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Pronuncia 347/1991

Sentenza

Collegio

composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;

Epigrafe

ha pronunciato la seguente nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 429 del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 417, primo comma, lettera b) e 423 dello stesso codice, promosso con ordinanza emessa il 19 febbraio 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lamezia Terme nel procedimento penale a carico di Ceravolo Maria Montania, iscritta al n. 257 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 19 giugno 1991 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;

Dispositivo

per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 429 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 25, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione, sollevata dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lamezia Terme con ordinanza del 19 febbraio 1991. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1991. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: SPAGNOLI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 15 luglio 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI

Relatore: Ugo Spagnoli

Data deposito:

Tipologia: S

Presidente: CORASANITI

Massime

SENT. 347/91. PROCESSO PENALE - UDIENZA PRELIMINARE - QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO CONTESTATO - DIVERGENZA TRA LA RICHIESTA DI RINVIO A GIUDIZIO DEL P.M. E LA VALUTAZIONE DEL G.I.P. - RITENUTA IMPOSSIBILITA' PER QUEST'ULTIMO DI DARE AL FATTO UNA DEFINIZIONE GIURIDICA DIVERSA - CONSEGUENTE IMPOSSIBILITA' DI DICHIARARE LA PROPRIA INCOMPETENZA - PROSPETTATA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL GIUDICE NATURALE - SUPPOSTA LIMITAZIONE DELL'ESERCIZIO DELLA FUNZIONE GIURISDIZIONALE - INSUSSISTENZA - QUESTIONE BASATA SU ERRONEA INTERPRETAZIONE DELLA NORMA IMPUGNATA - NON FONDATEZZA.

Nel caso in cui la divergenza tra la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero e la valutazione del G.I.P., quanto alla definizione giuridica del fatto contestato, comporta uno spostamento della competenza a conoscerne dal tribunale al pretore, il G.I.P. deve applicare il disposto dell'art. 22, terzo comma, cod. proc. pen., che prevede che il giudice, se riconosce la propria incompetenza "per qualsiasi causa" dopo la chiusura delle indagini preliminari - e, quindi, anche all'esito dell'udienza preliminare - la dichiari con sentenza ed ordini la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente. Tra le cause che possono produrre una situazione di incompetenza nel corso dell'udienza preliminare, va infatti compresa (conforme alla relazione al Progetto) la diversa definizione giuridica del fatto, data dal giudice dell'udienza preliminare. Viene percio' meno lo stesso presupposto del quesito prospettato dal giudice 'a quo'. (Non fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 429 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 25, primo comma, e 101, secondo comma, Cost.).