Articolo 129 - CODICE PROCEDURA PENALE
Massime della Corte Costituzionale
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Testo dell'articolo aggiornato secondo le disposizioni legislative vigenti.
Manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 129 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la condanna dello Stato al rimborso delle spese difensive in caso di declaratoria di estinzione del reato prima dell'esercizio dell'azione penale. La sostanza della questione proposta è, infatti, ? pur essendo investite differenti disposizioni ? la medesima di quella decisa con l'ordinanza n. 286, con un dispositivo di manifesta infondatezza: in questa pronuncia si è chiarito che nessuna comparazione può essere effettuata tra processo penale e altri tipi di processo, che il diritto di difesa è assicurato ai non abbienti dagli istituti che danno attuazione all'art. 24, terzo comma, della Costituzione, e che la condanna dello Stato alla rifusione delle spese non è soluzione costituzionalmente imposta, poiché non irragionevolmente il legislatore ha inquadrato i casi di esercizio doloso o gravemente colposo dell'attività giudiziaria fra le ipotesi di responsabilità civile dei magistrati che gli imputati, assolti o prosciolti, ricorrendone i presupposti, hanno diritto di far valere in giudizio.
Manifesta inammissibilita', dato che la questione e' stata sollevata dal pretore, quale giudice del dibattimento, investito del processo dopo che il giudice per le indagini preliminari, preso atto dell'esito dell'incidente probatorio nel quale era stata accertata la totale incapacita' di intendere e di volere dell'indagato, aveva sospeso il procedimento ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 71 cod. proc. pen. e quindi in una situazione in cui non solo il decreto di citazione a giudizio ma anche tutta la fase processuale successiva al provvedimento di sospensione, ivi compresa l'ordinanza di rimessione, risultano palesemente abnormi. red.: S.P.
Le ragioni della dichiarazione di illegittimita' costituzionale, con sentenza n. 41 del 1993, dell'art. 425 cod. proc. pen. nella parte in cui prevedeva che il giudice dell'udienza preliminare, in caso di evidente non imputabilita' dell'imputato, era tenuto a pronunciare sentenza di non luogo a procedere, tolgono ogni fondamento alla questione con la quale, censurandosi, in riferimento agli artt. 3 e 101 Cost., l'art. 129 stesso codice laddove, pur nell'evidenza della responsabilita' dell'imputato, non consente di dichiararne immediatamente con sentenza il difetto totale di imputabilita' che gia' risulti dagli atti, si tende palesemente a riprodurre, nell'ambito dell'art. 129, la medesima regola di giudizio gia' caducata. Mentre e' del tutto fuor di luogo addurre che il mancato accoglimento della eccezione di incostituzionalita' darebbe adito - in base agli artt. 70, 71 e 72 cod. proc. pen. - alla possibilita' di una sospensione a tempo indefinito del processo, giacche' dette norme disciplinano la diversa ipotesi dell'infermita' mentale dell'imputato sopravvenuta al fatto. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 101 Cost. dell'art. 129 cod. proc. pen.). - V., oltre a S. n. 41/1993, citata nel testo, S. n. 431/1990.
Questione gia' dichiarata manifestamente infondata nell'ipotesi analoga dell'applicazione dell'amnistia. O. n. 300/1991 e S. n. 275/1990.
L'applicazione dell'amnistia, nei confronti degli imputati per i quali non risulti evidente l'innocenza dalle risultanze probatorie, non concreta violazione del principio di eguaglianza, attesa la rinunziabilita' della causa estintiva che - costituendo esplicazione del diritto di difesa - tutela il diritto "di chi sia perseguito penalmente ad ottenere non gia' solo una qualsiasi sentenza che lo sottragga alla irrogazione di una pena, ma precisamente quella sentenza che nella sua formulazione documenti la non colpevolezza" (v. massima A). Pertanto non sussiste la denunciata disparita' di trattamento rispetto all'imputato di piu' grave reato (non amnistiabile) che con la stessa situazione di insufficienza probatoria si giova della formula di insussistenza del fatto. (Manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 129, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata, in relazione all'art. 3 della Costituzione). - V., in materia di interesse ad ottenere una sentenza di merito in luogo di una dichiarativa dell'estinzione del reato per amnistia, la sent. n. 175/1971.
Manifesta inammissibilita' della questione, per irrilevanza della stessa, oltre che per contraddittorieta' della motivazione dell'ordinanza di rinvio, potendosi nel caso gia' senz'altro escludere la esistenza di evidenti cause di non punibilita', prevalenti sull'amnistia, in base alle stesse richieste della difesa e nonostante la lamentata "carenza di atti", dipendente peraltro, anche secondo il giudice 'a quo', dall'art. 431, e non dall'impugnato art. 129, cod. proc. pen..
Non risponde a verita' che il giudice per le indagini preliminari - come ritenuto dall'autorita' rimettente - a fronte della richiesta di decreto penale avanzata dal pubblico ministero, non abbia nella legge processuale, nel caso di sopravvenienza dell'amnistia, alcuno strumento per renderne edotto l'imputato al fine di consentirgli di esprimere eventuale rinunzia. La previsione del terzo comma dell'art. 459 cod. proc. pen. non esclude per nulla, nelle more della decisione, il compimento di quelle attivita' materiali (biglietto di cancelleria, avviso scritto, convocazione informale) volte a rendere concretamente attuabile il principio di diritto sostanziale fissato negli articoli 5 della legge n. 73 del 1990 e del decreto presidenziale d'amnistia n. 75 del 1990, nel caso applicabili. Qualora tali mezzi fossero ritenuti non ortodossi una diversa soluzione e' rinvenibile nella disposizione dello stesso art. 459, secondo cui, quando il giudice "non accoglie la richiesta (del pubblico ministero), se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'art. 129 " (come nel caso di specie) " restituisce gli atti al pubblico ministero," il quale, poi, per raggiungere il fine doveroso di non offendere diritti costituzionalmente garantiti, potra' avvalersi di altre possibilita' formali ed informali offerte dal sistema processuale, la cui scelta e' pero' affidata ai poteri della magistratura di merito. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 459, terzo comma, in relazione all'art. 129 cod. proc. pen., 5 legge 11 aprile 1990, n. 73, e 5 d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, Cost.).