rispettivamente, limitano l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle sole coppie di sesso diverso e sanzionano, di riflesso, chiunque applichi tali tecniche a coppie composte da soggetti dello stesso sesso (nel caso a quo: femminile). L'esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull'orientamento sessuale - come rilevato anche dalla Corte EDU, in correlazione con le disposizioni convenzionali evocate - posto che l'infertilità "fisiologica" della coppia omosessuale (femminile) non è affatto omologabile all'infertilità (di tipo assoluto e irreversibile) della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive, così come non lo è l'infertilità "fisiologica" della donna sola e della coppia eterosessuale in età avanzata, trattandosi di fenomeni chiaramente e ontologicamente distinti. Inoltre è esclusa la violazione dell'art. 31, secondo comma, Cost., il quale riguarda la maternità e non l'aspirazione a diventare genitore. Le disposizioni censurate nemmeno producono un'ingiustificata disparità di trattamento in base alle capacità economiche: in assenza di altri vulnera costituzionali, il solo fatto che un divieto possa essere eluso recandosi all'estero - in Stati ove le pratiche di PMA sono consentite alle coppie omosessuali - non può costituire una valida ragione per ritenere sussistente un'ingiustificata disparità di trattamento. Né infine è ravvisabile la violazione del diritto alla salute, in quanto la sua tutela costituzionale non può essere estesa fino a imporre la soddisfazione di qualsiasi aspirazione soggettiva o bisogno che una coppia (o anche un individuo) reputi essenziale, sull'assunto che l'impossibilità di formare una famiglia con figli assieme al partner possa incidere negativamente sulla salute psicofisica della coppia. ( Precedenti citati: sentenze n. 22 del 2018, n. 84 del 2016, n. 96 del 2015, n. 170 del 2014, n. 162 del 2014, n. 210 del 2013, n. 138 del 2010, n. 349 del 2007, n. 45 del 2005 e n. 347 del 1998 ).

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 1
  • legge-Art. 1, comma 2
  • legge-Art. 4
  • legge-Art. 5
  • legge-Art. 12, comma 2
  • legge-Art. 12, comma 9
  • legge-Art. 12, comma 10

Parametri costituzionali

Procreazione medicalmente assistita (PMA) - Accesso alle tecniche - Divieto per le coppie composte da soggetti dello stesso sesso (nella specie: femminile) - Sanzioni per l'inosservanza - Denunciata disparità di trattamento, nonché violazione del diritto alla genitorialità dell'individuo, alla protezione della maternità, della salute compromessa da patologie, al rispetto della vita familiare e all'orientamento sessuale tutelati anche in via convenzionale e internazionale - Insussistenza - Non fondatezza delle questioni.

Sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale - sollevate dal Tribunale di Bolzano in riferimento agli artt. 2, 3, 31, secondo comma, e 32, primo comma, Cost., nonché agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 CEDU, agli artt. 2, par. 1, 17, 23 e 26 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, e agli artt. 5, 6, 22, par. 1, 23, par. 1, e 25 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità - degli artt. 5, limitatamente alle parole «di sesso diverso», e 12, comma 2, limitatamente alle parole «dello stesso sesso o», «anche in combinato disposto con i commi 9 e 10», nonché degli artt. 1, commi 1 e 2, e 4 della legge n. 40 del 2004. Le norme censurate, che non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie formate da due persone di sesso femminile, non violano la tutela costituzionale della salute, che non può essere estesa alle componenti di una coppia omosessuale affette da patologie riproduttive, atteso che le suddette patologie, pur rappresentando un dato significativo nell'ambito della coppia eterosessuale - in quanto ne fanno venir meno la normale fertilità - rappresentano una variabile irrilevante nell'ambito della coppia omosessuale, la quale sarebbe infertile in ogni caso. Quanto all'asserita violazione del diritto a costituire una famiglia, la Costituzione non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli e, d'altra parte, la libertà e volontarietà dell'atto che consente di diventare genitori non implica che la libertà in esame possa esplicarsi senza limiti, e ciò particolarmente quando si discuta della scelta di ricorrere a tecniche di PMA. Nella specie, peraltro, la scelta espressa dalle disposizioni censurate si rivela non eccedente il margine di discrezionalità del quale il legislatore fruisce, pur rimanendo quest'ultima aperta a soluzioni di segno diverso, in parallelo all'evolversi dell'apprezzamento sociale della fenomenologia considerata. Il solo fatto che un divieto possa essere eluso recandosi all'estero non può inoltre costituire una valida ragione per dubitare della sua conformità a Costituzione; diversamente opinando, la disciplina interna dovrebbe essere sempre allineata, per evitare una lesione del principio di eguaglianza, alla più permissiva tra le legislazioni estere che regolano la stessa materia. Né è violato l'art. 31, secondo comma, Cost., il quale riguarda la maternità e non l'aspirazione a diventare genitore. Infine, la denunciata violazione dell'art. 11 Cost. - richiamato peraltro solo in dispositivo con riferimento tanto a disposizioni convenzionali che a varie disposizioni di convenzioni internazionali - si riferisce a parametro inconferente, posto che dalle indicate convenzioni internazionali non derivano limitazioni di sovranità nei confronti dello Stato italiano. ( Precedenti citati: sentenze n. 22 del 2018, n. 210 del 2013 n. 170 del 2014, n. 162 del 2014, n. 138 del 2010, n. 349 del 2007 ). Il compito di bilanciare i diversi interessi costituzionalmente protetti deve ritenersi affidato in via primaria al legislatore, quale interprete della collettività nazionale, salvo il successivo sindacato sulle soluzioni adottate da parte della Corte costituzionale, onde verificare che esse non decampino dall'alveo della ragionevolezza.

Norme citate

  • legge-Art. 1, comma 1
  • legge-Art. 1, comma 2
  • legge-Art. 4
  • legge-Art. 5
  • legge-Art. 12, comma 2

Parametri costituzionali

  • Costituzione-Art. 2
  • Costituzione-Art. 3
  • Costituzione-Art. 11
  • Costituzione-Art. 31
  • Costituzione-Art. 32
  • Costituzione-Art. 117
  • Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 8
  • Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali-Art. 14
  • patto internazionale dei diritti civili e politici-Art. 2
  • patto internazionale dei diritti civili e politici-Art. 17
  • patto internazionale dei diritti civili e politici-Art. 23
  • patto internazionale dei diritti civili e politici-Art. 26
  • Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulle persone con disabilità-Art. 5
  • Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulle persone con disabilità-Art. 6
  • Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulle persone con disabilità-Art. 23
  • Convenzione internazionale delle Nazioni Unite sulle persone con disabilità-Art. 25