Pronuncia 300/1991

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: prof. Ettore GALLO; Giudici: dott. Aldo CORASANITI, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 129, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 19 maggio 1990 dal Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Valderetti Davide ed altri, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 maggio 1991 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola; Ritenuto che nel corso di un procedimento a carico di soggetti tutti imputati del delitto di oltraggio ed alcuni, in particolare, anche di minaccia in danno di agenti di P.S., il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa il 19 maggio 1990, ha sollevato, in relazione all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 129, secondo comma, del codice di procedura penale; che il giudice a quo afferma di essere pervenuto a giudizio di assoluzione per insufficienza di prove per entrambi i reati e di non aver potuto ex art. 530 del codice di procedura penale, assolvere gli imputati con la formula "perché il fatto non sussiste", in quanto, rientrando il reato di oltraggio nell'amnistia, si sarebbe dovuto applicare l'art. 129, secondo comma, del codice di procedura penale ai termini del quale, in presenza di una causa estintiva, l'assoluzione nel merito prevale solo nel caso in cui risulti evidente l'innocenza dell'imputato; che, a seguito del provvedimento di clemenza, risulterebbe preclusa all'imputato l'assoluzione con la più favorevole formula, mentre, nella stessa situazione probatoria di prova insufficiente, l'imputato del più grave reato - di cui agli artt. 110 e 336 del codice penale - non coperto da amnistia si gioverebbe della formula dell'insussistenza del fatto; che, quindi, il decreto di amnistia, al pari dell'intervento d'ogni altra causa estintiva, ridarebbe rilevanza al dubbio probatorio, espunto dal sistema del nuovo codice, e gl'imputati sarebbero assoggettati ad un'ingiustificata disparità di trattamento; che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione sia sulla base della regola per cui le formule di proscioglimento nel merito prevalgono sulla declaratoria d'estinzione del reato, sia perché l'applicazione della norma impugnata deve diversamente configurarsi in relazione alla fase procedimentale in cui essa trova luogo, venendo meno l'"evidenza" - di cui al secondo comma della norma stessa - una volta superato, nella fase decisoria, lo stato d'incompiutezza procedimentale; Considerato che il principio della prevalenza delle formule assolutorie di merito su quelle dichiarative dell'estinzione del reato è razionalmente contemperato, anche a fini di economia processuale, con l'esigenza che appaia del tutto evidente dalle risultanze probatorie che "il fatto non sussiste" o che "l'imputato non lo ha commesso" o che "il fatto non costituisce reato" o "non è previsto dalla legge come reato"; che tale esigenza deve necessariamente valutarsi in rapporto allo stato del procedimento, di talché, ove il dibattimento - come nel caso di specie - sia giunto al proprio epilogo, il giudice sarà chiamato a pronunciare sentenza a norma degli artt. 529 e seguenti del codice di procedura penale; che, comunque, l'applicazione dell'amnistia, nei confronti degli imputati per i quali non ricorrono tali ipotesi, non concreta violazione del principio di eguaglianza, attesa la rinunziabilità della causa estintiva che - costituendo esplicazione del diritto di difesa - tutela il diritto "di chi sia perseguito penalmente ad ottenere non già solo una qualsiasi sentenza che lo sottragga alla irrogazione di una pena, ma precisamente quella sentenza che nella sua formulazione documenti la non colpevolezza" (sentenza n. 175 del 1971); che, pertanto, non configurandosi il paventato vulnus del principio di cui all'art. 3 della Costituzione, la questione è manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 129, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Roma con l'ordinanza di cui in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1991. Il Presidente: GALLO Il redattore: CASAVOLA Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 26 giugno 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Francesco Paolo Casavola

Data deposito:

Tipologia: O

Presidente: GALLO

Caricamento annuncio...

Massime

ORD. 300/91 A. PROCESSO PENALE - SENTENZE DI PROSCIOGLIMENTO - FORMULE ASSOLUTORIE - FORMULE DI MERITO E FORMULE DICHIARATIVE DI ESTINZIONE DEL REATO - PREVALENZA DELLE PRIME - CONDIZIONI POSTE PER FINI DI ECONOMIA PROCESSUALE.

Il principio della prevalenza delle formule assolutorie di merito su quelle dichiarative dell'estinzione del reato e' razionalmente contemperato, anche a fini di economia processuale, con l'esigenza che appaia del tutto evidente dalle risultanze probatorie che "il fatto non sussiste" o che "l'imputato non lo ha commesso" o che "il fatto non costituisce reato" o "non e' previsto dalla legge come reato". Tale esigenza deve necessariamente valutarsi in rapporto allo stato del procedimento, per cui ove il dibattimento sia giunto al proprio epilogo, il giudice pronuncera' sentenza a norma degli artt. 529 e ss. c.p.p..

ORD. 300/91 B. PROCESSO PENALE - RITENUTA INSUFFICIENZA DI PROVE PER REATO AMNISTIABILE (NELLA SPECIE: OLTRAGGIO) - NECESSARIA APPLICAZIONE DELL'AMNISTIA - PRECLUSIONE A PRONUNCIA DI ASSOLUZIONE NEL MERITO - DETERIORE TRATTAMENTO RISPETTO ALL'IMPUTATO DI REATO NON AMNISTIABILE IN PARI SITUAZIONE PROBATORIA - INSUSSISTENZA, CONSIDERATA LA RINUNCIABILITA', NELL'IPOTESI IN QUESTIONE DELLA CAUSA ESTINTIVA - MANIFESTA INFONDATEZZA DELLA QUESTIONE.

L'applicazione dell'amnistia, nei confronti degli imputati per i quali non risulti evidente l'innocenza dalle risultanze probatorie, non concreta violazione del principio di eguaglianza, attesa la rinunziabilita' della causa estintiva che - costituendo esplicazione del diritto di difesa - tutela il diritto "di chi sia perseguito penalmente ad ottenere non gia' solo una qualsiasi sentenza che lo sottragga alla irrogazione di una pena, ma precisamente quella sentenza che nella sua formulazione documenti la non colpevolezza" (v. massima A). Pertanto non sussiste la denunciata disparita' di trattamento rispetto all'imputato di piu' grave reato (non amnistiabile) che con la stessa situazione di insufficienza probatoria si giova della formula di insussistenza del fatto. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 129, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in relazione all'art. 3 della Costituzione). - V., in materia di interesse ad ottenere una sentenza di merito in luogo di una dichiarativa dell'estinzione del reato per amnistia, la sent. n. 175/1971.

Parametri costituzionali